29 gennaio 2009

NAMASTEY LONDON (SPOSERO' MIA MOGLIE)



Namastey London è soprattutto un film divertente, riprende una trama semplicissima e ne modella un successo. Non è facile essere originali a partire dal più classico di tutti i plot: una famiglia di indiani residenti a Londra torna nella terra d’origine per cercare di far sposare la figlia con un buon partito, naturalmente indiano.
Lei non ne vuole sapere.
Lui perde la testa e la seguirebbe in capo al mondo
Descritto così, certo non verrebbe voglia di guardarlo. Eppure non è l’ennesimo polpettone che cerca di esplorare il dilemma delle famiglie NRI, né il resoconto noioso di una vita trascorsa in Inghilterra e la volontà di crescere i propri figli come indiani, malgrado non si sentano né attratti, né motivati alla conoscenza reale della propria cultura. L'argomento viene affrontato con energia e freschezza; Rishi Kapoor, imperdibile padre della sposa, sa intrattenere il pubblico come pochi e tira fuori la verve di un ragazzino.


LA TRAMA:
Jasminder, (Katrina Kaif) detta Jazz,  è una ragazza di origine indiana che si sente esclusivamente inglese, ha un buon lavoro, si veste all’ultima moda , beve come una spugna , si intrattiene in discoteca ballando con chiunque e mira a sposarsi con un milionario acido e pluridivorziato. Questo personaggio è un po’ portato agli eccessi, ma è utile per introdurre bene il secondo protagonista : Arjun Singh (Akshay kumar) bel figliolo di una sana famiglia punjabi, genuino e spontaneo, dai modi bruschi e dal cuore tenero. Il suo aspetto ingenuo lo fa inizialmente apparire come un ignorante, per poi dimostrarsi, mano a mano che il film va avanti, l’esatto contrario. Accerchiata dalla famiglia durante la sua vacanza in India, Jazz sposa Arjun contro il suo volere, presto però scopre che il matrimonio non registrato a Londra è privo di valore, perciò spinge tutti a ripartire subito dopo le nozze, per ritornare single e dedicarsi al suo fidanzatino inglese. Il neo-sposo, seppur piantato in asso in un modo abbastanza crudele, decide di non ostacolarla , anzi, la incoraggia, sperando sempre in un suo ripensamento.



Scene che avrebbero potuto tagliare:

1) L’incontro del fidanzato di Jazz con la famiglia reale inglese. Si vede lontano un miglio che sono sosia approssimativi; la trovo di cattivo gusto e completamente inutile.
2) Il dialogo un po’ forzato tra Jazz e Arjun al Greeenwich Park nel quale immaginano di incontrarsi di nuovo dopo tanti anni. Le parole che fanno pronunciare ad Akshay Kumar sarebbero state routine negli anni ’80 ma non in Namastey London. Un agglomerato di melassa all’improvviso.

Momenti da gustarsi comodamente seduti sul divano:

1) La partita a Rugby : England vs India con Rishi Kapoor e Akshay Kumar contro un gruppetto di biondini fanatici e sgallettati. Akshay chiede a Katrina se ha visto il film Laagan (con Aamir Khan di A.Gowariker, dove compare forse la più celebre partita del cinema indiano... anche se lì si trattava di cricket) , lei risponde schifata “Guardo solo film in inglese….”
Imperdibile!!

2) Il mix di immagini che riassume la giornata che Jazz e Arjun passano insieme: divertenti le sequenze della visita di Londra, dal London Eye al bus panoramico, fino all’ Absolute Ice Bar. La musica di sottofondo è graziosa e si intona con la simpatia delle scenette. Unica macchia.. l’averla strappata via dal film Chocolat con Jhonny Depp e Juliette Binoche.

3) Tutti i momenti in cui Akshay Kumar fa finta di non saper parlare inglese, per poi dilungarsi, nella scena finale in un impeccabile monologo degno di una tesi di laurea…


Forse una delle uscite più divertenti del 2007. Il film merita di essere visto, se non altro per ritrovare Akshay Kumar in un ruolo sobrio e interessante.Definito dai siti di mezzo mondo sweet & simple, Namaste London è un pacchetto di commedia, musica, romance infarcito di patriottismo e tenerezza. 

Il mio giudizio sul film **** 4/5


ANNO: 2007

REGIA : Vipul Shah

CAST:

Akshay Kumar ………Arjun Singh
Katrina Kaif………… Jasminder / Jazz
Rishi Kapoor…………Il padre di Jazz
Clive Standen…… …Charlie
Upen Patel…………Imran
Tiffany Mulherone … Susan

COLONNA SONORA: di Himesh Reshammiya e Javed Akhtar
Dai ritmi disco di "Dilruba" alle canzoni lente e moderne "Viranyaa" e "Main Jahaan Rahoon" , a quest’ultima vengono abbinate nel film delle immagini panoramiche di Londra e dei suoi variopinti quartieri indiani.


Visita il SITO UFFICIALE del film

RECENSIONE DI BOLLYWOOD HUNGAMA ( Taran Adarsh )




ALTRO:

- Il primo film della coppia Akshay Kumar / Katrina Kaif è stato un terribile flop: Humko Deewana Kar Gaye nel 2006 ispirato a Notting Hill
- L’Absolute Ice Bar a Londra si trova a Heddon Street, nei pressi di Piccadilly Circus
- I negozi indiani nella capitale inglese si concentrano nell’area semi-periferica di Green Street o nella più centrale South Hall.
- Il film è stato proposto dalla Rai in prima serata dal titolo Sposerò mia moglie in versione tagliatissima e non proprio soddisfacente. In basso i nostri commenti.

25 gennaio 2009

AWAARA



In religioso silenzio provo a scrivere qualcosa su un classico della storia di Bollywood, nonché uno dei miei film preferiti di sempre, nato dal genio di Raj Kapoor, attore, regista, produttore, un uomo affascinante e dotato di incredibile umiltà, la prima vera grande star, ancora ricordato con immancabile commozione e nostalgia.
Raj ha girato questo film quando aveva solo 27 anni, Awaara, la sua opera più grandiosa e completa, tutt’ora continua ad essere una grande fonte d’ispirazione. Mescola sapientemente elementi del noir e del dramma, incantate sequenze oniriche, esplora complesse dinamiche sociali senza dimenticarsi dei più semplici, ma non meno dolorosi, problemi familiari. Nonostante la densità dei contenuti e la sua vocazione artistica Awaara non si dimentica di regalare allo spettatore anche momenti di delicata magia, intrattenimento ed evasione.
Uno dei tanti argomenti affrontati dal film è la presunta ereditarietà di qualità e difetti da generazione in generazione. Il figlio di un avvocato è veramente destinato ad essere un esempio di virtù e il figlio del bandito è predisposto solo a diventare tale? Cos’è che decide il destino di un uomo, il sangue o le circostanze?

TRAMA
Un illustre avvocato (Prithviraj Kapoor) si è da poco unito ad una donna a lui devota (Leela Chitnis), ma a turbarne la tranquillità arriva il bandito Jagga (KN Singh), accusato ingiustamente dallo stesso solo perché figlio di un criminale vero. Jagga rapisce la giovane donna e la rilascia solo nel momento in cui scopre che aspetta un figlio da suo marito. E qui la sua vendetta diviene ancora più amara, perché l’avvocato non esiterà a cacciare la moglie di casa pur di mantenere intatta la sua immagine sociale, nel dubbio che il bambino possa non essere suo. Raj (Raj Kapoor) cresce negli slums di Bombay e viene, dallo stesso Jagga iniziato al crimine ; nel momento in cui rincontra Rita (Nargis), l’amica d’infanzia, inizia a cercare una vita diversa ma la società l’ha già schedato come chor / ladro, junglee / selvaggio, awaara / vagabondo.

Combattuto tra istinto e razionalità, Raj è un personaggio complesso, si muove tra gli strati più alti e più bassi della società con estrema naturalezza, ma è come se non appartenesse a nessuno di questi mondi.
Malgrado abbia ben 2 figure paterne provenienti da ambienti fortemente diversi (Jagga il bandito che l’ha cresciuto e Raghunath, il padre naturale) Raj è soprattutto un individuo autonomo, completamente indipendente e sempre in lotta sia con l’uno che con l’altro.

Il giudice Raghunath possiamo vederlo come un rappresentante della tradizione, della società patriarcale, dei rigidi principi morali, della lotta al mantenimento della rispettabilità. La sua casa, monumentale e inaccogliente, ne riflette la personalità cupa e austera, decorata con emblemi del passato coloniale , come orologi inglesi, scaloni vittoriani, inquietanti arredamenti.

Allo stesso tempo, il personaggio di Rita introduce la modernità.
Una donna avvocato dal carattere forte e deciso; indossa sia saree che abiti occidentali, appare in costume da bagno, non esita a incoraggiare le attenzioni di Raj, piuttosto audace per una ragazza del suo tempo pronunciare la frase: “let the boat sink”… Questa bellissima immagine femminile ha nel film il volto di Nargis, musa ispiratrice di Raj Kapoor come uomo e come regista, oltre che una delle migliori attrici che il cinema indiano abbia mai conosciuto. Raj nei suoi film l’ha saputa valorizzare al massimo, arrivando persino a divinizzarla.

Ci sarebbe molto, troppo, di cui parlare, cercherò di fare una sintesi per non scivolare in un monologo senza fine:

- Il tema del regalo:
In due momenti il film si concentra sul compleanno di Rita. Da bambino Raj ruba un fiore per sistemarglielo nei capelli, da adulto cerca però di stupirla con un dono molto meno semplice e fugace, una collana di brillanti rubata al giudice, incorruttibile e lussuosa.
Ma solo nell'ultima scena del film Raj riuscirà veramente ad offrire un regalo autentico alla sua amata: un gioiello che gli ha lasciato la madre, di sicuro meno prezioso ma carico di valore affettivo e ricordi.

- Paradiso / inferno, sogno / incubo, libertà/ costrizione ,
il protagonista è costantemente combattutto dalla sovrapposizione nella sua vita di questi elementi.

- costanti simbologie:
La barca, dove ha luogo l’incontro tra Raj e Rita, è un territorio neutro, dove i due possono amarsi senza preoccuparsi, per il momento, della società.

Gli inquietanti volti degli angeli barocchi pronti a giudicare le pessime scelte compiute dall’avvocato ( tra l’altro, immagini molto simili le ritroviamo in altri film con Raj Kapoor: Jagte Raho e Sangam, in entrambi compaiono dei soprammobili che puntano gli occhi sulle azioni dei protagonisti)

- La lettera R come iniziale per Raj, Rita e Raghunath
E il gioco di parole tra Jugga , nome del bandito e Judge/Justice

- Raj ripete più volte la frase “se mi ha preso per ladro, è colpa dell’apparenza”
Confonde le sue emozioni, maschera la tristezza, è un gentiluomo che si comporta da ladro e un ladro che nasconde la sua innata nobiltà.

Che altro mi sono dimenticata?
La fotografia, di sublime bellezza, e la musica, fatta per essere portata nel cuore,
I più intellettuali sapranno aggiungere richiami al cinema di Chaplin e ai personaggi di Dickens, io mi limito a venerare un capolavoro senza età cercando di fare ordine tra le tante sensazioni che tale opera può scatenare.

Il mio giudizio sul film: ***** 5/5

Anno : 1951

Regia : Raj Kapoor

Traduzione del titolo: Il vagabondo

Raj Kapoor .... Raj
•Nargis .... Rita
•Prithviraj Kapoor .... Judge Raghunath
•Leela Chitnis .... Leela Raghunath
•K.N. Singh .... Jagga
•Shashi Kapoor .... Raj da bambino
•Cukoo...... la ballerina nel brano "Ek do teen"

Colonna sonora di : Shankar – Jaikishan
Playback singers : Mukesh e Lata Mangeshkar


ALTRE INFORMAZIONI:

- La fantastica coppia  Raj Kapoor / Nargis, appare in altri film indimenticabili, tra i miei preferiti : Chori Chori, Aah, Barsaat  e Shree 420.

- Nel film compaiono 4 generazioni di Kapoor , L. B. Nath (il giudice che presiede l’udienza finale ), Pritavraj (giudice Ragunath) , Raj e Shashi (Raj da bambino)

CHANDNI CHOWK TO CHINA


Dov'è la regia? Dov'è la sceneggiatura? Dov'è il soggetto?
Nikhil Advani non è un cattivo regista. Assistente di Karan Johar in 'Kuch Kuch Hota Hai' e in 'Kabhi Khushi Kabhie Gham' e di Aditya Chopra in 'Mohabbatein', il suo film d'esordio, 'Kal Ho Naa Ho', è in buona parte una piacevole commedia. Il successivo, 'Salaam-E-Ishq', una pellicola dignitosa. Come ha potuto credere in un progetto tanto strampalato? Forse era sua intenzione realizzare un film delirante e fuori dagli schemi sul modello di 'Tashan'. Peccato non ci sia riuscito. 'Chandni Chowk To China' è senza capo nè coda e, nel primo tempo, davvero noioso.

Gli attori hanno fatto il loro dovere, ma non è bastato. Akshay Kumar è il solito ciclone comico, ma il suo carisma non è abbastanza potente da indurre lo spettatore a sorvolare sull'incomprensibile trama. Deepika Padukone sembra un filo più convincente rispetto alle precedenti, spente, interpretazioni. Peccato abbia scelto la pellicola sbagliata per mostrare i suoi (timidi) progressi.

Del film si salva davvero poco: i titoli di testa con un indaffaratissimo Akshay che affetta verdure, frigge patate, semina il panico fra santoni e veggenti; i due numeri musicali, 'Chandni Chowk To China' e 'India Se Aaya Mera Dost', con coreografie tutte da gustare; l'inedito look nero-totale di Deepika; l'addestramento di Akshay al kung-fu e... nient'altro.

TRAMA

Sidhu (Akshay Kumar) viene ritenuto la reincarnazione di un eroe cinese e indotto ad emigrare in Cina per aiutare una comunità di oppressi a liberarsi del loro aguzzino. E' tutto qui. E la Warner Bros. ci ha anche investito dei soldi.

RECENSIONI

The Times of India: **
'Akshay: prenditi una pausa! In passato ci hai viziato con alcune delle più scintillanti scene comiche del cinema contemporaneo. Ora ci stupisce rimanere impassibili dinanzi alla tua ultima impresa. Spiacenti, amico: il personaggio del bifolco sta perdendo il suo tocco ed è quasi una noia. Il problema in 'Chandni Chowk To China' è nella storia priva di mordente. La pellicola non è intelligente e non intrattiene. La trama procede in modo incoerente. I personaggi non emozionano. Mentre Akshay recita un po' troppo sopra le righe, Deepika sembra sperduta ed abbandonata per la maggior parte del film.'
Nikhat Kazmi, 15.01.09

Hindustan Times: *
'E' solo un deplorevole, confuso modo di fare cinema sprecando risorse? Dal principio alla fine la regia e la sceneggiatura sono rappezzate, le inquadrature effettuate in maniera irresponsabile, il montaggio è soporifero, la colonna sonora una lagna (la title track suona meglio su cd). Inoltre ci sono troppi salti narrativi. Deepika Padukone appare discretamente bene e recita discretamente male. Quanto ad Akshay Kumar, la sua formula 'sono-uno-zoticone-così-carino' ('Namastey London', 'Singh Is Kinng') è diventata di una noia esagerata. Per favore: basta gigioneggiare.'
Khalid Mohamed, 16.01.09

Cinema Hindi: *
Punto di forza: la pazienza dello spettatore
Punto debole: la diserzione di soggettista, sceneggiatore, regista

SCHEDA TECNICA

Cast:

* Akshay Kumar ('Tashan') - Sidhu
* Deepika Padukone ('Om Shanti Om') - Sakhi/Meow Meow
* Ranvir Shorey ('Singh Is Kinng') - Chopstick
* Gordon Liu ('Kill Bill') al suo debutto bollywoodiano - Hojo

Regia: Nikhil Advani

Sceneggiatura: Shridhar Raghavan ('Bluffmaster')

Colonna sonora: composta da Shankar-Ehsaan-Loy ('Don', 'Rock On!!'), non è esaltante, e comprende una versione rap della title-track interpretata dallo stesso Akshay

Coreografie: Pony Verma ('Kyon Ki', 'Bhool Bhulaiyaa')

Anno: 2009

Co-produzione e co-distribuzione: Warner Bros., al suo 'debutto' bollywoodiano

Sito: http://www.cc2c-thefilm.com/ - decisamente superiore al film (prevede anche un videogiochino)

CURIOSITA'

* E' il primo film bollywoodiano girato in Cina. La notizia ha destato talmente tanta curiosità che se n'è parlato persino in Italia. Il Corriere della Sera gli ha dedicato un articolo il 15 Gennaio 2009. E per la prima volta le autorità cinesi hanno consentito di girare scene di combattimento sulla Grande Muraglia. Le riprese sono durate 7 giorni. Akshay è rimasto sul set anche per 18 ore di fila

* E' il terzo film bollywoodiano prodotto e distribuito in partnership con Hollywood, dopo 'Saawariya', di Sanjay Leela Bhansali (Sony, 2007), e il film d'animazione 'Roadside Romeo' (Walt Disney Pictures, 2008)

* Incredibile ma vero: una pellicola tanto sconclusionata è riuscita a creare un caso diplomatico. Non con la Cina bensì col Nepal, Paese nel quale si è protestato (sic!), e per diversi giorni (sic sic!), a causa della battuta contenuta nel film che accrediterebbe l'India quale luogo natale di Buddha. Studenti e gruppi giovanili hanno minacciato di bruciare (sic sic sic!) le sale dove la pellicola era in cartellone. Le copie distribuite in Nepal sono state mutilate della battuta incriminata, ma, malgrado ciò, pare che il film sia stato ritirato. Buddha è nato a Lumbini, località oggi inclusa entro i confini nepalesi

GOSSIP&VELENI

* Akshay Kumar proviene davvero dal Chandni Chowk di Delhi, e, prima di diventare una star, è stato cuoco a Bangkok

* Deepika Padukone è l'attuale fidanzata di Ranbir Kapoor ('Saawariya'), figlio di Rishi Kapoor

* Ranvir Shorey è il fidanzato di Konkona Sen Sharma ('Page 3')

22 gennaio 2009

L A J J A


Spegnete il cellulare e mettetevi comodi: ho moltissime cose da raccontarvi di questo film.

'Lajja' è un classico polpettone bollywoodiano. Non manca all'appello nessuna caratteristica tipica della cinematografia popolare in lingua Hindi, e ciascun ingrediente è presente in dosi tali da garantire l'indigestione. La pellicola gronda retorica a fiumi, infarcita com'è di sermoni e di stereotipi. Anche da un punto di vista strutturale e formale siamo in zona hardcore: film solo per bollywoodiani temprati.
Impossibile elencare tutti i dettagli che rendono 'Lajja' un perfetto compendio di bollywoodianità. Mi limiterò ai principali:
- la durata: tre ore e cinque minuti;
- la struttura narrativa, che non solo mescola il dramma alla commedia, ma che sviluppa tre storie fra loro indipendenti inserite in una cornice che è una storia anch'essa. Amore. Pathos. Azione. Danze. C'è di che gozzovigliare;
- i personaggi stereotipati: la Donna Virtuosa (Manisha Koirala), legata alle tradizioni; il Marito Indifferente (Jackie Shroff), ricco, viziato, che non la rispetta; il Cattivo; il Buffone; il Ladro (Anil Kapoor), simpatico e di buon cuore; la Sposa (Mahima Chaudhry), tutta fruscii, tintinnii, luccichii; l'Attrice (Madhuri Dixit), donna scostumata e senza onore; la Madre (Rekha), forte e coraggiosa; e naturalmente l'Eroe (Ajay Devgan), tenebroso e invincibile;
- le vicende, anch'esse stereotipate: la Disgrazia, l'Intrigo, il Matrimonio, il Dramma, il Sopruso, la Tragedia, la Vendetta, la Redenzione, il Lieto Fine;
- la location straniera: New York;
- lo status sociale: altissimo;
- le donne: bellissime;
- le item-song, di ottimo livello (non per niente il regista è uno dei pionieri di questa tradizione), interpretate da Urmila Matondkar, sempre generosa, nella trascinante 'Aaye Ye Aajaye Ye'; e da Sonali Bendre, sinuosa e raffinata, nella tradizionale 'Saajan Ke Ghar';
- le coreografie ricercate, i costumi scintillanti, le scenografie ricche e colorate: caratteristiche presenti anche nel brano 'Badi Mushkil', interpretato con classe da Madhuri Dixit (e da Manisha Koirala);
- la colonna sonora, che vanta addirittura due compositori: Ilaiyaraaja per il sinfonico commento musicale (eseguito dall'Orchestra della Radio di Budapest ), e Anu Malik per le canzoni;
- e naturalmente loro: i Divi, un succoso grappolo attorniato da una schiera di collaudati attori minori.

Sempre comodi?
Bene. Dimenticate tutto quanto avete letto sino ad ora.

'Lajja' è un film S-P-L-E-N-D-I-D-O.
Partiamo dall'incipit.
Dedicata a Rajam, la madre del regista, la pellicola, il cui titolo significa 'vergogna', si apre con una battagliera dichiarazione: 'I personaggi e le vicende narrate nel film sono l'eco di quanto accade intorno a noi, nel cosiddetto mondo civile. Le voci, le grida, i pianti, gli appelli sono stati amplificati affinchè i sordi possano prenderne nota. La grandezza di una civiltà si misura sulla base della condizione sociale riconosciuta alle donne.'
Rajkumar Santoshi, regista acclamato dalla critica, non dimentica nulla: nel suo polpettone infonde tutto ciò che in India porta un film al successo. E lo fa con notevole maestria. 'Lajja' è ben scritto, ben narrato, ben diretto, ben recitato. Ma sono il Genio e l'Astuzia di Santoshi a strabiliarci. Se hai un messaggio forte da trasmettere, in India come puoi raggiungere il più vasto pubblico possibile? Facile: confezionando uno scintillante, perfetto, completo, tradizionale, retorico, stereotipato, orribile compendio di bollywoodianità. Santoshi ci presenta eventi e personaggi stereotipati, ma li sgretola e li trasforma sotto i nostri occhi annebbiati da colori e danze, e ci inietta il suo messaggio. Che è tutto fuorchè bollywoodiano.
Siamo di fronte a due pellicole opposte fra loro che si sovrappongono e si amalgamano. Il regista non rinuncia al suo amore per il realismo, ma nel contempo riconosce al mezzo 'Bollywood' l'enorme valenza di fenomeno sociale. E scaltramente ne sfrutta l'impatto e la risonanza.
Di rigore la controanalisi:
a) Il film ruota intorno a straordinari personaggi femminili. Vivi. Veri. Solidali fra loro.
- La Donna Virtuosa intraprende il suo viaggio attraverso un'India livida e crudele, dove le donne, senza alcun rispetto per l'età, sono sempre e solo vittime. La fuggiasca osserva, si indigna, reagisce.
- La Sposa accetta rassegnata quella che sembra una tradizione antica ed immutabile (la dote), felice di unirsi all'uomo che ama. Ma lo Sposo si rivela senza spina dorsale. La famiglia di lui è avida e arrogante. La ragazza osserva, si indigna, reagisce.
- L'Attrice, fiera e indipendente, vive la sua vita in modo non convenzionale. Delusa dall'uomo che ama, si ribella pubblicamente e nel modo più dissacrante. E, malgrado la dura punizione, non si lascia spezzare.
- La Madre, splendido personaggio femminile, è la paladina della difesa dei diritti delle donne in un misero villaggio. Il suo sacrificio completa la trasformazione interiore della Donna Virtuosa.
b) Il cast è di prima classe.
- Madhuri e Rekha sono DA URLO. Difficile decretare la migliore fra le due. La Dixit è spontanea e vivace. E rappresenta il dramma vissuto dall'Attrice in modo superbo. Rekha è perfetta. Energica, tragica, straziante. Anche Mahima è impeccabile. Delude invece l'interpretazione di Manisha: mostra il meglio solo nelle scene madri.
- Gli attori? Jackie Shroff non convince, colpa forse di un personaggio davvero povero, anche se la sua voce di velluto farebbe sciogliere un iceberg al Polo Nord. Ajay Devgan è ben calato nel suo ruolo: il tradizionale eroe dallo sguardo letale, dai minacciosi silenzi, dalla voce tonante. Ma è Anil Kapoor, a mio parere, a cavarsela meglio: il suo personaggio è amabilissimo, e lui lo interpreta con leggerezza e simpatia.
c) Le vicende, quelle non stereotipate: le violenze domestiche, la piaga sociale della dote, la condizione femminile sempre subalterna, la segregazione, i tabù religiosi, gli infanticidi, l'analfabetismo, la divisione castale, la corruzione, gli stupri.
d) I sermoni: retorici, certo. Ma al di là della forma, il messaggio è chiaro e preciso: la condanna di una società retrograda che sfrutta le donne e nega loro anche i più elementari diritti.
Moltissimi i dettagli indimenticabili:
* Le battute taglienti: 'Gli uomini considerano le donne la porta per l'inferno: ma è proprio attraverso quella porta che vengono al mondo'.
* Le scene da standing ovation:
- il Ladro che difende la prostituta;
- la Sposa che sputa insulti sullo Sposo, sulla sua famiglia e sui loro invitati (da guardare e riguardare più volte per non perdersi neanche una sfumatura);
- il linciaggio dell'Attrice (GRANDISSIMA Madhuri);
- la Donna Virtuosa, che denuncia la tradizione della segregazione;
- la Madre che scopre la relazione fra il figlio e una ragazza di casta alta;
- l'esecuzione della Madre (GRANDISSIMA Rekha);
- la Donna Virtuosa che denuncia l'infamia dello stupro di gruppo e del brutale omicidio;
- ma, soprattutto, la sequenza entrata nella storia del Cinema Indiano: l'Attrice che sul palco reinterpreta il mito di Sita, moglie di Rama, nel 'Ramayana'. DA PELLE D'OCA. Madhuri è SUBLIME.
Quanto dura il film? Tre ore e cinque minuti?
Ottimamente impiegati.

TRAMA

Vaidehi (Manisha Koirala) è l'infelice moglie del ricchissimo Raghu (Jackie Shroff). All'ennesimo alterco, lui la ripudia rispedendola in India. Da qui l'inizio di una serie di eventi che la condurranno in lungo e in largo per il Paese. Incontrerà donne coraggiose ed umiliate. Uomini corrotti e violenti. E ritroverà il coraggio e il rispetto di sè.

RECENSIONI

The Hindu:
'Lajja' non è un film facile. Solleva diverse questioni sulla condizione femminile, ma lo fa attraverso clichè e stereotipi. 'Lajja' è grandioso, sontuoso, opulento. Le scenografie sono incantevoli. Sfortunatamente questa colorata pellicola è una delusione in bianco e nero, in particolare nel secondo tempo. Malgrado le sensibili interpretazioni di Madhuri e di Manisha, il film è eccessivo e semplicistico. Non c'è spazio per il grigio: gli uomini sono il Nero, le donne il Bianco.'
Ziya Us Salam, 07.09.01

Cinema Hindi: *****
Punto di forza: la struttura inusuale, i dialoghi e soprattutto il Puro Genio del regista
Punto debole: la recitazione spesso incolore di Manisha Koirala; l'indigestione bollywoodiana

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Manisha Koirala ('Dil Se') - Vaidehi
* Madhuri Dixit ('Devdas') - Janki
* Rekha - Ramdulaari
* Mahima Chaudhry ('Pardes') - Maithili
* Anil Kapoor ('Tashan') - Raju
* Ajay Devgan ('Halla Bol') - Bulwa
* Jackie Shroff ('Rangeela') - Raghu
* Urmila Matondkar ('Rangeela') - ballerina per il brano 'Aaye Ye Aajaye Ye'
* Sonali Bendre ('Kal Ho Naa Ho') - ballerina per il brano 'Saajan Ke Ghar'
* Farida Jalal ('Kuch Kuch Hota Hai') - madre di Maithili
* Johnny Lever ('Kuch Kuch Hota Hai') - uno dei Buffoni
* Sharman Joshi ('Hello') - figlio di Ramdulaari

Soggetto, regia e produzione: Rajkumar Santoshi ('Halla Bol'), che ha anche collaborato alla stesura della sceneggiatura e dei dialoghi

Colonna sonora: composta da Ilaiyaraaja ('Cheeni Kum') e da Anu Malik ('Main Hoon Na', 'Asoka'). Intrigante il brano di quest'ultimo, 'Aaye Ye Aajaye Ye'

Coreografie: Ganesh Acharya ('Rang De Basanti')

Anno: 2001

Award: Zee Cine Best Supporting Actress Popular Award per Madhuri Dixit

Distribuzione: Eros International Ltd.

CURIOSITA'
* I quattro personaggi femminili portano tutti uno dei nomi di Sita, la moglie di Rama, avatar del dio Visnu. Nel 'Ramayana' si narra del rapimento di Sita messo in atto dal demone Ravana. Rama riesce a raggiungerli e libera la consorte, ma è costretto a ripudiarla a causa della sua permanenza con un demone. Sita allora si sottopone all'ordalia del fuoco per dimostrare la propria purezza. Non perdetevi nemmeno una parola del monologo di Janki in 'Lajja': la sua personalizzata (e sacrilega) versione del punto di vista di Sita è memorabile. In India ha acceso gli animi e provocato proteste: a Bhopal un gruppo di simpatizzanti del partito tradizionalista Hindu BJP ha bruciato in pubblico immagini del regista Rajkumar Santoshi e dell'attrice Madhuri Dixit.
* Il prossimo film di Raj Kumar Santoshi, 'Ajab Prem Ki Ghazab Kahani', conterrà alcune sequenze girate in Italia. Grande occasione per incontrare il regista
* Citazioni bollywoodiane: 'Josh'

GOSSIP&VELENI

* Manisha Koirala, nepalese, proviene da una famiglia di figure politiche di altissimo livello: il padre, B.P. Koirala, è stato Primo Ministro del Nepal, così come due fratelli del nonno paterno
* Madhuri Dixit pare abbia avuto una relazione con Sanjay Dutt ('Munna Bhai')
* Rekha pare abbia avuto una turbolenta relazione con nientedimenoche Amitabh DIO Bachchan
* Anil Kapoor è il padre di Sonam Kapoor, l'attrice che ha esordito in 'Saawariya' di Sanjay Leela Bhansali. Il fratello maggiore di Anil, il produttore Boney Kapoor, è sposato con l'affascinante diva Sridevi. In Italia possiamo ammirare Anil su grande schermo in 'Slumdog Millionaire'
* Ajay Devgan è il marito della talentuosissima Kajol
* Urmila Matondkar è stata a lungo legata al regista Ram Gopal Varma

17 gennaio 2009

DIL TO PAGAL HAI



Prodotto e girato da Yash Chopra, capostipite della Yash Raj, la prima casa di distribuzione in India. Il film, come tutti si aspettavano, è nato per far impazzire gli spettatori nelle sale e per trasformarsi subito in uno straordinario successo commerciale che strizza l'occhio al pubblico. Madhuri Dixit torna ad avere tutti i riflettori puntati addosso dopo una serie di uscite poco soddisfacenti, Karisma Kapoor era nel pieno della sua carriera e , sentendo già profumo di blockbuster movie, accetta un ruolo secondario cosciente che i benefici ricadranno anche su di lei. Dil To Pagal Hai è soprattutto un musical  (anzi un musical on stage stile Broadway) che ruota attorno ad una compagnia di attori capitanata dal giovane e autoritario regista Rahul. Nisha è la prima donna dello show, o almeno sembra esserlo fino a che non comincia a materializzarsi una nuova sceneggiatura, per la quale si richiede qualcosa di più.Ancora prima che la ragazza subisca un infortunio durante le prove, si capisce che non ha le carte necessarie per il nuovo ruolo e che c’è bisogno di un volto diverso per rendere giustizia al personaggio di Maya. E il vuoto viene colmato da Pooja, ragazza impeccabile e perfetta ballerina, pronta a impossessarsi da sola del palco, e anche dei pensieri di Rahul.

Il film è semplice, se non elementare, ma dentro ci si possono trovare scene memorabili che incollano allo schermo, battute famosissime che chiunque sia fan di Bollywood non può fare a meno di ricordare, canzoni orecchiabili e divertenti e soprattutto … loro: Madhuri Dixit e Shahrukh Khan!!!! Perché gli attori fanno la differenza, e se mettiamo i personaggi di Pooja e Rahul in mano a due potenze così, otterremo fuoco e fiamme anche da una storia banale.

Due buoni motivi per vederlo subito:

1) Fino a poco prima dell’intervallo i due protagonisti non si incontrano mai!!!!! Vale a dire, più di un ora in cui non c’è nessuna interazione diretta, eppure tutto è incentrato su di loro. Incredibile ma vero.
2) Non dimentichiamoci poi che Dil To Pagal Hai contiene una delle scene più sensuali della storia del cinema, non anticipo niente ma ricordatevi le parole “Aur Pas, Aur Pas” e spostatevi sulla seconda parte del film. In bocca al lupo…

Yash Chopra, uno dei registi e produttori più attivi e longevi nella storia di Bollywood, torna a dirigere Shahrukh Khan dopo il favoloso Darr nel 1993. Certo, lo stile di questo grande autore, nel bene e nel male si fa sentire un po’ in tutti i suoi film, e, allo stesso modo in cui riesce a regalarci ottime storie e scene memorabili, ogni tanto, la mano gli scivola troppo sul patetico, ( come dimenticare l’interminabile e noiosissimo discorso finale durante il processo di Veer Zaara?) In Dil to Pagal Hai Yash Chopra non riesce a evitare di sovraccaricare il personaggio di Pooja, facendola nascere come una donna moralmente impeccabile e soffocata dai suoi doveri verso la famiglia che l’ha adottata da bambina, capace di sacrificare la sua felicità per non deluderli mai. Oddio… Madhuri Dixit fa salti mortali per rendere dinamico e accattivante anche un personaggio come questo, dei più finti e tradizionali mai visti. Eppure il miracolo si compie…
Rendere agili alcuni passaggi sembra non essere proprio il forte di Yash alla regia… ma la qualità dei suoi prodotti è indiscutibile, e, malgrado la prevedibilità e alcuni eccessi di buonismo, Dil To Pagal Hai è un film facilissimo da amare.

Il mio giudizio sul film ***  3/5

ANNO : 1997

REGIA : Yash Chopra

TRADUZIONE DEL TITOLO :
Il cuore è matto (letteralmente) / Il cuore è imprevedibile… (suona un po’ meglio)

CAST

Shahrukh Khan ……… Rahul

Madhuri Dixit…………Pooja

Karisma Kapoor………Nisha

Akshay Kumar…………Ajay

Farida Jalal…………… la zia di Pooja


CURIOSITA’

- Impossibile lasciar passare la frase “Rahul…. Naam toh Suna Hoga? / Rahul… ti di dice qualcosa questo nome?” la sentirete pronunciare molto spesso. Shahrukh si è già chiamato così in altri 3 film prima di questo; Darr, Zamaana Deewana e Yess Boss.. e naturalmente si chiamerà così nei primi due indimenticabili successi di Karan Johar : Kuch Kuch Hota Hai e Kabhi Khushi Kabhie Gham. Insomma, un nome destinato ad essere ricordato a lungo…
- La canzone che da il titolo al film, nella quale compaiono Akshay Kumar e Madhuri Dixit è stata girata all’Europapark di Freiburg Am Breisgau, in Germania.
- Nei titoli di apertura del film compaiono anche Yash Chopra e Pamela Chopra, Yash Johar e Hiroo Johar, Aditya Chopra e Payal Chopra.
- I costumi indossati da Shahrukh Khan sono stati disegnati da Karan Johar


AWARDS:
Solo alcuni dei tanti premi vinti dal film, per motivi di spazio faro solo una selezione:

1998 Filmfare Awards
•Best Film
•Best Actor (Shahrukh Khan)
•Best Actress (Madhuri Dixit)
•Supporting Actress (Karisma Kapoor)

1998 National Award
•Best Film providing popular and wholesome entertainment

1998 Zee Cine Awards
•Best Film - Yash Chopra
•Best Actor - Shahrukh Khan
•Best Actress - Madhuri Dixit
•Best Actress in a Supporting Role - Karisma Kapoor
•Best Dialogue - Aditya Chopra
•Best Music Director - Uttam Singh
•Best Female Singer - Lata Mangeshkar

16 gennaio 2009

IT'S BREAKING NEWS


Film-verità sul mondo dei media, sulla febbre da audience e sul modo criminale di presentare le notizie. Ma anche sulla corruzione nelle istituzioni. La storia è imperniata su due figure femminili: la giornalista che denuncia un caso di sfruttamento, e la vittima che lo subisce.
La pellicola non è un capolavoro, ma è onesta e realizzata in modo dignitoso. La sceneggiatura, pur delineando le psicologie con una certa frettolosità, si impegna a non tralasciare nulla, mostrando a 360 gradi tutti i risvolti dell'amara vicenda. Il ritmo è piuttosto rapido. Ci si appassiona alla trama, anche se non proprio al film, e si perdona al regista un esordio non indimenticabile ma comunque promettente.
Non siamo di fronte ad una forte pellicola di denuncia come 'Page 3', di Madhur Bhandarkar, ma 'It's Breaking News' si lascia guardare fino in fondo senza annoiare, e riesce a strappare un applauso per l'argomento realistico, per l'intenzione meritoria, per l'impronta al femminile, per il tentativo di realizzare una cinematografia (Hindi) di tipo diverso e meno convenzionale.

TRAMA

Vidya (Koel Purie), una giovane giornalista televisiva di cronaca rosa, per coprire un collega assente viene dirottata sulla cronaca nera. La ragazza si appassiona al nuovo incarico. Ma scoprirà presto e (anche) a sue spese che la falsità e la gestione 'creativa' delle notizie sono all'ordine del giorno, senza nessun rispetto per l'etica professionale e per la privacy delle persone coinvolte.

RECENSIONI

The Times of India: **
'La motivazione è buona. Il film no.'
Nikhat Kazmi, 06.10.07

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: la trama e le intenzioni
Punto debole: scarso vigore nella denuncia; taglio troppo televisivo

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Koel Purie ('Rock On !!') - Vidya
* Swati Sen - Sangeeta

Regia e sceneggiatura: Vishal Inamdar, qui al suo esordio

Anno: 2007

CURIOSITA'

* Koel Purie ha lavorato come assistente scenografa nel CAPOLAVORO del Cinema Hindi: 'Earth', di Deepa Mehta, con Aamir Khan e Nandita Das. Ha esordito come attrice in 'Everybody Says I'm Fine', unica prova registica di Rahul Bose, attore dai mille talenti
* Non perdetevi la sequenza della diretta dall'ospedale: capito come gabbano noi poveri bollywoodiani creduloni?

14 gennaio 2009

HINDUSTAN TIMES U-Z

UDAAN: ***1/2
In Udaan si avverte una tensione che disturba e che gocciola incessantemente dentro di noi. Pochissimi film provocano un effetto simile negli spettatori. Penso che il cinema possa sia allontanare dalla realtà che costringere a misurarsi con essa. Nel primo caso cito ad esempio Wake up Sid!, una bella storia di formazione nella quale l'ordine naturale delle cose viene in qualche modo ristabilito. Udaan è un raro esempio del secondo caso, una pellicola superiore, un consigliabile debutto di desolante bellezza. Per Rohan i sogni non sempre si avverano, e questa è la realtà con cui la maggior parte di noi deve fare i conti. Il finale di Udaan è un po' deludente, ma forse le storie reali non hanno mai una vera fine, semplicemente continuano ad essere.
Mayank Shekhar, 16.07.10
U ME AUR HUM: ***
Khalid Mohamed, 11.04.08
UTT PATAANG: *1/2
La trama si svolge al chiuso, nel corso di una singola notte, in quattro camere, con quattro attori. E si muove avanti e indietro. Come il film. Senza vita. Avanti e indietro.
Mayank Shekhar, 04.02.11
VEER: *1/2
Poco è stato reso pubblico sulla loro separazione o sulla loro relazione professionale. Ma fra i due - Salim e Javed, i creatori negli anni Settanta della figura del 'giovane uomo arrabbiato', i più famosi sceneggiatori della storia di Bollywood -, Salim fu un maestro della sceneggiatura, mentre Javed probabilmente scriveva le meravigliose battute. Salim si occupava della compattezza del film, e Javed dell'intimità di alcune scene. Salman Khan è il primogenito di Salim ed è lo scrittore accreditato di 'Veer'. Potete capire all'istante da chi ha ereditato il suo senso di grandezza cinematica. In 'Veer' tutto è grandioso: gli eserciti di guerrieri, con immagini generate al computer che li moltiplicano; i palazzi dagli affreschi rinascimentali ottimamente resi dai 70 mm. C'è molto sciovinismo, ma non si capisce bene contro chi sia diretto. Questo film in costume, con le sue numerose canzoni e le tre ore di durata, trae origine più da Bollywood che da Hollywood.
Mayank Shekhar, 22.01.10
VICTORY: **
Out! Out! Out! 'Victory' è un derivato evidente di 'Chak De! India'. Le amichevoli e inesperte special appearance dei (veri) giocatori di cricket non riscattano per niente la pellicola. Harman Baweja è coscienzioso come un boy-scout. Quanto al resto, il film segna una Sconfitta.
(Questa recensione pare sia l'ultima di Khalid Mohamed per l'Hindustan Times. Il giornalista saluta i lettori)
Khalid Mohamed, 30.01.09
VIDESH: *1/2
Preity Zinta impregna di vulnerabile grazia il suo ritratto di una donna che vive costantemente nella paura. La storia ha i suoi buoni momenti (tutti riconducibili a Preity). Ma è un intrecciarsi incongruo di violenza ed alienazione domestiche con racconti antichi che, trasposti in un contesto canadese, semplicemente non funzionano. Preity Zinta, a suo credito, dà più di quello che riceve, attraversando realtà e fantasia con un'interpretazione meravigliosa. Il film non lo fa altrettanto bene.
Shashi Baliga, 27.03.09
WAFAA: *
E' scioccante vedere la star settantenne esporre il peloso torace. Il film è volgare da non credere, ed anche solo le scenografie basterebbero a far rivoltare lo stomaco. 'Wafaa' può essere annoverato fra le peggiori pellicole dell'anno (e forse di tutti i tempi). Girato in modo terribile, con performance agghiaccianti, datato. Per non parlare della cigolante superstar, che avrebbe dovuto mostrare il buon senso di non partecipare a questo film. Ed evitare di togliersi la camicia.
Anand Singh, 19.12.08
WAKE UP SID!: ***1/2
'Wake Up Sid!' appartiene ad un genere che indubbiamente fluisce da 'Dil Chahta Hai' di Farhan Akhtar: in parte Hollywood, in parte Bollywood, principalmente una storia di formazione, sottilmente romantico, in gran parte originale, con sentimenti autentici, anche leggero, Inglese nelle espressioni, Hindi nella lingua. Il film è più che realistico, malgrado il soggetto non nuovo, e persino il look patinato non risulta finto. Si sente che il regista Ayan Mukerji - e gli attori - hanno vissuto questa storia. Konkona Sen Sharma è vera senza alcuno sforzo, come sempre.
Mayank Shekhar, 03.10.09
WANTED: *1/2
L'industria cinematografica del Sud sembra seguire un percorso circolare. Un film viene prima realizzato in lingua Telugu, poi in lingua Tamil, o viceversa. Mahesh Babu interpreta il ruolo del protagonista in uno. Vijay nell'altro. Entrambe le pellicole incontrano un clamoroso successo al botteghino. La salute mentale del Paese va a farsi friggere. 'Pokiri' è un film di questo tipo. Nell'edizione originale Telugu pare abbia incassato moltissimo. Nella versione Tamil poco meno. Le pellicole Hindi, malgrado vengano distribuite in tutta l'India e all'estero, difficilmente riescono a raggiungere gli stessi numeri. Un tale successo commerciale non poteva non essere adocchiato dal produttore Boney Kapoor: 'Wanted' è il remake Hindi proprio di 'Pokiri'. E' essenzialmente un B-movie con un budget più consistente e con un'enfasi relativamente minore sul sesso. Il genere di film che Bollywood realizzava sino ad una o due decine di anni fa, e che ora è il dominio soltanto dei cinema regionali. Ovviamente l'eroe di turno deve vendicare una molestia o uno stupro. L'atto sanguinario è coreografato con delicatezza. Ogni sequenza d'azione si alterna con un numero comico, una canzone o una scena romantica. La sceneggiatura sembra quasi un semplice movimento di danza: passo 1, passo 2, passo 1, passo 2... Altrettanto importante è una manciata di ritornelli in bocca all'eroe. C'è una scazzottata ogni due scene, senza capire chi le stia prendendo, figuriamoci il perchè. Fare a pezzi un poliziotto rimane certamente l'ultima fantasia nazionale. Infine la pellicola deve culminare nella madre di tutte le scene d'azione. E 'Wanted' lo fa: Salman finalmente si toglie la camicia. Saranno felici in provincia. Ma dov'è la storia?
Mayank Shekhar, 19.09.09
WE ARE FAMILY: **
In We are family Arjun Rampal è il personaggio maschile silenzioso e privo di voce in capitolo, ma, rispetto al vecchiotto e privo di charme Ed Harris dell'originale hollywoodiano, Rampal ne esce meglio. La location è l'asettico primo mondo. Spaghetti pronti per cena. Moderna gestione della casa. Le due protagoniste sono le più talentuose e luminose attrici bollywoodiane. Il film è girato in modo pulito. Ma è solo l'idea che tiene legato tutto, e l'idea è interamente occidentale. Dio sa quanto sia povera l'immaginazione indiana, e WAF è semplicemente il raro riconoscimento ufficiale. I produttori hanno pagato i diritti, e questa volta quindi non rubano idee. Potrebbero esserci centinaia di originali sceneggiatori locali che aspettano una possibilità per esprimere qualcosa di nuovo, ma la pigrizia creativa non riguarda il pubblico. Il film c'è, in affitto dal cinema occidentale o remake indiano bello e pronto, a chi importa? In WAF il pathos non è creato dalla storia bensì solo dalle interpretazioni, in particolare da quella, meravigliosa, di Kajol.
Mayank Shekhar, 02.09.10
WELL DONE ABBA: ***
La sceneggiatura di Benegal è sicuramente lirica e stratificata. Il soggetto è serio, l'ottimismo unico. Il film è una raffinata black comedy che potrebbe solo parzialmente deludere con il suo ritmo lento. Benegal debuttò nel 1962. Nehru era ancora Primo Ministro, la conquista della Luna lontana, il canale Doordarshan sarebbe diventato a diffusione nazionale 20 anni dopo. Benegal si è costruito con onestà una carriera più significativa di quella di un'intera industria cinematografica. Il suo lavoro è oggetto di tesi di dottorato. Che un intellettuale gentile e umile, dotato di dignità - qualità rara nei personaggi pubblici Indiani -, abbia scelto di diventare regista, è una grande fortuna per il cinema Indiano, anche se il pubblico locale lo ha largamente tradito (e qualche volta a ragione). Ultimamente Benegal ha iniettato dell'umorismo nel suo lavoro ('Welcome To Sajjanpur', 'Well Done Abba'), e la cosa lo ha subito avvicinato ad un nuovo, emancipato pubblico da multiplex. Oltre a Naseeruddin Shah, Om Puri, Anant Nag e Rajit Kapur (il suo stock di attori), credo che Benegal stesse davvero aspettando un Boman Irani: un gioiello autodidatta che ha fatto il suo ingresso nel mondo del cinema solo pochi anni fa. E' sbalorditivo come questo attore, in un arco di tempo così breve, abbia deliziato un'intera nazione (due 'Munna Bhai', '3 Idiots', 'Don', 'Eklavya', 'Khosla Ka Ghosla', ecc.). Ma in WDA regala la sua performance più raffinata. Allora davvero well done (ben fatto), Benegal e Boman!
Mayank Shekhar, 26.03.10
WEST IS WEST: *1/2
West is West ha poco da spartire con la cultura orientale. Ila Arun è realistica in modo stupefacente. L'interpretazione di Om Puri è meravigliosa. East is East (1999) era un film politico e ragionevolmente accurato che mostrava gli anni in cui fecero la loro comparsa i cosiddetti Londonstani, i fanatici giovani asiatici. Questo sequel, purtroppo, non è nè personale nè politico. Che waste (spreco), allora.
Mayank Shekhar, 10.06.11
WHAT'S YOUR RAASHEE?: *
Questa sfortunata pellicola è l'adattamento cinematografico di un romanzo Gujarati, 'Kimball Ravenswood' di Madhu Rye. Harman Baweja è del tutto privo di fascino. Priyanka Chopra rende caricaturali i suoi personaggi: non ha ironia, nè arricchisce i ruoli di profondità. WYR è più un'interminabile trottola di risatine nervose, di costumi, di video musicali con una colonna sonora di seconda classe. Nessuno mostra un minimo di impeto. Gowariker ('Lagaan', 'Swades', e... questo?) potrebbe aver percepito la sceneggiatura come adatta per un film frizzante e divertente. Ma nè gli attori nè certamente l'auto-indulgente, serio regista-sceneggiatore hanno troppa inclinazione per la commedia, anzi: Gowariker riesce solo a propinarci di tutto un po' succhiando via ogni senso di gioia. La rustica roulette Russa è tirata incessantemente per le lunghe. I segni zodiacali sono 12. 'Quanti ne abbiamo già visti?', mormorano alcuni seduti nelle file dietro, 'Quanti ne rimangono ancora?'.
Mayank Shekhar, 26.09.09
YAMLA PAGLA DEEWANA: *1/2
In Yamla Pagla Deewana l'autocitazionismo non ha limiti: la colonna sonora di Barsaat riproposta come commento musicale, l'accenno al più grosso successo commerciale di Sunny Deol (Gadar), l'imitazione di Bobby Deol di una scena di Sholay, il titolo del film preso in prestito da una canzone di una vecchia pellicola di Dharmendra. Ma Sholay è un blockbuster di 35 anni fa, e l'età media della popolazione indiana è di 25. Barsaat è ormai dimenticato. Gadar costituisce per molti un volgare, datato incubo. Gli esempi citati sono stati inclusi nel trailer, per invogliare il pubblico a riempire le sale il primo giorno di programmazione, ed ecco ciò che il pubblico ha visto: metà Dabangg, con la polvere dell'Uttar Pradesh orientale, e metà Dilwale Dulhania Le Jayenge ambientato in Punjab. Un insieme distruttivo che appare al meglio una noia colossale e completa. La monotonia prende piede. Le scene si ripetono. Le battute perdono impatto. E' troppo tardi: Dharmendra e Sunny Deol sono all'ultimo stadio della loro carriera e vivono nel passato. Dharmendra ha 75 anni: non è rifatto e li dimostra tutti. Sunny Deol ne ha 54 ma non recita in ruoli adatti alla sua età. Il loro pubblico è passato oltre già da tempo, ma loro no: Apne, Right Yaaa Wrong, Fox, e ora Yamla Pagla Deewana. Triste ma vero.
Mayank Shekhar, 14.01.11
YEH SAALI ZINDAGI: ***
Nessuna delle vicende narrate in Yeh Saali Zindagi cattura emotivamente il pubblico perchè tutte competono per conquistarne l'attenzione. L'umorismo è auto-consapevole. Le armi scattano con facilità. La narrazione è intricata. C'è leggerezza nella morte, e c'è stile nei dialoghi. YSZ potrebbe piacere ai fan di Tarantino e di Rodriguez, e potrebbe di contro non eccitare gli amanti del più maturo Hazaaron Khwaishein Aisi (2003) o di Yeh Woh Manzil To Nahin (1987), entrambi diretti da Mishra. Mishra è anche il regista di Is Raat Ki Subah Nahin (1996), un raro esempio di gangster story pre-Satya che narrava la malavita di Mumbai. In YSZ Mishra utilizza (e forse perde) la trama per mappare in modo accattivante la vita urbana della metropoli-villaggio di Delhi. Il film diviene una sorta di 'racconto di due città', Dickensiano per la sua grottesca commedia e per il numero di personaggi che la sviluppano. Ciascun ruolo è disegnato per essere morbidamente vistoso in un modo suo proprio. Il movimento è molto ampio, e risulta faticoso sincronizzarsi alla sua rapidità. YSZ appare confuso perchè nessun personaggio possiede un centro morale. E nessun personaggio tiene unita la trama. YSZ si muove ovunque per giungere ad una fine che va oltre quella progettata. La pellicola rimane in testa ma non abbastanza nel cuore. Gli attori sono tutti ispirati e meravigliosamente amalgamati fra loro. YSZ appare di gran lunga migliore della sua sceneggiatura.
Mayank Shekhar, 04.02.11
YUVVRAAJ: **
Caro Subhashji, posso solo ricordarti che i gusti del pubblico sono cambiati, anche se non sempre per il meglio (ne è una prova il successo di 'Golmaal Returns'). 'Yuvvraaj' è il 18mo film che hai diretto. Spiacente, ma è un facile bersaglio. Non potevi istruire Irani ad essere un tantino controllato? Ma non importa, perchè la PEGGIOR interpretazione del cast arriva da Zayed Khan. Nessuna riconoscibile emozione umana sulla sua faccia. Anil è il solo vero attore sulla scena. Salman Khan è un Tom Cruise con orecchino, camicia a fiori e accento Greco-Italiano (*). Katrina Kaif, perennemente ad occhi spalancati e labbra glossate, mostra un'alchimia più vitale col suo violoncello che con Salman, e svanisce nel secondo tempo (troppo occupata ad arricciarsi i capelli?). La regia è molto artificiosa.
Khalid Mohamed, 21.11.08
ZINDAGI NA MILEGI DOBARA: ****
In Zindagi Na Milegi Dobara la Spagna toglie il respiro: è intensamente scenografica nonchè visualizzata in modo coraggioso (Carlos Catalan). Il film narra con grande realismo una storia di amicizia maschile, seppur in tono molto divertito e non melodrammatico o sdolcinato, e ricorda Dil Chahta Hai, il meraviglioso debutto alla regia di Farhan Akhtar. Inevitabili i paragoni. Sono trascorsi esattamente dieci anni da quando, nel 2001, DCH cambiò la cinematografia hindi grazie ai suoi protagonisti ricchi, disinvolti, urbani, narcisisti, modaioli. DCH celebrò anche i dieci anni di un'economia aperta, e divise il pubblico in classi metropolitane da centro commerciale e masse non leccate da monosala. DCH fu giudicato dai giornalisti come un prodotto rivolto alla prima categoria (opinabile, certo). E probabilmente anche ZNMD lo è. I protagonisti di DCH possono essere più o meno scambiati con quelli di ZNMD. Abbiamo il personaggio intenso (Hrithik Roshan per Akshay Khanna in DCH), il personaggio un po' sciocco e dominato dalle donne (Abhay Deol per Saif Ali Khan), e il mandrillo compulsivo (Farhan Akhtar per Aamir Khan). Ciò che conta e che amiamo ZNMD per le stesse ragioni per cui adoriamo il leggero, brioso DCH. I due titoli condividono un umorismo favoloso e pieno di ironia. In ZNMD il personaggio interpretato da Farhan è una miniera di battute argute e autoironiche. Entrambe le pellicole, dunque, dovrebbero sopravvivere alla prova del tempo. Alla fine, considerando la sua eccellente performance, sarebbe stata una buona idea se Farhan Akhtar, probabilmente il più poliedrico talento indiano, avesse interpretato il ruolo ricoperto da Aamir Khan nel suo primo film da regista-produttore, DCH appunto. La regista e sceneggiatrice Zoya Akhtar (Luck by chance), oltre ad intrattenere gli spettatori, sfoggia in modo deciso e suo proprio uno stile artistico mai pretenzioso e persino poetico (in senso letterale), il che è raro. Alcuni forse troveranno ZNMD un po' lento, ma non lo è. Da un punto di vista narrativo, il primo tempo è fitto, mentre nel secondo lunghi minuti vengono spesi per collegare fra loro vari eventi. La colonna sonora è relativamente modesta, con l'eccezione di Senorita. Ma non conta: porterete con voi momenti divertenti e memorabili vissuti dal trio di avventurosi amici, personaggi che vi ricorderanno coloro con cui siete cresciuti. E con cui continuerete a farlo. Facebook non può cambiare le cose. Le amicizie migliori, specialmente quelle del tempo della scuola, rimangono intatte in una fontana di giovinezza: in rapporto con loro noi non invecchiamo mai. E meno male.
Mayank Shekhar, 15.07.11

HINDUSTAN TIMES P-T

PAA: ***1/2
Reinventare Amitabh Bachchan ha costituito per lungo tempo un'industria multi milionaria. Molti registi ci hanno provato, scioccando o compiacendo il pubblico. Ma pochi sono stati benedetti da una visione che andasse oltre la fascinazione infantile per la star. Balki è fra questi. L'ultima volta ci ha offerto una storia d'amore abbastanza estrema fra persone di età molto diverse ('Cheeni Kum'). In 'Paa' il rischio era infinitamente maggiore. Abbiamo il più famoso attore Indiano privo delle sue risorse: la voce profonda e la presenza da schianto. Amitabh rinuncia interamente alla sua aura scenica in favore di Auro. Il grosso del pubblico non ci è abituato. Poteva riderne o andarsene. Sorprendentemente ride al momento giusto e lascia la sala piuttosto soddisfatto. Questo è il traguardo più grande raggiunto dal film. 'Paa' non perde mai la sua nota di gioia e di umorismo. Il tono è sensibile e sentimentale, anche se qualche volta eccede nel melodrammatico e nell'eccessivo. Comunque quando l'obiettivo inquadra Auro si rimane quasi ipnotizzati dal viso che si nasconde dietro la maschera. Poche star con una tale consolidata immagine pubblica avrebbero potuto mettere a segno un ruolo con così tante sfumature.
Mayank Shekhar, 04.12.09
PAATSHAALA: *
L'idea è certamente nobile, ma il film non le rende giustizia.
Mayank Shekhar, 16.04.10
PAPPU CAN'T DANCE SAALA: **
A Mumbai sopravvivere è un lavoro a tempo pieno. I produttori di Pappu Can't Dance Saala lo sanno bene, e la loro empatia è costante. In principio il film è mediamente coinvolgente ed intrattiene. Ma da un certo punto in poi non è chiaro nè al pubblico nè al regista dove la narrazione voglia condurre. La professione della protagonista consente l'inserzione di brani danzati ed offre l'opportunità agli sceneggiatori di discutere sulla santità di tutte le arti. E va bene. Vinay Pathak interpreta per l'ennesima volta il ruolo del supposto Uomo Comune con la compagnia di sempre (Neha Dhupia, Rajat Kapoor, Saurabh Shukla). Neha Dhupia è a tratti audace.
Mayank Shekhar, 16.12.11
PATIALA HOUSE: **
Patiala House è ambientato a Southall, un sobborgo londinese infinitamente più popolare di South Mumbai come location per le pellicole hindi. E un quarto dei freelance di Bollywood resterebbe senza lavoro se Akshay Kumar non sfornasse almeno cinque film all'anno. PH è uno dei migliori fra i più recenti interpretati dalla superstar. Una saga familiare anni novanta, colorata, à la Yash Raj, che unisce Londra a Ludhiana. I suoi numerosi personaggi ruotano intorno alla figura del padre severo. Tutti sono incredibilmente indiani nell'accento e nei modi, ossessionati dalle danze di gruppo e dai grossi grassi matrimoni. Tutto è meravigliosamente allegro. Come Anushka Sharma, che, con Badmaash Company, Band Baaja Baaraat e ora PH, sta deliziando il suo pubblico.
Mayank Shekhar, 12.02.11
PEEPLI (LIVE): ****
Peepli (Live) supera il test più importante per un film che narri le vicende di uomini comuni: il pubblico si chiede davvero se i personaggi sullo schermo siano reali o attori. La satira è irresistibile, il sub-testo stimolante. La divertente sceneggiatura (Anusha Rizvi) è ispirata in modo immacolato. A dire il vero i mass-media indiani, sia quelli ridicoli in lingua hindi che le eccitabili super-star dei notiziari in inglese, lasciano poco spazio alla parodia. Quindi in PL il rischio era di parodiare qualcosa che già nella realtà sembra una caricatura. I giornalisti tanto quanto i consumatori di notizie riconosceranno all'istante le verità celate nell'intenzionale comicità di PL. Il film è il più intelligente ed umoristico commentario indiano realizzato da lungo tempo: è di sicuro la sola vera black comedy in hindi degli ultimi 27 anni (vedi nel 1983 Jaane Bhi Do Yaaro).
Mayank Shekhar, 12.08.10
PHAS GAYE RE OBAMA: ***
L'esito del film è esilarante. Sanjay Mishra è l'attore che davvero fa funzionare Phas Gaye Re Obama, una black comedy scritta in modo superbo da Subhash Kapoor. Vale i soldi del biglietto.
Mayank Shekhar, 03.12.10
PHOONK: **
'Phoonk' è il piatto horror standard di Ram Gopal Varma. Meglio che spendiate i soldi del biglietto per del pesce fritto.
Khalid Mohamed, 22.08.08
THE PRESIDENT IS COMING: ***
TPIC, del regista Kunaal Roy Kapur, di sicuro merita un buon voto per l'impegno. Adattato da una popolare commedia, la pellicola è un po' trascurata, girata alla maniera di un film da diploma studentesco. Anche volendo apprezzare la presa in giro di Kapur a spese degli under-30 indiani e della loro ossessione per gli USA, un certo grado di competenza tecnica sarebbe stato gradito. Le soffocanti location, le inquadrature inaccurate, i balzi spesso imbarazzanti del montaggio nuociono all'effetto comico. Se alla fine del film state ancora sorridendo è essenzialmente grazie all'eccellente sceneggiatura e alle abili interpretazioni. I dialoghi sono divertenti dall'inizio alla fine. Fra gli attori, i migliori sono Vivek Gomber- assolutamente convincente -, Anand Tiwari con le sue espressioni comicamente impassibili, e Konkona Sen Sharma che regala una corretta caratterizzazione al suo personaggio. Grazie allo spirito fieramente indipendente, questo invito alla risata è un must per ogni spettatore che abbia a cuore la sperimentazione e che non si curi dell'imperfetta confezione.
Khalid Mohamed, 09.01.09
PRINCE: *1/2
Prince è infarcito di riprese aeree, veicoli che precipitano, spiagge, esplosioni e incidenti, sgargianti effetti speciali. Appartiene al filone delle pellicole seriali create dai produttori: progetti commerciali più che veri film.
Mayank Shekhar, 09.04.10
PYAAR IMPOSSIBLE!: *1/2
Tutto nel film, dalle scenografie alla colonna sonora, appare inautentico. E come la maggior parte della nostra cinematografia, PI è cotto a metà, preso in prestito. Ma il personaggio del protagonista maschile è ben disegnato. Chopra interpreta un ragazzo sfigato, bruttino, insicuro e sottovalutato. Decisamente se la cava meglio in questo ruolo che in quelli precedenti.
Mayank Shekhar, 08.01.10
RAAJNEETI: ***
Prakash Jha, il regista di Raajneeti, si è candidato due volte alle elezioni, quindi conosce da vicino gli intrighi politici, oltre a saper scioccare e meravigliare col suo cinema. Jha reinterpreta il Mahabharata alla luce dell'attuale democrazia indiana, nella quale la competizione politica è di tipo dinastico e i partiti sono nuove monarchie. Jha ci mostra in modo abile l'abuso che i partiti fanno dei mezzi di informazione, del sistema economico, delle caste, delle comunità religiose, delle coalizioni, dei tribunali, della polizia, della burocrazia, persino dei matrimoni e delle amicizie. Tutto per saziare la sete di potere. Non delude nessuno degli attori: dall'insolitamente ispirato Rampal al suo potente opposto Bajpai. Il film è di un'implacabilità assoluta. Non vi è tregua. Nessuna tragedia arresta il ritmo della pellicola. L'introspezione è superflua, così come la redenzione. Le elezioni sembrano le ultime e definitive, come se non dovessero essercene di successive, o come se non si dovessero più realizzare pellicole sulla politica. I film di Jha Gangaajal (2003) e Apaharan (2005) sono, in confronto a Raajneeti, più raffinati e più a fuoco. L'ambizione di Raajneeti, col suo cast stellare e con il suo ispirarsi ad un poderoso poema epico, ha rovinato il progetto. C'è una ragione perchè il Mahabharata è stato una serie televisiva. Shyam Benegal lo ha brillantemente adattato in Kalyug (1981) grazie ad un contenuto minimalismo. In Raajneeti invece la sceneggiatura è troppo elaborata ed esageratamente drammatica.
Mayank Shekhar, 03.06.10
RAAT GAYI, BAAT GAYI?: **
Forse il regista voleva rappresentare un pugno di uomini che attraversano la crisi della mezza età. Ma si realizza quasi subito che non sa come procedere, Molte sequenze sono prive di umorismo e inducono sonnolenza. RGBG è in gran parte ambientato in una festa, tanto inautentica e noiosa quanto lo è il film stesso.
Mayank Shekhar, 02.01.10
RAAVAN: *1/2
Tutto il film è rimasto nella mente del regista. La trama è esile. La visualizzazione non delude. Rahman ha composto un pastiche delle sue precedenti colonne sonore. I dialoghi sono stringati. Ratnam, oltre che un esteta, è uno dei pochi registi indiani mainstream, dotato di voce chiara (Yuva, Anjali), di orecchio per la trama (Guru, Nayakan) e di occhio per il contesto contemporaneo (Roja, Bombay, Dil Se). Li ha persi tutti e tre in una volta sola. Rivogliamo il nostro vecchio Mani!
Mayank Shekhar, 18.06.10
RAAZ: THE MISTERY CONTINUES : **
Il pennello sempre in febbrile attività. Nero, rosso, blu stesi da un pittore sulla tela. Risultato: ritratti color cioccolato di una donna in agonia. Oh! Ad essere onesti anche voi sarete in agonia, dall'inizio alla fine di 'Raaz: TMC' di Mohit Suri. Fatevi un favore: spendete i soldi del biglietto in qualcosa di più appetitoso.
Khalid Mohamed, 23.01.09
RAB NE BANA DI JODI: ***1/2
Dopo una lunga carestia, siete invitati ad un banchetto di intrattenimento puro, le cui ricche portate sono tutte costituite da uno straripante Shah Rukh Khan. Anche quando la sceneggiatura perde quota, l'attore incanta e fa scintille con la sua disinvolta abilità nel passare da un ruolo all'altro. E vi chiederete come riesca a metterci tutta quella convinzione a dispetto dell'implausibilità della storia. In effetti la trama è tanto improbabile quanto un canguro volante e tanto antiquata quanto un dinosauro. La durata poi è eccessiva. E allora perchè, malgrado tutte queste riserve, il film avvince? Perchè in fondo stimola nello spettatore un sentimento di compartecipazione alla guerra quotidiana che il piccolo Davide deve combattere contro il gigante Golia, in primo luogo contro le proprie ansie e la propria fragilità.
Khalid Mohamed, 12.12.08
RACE: **
Khalid Mohamed, 21.03.08
RAKHT CHARITRA I: **
Una voce anziana, sovraeccitata e gracidante, narra il film. Sospetto che lo scopo fosse quello di suonare ubriaca, tanto quanto sembra esserlo Rakht Charitra. La mente è istupidita dalla tragicommedia del sangue. Ma Vivek Oberoi non recita in modo falso. Veniamo informati che la pellicola si basa su una storia vera. Credo che in qualche modo anche Tom & Jerry lo fosse. Solo che RC è per adulti che vogliono sfogare le proprie frustrazioni o visualizzare le fantasie più violente. Questo film è il solito buon vecchio dramma sul brigantaggio indiano tinto in toni seppia, con camera digitale, inquadrature dalle angolazioni bizzarre, montaggio più veloce e miglior budget. Non farebbe troppo danno se finisse qui, ma è pronto un seguito, se siete ancora assetati di sangue.
Mayank Shekhar, 22.10.10
(Vi consigliamo di leggere anche gli esilaranti commenti alla recensione postati dai lettori, tutti, evidentemente, agguerriti fan di Ram Gopal Varma).
RAKHT CHARITRA II: *1/2
La consapevole, comica misoginia dei film di Ram Gopal Varma è il solo aspetto che ancora ci intrattiene. Suriya è davvero solido. Per la maggior parte della pellicola il pubblico si chiede da quale parte guardare, dal momento che le immagini ruotano a 360 gradi, persino durante le conversazioni. Il film cerca un dramma che assomiglia ad un terremoto. Le riprese sono realizzate al rallentatore o sono esageratamente aggressive. Ad un certo punto l'effetto provoca nausea.
Mayank Shekhar, 04.12.10
RANN: **
'Rann' non denuncia e non spiega: è puro esercizio e basta, e non si discosta molto da ciò che giudica. Il tema della pellicola è serio e meriterebbe una riflessione globale sulla gestione delle notizie, sia da un punto di vista meramente commerciale che da un punto di vista istituzionale. Ma 'Rann' non lo fa. Per un film determinato a investigare sui media, la poca cura riservata all'argomento è inquietante. Sembra più una gangster story, e mi preoccupa che questa stupidità venga percepita come verità. Sudeep è involontariamente umoristico. Bachchan, dignitoso e signorile come sempre, sembra più una guida spirituale che un giornalista televisivo, e regala un commovente monologo che poteva esserci offerto anche senza il corredo della pellicola. Varma si è limitato a valorizzare i lavori di Madhur Bhandarkar con inquadrature migliori (e con Bachchan, ovviamente).
Mayank Shekhar, 29.01.10
RA.ONE: **
Lo scopo del supereroe G.One non è salvare il mondo, e quello del suo antagonista Ra.One non è distruggerlo. Le ragioni che li spingono ad agire rimangono approssimative o troppo tiepide per giustificare le loro azioni. Ra.One in larga parte non sembra affatto un film che narra le vicende di un supereroe. E' più una ricetta bollywoodiana bizzarramente realizzata per compiacere tutti: un pizzico di romanticismo, della commedia alla Salman Khan, del narcisismo alla Shah Rukh Khan. Ma gli appassionati di queste cose forse rimarranno delusi. Gli spettatori riempiranno le sale cinematografiche per due ragioni principali: Shah Rukh Khan (che non risulta convincente nel ruolo di Subramaniam) e gli effetti speciali. Nessuna sorpresa: in Ra.One ci sono entrambi e in grande misura. L'impegno si merita pieni voti, e si sapeva. Dopo un anno di promozione incessante e di aspettative, il pubblico desidera verificare se la pellicola valga tutto quel clamore. Guardate Ra.One: il chiasso era necessario...
Mayank Shekhar, 26.10.11
READY: **
Ready rappresenta l'impero culturale, trito, da popcorn, di Re Salman. Mi trovo in un cinema tradizionale a sala singola, e il pubblico esulta producendo una folle cacofonia che potrebbe intimidire i non iniziati. Riesco a malapena a sentire me stesso. Fra le sequenze d'azione, le battute secche, le canzoni, le entrate in scena di Salman Khan - quasi tutte al rallentatore -, qualunque altra cosa si possa avvertire di questo film a prova di critico è di interesse puramente accademico. Non è difficile riconoscere la firma di Anees Bazmee. Il soggetto e la sensibilità derivano da una pellicola telugu. Negli anni ottanta i grandi successi bollywoodiani erano realizzati così, anche se non ambientati all'estero. Salman Khan è al momento la star non del sud più simile a Rajinikanth. Non recita una parte: è il personaggio a recitare Salman. Spesso l'attore neanche si preoccupa di sincronizzare il movimento delle labbra alle battute, si guarda intorno in modo disinteressato, oppure punta dritto all'obiettivo (che sembra apprezzare tantissimo la sua informalità). Ma la celebrità è ciclica. Ne sa qualcosa al riguardo Akshay Kumar che sperimentò una simile inesplicabile ascesa nel 2007 (Bhagam Bhag, Bhool Bhulaiyaa, Namastey London, Welcome), e in seguito, per le stesse sconosciute ragioni, la fortuna lo abbandonò (Tashan, Chandni Chowk To China, Kambakkht Ishq, Blue, Tees Maar Khan, Khatta Meetha...). Il rigenerato masala di Salman (Wanted, Dabangg) costituisce ancora una novità, e la star è qui in questa monosala a dire ciao al suo pubblico, quel bacino di spettatori per i quali è lui il solo King Khan. I fischi di apprezzamento, i boati, le grida sono senza fine. E' difficile descrivere il caos. Si tratta di un'esperienza pop-culturale, e ne vale del tutto la pena. Ma sfortunatamente c'è anche un intero film da vedere, e il collo mi duole.
Mayank Shekhar, 03.06.11
RED ALERT: **
Red alert è ambientato nell'area sottosviluppata e arrabbiata delle foreste dell'Andhra Pradesh, uno dei tanti focolai di guerra civile tuttora in atto meglio nota come movimento naxalita, una guerra che ha tenuto ostaggio un terzo del Paese con attentati e violenze continue aggravando un problema che professa di risolvere. Il tema merita di sicuro un film, e un maggior numero di inchieste e di indagini. Ma non è possibile non prendere posizione. Hazaar Chaurasi Ki Maa (1998) di Govind Nihalani si mostrò solidale col movimento naxalita alla sua nascita nel Bengala. Hazaaron Khwaishein Aisi (2005) di Sudhir Mishra sfiorò in modo benevolo l'argomento delle sue origini negli anni settanta. In Red Alert la camera ci regala una panoramica delle località, ma la visione del problema è marginale e manca completamente un punto di vista. Il complesso soggetto costituisce il solo merito della pellicola, e nel contempo il suo fallimento. Red alert smorza l'aspetto drammatico e non prende posizione. Lo sfondo sembra l'unico scopo. La trama è scheletrica.
Mayank Shekhar, 09.07.10
RIGHT YAAA WRONG: **
Subhash Ghai, lo show-man della Bollywood anni Ottanta, è un famoso regista, un produttore prolifico, oltre che responsabile di una nota scuola di cinema (Whistling Woods) fuori Mumbai. Ma rimane un mistero come Ghai sia riuscito a sprecare i talenti più raffinati. Ricordiamo il famoso episodio riguardante R.D. Burman, allontanato senza preavviso e senza ragione da 'Ram Lakhan' (1989). In tempi più recenti, Ghai ha accettato tutti i brani composti da A.R. Rahman per la colonna sonora di 'Yuvvraaj' tranne 'Jai Ho', vincitore in seguito dell'Oscar. Nagesh Kukunoor è stato un regista impeccabile sino a 'Bombay To Bangkok' (2008). Ashwini Chaudhary offrì un promettente debutto con un buon film, 'Dhoop' (2003), prima di scivolare con 'Good Boy Bad Boy' (2007) prodotto da Ghai. I veterani di prima classe Prakash Jha e Mukul Anand hanno realizzato per Ghai film come 'Rahul' (2001) e 'Trimurti' (1995). Dati i precedenti, bisogna ammettere che la sceneggiatura scelta questa volta da Ghai almeno ha qualche buona idea. RYW è un thriller, sebbene senza enigma: lo spettatore conosce già chi ha commesso l'omicidio. Da un certo punto in poi la storia diventa lunga e trita. RYW sarebbe stato però infinitamente più insopportabile se non avesse offerto degli ottimi interpreti come Irrfan Khan o Konkona Sen Sharma. Di nuovo: che spreco di talenti.
Mayank Shekhar, 12.03.10
ROAD, MOVIE: **
Si nota subito che il regista è alla ricerca di un pubblico 'più bianco' (whiter) e non necessariamente più ampio (wider). Il dubbio diventa realtà e l'India si manifesta nel suo aspetto più pittoresco: il popolo rustico ed esotico, la cruda povertà della campagna priva di legalità, un palazzo di maharaja, il melodramma e le canzoni Bollywoodiane a dare colore. Ma il nocciolo di questo viaggio rimane misteriosamente sconosciuto. Il paesaggio è una vastità inesplicabile alla maniera di Wenders o di Lynch: spopolato, infinito, non-Indiano. Per quanto un perfetto tramonto sia splendido ovunque, si nota comunque il senso fotografico della visione di Benegal, che dirige questo film con cura. Il sottile commento musicale di Michael Brook, specialmente gli strani riff d'apertura tratti dall'album 'Night Song' di Nusrat, regala un tocco di dolcezza. Ciò che si chiede ad una pellicola che tratti soprattutto di cinema locale è una genuina nostalgica passione per Bollywood, ma in 'Road, Movie' si vedono appena degli spezzoni tratti da alcuni film popolari, a favore invece di omaggi alle stelle del muto Harold Lloyd e Buster Keaton, di certo vicini al gusto dei nativi... Come dichiarato dal regista in un'intervista, apparentemente questo sarebbe ancora il modo in cui il 70% degli Indiani guarda i film. Bah. Mi è stato detto che Robert De Niro, che probabilmente non è mai stato in India, ha apprezzato 'Road, Movie'. Ne sono felice.
Mayank Shekhar, 05.03.10
ROAD TO SANGAM: ***
Non viene abbastanza spesso ricordato che Gandhi, il padre della nazione, fu vittima 62 anni fa della pallottola di un fanatico Hindu. Decine di anni dopo, Gandhi e i seguaci del laicismo furono ancor più oltraggiati da un governo che appoggiò la profanazione di una moschea. Alcuni ritengono che la crescita del fondamentalismo Islamico in India fu la risposta a quell'episodio. Comunque sia, i ghetti claustrofobici e isolani, costruiti attorno ad una comunità, alimentano il fanatismo e sono facilmente politicizzabili. I più abbienti ne diventano i patroni naturali. Il senso della nazione non è adeguatamente radicato: la comunità viene prima. Il regista di 'Road To Sangam' entra in questo scenario per aiutarci a capirne le dinamiche. E in modo competente pone l'individuo nel mezzo di grandi conflitti: per l'uomo comune spesso la scelta è fra l'essere ostracizzato o seguire la corrente. La narrazione fluisce in modo appropriato, pur con diversi momenti di auto-indulgenza. Da rimarcare la presenza nel cast di un famoso attore Pachistano, Javed Sheikh, malgrado il film metta in discussione la creazione stessa del Pachistan. Molti artisti hanno preferito non toccare l'argomento del fondamentalismo Islamico per non correre il rischio di essere bollati come islamofobi. Ma le questioni sono importanti e non dovrebbero essere ignorate, così come non dovrebbe essere ignorato 'Road To Sangam'.
Mayank Shekhar, 29.01.10
ROBOT: ***
All'inizio del film, prima del titolo, lo schermo urla, con lettere argentate grandi il doppio, Superstar Rajnikanth. Mi è stato detto che a quel punto in Tamil Nadu avrebbero acceso fuochi d'artifico all'interno della sala, lanciato monete, spaccato noci di cocco, improvvisato rituali religiosi. E probabilmente lo hanno fatto davvero. Rajnikanth è l'approssimazione umana più vicina a Dio: entrambi sono senza età, entrambi chiedono credenti e completa devozione a leggende incontestate. Non si può spiegare Dio. E non si può spiegare Rajnikanth. Essere critici su entrambi significa scatenare una collera estrema. Meglio evitare la blasfemia. Robot è il più costoso blockbuster indiano, e si vede. La misura e gli effetti speciali sono sino ad ora insuperati nel cinema indiano. Il film prende intelligentemente prestiti dalla tradizione hollywoodiana del genere. Robot conduce la Superstar oltre la mitologia. E' solo un po' troppo lungo, ma è puro divertimento.
Mayank Shekhar, 01.10.10
ROCKET SINGH: SALESMAN OF THE YEAR: ***
Ranbir Kapoor è sorprendentemente sincero. La scenografia è realistica e low-budget, aspetto questo molto raro nel nostro cinema. Il personaggio di Harpreet possiede un'affascinante qualità da uomo comune. Lo sceneggiatore (Jaideep Sahni) con occhio perspicace non rabbercia la sua narrazione con opinioni semplicistiche. C'è un ostacolo in ogni scena, e il punto o lo scopo è completamente trasparente. Come 'Chak De! India', anche 'Rocket Singh' racconta di perdenti. Il regista mantiene un sottile minimalismo al punto da offuscare talvolta il richiamo cinematico. Questo è ciò che, in mancanza di una migliore descrizione, viene definito 'film lento'. Inoltre non ci sono canzoni. Di sicuro il tono è basso, ma il ritorno è soddisfacente.
Mayank Shekhar, 12.12.09
ROCK ON !!: ***1/2
Khalid Mohamed, 29.08.08
ROCKSTAR: ***1/2
Rock on!! (2008) è senza dubbio piacevole, ma una sua debolezza consiste nel fatto che il quartetto musicale protagonista del film non è una vera rock band, bensì al massimo un credibile gruppo pop. L'eroe di Rockstar esprime meglio l'atteggiamento da vita spericolata. In India non vi sono rockstar: gli attori ballano e cantano in playback, e non lasciano spazio ad altri personaggi dello show business. Tutti ricorderanno Ranbir Kapoor in Rockstar, e solo alcuni riconosceranno la voce brillante di Mohit Chauhan. Però, in quanto Bollywood hero, per una volta Ranbir merita tutta l'attenzione nazionale. Ranbir è un attore originale, competente, scrupoloso, e si pone nella scia di star bollywoodiane complete quali Aamir Khan o Hrithik Roshan. Rockstar appartiene giustamente a Ranbir. La pellicola affronta il tema della fama, ma è anche una storia d'amore eterno. Come spesso accade nei film focalizzati sul protagonista, i comprimari sono lasciati ai margini. Le tele sono ampie e ricordano il primo Sanjay Leela Bhansali, alcune riprese dall'alto ricordano Mani Ratnam, i dialoghi spiritosi e realistici ricordano Vishal Bhardwaj. Il regista Imtiaz Ali mantiene un tocco personale ed autoriale pur realizzando pellicole commerciali. Fatto raro. Nel modo in cui la narrazione si svolge si intuisce che Rockstar ha subito vari stadi di montaggio e parecchi ripensamenti. Talvolta si notano una certa rappezzatura ed un certo sforzo. Ma è comprensibile considerando la durata del film (quasi tre ore). Verso la fine alcune vicende si concludono in maniera insoddisfacente, però nel complesso Rockstar è coinvolgente. Oh, dimenticavo: questa è la migliore colonna sonora di A.R. Rahman dai tempi di Delhi-6 (inizio 2009). La musica cresce dentro, così come la pellicola.
Mayank Shekhar, 11.11.11
SAHIB BIWI AUR GANGSTER: ***1/2
Randeep Hooda, il raffinato attore protégé di Naseeruddin Shah, possiede un solido talento per la recitazione, sprecato in passato in pellicole di terza classe. Sahib Biwi Aur Gangster gli rende finalmente giustizia. Randeep si rianima con una performance convincente e sicura in un film un po' teatrale e un po' sovraccarico da un punto di vista drammatico. E' la sceneggiatura ad emergere e a mantenere viva l'attenzione del pubblico, con i suoi intrighi e i suoi colpi di scena. Una sceneggiatura che possiede anche logica a sufficienza da non imbarazzare l'intelligenza dello spettatore. Il titolo della pellicola si ricollega a Sahib Bibi Aur Ghulam di Guru Dutt, ma ricorda maggiormente Maqbool di Vishal Bhardwaj, forse per quel senso generale di storia tragica simile a Macbeth, o forse per l'attrice protagonista, Mahie Gill, che assomiglia in modo sfacciato a Tabu (però con metà della sua bravura). SBAG è ammirevolmente ispirato.
Mayank Shekhar, 29.09.11
SANKAT CITY: ***
In 'Sankat City' si narrano cose che accadono solo nei film. Ed è per questo che piace. Mostra una serie di caricature che si incastrano insieme in una trama circolare. Il bello della narrazione è nel modo in cui ciascun personaggio, del tutto privo di rapporti con gli altri, trova la sua strada per entrare ed uscire da questa confusione che gira in tondo. Godetevi lo spettacolo.
Mayank Shekhar, 11.07.09
SARKAR RAJ: **
Khalid Mohamed, 06.06.08
7 KHOON MAAF: ***
Rimarrete incollati allo schermo. Per Priyanka Chopra questo è senza dubbio il ruolo della sua vita. L'attrice - e la maggior parte di 7 Khoon Maaf - vi cattureranno. Vishal Bhardwaj ha diretto, prodotto e scritto il film, oltre a comporne la colonna sonora e il commento musicale, dimostrandosi una volta di più il fautore del Rinascimento del cinema indiano. Il soggetto, le motivazioni dei personaggi principali o lo stato mentale della protagonista, non sono la principale preoccupazione di 7KM. La pellicola è creata unicamente attorno a sequenze forti e d'effetto che avvincono.
Mayank Shekhar, 18.02.11
SHAGIRD: *1/2
I poliziotti sono solo dei criminali in uniforme: i cosiddetti film realistici li rappresentano in questo modo, senza mai chiedersi come davvero funzionino le gerarchie all'interno della polizia. Shagird è insopportabilmente artificioso. La sceneggiatura, sulla carta, può anche aver colpito qualcuno. Ma il regista è indeciso: realizzare una pellicola realistica o limitarsi a stiracchiare qui e là quel poco di realismo infuso nel film. Shagird è rovinato dalla vastità delle sue ambizioni. La politica è l'arte del compromesso, dichiara un personaggio. Lo stesso dovrebbe valere per una pellicola.
Mayank Shekhar, 14.05.11
SHAITAN: ***
Shaitan si ispira a quella new wave popolare e controculturale che alla fine degli anni novanta definì il cinema indipendente, prima in Gran Bretagna (Trainspotting), e poi in America (Tarantino). E quell'estetica è il solo contesto di Shaitan. Il risultato è forse parzialmente pretenzioso, ma rimane in larga parte soddisfacente. Le storie dei protagonisti documentano un viaggio impregnato di annoiato edonismo e di rabbia intensa (ma contro cosa?).
Mayank Shekhar, 10.06.11
SHOR IN THE CITY: ***1/2
Shor in the city è un film dalla consistenza ricca che si offre come un flusso di coscienza. Tutto può accadere a Mumbai, l'indiscussa protagonista di SITC. La camera cattura abilmente la metropoli, regalando quel tipo di estenuante esperienza che gli stranieri in visita a Mumbai spesso (e con gentilezza) definiscono schiacciante. I personaggi sono ispirati. Ciò che si nota in questa pellicola che è in primo luogo un film su una metropoli, è la sua audacia assoluta, la sua verve e il suo umorismo adorabilmente assurdo. SITC è diretto da due registi di basso profilo (Raj Nidimoru e Krishna DK), il cui ultimo lavoro (99) passò inosservato perchè (almeno in apparenza) il pubblico era troppo occupato a seguire il torneo IPL (*) di cricket in tv. La loro filmografia è imbevuta di quello spirito che caratterizzò il miglior cinema indipendente britannico degli anni novanta (Full Monty, Trainspotting, ecc.). Ed è lo stesso spirito che definì i primi lavori di due altri raffinati registi che, come loro, emigrarono dall'Andhra Pradesh a Mumbai: Nagesh Kukunoor e Ram Gopal Varma. Shor o rumore costante è chiaramente l'energia insopprimibile che si respira nell'aria di Mumbai. Se lo stupendo Maximum city di Suketu Mehta fosse un film, sarebbe molto simile a SITC.
(*) Indian Premier League (nota di Cinema Hindi).
Mayank Shekhar, 29.04.11
SIDDHARTH: THE PRISONER **
'Il regista Pryas Gupta imprigiona il monocromatico protagonista in uno stato di trauma permanente. Roy ha lo sguardo tormentato, si esprime a monosillabi, e rimugina rimugina rimugina. Un vero peccato, perchè la pellicola aveva del potenziale per avvincere. Rajat Kapoor offre un'interpretazione seria. Molti personaggi sono realistici. La fotografia funziona. Il tema musicale è interessante, anche se ad un certo punto suona un po' monotono. Il che, in effetti, accade anche al film.'
Shashi Baliga, 27.02.09
SIKANDAR: **
I produttori hanno scritturato gli attori bambini scoperti da Sanjay Leela Bhansali (Ayesha Kapoor in 'Black') e da Karan Johar (Parzan Dastur in 'Kuch Kuch Hota Hai'). Li hanno piazzati al centro del conflitto in Kashmir. Dato il successo commerciale dei loro film precedenti, è dura immaginare i due nel ruolo di ordinari figli di una devastata zona di guerra (a differenza del piccolo Tahaan, protagonista della meravigliosa pellicola dello scorso anno incentrata sullo stesso tema). I due si comportano da adulti in modo irritante. Questi film funzionano perchè il conflitto viene rappresentato attraverso gli occhi dei ragazzi. Il problema viene umanizzato con sottigliezze addolcite e con delicate metafore. 'Sikandar' fallisce perchè la vicenda del giovane protagonista e le sue ambizioni sono solo frettolosamente citate. La pellicola si focalizza sulla politica della regione e su una zoppicante cospirazione. Il punto di vista è totalmente estraneo. Ciò che rimane è poveramente scritto, girato in modo scadente, sul tipo del thriller bollywoodiano esageratamente drammatico. E per favore: spegnete il commento musicale, tanto per cominciare. Grazie.
Mayank Shekhar, 22.08.09
SINGHAM: *1/2
In Singham i produttori sono innanzitutto chiaramente orgogliosi delle sequenze d'azione, per le quali vengono accreditati non solo un direttore ma anche un ideatore: il regista Rohit Shetty. Sarebbe stato un bel gesto menzionare le influenze (vedi Red, con Bruce Willis). Singham sembra da ogni punto di vista un film di altre cinematografie indiane doppiato in hindi, sebbene pieno di cliché in modo da risultare estenuante persino per gli standard del pubblico da monosala del sud dell'India. Il protagonista è un giovane Rajnikanth macho, baffuto, dalla pelle scura, che offre ai suoi subalterni (e paganti) spettatori uno scopo morale, uno sfogo contro malfattori e politici e una completa catarsi. Chi altro, a parte l'eroe di una pellicola desi, potrebbe farlo? E il pubblico si sente vendicato.
Mayank Shekhar, 22.07.11
SINGH IS KINNG: **
Anche se state solo cercando un modo per passare il tempo, questo film non vale comunque la benzina, i popcorn e la Coca-Cola che consumereste.
Khalid Mohamed, 08.08.08
SLUMDOG MILLIONAIRE: *****
Giù i cappelli, i berretti e le parrucche: c'è motivo di ballare per strada. Ecco un capolavoro di bravura tecnica adornata da performance ispirate e dirette con strabiliante empatia. E che soprattutto sfoggia quell'aspetto emotivo che diverte e commuove persino i cuori di pietra. Le caratteristiche della cinematografia di Bombay sono innalzate ad un altro livello, attraverso la struttura non lineare e l'artistica fotografia di Anthony Dod Mantle. Il commento musicale di A.R. Rahman si muove brillantemente e in sincrono con la dinamica di Boyle. Ci sono inevitabilmente implausibilità e omissioni, ma alla fine questi aspetti non incidono, grazie ai tre validi sottotesti presenti nel film. Il primo: c'è luce in fondo al tunnel. Il secondo: la storia d'amore costruita su sogni che deve lottare con gli incubi. E ultimo ma certamente non meno importante, la sottostante corrente di laicismo che rende Jamal e suo fratello Salim accidentali vittime di una rivolta e non vendicatori. Tutte le performance colpiscono, letteralmente, ma il cuore è per i ragazzi che interpretano i protagonisti da piccoli. Sono straordinari, proprio come tutto il resto in 'Slumdog Millionaire'.
Khalid Mohamed, 23.01.09
SORRY BHAI: **
La performance di Shabana Azmi è sempre ispirata, non così quella di Boman Irani. La regia di Onir è sincera; vorremmo che lavorasse su una sceneggiatura più in sintonia con le sue emozioni e con le sue idee.
Khalid Mohamed, 29.11.08
STANLEY KA DABBA: ***
I bambini sono naturalmente spontanei, e dunque nel film non sembra che recitino una parte. Una camera manuale li segue nel corso di un intero anno scolastico. Lo spettatore intuisce dove la storia va a parare, la narrazione risulta un po' piatta, ma non importa. Stanley Ka Dabba nasce da numerosi workshop effettuati durante i fine settimana in una vera scuola di Mumbai. E si vede. Il realismo che traspare dalla pellicola cattura il pubblico in modo caldo e dolce. Gli spettatori portano a casa qualcosa che hanno sperimentato.
Mayank Shekhar, 13.05.11
THE STONEMAN MURDERS: **
Kay Kay Menon ha dimostrato coraggio ad accettare questo ruolo. E' la sua performance quietamente efficace a tenere insieme il film e a renderlo qualcosa di più di una successione ininterrotta di sanguinosi omicidi, vicoli sudici, pietrificati personaggi che vivono per strada e rantolii. Arbaaz Khan è piuttosto imperturbabile. Il regista Manish Gupta, l'eccellente sceneggiatore di 'Sarkar', immette dell'autenticità negli ambienti e nei personaggi, e ci sono parti in cui la pellicola funziona. Ma la narrazione non sempre tiene. E il commento musicale, sebbene interessante, ricorda rumorosamente i film della Factory di Ram Gopal Varma.
Shashi Baliga, 13.02.09
STRAIGHT: **
Forse le intenzioni della regista Balagopalan erano buone, ma 'Straight' offre una visione dell'omosessualità piuttosto priva di tatto. Alcune performance sono gigionesche e dilettantesche, e questo non migliora le cose. Vinay Pathak e Gul Panag regalano credibilità al film con la loro sincerità e con la loro capacità di mostrarsi superiori a situazioni e battute a volte davvero banali. E' una vergogna aver sprecato due attori di quel calibro. Meritano ruoli migliori.
Shashi Baliga, 20.03.09
STRIKER: ***
Abhay Deol, attore giustamente accostato alla neo-Bollywood, ha dichiarato che non è poi così difficile realizzare una pellicola Hindi diversa dalle altre. E' sufficiente che il protagonista non finga di cantare e che non vi siano coreografie. Deol ha ragione. Aggiungerei anche un'ambientazione credibile. Seguendo questa logica 'Striker' è dunque un film diverso, collocato temporalmente dalla fine degli anni Settanta sino al Dicembre 1992 A.C. (Avanti Cellulare), quando Mumbai perse davvero la sua innocenza per rivelare il ventre molle delle divisioni locali, sconosciuto persino ai residenti. Lo Stato fu complice di quel crimine, e la cultura e la politica di Mumbai (o meglio, del Maharashtra) da allora non sono state più le stesse. La pellicola esprime un sentimento simile, anche se in modo latente. Ma non è un semplice prequel alla vicenda di Bhikhu Mhatre, personaggio di 'Satya', anche se potrebbe sembrarlo. La storia parla del coraggio dell'esperienza. Non viene manifestato alcun giudizio, nè definito lo scopo. Ciò può rappresentare un problema per quel tipo di pubblico che ama che gli si spieghi tutto: chi è il personaggio da amare, quello da temere, perchè solidarizzare, quando emozionarsi, eccetera. Sì, 'Striker' è di sicuro un film diverso.
Mayank Shekhar, 05.02.10
TANU WEDS MANU: ***
R. Madhavan e Kangna Ranaut sono entrambi in gran forma. E si prova un certo piacere nell'udire una corretta hindi colloquiale in un film hindi. La premessa della pellicola è sufficientemente originale per un road movie che risulta molto più coinvolgente di What's your raashee? di Ashutosh Gowariker. Il genere romantico è forse il più duro da azzeccare. Le sue coordinate sono ben note. E se un film romantico solletica l'interesse dello spettatore, significa che è persino migliore di quello che sembra. E' il caso di Tanu weds Manu. La pellicola è diversa dal solito, più realistica, e le sfumature lasciano intravvedere un'immaginazione ispirata da parte dello sceneggiatore. Habib Faisal (Do Dooni Char), Rajkumar Gupta (No one killed Jessica), Abhishek Sharma (Tere Bin Laden), Subhash Kapoor (Phas Gaye Re Obama), Vijay Lalwani (Karthik calling Karthik), Anusha Rizvi (Peepli live) e Anand Rai (Tanu weds Manu) rivelano con voce sicura una nuova India in rapida espansione.
Mayank Shekhar, 25.02.11
TASHAN: *
Khalid Mohamed, 25.04.08
TEEN PATTI: *
'Teen Patti' è solo un film privo di senso, anche se illuminato da una fotografia (Aseem Bajaj) molto elegante.
Mayank Shekhar, 26.02.10
TEES MAAR KHAN: *
Akshaye Khanna è esilarante. La trama non può essere presa sul serio, nè nessuno intende farlo, ma per la maggior parte del film non si ride. L'idea di Tees Maar Khan si ispira a Caccia alla volpe (di Vittorio De Sica, pellicola del 1966 con Peter Sellers). E si comprende la necessità di copiare, dal momento che chi ha realizzato TMK ha speso tutto il tempo rimanente solo intorno ad una banale canzone, Sheela Ki Jawani, considerandola l'unica àncora di salvezza. La sceneggiatura è di quelle che il prolifico Priyadarshan avrebbe felicemente plagiato per Natale, scegliendo fra le due dozzine e più di film che ha diretto in meno di un decennio. Con Akshay Kumar come protagonista, ovvio. Lo scalpore non sarebbe stato lo stesso. Perchè non avrebbe gestito sapientemente l'arte di ridurre una pellicola di tre ore in un trailer di un minuto. Ciò basta ad eccitare il pubblico nel primo weekend di programmazione. Ogni sequenza è un rumoroso annuncio. La maggior parte delle gag si sgonfia. Il film è un caos senza fine.
Mayank Shekhar, 24.12.10
TERE BIN LADEN: ***
Mi hanno detto che Karachi possiede una sua versione di yuppie, detti burg. Il protagonista di TBL è appunto un burg. E cosa rara per un film indiano, la storia narrata è davvero ambientata a Karachi. L'ingegnosa sceneggiatura (Abhishek Sharma) in stile burlesco procede a briglia sciolta, meravigliosamente, come un volo selvaggio dell'immaginazione. Lo stupefacente compimento comico è nel suo modo così convincente di scherzare su una tragedia. Cosa desiderare di più basso? Tirate dritti e, privi di sensi di colpa, fatevi una scorta di risate!
(Autore non indicato), 16.07.10
THANKS MAA: **
Le viscere di Mumbai sono sullo schermo per la pubblica visione. Ed è davvero ironico che la capitale mondiale del cinema raramente riveli se stessa nei suoi film. Lo straniero Danny Boyle è riuscito a catturare visivamente il battito della megalopoli meglio di tutti i registi locali messi insieme. Anche le riprese di Kamal sono dignitose. La sua camera regala una panoramica delle macerie, degli abusivi e della sporcizia che conferiscono a Mumbai il suo colore unico. Le inquadrature sono magnificamente crude e realistiche, ma anche monotone. Mentre Boyle con 'Slumdog Millionaire' voleva intrattenere, Kamal intende soprattutto illuminare. Nella sua ossessione per il degrado - pedofilia, incesto, prostituzione - si può avvertire il desiderio del regista di provocare. C'è solo un'osservazione con la quale torni a casa: via i ragazzi dalla strada. Può essere ingiusto aspettarsi che un bambino porti sulle sue deboli spalle il peso di un intero film, ma sono felice che il ragazzo si sia guadagnato un National Award.
Mayank Shekhar, 05.03.10
THANK YOU: *1/2
Il cast di Thank you comprende Akshay Kumar. Quindi potete intuire alcune cose riguardanti la pellicola anche senza averla vista: l'entrata drammatica in scena di Kumar, le sequenze d'azione, l'umorismo insensato, una manciata di canzoni con un numero infinito di ragazze occidentali in bikini, location straniere, ricchezza, grandi case, hotel a cinque stelle, golf, automobili lussuose, yacht in mezzo all'oceano. La storia, ovviamente, è immateriale e già vista. E nel mezzo della baraonda c'è Irrfan Khan, il punto di forza di Thank you e probabilmente il miglior attore indiano da esportazione. Alla prima del film ho udito risate in più di un'occasione. Buono a sapersi. E' meglio che il pubblico apprezzi Thank you, dal momento che realizzarlo è costato un botto.
Mayank Shekhar, 08.04.11
THAT GIRL IN YELLOW BOOTS: **
Kalki Koechlin è un talento straordinario, l'ovvia musa del regista. Il suo personaggio è intrigante. La scenografia e le location sono ispirate e contemporanee in modo intelligente. La sceneggiatura talvolta si compiace nell'essere terra terra, ed è vivificata dal meraviglioso lavoro operato da Rajiv Ravi, il direttore della fotografia. Purtroppo la storia, debole e rigorosamente breve, non si combina bene. Molte domande rimangono senza risposta. Ma il mistero principale viene risolto, e solo allora si intuisce quanto il film sia migliore rispetto al suo scarno spunto. Peccato. Kashyap ultimamente sembra in gran forma. I suoi lavori come produttore includono Aamir, Shaitan, Udaan. Le sue due precedenti fatiche come regista sono state Dev D e Gulaal. In confronto, That girl in yellow boots è rapido, insoddisfacente, meno ambizioso.
Mayank Shekhar, 02.09.11
13B: **
'Se vi piacciono gli horror '13B' è nella norma, soprattutto nel primo tempo: gli attori fanno la loro parte e le inquadrature sono adeguatamente bizzarre. Ma nel secondo tempo il film si trasforma in un festival di urla assordanti. Il climax si basa su noiosi cliché, sangue ovunque e il solito inesorabile tema musicale che annuncia l'incombente minaccia.'
Shashi Baliga, 06.03.09
3 IDIOTS: ***1/2
Le opinioni sono come i blog: ognuno ha le sue. Ma Hirani possiede anche un peculiare senso dell'umorismo, e questo lo avvicina al pubblico con facilità. Con '3 Idiots' Hirani e il suo co-sceneggiatore Abhijat Joshi segnano punti significativi, pur mantenendo la leggerezza di 'Munna Bhai'. Il sistema educativo Indiano è rappresentato come un crudele organismo esaminatore e classista, e non sorprende quindi che persino le migliori istituzioni scolastiche del Paese producano più burocrati al servizio di multinazionali o banche che liberi pensatori. Il messaggio che il film veicola (e che nella vita capiamo sempre tardi) è che alla fine ogni cosa si sistema. Il regista ammette che '3 Idiots' si ispira al massimo per un 5% a 'Un misero 18' di Chetan Bhagat, e per fortuna. La pellicola non rinuncia mai a Bollywood in favore dell'autenticità: mostra alternativamente i suoi alti e bassi emotivi, ha una buona presa sul pubblico, un eroe invincibile, una perfetta consapevolezza di quando scivolare nel sentimentalismo, nelle canzoni o nell'intervallo.
Mayank Shekhar, 24.12.09
TOH BAAT PAKKI: *1/2
Sullo schermo dopo quasi tre anni, Tabu in TBP interpreta il ruolo di un'eccitabile casalinga della classe media. Il film si rivolge al pubblico delle regioni rurali dell'India, agli amanti della Bollywood tradizionale basata sui valori familiari, e agli appassionati delle soap da primetime televisivo (ultimamente meno popolari). Oggi pochissime pellicole sono prodotte in questo modo, e forse è un buon segno. TBP raffigura l'India pittoresca delle cittadine, dove tutti (specialmente le donne) si apostrofano con l'onorifico 'ji'. I ragazzi incontrano le ragazze solo per sposarle, e chiacchierano di hobby e capacità culinarie. L'allestimento è grazioso. La città di Palanpur - accogliente, quieta e ben pianificata - è adeguatamente finta. Il regista non sa cosa fare della trama. Diverse trovate sono prive di senso. Lascerete la sala chiedendovi: 'Tabu: perchè?'.
Mayank Shekhar, 19.02.10
TOONPUR KA SUPERRHERO: **
Toonpur Ka Superrhero dovrebbe essere il primo film indiano d'animazione con la partecipazione di attori (star) in carne e ossa, e dovrebbe costituire la risposta natalizia alla Disney, ma non è abbastanza buono: è al meglio solo un buon tentativo.
Mayank Shekhar, 23.12.10
TUM MILE: **
C'è un certo stile nei modi calmi e sicuri, e una spavalderia tutta sua: ciò rende impossibile non notare la presenza scenica di Emraan Hashmi o il legame che riesce a creare con il pubblico. 'Tum Mile' offre una panoramica di una relazione alle prese con le note pressioni e i noti problemi della vita in comune. La narrazione è semplice, mediamente realistica. Sulle prime si potrebbe giudicare il film molto ben diretto, a dispetto di alcuni errori. Il materiale non è nè forte nè nuovo, ma il regista riesce a disegnare alcuni momenti estremamente efficaci. Ad un certo punto, circa a metà, la storia però si esaurisce, e il passaggio dal romanticismo alla calamità è talmente brusco da spaccare la pellicola in due.
Mayank Shekhar, 14.11.09
TUM MILO TOH SAHI: *1/2
Un attore gigioneggia quando recita in modo eccessivamente emotivo: aggrotta la fronte, rotea gli occhi, gesticola in modo poco disinvolto, grida. Non risponde: reagisce. TMTS è pieno di gigionerie, persino da parte dell'attore bambino, e Sunil Shetty è l'esponente più di successo di questa raffinata arte dell'esagerazione sullo schermo. In TMTS ci sono così tanti personaggi, e tutti con la loro lunga storia, che la testa gira. Ma se si guarda oltre gli aspetti marginali - che costituiscono comunque la maggior parte del film -, la premessa, di cui si è fatto un pasticcio, è piuttosto pertinente. Si dibatte la trascuratezza indiana nel preservare il patrimonio contemporaneo e il carattere della città. La delicatezza del soggetto è certamente toccata dalla sceneggiatura, ma sullo schermo non si avverte. D'altronde tutto cambia. Nana Patekar, però, che all'inizio fatica ad entrare nel ruolo dell'anziano bramino tamil, alla fine torna ad essere il Nana di sempre. Il suo gigioneggiare, credo, è l'unico che ancora funzioni.
Mayank Shekhar, 01.04.10