KARTHIK CALLING KARTHIK (2010): ***
'KCK di sicuro non segue una formula. È il tipo di thriller a cui aspira ogni pellicola di genere, perché non dimentica di rappresentare sullo schermo persone comuni con cui relazionarsi. L'empatia è la chiave. Farhan Akhtar è certamente consapevole della sua recitazione. Non esagera, rimane sotto tono. Ricorda il protagonista dei film hindi sino a due decadi fa: l'uomo qualunque di classe media. Successivamente solo Rahul Bose incarnò quel personaggio, affiancato oggi da Abhay Deol, Irrfan Khan e da Kay Kay Menon'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 26 febbraio 2010
KARTHIK CALLING KARTHIK (2010): *** ½
'Farhan Akhtar come attore è davvero una rivelazione. Nel ruolo di Karthik - l'impiegato anonimo che conduce una vita grigia in una casa grigia e con un lavoro grigio - è assolutamente fantastico. Così come è coinvolgente il Karthik faccia tosta nel quale si trasforma. Ma c'è anche un terzo avatar a cui Farhan infonde vita in modo altrettanto felice: il Karthik che torna all'anonimato e che tenta di risollevarsi. Funziona? Ad un livello, sì. KCK si fa guardare grazie all'interpretazione di classe di Farhan. Persino Deepika è perfetta nel suo ruolo. Il fattore intrattenimento però non convince. La sceneggiatura tende a diventare un po' pesante, malgrado l'aspetto thriller. Ma è comunque in sintonia con la cultura cosmopolita di oggi. I dialoghi sono in linea. La fotografia cattura la solitudine e l'isolamento di Karthik in modo superbo. Se siete dell'umore per un film serio, guardate KCK'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 25 febbraio 2010
KITES (2010): ***
'Kites poteva essere una commedia di truffe o un dramma aggressivo, ma è solo un film massicciamente desi. Solite esagerazioni. Ambientazioni occidentali false, popolate da indiani e da autisti in BMW. L'intenzione è di compiacere il pubblico col masala. La sceneggiatura alterna generi: romanticismo, azione, un po' di commedia, la fuga. In un'intervista, Rakesh Roshan, a cui è attribuito il soggetto, ha dichiarato che non poteva credere che la sua idea venisse sviluppata sino alla realizzazione di una pellicola di due ore. E si vede. Un insieme di sequenze finemente girate possono spesso nascondere la vacuità di una sceneggiatura. Ha aiutato anche il fatto che il regista è Anurag Basu. Pochi cineasti a Bollywood sanno accendere lo schermo come Basu. Il suo colore preferito è il rosso cupo. Le sue scene preferite sono quelle piovose con una forte illuminazione sullo sfondo, oppure le panoramiche metropolitane dall'alto di una sporgenza. La più grande conquista di Basu in quanto esteta è forse quella di aver reso Emraan Hashmi attraente in Murder. In Kites aiuta largamente di più il fatto che l'attore protagonista sia Hrithik Roshan. Nessun attore hindi si è mai impegnato così tanto per raggiungere lo status di superstar. Il film è in gran parte in inglese. Il protagonista azzarda un accento che è più confuso che americano. La protagonista si esprime in spagnolo, sottotitolato in inglese. Quindi solo una minoranza di pubblico bollywoodiano può capire in modo soddisfacente. Questo aspetto dovrebbe far riflettere i finanziatori e coloro che seguono il box office. Kites è un'appassionata storia d'amore, o almeno pubblicizzata come tale. Però nella traduzione si perde molto, e lo spettatore potrebbe giustamente percepire una mancanza di complicità fra i due attori protagonisti. I produttori cercano di sicuro un pubblico internazionale, ma aspirazioni di questo tipo spesso portano guai. Kites non è una classica pellicola straniera, bensì un ambizioso film bollywoodiano estivo ad alto budget'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 21 maggio 2010
KITES (2010): ** ½
'Dov'è la complicità fra gli attori protagonisti? Dov'è la storia? Dove sono i colpi di scena? Kites sembrava essere il film cross over che Bollywood sogna da tempo. Purtroppo si arena ancor prima di spiccare il volo. Innanzitutto perché manca del tutto una storia: Kites si limita a mostrare una fuga. E non ci sarebbe nulla di male, abbiamo visto diversi avvincenti road movie, ma con dei colpi di scena. Al contrario, la fuga dei due protagonisti nel secondo tempo di Kites è prevedibile e soporifera. Mentre il primo tempo è una stiracchiata storia d'amore nella quale non succede nulla: solo sguardi e occhiate seguiti da altri sguardi e occhiate. A differenza di quanto preannunciato, il mix indo-messicano non è affatto bollente. Il romanticismo si accende con difficoltà, e Hrithik Roshan non riesce a replicare con Barbara Mori la stessa calda complicità condivisa con Aishwarya Rai in Dhoom:2. In Kites funziona solo il look del film. Il regista Anurag Basu può aver ridotto il quoziente emotivo della pellicola ma crea una visualizzazione dal sapore internazionale. La fotografia è di alta qualità. Gli attori protagonisti sono adeguati ma non infiammano lo schermo, né con le loro emozioni né con la loro passione. Spiace per Kangana Ranaut, attrice raffinata qui ridotta a muto accessorio'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 20 maggio 2010
KUCCH LUV JAISAA (2011): * ½
'Shefali Shah è espressiva in modo impressionante. Parliamo di un'attrice ancora ampiamente sottostimata. In Kucch Luv Jaisaa, Shefali trasuda vulnerabilità e calore, due aspetti difficili da combinare. Gli altri attori impallidiscono al confronto. La premessa del film è buona, ma sfortunatamente la sceneggiatura di terza classe è soporifera. La relazione fra i due protagonisti della vicenda non offre nulla: è troppo piatta. KLJ è mezzo morto, scritto a metà e probabilmente realizzato a metà'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 27 maggio 2011
KUCCH LUV JAISAA (2011): ** ½
'La premessa del film è interessante. Anche il cast: Shefali Shah e Rahul Bose costituiscono una coppia insolita, ma sfortunatamente falliscono nel creare un'intesa sullo schermo. La loro attrazione reciproca sembra finta. Inoltre il personaggio femminile è irrealistico. I due attori si impegnano molto, ma il romanticismo non si accende. Kucch Luv Jaisaa è in gran parte un esempio di promessa mancata'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 27 maggio 2011
KURBAAN (2009)
'La sceneggiatura sembra gradevole e c'è dell'onestà nello scopo del film. Però sono solo le parole ad essere politiche. Il tono è quasi sempre quieto, e alla fine ci si trova dinanzi ad un prodotto che non è né abbastanza serio e abbastanza realistico da proporre una riflessione sul terrorismo globale, né abbastanza leggero da intrattenere'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 21 novembre 2009
KURBAAN (2009): *** ½
'Innanzitutto complimenti a Karan Johar per aver cambiato completamente direzione ed aver esplorato nuovi territori. Naturalmente lo amiamo per il suo cinema di classe K: i suoi film i cui titoli iniziano con la lettera kappa hanno ridefinito il genere romantico. Ma Kurbaan mantiene lo schermo in ebollizione per la maggior parte del tempo grazie alla sua storia ben confezionata. Kurbaan guarda all'altra faccia del fondamentalismo Islamico e mette in prospettiva gli eventi successivi all'11 settembre. Chi sono questi ragazzi pieni di rabbia, di sete di vendetta, di bombe? Perché sono determinati a mettere il mondo a ferro e fuoco? Può esserci uno scopo dietro la loro follia? Kurbaan, scritto da Karan Johar, solleva questi interrogativi estremamente attuali, senza nascondere l'unica innegabile verità: un attentatore suicida non può cancellare le ingiustizie del mondo. La storia di Johar ha dignità. La narrazione di Rensil D'Silva è avvincente. I dialoghi di Anurag Kashyap sono realistici, tranne quando si tenta di spiegare le basi teoriche del fondamentalismo islamico: allora le battute sembrano rubate ai libri di testo o ai titoli dei giornali. Le performance sono coraggiose. L'intesa fra Saif Ali Khan e Kareena Kapoor illumina la pellicola: la coppia tratteggia con misurata passione il ritratto di due amanti condannati. Ma avremmo preferito che, dopo la sbalorditiva rivelazione del personaggio interpretato da Saif, la loro relazione fosse più ricca di emozioni. E che, nel secondo tempo, il film fosse meno lungo e con un montaggio più teso. Inoltre vi sono alcune incoerenze che minano il realismo a cui la pellicola aspira. Comunque Kurbaan lascia il segno. Non perdetelo'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 19 novembre 2009
LADIES VS RICKY BAHL (2011): ***
'In questo periodo a Bollywood quasi tutti i protagonisti maschili sono costretti, come negli anni cinquanta, a interpretare personaggi e non semplicemente se stessi, quindi una storia che sostenga la pellicola diviene necessaria. Il film non ci spiega le motivazioni del comportamento di Bahl. Lo spettatore vede quanto mostrato sullo schermo: Bahl è single, sembra un solitario, poco interessato da un punto di vista sessuale alle donne che frequenta. Il suo unico scopo sono i soldi per i soldi. Un personaggio di questo tipo era stato gestito molto meglio in un titolo precedente di Yash Raj Films, Badmaash Company (che presentava però lacune di tipo diverso). La trama ad un certo punto prende una piega irresistibile, e Ladies vs Ricky Bahl diventa un prodotto impregnato di female power. Parineeti Chopra è spontanea e audace. Ma all'ingresso del personaggio interpretato da Anushka Sharma, come al solito ci si chiede perché mai una ragazza dovrebbe innamorarsi di un truffatore dichiarato. Qualche messa a punto in più nella sceneggiatura avrebbe giovato. Sfortunatamente l'aspetto commerciale ha la precedenza sulle spiegazioni. LVRB è al peggio una noiosa storia d'amore narrata a metà, e al meglio una pellicola che si lascia guardare senza troppa fatica'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 9 dicembre 2011
LADIES VS RICKY BAHL (2011): ***
'Maneesh Sharma al suo debutto alla regia colpì l'attenzione con l'insolito Band Baaja Baaraat. Difficile misurarsi con quel film. E in effetti Ladies vs Ricky Bahl non raggiunge lo stesso livello di brio e di verve. In LVRB non ci sono umorismo, né sapore realistico, né fremente sintonia fra i due attori protagonisti: tutti aspetti che resero BBB un campione d'incassi. E quel che è peggio, il personaggio interpretato da Anushka Sharma appare solo nel secondo tempo. La storia d'amore è poco convincente. La colonna sonora ordinaria. Le performance e il tenore non isterico lavorano però a favore della pellicola'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 9 dicembre 2011
LAMHAA (2010): **
'Lamhaa si chiede quanto il Kashmir sia prigioniero degli interessi delle parti coinvolte: la politica locale e internazionale, e il complesso militare-industriale locato a Delhi e a Islamabad. La situazione è opprimente, ma Lamhaa lo è persino di più. Non è facile capire il Kashmir, ed è ancora più dura capire questo film. Lamhaa tocca simultaneamente l'argomento dei 10.000 giovani dispersi in Kashmir, dei pandit che si trasformano in rifugiati nel loro stesso Paese, dei frustrati soldati indiani. La pellicola, nei suoi movimenti e nella sua colonna sonora, adotta un tono di seria urgenza, ma non riesce a rappresentare efficacemente la vastità dei problemi kashmiri. Lamhaa si è spinto troppo oltre e ha fatto il passo più lungo della gamba. I dialoghi offrono battute banali e ripetitive. Talvolta vale la pena vedere un film per l'autenticità degli scenari, e Lamhaa costituisce un coraggioso esempio perché girato largamente in Kashmir. Ma questo aspetto non basta per consigliarne la visione'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 15 luglio 2010
LAMHAA (2010): *** ½
'Dai disordini in Gujarat del 2002, rappresentati in Parzania con estrema sensibilità, al campo di battaglia del Kashmir, il regista Rahul Dholakia porta avanti il suo cinema politico con gravità e serietà. Lamhaa offre uno sguardo sulla turbolenta e multistratificata situazione in Kashmir, con diversi riferimenti alla vita reale. Il punto di forza di Lamhaa è il fatto che non utilizza il Kashmir e i suoi problemi come un esotico scenario per una storia romantica. Il film, realisticamente, non offre soluzioni, ma osa mostrare uno dei luoghi più pericolosi del pianeta. Lamhaa non segue il format tradizionale, non offre ricette, ma il ritmo è veloce e coinvolge quanto un thriller d'azione. Un altro aspetto positivo sono le interpretazioni. Quasi tutti i personaggi sono convincenti. Sanjay Dutt, dopo molto tempo, regala una performance solida e misurata. Bipasha Basu e Kunal Kapoor non si atteggiano a star. Lo spettatore potrebbe qua e là perdere il filo della vicenda, perché i giocatori sul campo sono troppi, ma gradualmente ogni personaggio trova il suo posto nella tela. La fotografia cattura il Kashmir sia nella sua bellezza che nelle sue ombre sinistre. La colonna sonora possiede movimento ritmico a sufficienza da coinvolgere. Lamhaa è un esempio di cinema serio e sensibile, destinato ad un pubblico di appassionati che cercano qualcosa di più'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 15 luglio 2010
L'AMORE IERI E OGGI (2009): vedi LOVE AAJ KAL
LAND GOLD WOMEN (2011, film anglo-indiano in lingua inglese): ***
'Parecchi film trattano l'argomento dei delitti d'onore, ma Land gold women funziona in modo speciale. Innanzitutto per il suo radicato e profondo realismo, vedi il fatto che la famiglia musulmana al centro della storia sembra normale quanto qualunque altra e non mostra alcun segno di fanatismo, almeno all'inizio. Il rapporto padre-figlia è tenero, ma allora come può un padre che ama così tanto la figlia contemplare il suo assassinio a sangue freddo? A causa di un'errata interpretazione della sua religione: credere nell'antico codice secondo il quale gli uomini possiedono un diritto assoluto sulle loro terre, ricchezze e donne. Ben recitato e ben scritto, LGW è un sensibile atto d'accusa contro i delitti d'onore'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 2 dicembre 2011
LEAVING HOME. THE LIFE & MUSIC OF INDIAN OCEAN (2010, lingua inglese): ***
'Il film documenta un fenomeno raro nella storia dello spettacolo popolare indiano e della musica indiana. La nascita di una band nel nostro Paese è interamente un processo di derivazione occidentale. Le colonne sonore bollywoodiane sono l'unico esempio di musica popolare, senza eccezioni. A parte gli Indian Ocean, in voga da 24 anni, e come quartetto da 15. La loro musica non segue un genere definito, e il gruppo non ha un leader: nessun musicista all'interno di esso copre un ruolo prestabilito, né è limitato nell'uso degli strumenti. Bollywood (con l'eccezione di Black Friday di Kashyap) e le etichette musicali hanno sempre ignorato gli Indian Ocean, ed è per questo che l'onestà artistica del gruppo è sopravvissuta'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 1 aprile 2010
LEAVING HOME. THE LIFE & MUSIC OF INDIAN OCEAN (2010, lingua inglese): *** ½
'Il documentario esplora la musica e le motivazioni della prima vera rock band indiana, gli Indian Ocean, attraverso lunghe interviste ai membri del gruppo e alle persone con cui hanno lavorato. Il film mostra anche alcuni dei loro brani più famosi dal vivo durante un concerto a Delhi. Jaideep Varma non solo crea il primo rockumentario indiano, ma dipinge anche un caldo e intenso ritratto del creativo quartetto che non si limita a comporre buona musica, la vive. La pellicola incapsula l'intero viaggio degli artisti, dagli esordi al successo, e applaude ad un credo che celebra la creatività e nient'altro. La bellezza del documentario - e del gruppo - risiede nel fatto che cattura le storie individuali di questo quartetto perfettamente sincronizzato. Scintillante. Da vedere'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 1 aprile 2010
LIFE PARTNER (2009): * ½
'Possiamo proprio aspettare di vedere questa pellicola alla TV. Innanzitutto potremo abbassare il volume, un privilegio di cui il pubblico al cinema sfortunatamente non può godere. Poi potremo anche staccare per farci uno spuntino ogniqualvolta Govinda calchi la scena. In un film con Fardeen Khan, il corpulento stanco Govinda offre il ridicolo ritratto di un Casanova. Sembra una versione al sapore di cavolfiore di colui che è stato. Quel poco di comico è offerto solo da Tusshar Kapoor: forse non gli è ancora stato riconosciuto merito a sufficienza, ma è sbalorditivo come questo attore si sia costruito una carriera di tutto rispetto da solo, interpretando in modo delizioso il ruolo del perdente nella maggior parte delle pellicole a cui ha partecipato. Genelia D'Souza è incantevole in modo casual'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 15 agosto 2009
LIFE PARTNER (2009): ***
'È chiassoso. È esagerato. Genelia D'Souza vi obbligherà spesso ad usare i tappi per le orecchie. Ma è un modo leggero di passare il tempo. Merito del senso comico di Govinda che riesce a far sembrare buffa anche la farsa più grossolana, malgrado il suo ruolo sia più una special appearance. O merito della mitragliata di sequenze davvero divertenti. Anche Fardeen Khan e Tusshar Kapoor catturano l'attenzione con la loro esuberanza'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 14 agosto 2009
LONDON DREAMS (2009): * ½
'London Dreams è un film sgradevolmente patriottico. La narrazione è coloniale in modo regressivo. La sceneggiatura è inesistente. Solo le location si salvano. Ajay Devgan interpreta il ruolo dell'innamorato silenzioso e riflessivo che viene piantato in asso. Salman Khan è il personaggio spensierato e vivace. Ed è così che li vuole vedere il pubblico di provincia'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 31 ottobre 2009
LONDON DREAMS (2009): ***
'La trama è semplicistica e spesso sconfina nell'implausibile. La sceneggiatura è a tratti davvero povera. Ma ci sono molti aspetti che funzionano. In cima alla lista le interpretazioni sia di Ajay Devgan che di Salman Khan, che condividono nuovamente una scintillante complicità. È un sollievo ammirare una volta di più Devgan nel ruolo del giovane arrabbiato. Quanto a Salman, sfoggia una disinvolta spontaneità in ogni sequenza. Asin è effervescente anche se non fa molto. Il primo tempo, ambientato in gran parte in un villaggio, ha un suo fascino rustico e un'innocente bonomia. La delusione più grande è rappresentata dalla colonna sonora. Le canzoni sono del tutto inadatte per una rock band. Ad ogni modo guardate London Dreams per la combinazione Devgan-Salman e perché è di sicuro uno dei migliori film di Vipul Shah'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 30 ottobre 2009
LOVE AAJ KAL (L'AMORE IERI E OGGI, 2009): ***
'Probabilmente questo tipo di relazione semi-informale con un ex partner è una novità nei film hindi. Saif Ali Khan, al solito, recita la parte del 'Saif à la Hugh Grant', il che è una gran cosa. Non conosco nessuno nell'immaginario popolare che potrebbe interpretare meglio l'adorabile, disinvolto, simpatico Saif. Insieme a Deepika Padukone, mantiene vivo l'interesse dello spettatore. Amerete questa storia d'amore per il suo realismo'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 1 agosto 2009
LOVE AAJ KAL (L'AMORE IERI E OGGI, 2009): ****
'Non rimarrete delusi. Il film rispecchia la fobia nei confronti delle responsabilità nei rapporti sentimentali da parte dei giovani professionisti di successo. Con grande dispiacere dei genitori, i quali non ne comprendono il dilettantismo emotivo, e li tormentano con i cliché dell'amore di una vita. Il segreto del modo di fare cinema del regista Imtiaz Ali risiede in tre fattori. Invece di dipendere pesantemente da una sceneggiatura lunga tre ore, Imtiaz si concentra sui dialoghi: frizzanti, concisi, realistici. Il secondo aspetto è la definizione dei personaggi, capaci di infiammare letteralmente lo schermo con la loro vena individualistica e la loro triste vulnerabilità. Il terzo aspetto è l'atmosfera e l'ambientazione. Londra e San Francisco sono belle, ma è ancora una volta Delhi a convincere in pieno. Gioca un ruolo importante nel creare la giusta atmosfera anche la colonna sonora di Pritam. Quanto ai difetti, il primo tempo tarda a carburare, ma poi confluisce in un coinvolgente secondo tempo. Per fortuna le affascinanti interpretazioni dei due protagonisti celano questi rallentamenti. Deepika Padukone è decisa ed efficace. Ma è Saif Ali Khan che regala al suo personaggio così tante sfumature da renderlo estremamente reale'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 30 luglio 2009
LOVE KHICHDI (2009): *** ½
'Ciò che innalza la qualità della pellicola è la cura per i dettagli. Ogni personaggio, dal protagonista al ruolo minore, è accuratamente limato. Da un punto di vista narrativo Love Khichdi presenta due novità. La meno rilevante: un campanello suona ogniqualvolta il protagonista dice la verità. La più importante: i personaggi parlano allo spettatore quasi si confidassero, e l'espediente funziona. Questo ci consente di dare un'occhiata all'interno di ogni personaggio e di conoscerne le motivazioni. La colonna sonora è di quelle che migliorano l'umore. Ci si sente giovani e desiderati. Love Khichdi ha stile, umorismo e cuore. Verso il finale il film procede con stanchezza. Ridotto di quindici minuti forse sarebbe stato più frizzante'.
Avijit Ghosh, The Times of India, 28 agosto 2009
MAHARATHI (2008): *** ½
'La popolare opera teatrale gujarati di Paresh Rawal, che ha raggiunto con successo le settecento rappresentazioni, approda al cinema con un cast stellare. Non c'è bisogno di precisare che le aspettative erano altissime, soprattutto perché è da tempo che Bollywood non offre thriller di qualità. Maharathi non delude, malgrado la sua origine teatrale gli conferisca un'atmosfera da affair al chiuso: i personaggi commettono i loro crimini al di fuori e lo spettatore deve desumerli dai mutamenti di comportamento e di umore. Nella trama ci sono colpi di scena sufficienti a tenervi sulle spine, sebbene il film si trasformi gradualmente in thriller solo nella seconda parte. Quasi tutti gli attori ricoprono i loro ruoli alla perfezione. Se Naseeruddin Shah è da manuale nella sua interpretazione dell'ex-regista amareggiato dagli insuccessi, Paresh Rawal è impareggiabile nel ruolo del personaggio dalle mille sfaccettature, quasi tutte ambigue. Boman Irani è contenuto ed altamente godibile, e Neha Dhupia sembra essere maturata dopo aver abbracciato un tipo di cinema più alternativo'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 4 dicembre 2008
MAIN AURR MRS KHANNA (2009): **
'Il disaccordo matrimoniale costituisce sempre un buon argomento per creare del dramma sul grande schermo, ma solo se c'è una ragione plausibile che lo giustifichi. MAMK fallisce proprio in questo. Inoltre il film è privo di passione, di amore, di rabbia, di dolore, di gelosia. Nel tentativo di creare un dramma di basso profilo, il regista esordiente Prem Soni spoglia la pellicola di ogni energia. L'interpretazione di Kareena Kapoor è probabilmente l'unica nella sua carriera a non emozionare. Mrs. Khanna è troppo diversa dall'esuberante attrice. Anche Salman Khan sembra essere scivolato nella modalità sonno: il suo serafico Mr. Khanna non esprime affatto le frustrazioni di un marito disoccupato. La letargia è talmente infettiva da contagiare persino l'effervescente Sohail Khan, i cui cameo sono sempre chiassosi. Qui si stenta a capire se il suo personaggio abbia il cuore spezzato, sia felice o indifferente'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 16 ottobre 2009
MEMORIES IN MARCH (2011, lingua inglese): ***
'Una rappresentazione nuova e sensibile del tema delle relazioni omosessuali, tema che sta diventando popolare nel cinema indiano. Ma la maggior parte dei film non lo tratta con delicatezza, preferendo un tenore comico o scioccante. Memories in March colpisce perché mostra l'omosessualità come un fatto normale della vita. La pellicola vanta una sceneggiatura intelligente, una regia realistica e pulita, nonché performance impeccabili, soprattutto per quanto riguarda Deepti Naval'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 31 marzo 2011
MERE BROTHER KI DULHAN (2011): ***
'Imran Khan e Katrina Kaif formano una coppia del tutto insolita. Imran è il ritratto della sobrietà e del basso profilo. Mere Brother Ki Dulhan finisce con l'essere una commedia leggera e briosa, nella quale la tipica storia d'amore bollywoodiana dimentica la tradizione e diviene non convenzionale. Ma solo in parte. MBKD è un interessante debutto per il regista Ali Abbas Zafar, però ironicamente qualcosa sembra trattenerlo dal creare una commedia completa. Il primo tempo non convince. La festa comincia con l'arrivo di Ali Zafar, che ci mette un po' a scaldarsi ma poi nessuno lo ferma più. È il fattore verve che funziona in modo ammirevole, dal momento che il film non ha una storia di cui gloriarsi. MBKD cerca di mantenere alta la propria vivacità in termini di narrazione e di interpretazioni, e riesce a far sorridere per la maggior parte del tempo'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 9 settembre 2011
MIRCH (2010): ***
'Quando è stata l'ultima volta che avete visto un film bollywoodiano che dissezionava la sessualità femminile senza essere apologetico? Io non lo ricordo, e voi? Bollywood ha perlopiù voltato le spalle all'idea di una protagonista sensuale. I personaggi femminili sono solitamente creature romantiche e asessuate, altrimenti rientrano nella categoria delle vamp o delle prostitute. Il regista Vinay Shukla aveva precedentemente diretto Godmother, un'altra pellicola al femminile, e sembra possedere una comprensione adeguata della psicologia femminile. In Mirch narra quattro storie in cui le protagoniste cercano una propria soddisfazione sessuale. Tutti gli episodi sprigionano un fascino delizioso e irriverente. Il film cattura l'attenzione del pubblico, anche se non completamente: il finale confuso e il tenore mal costruito della pellicola agiscono da deterrente. Inoltre Mirch tende a rappresentare le donne come tradizionali tentatrici di cui non fidarsi. Ma sorvolando questi aspetti, si entra in un mondo dove i personaggi femminili hanno un corpo. Raima Sen e Konkona Sen Sharma sono perfette'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 17 dicembre 2010
MOD (2011): ** ½
'Mod è un piccolo film dolce e semplice, ambientato in una località affascinante tanto quanto la gente che vi risiede. Tutti gli attori principali vivono i loro ruoli con autenticità. Una storia d'amore tenera e insolita, ma cos'è che non funziona? Il ritmo della pellicola. Gli eventi vengono raccontati con estenuante letargia e mettono alla prova la pazienza dello spettatore. Avete parecchio tempo a disposizione? Allora guardate Mod'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 14 ottobre 2011
MOHANDAS (2009): ***
'Il regista/direttore della fotografia Mazhar Kamran mostra la sua propensione all'impegno e osa sollevare questioni scomode che il cinema hindi di intrattenimento di recente preferisce ignorare. Il film ci conduce al cuore oscuro dell'entroterra, dove la gente comune può essere abbindolata per soddisfare i bisogni delle persone influenti, e dove l'identità di un uomo può essere rubata e il suo lavoro venduto senza un mormorio di protesta. Mohandas è una triste storia di corruzione che coinvolge tutti, dalla cima alla base. È davvero un labirinto kafkiano. A suo modo terrorizza: i mostri che ci spaventano non sono frutto di immaginazione ma persone come noi, che vivono intorno a noi, e che sono state create dal sistema. E va a credito di Kamran il fatto di non aver cercato facili soluzioni. I dialoghi crepitano. I personaggi parlano il linguaggio della terra. E un paio di brani aiutano a costruire lo stato d'animo. Sarebbe stato meglio se Nakul Vaid, che interpreta Mohandas - il protagonista -, avesse avuto l'aspetto del figlio di un intrecciatore di bambù e non di qualcuno mandato per corriere dall'India Shining. Anche Sharbani Mukherjee sembra appena arrivata da qualche altro posto. Le loro performance sono in netto contrasto con quella di Uttam Halder che infonde vita e credibilità ad un giornalista di provincia. Mohandas non è un passatempo né quel genere di film che blandisce, ma è comunque in buona parte accattivante e avvincente'.
Avijit Ghosh, The Times of India, 3 settembre 2009
MORNING WALK (2009): ***
'L'aspetto migliore del film sono le interpretazioni. I veterani Anupam Kher e Sharmila Tagore mostrano un ardore dignitoso. Divya Dutta e Rajit Kapur sono convincenti. Ammirate soprattutto Divya: infonde vita ad un personaggio molto realistico, quello della nuora meschina e materialista. Morning Walk narra in modo fresco una storia davvero diversa'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 11 luglio 2009
MURDER 2 (2011): *** ½
ìIn Murder 2 l'intesa fra i due protagonisti non è appassionata come in Murder, e la relazione che li lega si rivela un fallimento. Nel film vi è abbastanza da irritare le femministe, ma è ovvio che questo potente cocktail di sesso e violenza non è stato pensato per loro. A parte ciò, Murder 2 funziona principalmente per il suo ritmo. La performance di Prashant Narayanan inchioda'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 8 luglio 2011
MY FRIEND PINTO (2011): ** ½
'Purtroppo nemmeno Kalki Koechlin può risollevare le sorti della pellicola dal momento che appare solo per venti minuti'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 14 ottobre 2011
MY NAME IS KHAN (IL MIO NOME È KHAN, 2010): *****
'Parliamo del fattore K: Karan (Johar) e (Shah Rukh) Khan come non li avete mai visti. MNIK è senza dubbio una delle pellicole bollywoodiane più significative e commoventi realizzate di recente. Reinventa completamente regista e attore, e crea un nuovo punto di riferimento per il duo che ha regalato all'India alcuni dei più popolari film d'intrattenimento. Il punto di forza di MNIK sono le interpretazioni. Shah Rukh Khan e Kajol non si dimenticano con facilità, e si finisce col portarsi appresso i loro personaggi all'uscita dalla sala. Così come Zarina Wahab, che infonde vita al perfetto prototipo della perfetta madre indiana: totalmente legata alle proprie radici culturali ma totalmente laica. Aggiungete poi l'occhio del regista per i dettagli, il richiamo ad avvenimenti di attualità, le sequenze che pongono interrogativi e sfide, e otterrete un cinema che ispira, commuove e induce a riflettere. Eppure intrattiene: MNIK non è mai pedante, malgrado il suo appello alla tolleranza intesa come virtù fondamentale per il XXI secolo, nel quale non vi è posto per regionalismi, divisioni, caste, sciovinismi culturali o sessuali. Decretiamone il decesso mentre il resto del mondo passa oltre. Ma più di tutto è l'emozionante semplicità della narrazione di Johar a risplendere. MNIK tesse una tela molto vasta: l'11 settembre, il post-11 settembre, gli abusi razziali, le draconiane leggi per la sicurezza, un'isterica giurisprudenza americana, l'uragano Katrina. Ma raramente va fuori fuoco. MNIK offre senza dubbio la miglior interpretazione di Shah Rukh Khan. L'attore non perde mai il personaggio, malgrado i manierismi, il faticoso linguaggio del corpo ed il particolare modo di parlare. La sua performance è persino migliore di quella di Tom Hanks in Forrest Gump. Kajol vince su tutta la linea, con una sobrietà che cattura. Karan Johar è diventato maggiorenne e racconta una storia complessa, ma lo fa con semplicità, senza dimenticare che lo scopo principale del cinema è quello di intrattenere'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 11 febbraio 2010
NEW YORK (2009): ****
'I terroristi islamici hanno abbattuto il World Trade Center e l'America ha negato la propria Costituzione che promette giustizia ed uguaglianza per tutti. Tanto di cappello a Kabir Khan per aver affrontato con disarmante semplicità il problema più complesso e sensibile del mondo d'oggi. Il regista tenta persino di capire perché alcuni musulmani diventarono terroristi dopo la violenta reazione americana: 1.200 persone furono abbandonate in detenzione prolungata e private dei diritti umani, semplicemente sulla base dei loro nomi e dell'identità religiosa. Ovviamente il film non giustifica il terrorismo e si impegna a mostrare l'auto-sconfitta e la traiettoria violenta della jihad intrapresa come vendetta politica. Katrina Kaif offre la migliore interpretazione della sua carriera, mentre John Abraham mostra un lato di sé che va al di là della prestanza muscolare. Ma il top è raggiunto da Neil Nitin Mukesh, che crea un personaggio amabilissimo. E non dimentichiamo Irrfan Khan, sempre affidabile, sempre da ammirare, grazie alla sua speciale abilità nell'aggiungere quel qualcosa in più ad ogni ruolo: assolutamente delizioso. Guardate New York perché è molto attuale, significativo ma anche divertente'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 26 giugno 2009
NO ONE KILLED JESSICA (2011): ****
'Basato sull'omicidio della modella Jessica Lal - avvenuto nel 1999 in un locale dei quartieri alti di Delhi - e sul desiderio di giustizia della sorella Sabrina, il film mostra l'India contemporanea esattamente com'è. La vicenda è ben nota, però il regista Raj Kumar Gupta la gestisce in modo talmente emozionante da riaccendere l'interesse. No one killed Jessica, a differenza delle tipiche saghe di supereroi, non narra solo la lotta di due donne, ma quella di un intero Paese che si unisce a loro. Sono molte le insidie da affrontare quando si decide di realizzare una pellicola che si ispira ad un fatto di cronaca. NOKJ poteva svilupparsi come un asettico documentario, invece il regista e gli attori infondono anima e corpo nel film, che si offre come un teso thriller. L'ottima sceneggiatura, i dialoghi (nei quali è Delhi a prendere vita) e gli attori catturano l'attenzione. L'interpretazione di Rani Mukherjee è adrenalinica. Ma è Vidya Balan a rubare la scena. Il resto del cast è perfetto. La pellicola vanta inoltre un impeccabile primo tempo e un'audace colonna sonora. NOKJ è un'esperienza memorabile'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 6 gennaio 2011
NO PROBLEM (2010): ***
'Nel cinema hindi commerciale Bazmee è il re della commedia. Bazmee sembra incantare il pubblico con uno stile che, per incoerenza e metodo nella pazzia, ricorda l'opera di David Dhawan negli anni novanta. Anees racconta storie improbabili al solo scopo di divertire, a qualunque costo, anche se ciò significa gettare dalla finestra ragione e logica. D'altronde, da quando il botteghino si preoccupa di questi dettagli? No problem è un film che celebra il caos. Guida il gruppo Anil Kapoor, che, con la sua buffa interpretazione, azzarda una versione desi della Pantera Rosa. Sanjay Dutt e Akshaye Khanna sfoggiano un giusto tempismo comico. Tristemente, i tentativi di Kangana Ranaut di reinventare la propria immagine non sembrano funzionare. La pellicola pare montata in modo grezzo, ma statene certi: No problem vi farà dimenticare i vostri problemi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 9 dicembre 2010
NOT A LOVE STORY (2011): ***
'Basato sul noto caso dell'attrice kannada Maria Susairaj, del suo fidanzato Jerome Matthew e dell'omicidio del funzionario televisivo Neeraj Grover, Not a love story è un film sconvolgente perché mostra i recessi brutali e oscuri di persone dall'apparenza normale. Ed è questo il punto di forza di NALS. Artisticamente forse non è il lavoro migliore di Ram Gopal Varma, ma l'esperienza che offre è agghiacciante. Gli assassini non provano mai rimorso, né temono la punizione: vivono le loro vite come se nulla fosse accaduto. NALS si conclude bruscamente e lascia allo spettatore un senso di incompiutezza, però cattura l'attenzione. Sia Mahie Gill che Deepak Dobriyal infondono realismo nei loro personaggi. Il commento musicale crea un linguaggio suo proprio'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 19 agosto 2011
Nessun commento:
Posta un commento