14 gennaio 2009

HINDUSTAN TIMES P-T

PAA: ***1/2
Reinventare Amitabh Bachchan ha costituito per lungo tempo un'industria multi milionaria. Molti registi ci hanno provato, scioccando o compiacendo il pubblico. Ma pochi sono stati benedetti da una visione che andasse oltre la fascinazione infantile per la star. Balki è fra questi. L'ultima volta ci ha offerto una storia d'amore abbastanza estrema fra persone di età molto diverse ('Cheeni Kum'). In 'Paa' il rischio era infinitamente maggiore. Abbiamo il più famoso attore Indiano privo delle sue risorse: la voce profonda e la presenza da schianto. Amitabh rinuncia interamente alla sua aura scenica in favore di Auro. Il grosso del pubblico non ci è abituato. Poteva riderne o andarsene. Sorprendentemente ride al momento giusto e lascia la sala piuttosto soddisfatto. Questo è il traguardo più grande raggiunto dal film. 'Paa' non perde mai la sua nota di gioia e di umorismo. Il tono è sensibile e sentimentale, anche se qualche volta eccede nel melodrammatico e nell'eccessivo. Comunque quando l'obiettivo inquadra Auro si rimane quasi ipnotizzati dal viso che si nasconde dietro la maschera. Poche star con una tale consolidata immagine pubblica avrebbero potuto mettere a segno un ruolo con così tante sfumature.
Mayank Shekhar, 04.12.09
PAATSHAALA: *
L'idea è certamente nobile, ma il film non le rende giustizia.
Mayank Shekhar, 16.04.10
PAPPU CAN'T DANCE SAALA: **
A Mumbai sopravvivere è un lavoro a tempo pieno. I produttori di Pappu Can't Dance Saala lo sanno bene, e la loro empatia è costante. In principio il film è mediamente coinvolgente ed intrattiene. Ma da un certo punto in poi non è chiaro nè al pubblico nè al regista dove la narrazione voglia condurre. La professione della protagonista consente l'inserzione di brani danzati ed offre l'opportunità agli sceneggiatori di discutere sulla santità di tutte le arti. E va bene. Vinay Pathak interpreta per l'ennesima volta il ruolo del supposto Uomo Comune con la compagnia di sempre (Neha Dhupia, Rajat Kapoor, Saurabh Shukla). Neha Dhupia è a tratti audace.
Mayank Shekhar, 16.12.11
PATIALA HOUSE: **
Patiala House è ambientato a Southall, un sobborgo londinese infinitamente più popolare di South Mumbai come location per le pellicole hindi. E un quarto dei freelance di Bollywood resterebbe senza lavoro se Akshay Kumar non sfornasse almeno cinque film all'anno. PH è uno dei migliori fra i più recenti interpretati dalla superstar. Una saga familiare anni novanta, colorata, à la Yash Raj, che unisce Londra a Ludhiana. I suoi numerosi personaggi ruotano intorno alla figura del padre severo. Tutti sono incredibilmente indiani nell'accento e nei modi, ossessionati dalle danze di gruppo e dai grossi grassi matrimoni. Tutto è meravigliosamente allegro. Come Anushka Sharma, che, con Badmaash Company, Band Baaja Baaraat e ora PH, sta deliziando il suo pubblico.
Mayank Shekhar, 12.02.11
PEEPLI (LIVE): ****
Peepli (Live) supera il test più importante per un film che narri le vicende di uomini comuni: il pubblico si chiede davvero se i personaggi sullo schermo siano reali o attori. La satira è irresistibile, il sub-testo stimolante. La divertente sceneggiatura (Anusha Rizvi) è ispirata in modo immacolato. A dire il vero i mass-media indiani, sia quelli ridicoli in lingua hindi che le eccitabili super-star dei notiziari in inglese, lasciano poco spazio alla parodia. Quindi in PL il rischio era di parodiare qualcosa che già nella realtà sembra una caricatura. I giornalisti tanto quanto i consumatori di notizie riconosceranno all'istante le verità celate nell'intenzionale comicità di PL. Il film è il più intelligente ed umoristico commentario indiano realizzato da lungo tempo: è di sicuro la sola vera black comedy in hindi degli ultimi 27 anni (vedi nel 1983 Jaane Bhi Do Yaaro).
Mayank Shekhar, 12.08.10
PHAS GAYE RE OBAMA: ***
L'esito del film è esilarante. Sanjay Mishra è l'attore che davvero fa funzionare Phas Gaye Re Obama, una black comedy scritta in modo superbo da Subhash Kapoor. Vale i soldi del biglietto.
Mayank Shekhar, 03.12.10
PHOONK: **
'Phoonk' è il piatto horror standard di Ram Gopal Varma. Meglio che spendiate i soldi del biglietto per del pesce fritto.
Khalid Mohamed, 22.08.08
THE PRESIDENT IS COMING: ***
TPIC, del regista Kunaal Roy Kapur, di sicuro merita un buon voto per l'impegno. Adattato da una popolare commedia, la pellicola è un po' trascurata, girata alla maniera di un film da diploma studentesco. Anche volendo apprezzare la presa in giro di Kapur a spese degli under-30 indiani e della loro ossessione per gli USA, un certo grado di competenza tecnica sarebbe stato gradito. Le soffocanti location, le inquadrature inaccurate, i balzi spesso imbarazzanti del montaggio nuociono all'effetto comico. Se alla fine del film state ancora sorridendo è essenzialmente grazie all'eccellente sceneggiatura e alle abili interpretazioni. I dialoghi sono divertenti dall'inizio alla fine. Fra gli attori, i migliori sono Vivek Gomber- assolutamente convincente -, Anand Tiwari con le sue espressioni comicamente impassibili, e Konkona Sen Sharma che regala una corretta caratterizzazione al suo personaggio. Grazie allo spirito fieramente indipendente, questo invito alla risata è un must per ogni spettatore che abbia a cuore la sperimentazione e che non si curi dell'imperfetta confezione.
Khalid Mohamed, 09.01.09
PRINCE: *1/2
Prince è infarcito di riprese aeree, veicoli che precipitano, spiagge, esplosioni e incidenti, sgargianti effetti speciali. Appartiene al filone delle pellicole seriali create dai produttori: progetti commerciali più che veri film.
Mayank Shekhar, 09.04.10
PYAAR IMPOSSIBLE!: *1/2
Tutto nel film, dalle scenografie alla colonna sonora, appare inautentico. E come la maggior parte della nostra cinematografia, PI è cotto a metà, preso in prestito. Ma il personaggio del protagonista maschile è ben disegnato. Chopra interpreta un ragazzo sfigato, bruttino, insicuro e sottovalutato. Decisamente se la cava meglio in questo ruolo che in quelli precedenti.
Mayank Shekhar, 08.01.10
RAAJNEETI: ***
Prakash Jha, il regista di Raajneeti, si è candidato due volte alle elezioni, quindi conosce da vicino gli intrighi politici, oltre a saper scioccare e meravigliare col suo cinema. Jha reinterpreta il Mahabharata alla luce dell'attuale democrazia indiana, nella quale la competizione politica è di tipo dinastico e i partiti sono nuove monarchie. Jha ci mostra in modo abile l'abuso che i partiti fanno dei mezzi di informazione, del sistema economico, delle caste, delle comunità religiose, delle coalizioni, dei tribunali, della polizia, della burocrazia, persino dei matrimoni e delle amicizie. Tutto per saziare la sete di potere. Non delude nessuno degli attori: dall'insolitamente ispirato Rampal al suo potente opposto Bajpai. Il film è di un'implacabilità assoluta. Non vi è tregua. Nessuna tragedia arresta il ritmo della pellicola. L'introspezione è superflua, così come la redenzione. Le elezioni sembrano le ultime e definitive, come se non dovessero essercene di successive, o come se non si dovessero più realizzare pellicole sulla politica. I film di Jha Gangaajal (2003) e Apaharan (2005) sono, in confronto a Raajneeti, più raffinati e più a fuoco. L'ambizione di Raajneeti, col suo cast stellare e con il suo ispirarsi ad un poderoso poema epico, ha rovinato il progetto. C'è una ragione perchè il Mahabharata è stato una serie televisiva. Shyam Benegal lo ha brillantemente adattato in Kalyug (1981) grazie ad un contenuto minimalismo. In Raajneeti invece la sceneggiatura è troppo elaborata ed esageratamente drammatica.
Mayank Shekhar, 03.06.10
RAAT GAYI, BAAT GAYI?: **
Forse il regista voleva rappresentare un pugno di uomini che attraversano la crisi della mezza età. Ma si realizza quasi subito che non sa come procedere, Molte sequenze sono prive di umorismo e inducono sonnolenza. RGBG è in gran parte ambientato in una festa, tanto inautentica e noiosa quanto lo è il film stesso.
Mayank Shekhar, 02.01.10
RAAVAN: *1/2
Tutto il film è rimasto nella mente del regista. La trama è esile. La visualizzazione non delude. Rahman ha composto un pastiche delle sue precedenti colonne sonore. I dialoghi sono stringati. Ratnam, oltre che un esteta, è uno dei pochi registi indiani mainstream, dotato di voce chiara (Yuva, Anjali), di orecchio per la trama (Guru, Nayakan) e di occhio per il contesto contemporaneo (Roja, Bombay, Dil Se). Li ha persi tutti e tre in una volta sola. Rivogliamo il nostro vecchio Mani!
Mayank Shekhar, 18.06.10
RAAZ: THE MISTERY CONTINUES : **
Il pennello sempre in febbrile attività. Nero, rosso, blu stesi da un pittore sulla tela. Risultato: ritratti color cioccolato di una donna in agonia. Oh! Ad essere onesti anche voi sarete in agonia, dall'inizio alla fine di 'Raaz: TMC' di Mohit Suri. Fatevi un favore: spendete i soldi del biglietto in qualcosa di più appetitoso.
Khalid Mohamed, 23.01.09
RAB NE BANA DI JODI: ***1/2
Dopo una lunga carestia, siete invitati ad un banchetto di intrattenimento puro, le cui ricche portate sono tutte costituite da uno straripante Shah Rukh Khan. Anche quando la sceneggiatura perde quota, l'attore incanta e fa scintille con la sua disinvolta abilità nel passare da un ruolo all'altro. E vi chiederete come riesca a metterci tutta quella convinzione a dispetto dell'implausibilità della storia. In effetti la trama è tanto improbabile quanto un canguro volante e tanto antiquata quanto un dinosauro. La durata poi è eccessiva. E allora perchè, malgrado tutte queste riserve, il film avvince? Perchè in fondo stimola nello spettatore un sentimento di compartecipazione alla guerra quotidiana che il piccolo Davide deve combattere contro il gigante Golia, in primo luogo contro le proprie ansie e la propria fragilità.
Khalid Mohamed, 12.12.08
RACE: **
Khalid Mohamed, 21.03.08
RAKHT CHARITRA I: **
Una voce anziana, sovraeccitata e gracidante, narra il film. Sospetto che lo scopo fosse quello di suonare ubriaca, tanto quanto sembra esserlo Rakht Charitra. La mente è istupidita dalla tragicommedia del sangue. Ma Vivek Oberoi non recita in modo falso. Veniamo informati che la pellicola si basa su una storia vera. Credo che in qualche modo anche Tom & Jerry lo fosse. Solo che RC è per adulti che vogliono sfogare le proprie frustrazioni o visualizzare le fantasie più violente. Questo film è il solito buon vecchio dramma sul brigantaggio indiano tinto in toni seppia, con camera digitale, inquadrature dalle angolazioni bizzarre, montaggio più veloce e miglior budget. Non farebbe troppo danno se finisse qui, ma è pronto un seguito, se siete ancora assetati di sangue.
Mayank Shekhar, 22.10.10
(Vi consigliamo di leggere anche gli esilaranti commenti alla recensione postati dai lettori, tutti, evidentemente, agguerriti fan di Ram Gopal Varma).
RAKHT CHARITRA II: *1/2
La consapevole, comica misoginia dei film di Ram Gopal Varma è il solo aspetto che ancora ci intrattiene. Suriya è davvero solido. Per la maggior parte della pellicola il pubblico si chiede da quale parte guardare, dal momento che le immagini ruotano a 360 gradi, persino durante le conversazioni. Il film cerca un dramma che assomiglia ad un terremoto. Le riprese sono realizzate al rallentatore o sono esageratamente aggressive. Ad un certo punto l'effetto provoca nausea.
Mayank Shekhar, 04.12.10
RANN: **
'Rann' non denuncia e non spiega: è puro esercizio e basta, e non si discosta molto da ciò che giudica. Il tema della pellicola è serio e meriterebbe una riflessione globale sulla gestione delle notizie, sia da un punto di vista meramente commerciale che da un punto di vista istituzionale. Ma 'Rann' non lo fa. Per un film determinato a investigare sui media, la poca cura riservata all'argomento è inquietante. Sembra più una gangster story, e mi preoccupa che questa stupidità venga percepita come verità. Sudeep è involontariamente umoristico. Bachchan, dignitoso e signorile come sempre, sembra più una guida spirituale che un giornalista televisivo, e regala un commovente monologo che poteva esserci offerto anche senza il corredo della pellicola. Varma si è limitato a valorizzare i lavori di Madhur Bhandarkar con inquadrature migliori (e con Bachchan, ovviamente).
Mayank Shekhar, 29.01.10
RA.ONE: **
Lo scopo del supereroe G.One non è salvare il mondo, e quello del suo antagonista Ra.One non è distruggerlo. Le ragioni che li spingono ad agire rimangono approssimative o troppo tiepide per giustificare le loro azioni. Ra.One in larga parte non sembra affatto un film che narra le vicende di un supereroe. E' più una ricetta bollywoodiana bizzarramente realizzata per compiacere tutti: un pizzico di romanticismo, della commedia alla Salman Khan, del narcisismo alla Shah Rukh Khan. Ma gli appassionati di queste cose forse rimarranno delusi. Gli spettatori riempiranno le sale cinematografiche per due ragioni principali: Shah Rukh Khan (che non risulta convincente nel ruolo di Subramaniam) e gli effetti speciali. Nessuna sorpresa: in Ra.One ci sono entrambi e in grande misura. L'impegno si merita pieni voti, e si sapeva. Dopo un anno di promozione incessante e di aspettative, il pubblico desidera verificare se la pellicola valga tutto quel clamore. Guardate Ra.One: il chiasso era necessario...
Mayank Shekhar, 26.10.11
READY: **
Ready rappresenta l'impero culturale, trito, da popcorn, di Re Salman. Mi trovo in un cinema tradizionale a sala singola, e il pubblico esulta producendo una folle cacofonia che potrebbe intimidire i non iniziati. Riesco a malapena a sentire me stesso. Fra le sequenze d'azione, le battute secche, le canzoni, le entrate in scena di Salman Khan - quasi tutte al rallentatore -, qualunque altra cosa si possa avvertire di questo film a prova di critico è di interesse puramente accademico. Non è difficile riconoscere la firma di Anees Bazmee. Il soggetto e la sensibilità derivano da una pellicola telugu. Negli anni ottanta i grandi successi bollywoodiani erano realizzati così, anche se non ambientati all'estero. Salman Khan è al momento la star non del sud più simile a Rajinikanth. Non recita una parte: è il personaggio a recitare Salman. Spesso l'attore neanche si preoccupa di sincronizzare il movimento delle labbra alle battute, si guarda intorno in modo disinteressato, oppure punta dritto all'obiettivo (che sembra apprezzare tantissimo la sua informalità). Ma la celebrità è ciclica. Ne sa qualcosa al riguardo Akshay Kumar che sperimentò una simile inesplicabile ascesa nel 2007 (Bhagam Bhag, Bhool Bhulaiyaa, Namastey London, Welcome), e in seguito, per le stesse sconosciute ragioni, la fortuna lo abbandonò (Tashan, Chandni Chowk To China, Kambakkht Ishq, Blue, Tees Maar Khan, Khatta Meetha...). Il rigenerato masala di Salman (Wanted, Dabangg) costituisce ancora una novità, e la star è qui in questa monosala a dire ciao al suo pubblico, quel bacino di spettatori per i quali è lui il solo King Khan. I fischi di apprezzamento, i boati, le grida sono senza fine. E' difficile descrivere il caos. Si tratta di un'esperienza pop-culturale, e ne vale del tutto la pena. Ma sfortunatamente c'è anche un intero film da vedere, e il collo mi duole.
Mayank Shekhar, 03.06.11
RED ALERT: **
Red alert è ambientato nell'area sottosviluppata e arrabbiata delle foreste dell'Andhra Pradesh, uno dei tanti focolai di guerra civile tuttora in atto meglio nota come movimento naxalita, una guerra che ha tenuto ostaggio un terzo del Paese con attentati e violenze continue aggravando un problema che professa di risolvere. Il tema merita di sicuro un film, e un maggior numero di inchieste e di indagini. Ma non è possibile non prendere posizione. Hazaar Chaurasi Ki Maa (1998) di Govind Nihalani si mostrò solidale col movimento naxalita alla sua nascita nel Bengala. Hazaaron Khwaishein Aisi (2005) di Sudhir Mishra sfiorò in modo benevolo l'argomento delle sue origini negli anni settanta. In Red Alert la camera ci regala una panoramica delle località, ma la visione del problema è marginale e manca completamente un punto di vista. Il complesso soggetto costituisce il solo merito della pellicola, e nel contempo il suo fallimento. Red alert smorza l'aspetto drammatico e non prende posizione. Lo sfondo sembra l'unico scopo. La trama è scheletrica.
Mayank Shekhar, 09.07.10
RIGHT YAAA WRONG: **
Subhash Ghai, lo show-man della Bollywood anni Ottanta, è un famoso regista, un produttore prolifico, oltre che responsabile di una nota scuola di cinema (Whistling Woods) fuori Mumbai. Ma rimane un mistero come Ghai sia riuscito a sprecare i talenti più raffinati. Ricordiamo il famoso episodio riguardante R.D. Burman, allontanato senza preavviso e senza ragione da 'Ram Lakhan' (1989). In tempi più recenti, Ghai ha accettato tutti i brani composti da A.R. Rahman per la colonna sonora di 'Yuvvraaj' tranne 'Jai Ho', vincitore in seguito dell'Oscar. Nagesh Kukunoor è stato un regista impeccabile sino a 'Bombay To Bangkok' (2008). Ashwini Chaudhary offrì un promettente debutto con un buon film, 'Dhoop' (2003), prima di scivolare con 'Good Boy Bad Boy' (2007) prodotto da Ghai. I veterani di prima classe Prakash Jha e Mukul Anand hanno realizzato per Ghai film come 'Rahul' (2001) e 'Trimurti' (1995). Dati i precedenti, bisogna ammettere che la sceneggiatura scelta questa volta da Ghai almeno ha qualche buona idea. RYW è un thriller, sebbene senza enigma: lo spettatore conosce già chi ha commesso l'omicidio. Da un certo punto in poi la storia diventa lunga e trita. RYW sarebbe stato però infinitamente più insopportabile se non avesse offerto degli ottimi interpreti come Irrfan Khan o Konkona Sen Sharma. Di nuovo: che spreco di talenti.
Mayank Shekhar, 12.03.10
ROAD, MOVIE: **
Si nota subito che il regista è alla ricerca di un pubblico 'più bianco' (whiter) e non necessariamente più ampio (wider). Il dubbio diventa realtà e l'India si manifesta nel suo aspetto più pittoresco: il popolo rustico ed esotico, la cruda povertà della campagna priva di legalità, un palazzo di maharaja, il melodramma e le canzoni Bollywoodiane a dare colore. Ma il nocciolo di questo viaggio rimane misteriosamente sconosciuto. Il paesaggio è una vastità inesplicabile alla maniera di Wenders o di Lynch: spopolato, infinito, non-Indiano. Per quanto un perfetto tramonto sia splendido ovunque, si nota comunque il senso fotografico della visione di Benegal, che dirige questo film con cura. Il sottile commento musicale di Michael Brook, specialmente gli strani riff d'apertura tratti dall'album 'Night Song' di Nusrat, regala un tocco di dolcezza. Ciò che si chiede ad una pellicola che tratti soprattutto di cinema locale è una genuina nostalgica passione per Bollywood, ma in 'Road, Movie' si vedono appena degli spezzoni tratti da alcuni film popolari, a favore invece di omaggi alle stelle del muto Harold Lloyd e Buster Keaton, di certo vicini al gusto dei nativi... Come dichiarato dal regista in un'intervista, apparentemente questo sarebbe ancora il modo in cui il 70% degli Indiani guarda i film. Bah. Mi è stato detto che Robert De Niro, che probabilmente non è mai stato in India, ha apprezzato 'Road, Movie'. Ne sono felice.
Mayank Shekhar, 05.03.10
ROAD TO SANGAM: ***
Non viene abbastanza spesso ricordato che Gandhi, il padre della nazione, fu vittima 62 anni fa della pallottola di un fanatico Hindu. Decine di anni dopo, Gandhi e i seguaci del laicismo furono ancor più oltraggiati da un governo che appoggiò la profanazione di una moschea. Alcuni ritengono che la crescita del fondamentalismo Islamico in India fu la risposta a quell'episodio. Comunque sia, i ghetti claustrofobici e isolani, costruiti attorno ad una comunità, alimentano il fanatismo e sono facilmente politicizzabili. I più abbienti ne diventano i patroni naturali. Il senso della nazione non è adeguatamente radicato: la comunità viene prima. Il regista di 'Road To Sangam' entra in questo scenario per aiutarci a capirne le dinamiche. E in modo competente pone l'individuo nel mezzo di grandi conflitti: per l'uomo comune spesso la scelta è fra l'essere ostracizzato o seguire la corrente. La narrazione fluisce in modo appropriato, pur con diversi momenti di auto-indulgenza. Da rimarcare la presenza nel cast di un famoso attore Pachistano, Javed Sheikh, malgrado il film metta in discussione la creazione stessa del Pachistan. Molti artisti hanno preferito non toccare l'argomento del fondamentalismo Islamico per non correre il rischio di essere bollati come islamofobi. Ma le questioni sono importanti e non dovrebbero essere ignorate, così come non dovrebbe essere ignorato 'Road To Sangam'.
Mayank Shekhar, 29.01.10
ROBOT: ***
All'inizio del film, prima del titolo, lo schermo urla, con lettere argentate grandi il doppio, Superstar Rajnikanth. Mi è stato detto che a quel punto in Tamil Nadu avrebbero acceso fuochi d'artifico all'interno della sala, lanciato monete, spaccato noci di cocco, improvvisato rituali religiosi. E probabilmente lo hanno fatto davvero. Rajnikanth è l'approssimazione umana più vicina a Dio: entrambi sono senza età, entrambi chiedono credenti e completa devozione a leggende incontestate. Non si può spiegare Dio. E non si può spiegare Rajnikanth. Essere critici su entrambi significa scatenare una collera estrema. Meglio evitare la blasfemia. Robot è il più costoso blockbuster indiano, e si vede. La misura e gli effetti speciali sono sino ad ora insuperati nel cinema indiano. Il film prende intelligentemente prestiti dalla tradizione hollywoodiana del genere. Robot conduce la Superstar oltre la mitologia. E' solo un po' troppo lungo, ma è puro divertimento.
Mayank Shekhar, 01.10.10
ROCKET SINGH: SALESMAN OF THE YEAR: ***
Ranbir Kapoor è sorprendentemente sincero. La scenografia è realistica e low-budget, aspetto questo molto raro nel nostro cinema. Il personaggio di Harpreet possiede un'affascinante qualità da uomo comune. Lo sceneggiatore (Jaideep Sahni) con occhio perspicace non rabbercia la sua narrazione con opinioni semplicistiche. C'è un ostacolo in ogni scena, e il punto o lo scopo è completamente trasparente. Come 'Chak De! India', anche 'Rocket Singh' racconta di perdenti. Il regista mantiene un sottile minimalismo al punto da offuscare talvolta il richiamo cinematico. Questo è ciò che, in mancanza di una migliore descrizione, viene definito 'film lento'. Inoltre non ci sono canzoni. Di sicuro il tono è basso, ma il ritorno è soddisfacente.
Mayank Shekhar, 12.12.09
ROCK ON !!: ***1/2
Khalid Mohamed, 29.08.08
ROCKSTAR: ***1/2
Rock on!! (2008) è senza dubbio piacevole, ma una sua debolezza consiste nel fatto che il quartetto musicale protagonista del film non è una vera rock band, bensì al massimo un credibile gruppo pop. L'eroe di Rockstar esprime meglio l'atteggiamento da vita spericolata. In India non vi sono rockstar: gli attori ballano e cantano in playback, e non lasciano spazio ad altri personaggi dello show business. Tutti ricorderanno Ranbir Kapoor in Rockstar, e solo alcuni riconosceranno la voce brillante di Mohit Chauhan. Però, in quanto Bollywood hero, per una volta Ranbir merita tutta l'attenzione nazionale. Ranbir è un attore originale, competente, scrupoloso, e si pone nella scia di star bollywoodiane complete quali Aamir Khan o Hrithik Roshan. Rockstar appartiene giustamente a Ranbir. La pellicola affronta il tema della fama, ma è anche una storia d'amore eterno. Come spesso accade nei film focalizzati sul protagonista, i comprimari sono lasciati ai margini. Le tele sono ampie e ricordano il primo Sanjay Leela Bhansali, alcune riprese dall'alto ricordano Mani Ratnam, i dialoghi spiritosi e realistici ricordano Vishal Bhardwaj. Il regista Imtiaz Ali mantiene un tocco personale ed autoriale pur realizzando pellicole commerciali. Fatto raro. Nel modo in cui la narrazione si svolge si intuisce che Rockstar ha subito vari stadi di montaggio e parecchi ripensamenti. Talvolta si notano una certa rappezzatura ed un certo sforzo. Ma è comprensibile considerando la durata del film (quasi tre ore). Verso la fine alcune vicende si concludono in maniera insoddisfacente, però nel complesso Rockstar è coinvolgente. Oh, dimenticavo: questa è la migliore colonna sonora di A.R. Rahman dai tempi di Delhi-6 (inizio 2009). La musica cresce dentro, così come la pellicola.
Mayank Shekhar, 11.11.11
SAHIB BIWI AUR GANGSTER: ***1/2
Randeep Hooda, il raffinato attore protégé di Naseeruddin Shah, possiede un solido talento per la recitazione, sprecato in passato in pellicole di terza classe. Sahib Biwi Aur Gangster gli rende finalmente giustizia. Randeep si rianima con una performance convincente e sicura in un film un po' teatrale e un po' sovraccarico da un punto di vista drammatico. E' la sceneggiatura ad emergere e a mantenere viva l'attenzione del pubblico, con i suoi intrighi e i suoi colpi di scena. Una sceneggiatura che possiede anche logica a sufficienza da non imbarazzare l'intelligenza dello spettatore. Il titolo della pellicola si ricollega a Sahib Bibi Aur Ghulam di Guru Dutt, ma ricorda maggiormente Maqbool di Vishal Bhardwaj, forse per quel senso generale di storia tragica simile a Macbeth, o forse per l'attrice protagonista, Mahie Gill, che assomiglia in modo sfacciato a Tabu (però con metà della sua bravura). SBAG è ammirevolmente ispirato.
Mayank Shekhar, 29.09.11
SANKAT CITY: ***
In 'Sankat City' si narrano cose che accadono solo nei film. Ed è per questo che piace. Mostra una serie di caricature che si incastrano insieme in una trama circolare. Il bello della narrazione è nel modo in cui ciascun personaggio, del tutto privo di rapporti con gli altri, trova la sua strada per entrare ed uscire da questa confusione che gira in tondo. Godetevi lo spettacolo.
Mayank Shekhar, 11.07.09
SARKAR RAJ: **
Khalid Mohamed, 06.06.08
7 KHOON MAAF: ***
Rimarrete incollati allo schermo. Per Priyanka Chopra questo è senza dubbio il ruolo della sua vita. L'attrice - e la maggior parte di 7 Khoon Maaf - vi cattureranno. Vishal Bhardwaj ha diretto, prodotto e scritto il film, oltre a comporne la colonna sonora e il commento musicale, dimostrandosi una volta di più il fautore del Rinascimento del cinema indiano. Il soggetto, le motivazioni dei personaggi principali o lo stato mentale della protagonista, non sono la principale preoccupazione di 7KM. La pellicola è creata unicamente attorno a sequenze forti e d'effetto che avvincono.
Mayank Shekhar, 18.02.11
SHAGIRD: *1/2
I poliziotti sono solo dei criminali in uniforme: i cosiddetti film realistici li rappresentano in questo modo, senza mai chiedersi come davvero funzionino le gerarchie all'interno della polizia. Shagird è insopportabilmente artificioso. La sceneggiatura, sulla carta, può anche aver colpito qualcuno. Ma il regista è indeciso: realizzare una pellicola realistica o limitarsi a stiracchiare qui e là quel poco di realismo infuso nel film. Shagird è rovinato dalla vastità delle sue ambizioni. La politica è l'arte del compromesso, dichiara un personaggio. Lo stesso dovrebbe valere per una pellicola.
Mayank Shekhar, 14.05.11
SHAITAN: ***
Shaitan si ispira a quella new wave popolare e controculturale che alla fine degli anni novanta definì il cinema indipendente, prima in Gran Bretagna (Trainspotting), e poi in America (Tarantino). E quell'estetica è il solo contesto di Shaitan. Il risultato è forse parzialmente pretenzioso, ma rimane in larga parte soddisfacente. Le storie dei protagonisti documentano un viaggio impregnato di annoiato edonismo e di rabbia intensa (ma contro cosa?).
Mayank Shekhar, 10.06.11
SHOR IN THE CITY: ***1/2
Shor in the city è un film dalla consistenza ricca che si offre come un flusso di coscienza. Tutto può accadere a Mumbai, l'indiscussa protagonista di SITC. La camera cattura abilmente la metropoli, regalando quel tipo di estenuante esperienza che gli stranieri in visita a Mumbai spesso (e con gentilezza) definiscono schiacciante. I personaggi sono ispirati. Ciò che si nota in questa pellicola che è in primo luogo un film su una metropoli, è la sua audacia assoluta, la sua verve e il suo umorismo adorabilmente assurdo. SITC è diretto da due registi di basso profilo (Raj Nidimoru e Krishna DK), il cui ultimo lavoro (99) passò inosservato perchè (almeno in apparenza) il pubblico era troppo occupato a seguire il torneo IPL (*) di cricket in tv. La loro filmografia è imbevuta di quello spirito che caratterizzò il miglior cinema indipendente britannico degli anni novanta (Full Monty, Trainspotting, ecc.). Ed è lo stesso spirito che definì i primi lavori di due altri raffinati registi che, come loro, emigrarono dall'Andhra Pradesh a Mumbai: Nagesh Kukunoor e Ram Gopal Varma. Shor o rumore costante è chiaramente l'energia insopprimibile che si respira nell'aria di Mumbai. Se lo stupendo Maximum city di Suketu Mehta fosse un film, sarebbe molto simile a SITC.
(*) Indian Premier League (nota di Cinema Hindi).
Mayank Shekhar, 29.04.11
SIDDHARTH: THE PRISONER **
'Il regista Pryas Gupta imprigiona il monocromatico protagonista in uno stato di trauma permanente. Roy ha lo sguardo tormentato, si esprime a monosillabi, e rimugina rimugina rimugina. Un vero peccato, perchè la pellicola aveva del potenziale per avvincere. Rajat Kapoor offre un'interpretazione seria. Molti personaggi sono realistici. La fotografia funziona. Il tema musicale è interessante, anche se ad un certo punto suona un po' monotono. Il che, in effetti, accade anche al film.'
Shashi Baliga, 27.02.09
SIKANDAR: **
I produttori hanno scritturato gli attori bambini scoperti da Sanjay Leela Bhansali (Ayesha Kapoor in 'Black') e da Karan Johar (Parzan Dastur in 'Kuch Kuch Hota Hai'). Li hanno piazzati al centro del conflitto in Kashmir. Dato il successo commerciale dei loro film precedenti, è dura immaginare i due nel ruolo di ordinari figli di una devastata zona di guerra (a differenza del piccolo Tahaan, protagonista della meravigliosa pellicola dello scorso anno incentrata sullo stesso tema). I due si comportano da adulti in modo irritante. Questi film funzionano perchè il conflitto viene rappresentato attraverso gli occhi dei ragazzi. Il problema viene umanizzato con sottigliezze addolcite e con delicate metafore. 'Sikandar' fallisce perchè la vicenda del giovane protagonista e le sue ambizioni sono solo frettolosamente citate. La pellicola si focalizza sulla politica della regione e su una zoppicante cospirazione. Il punto di vista è totalmente estraneo. Ciò che rimane è poveramente scritto, girato in modo scadente, sul tipo del thriller bollywoodiano esageratamente drammatico. E per favore: spegnete il commento musicale, tanto per cominciare. Grazie.
Mayank Shekhar, 22.08.09
SINGHAM: *1/2
In Singham i produttori sono innanzitutto chiaramente orgogliosi delle sequenze d'azione, per le quali vengono accreditati non solo un direttore ma anche un ideatore: il regista Rohit Shetty. Sarebbe stato un bel gesto menzionare le influenze (vedi Red, con Bruce Willis). Singham sembra da ogni punto di vista un film di altre cinematografie indiane doppiato in hindi, sebbene pieno di cliché in modo da risultare estenuante persino per gli standard del pubblico da monosala del sud dell'India. Il protagonista è un giovane Rajnikanth macho, baffuto, dalla pelle scura, che offre ai suoi subalterni (e paganti) spettatori uno scopo morale, uno sfogo contro malfattori e politici e una completa catarsi. Chi altro, a parte l'eroe di una pellicola desi, potrebbe farlo? E il pubblico si sente vendicato.
Mayank Shekhar, 22.07.11
SINGH IS KINNG: **
Anche se state solo cercando un modo per passare il tempo, questo film non vale comunque la benzina, i popcorn e la Coca-Cola che consumereste.
Khalid Mohamed, 08.08.08
SLUMDOG MILLIONAIRE: *****
Giù i cappelli, i berretti e le parrucche: c'è motivo di ballare per strada. Ecco un capolavoro di bravura tecnica adornata da performance ispirate e dirette con strabiliante empatia. E che soprattutto sfoggia quell'aspetto emotivo che diverte e commuove persino i cuori di pietra. Le caratteristiche della cinematografia di Bombay sono innalzate ad un altro livello, attraverso la struttura non lineare e l'artistica fotografia di Anthony Dod Mantle. Il commento musicale di A.R. Rahman si muove brillantemente e in sincrono con la dinamica di Boyle. Ci sono inevitabilmente implausibilità e omissioni, ma alla fine questi aspetti non incidono, grazie ai tre validi sottotesti presenti nel film. Il primo: c'è luce in fondo al tunnel. Il secondo: la storia d'amore costruita su sogni che deve lottare con gli incubi. E ultimo ma certamente non meno importante, la sottostante corrente di laicismo che rende Jamal e suo fratello Salim accidentali vittime di una rivolta e non vendicatori. Tutte le performance colpiscono, letteralmente, ma il cuore è per i ragazzi che interpretano i protagonisti da piccoli. Sono straordinari, proprio come tutto il resto in 'Slumdog Millionaire'.
Khalid Mohamed, 23.01.09
SORRY BHAI: **
La performance di Shabana Azmi è sempre ispirata, non così quella di Boman Irani. La regia di Onir è sincera; vorremmo che lavorasse su una sceneggiatura più in sintonia con le sue emozioni e con le sue idee.
Khalid Mohamed, 29.11.08
STANLEY KA DABBA: ***
I bambini sono naturalmente spontanei, e dunque nel film non sembra che recitino una parte. Una camera manuale li segue nel corso di un intero anno scolastico. Lo spettatore intuisce dove la storia va a parare, la narrazione risulta un po' piatta, ma non importa. Stanley Ka Dabba nasce da numerosi workshop effettuati durante i fine settimana in una vera scuola di Mumbai. E si vede. Il realismo che traspare dalla pellicola cattura il pubblico in modo caldo e dolce. Gli spettatori portano a casa qualcosa che hanno sperimentato.
Mayank Shekhar, 13.05.11
THE STONEMAN MURDERS: **
Kay Kay Menon ha dimostrato coraggio ad accettare questo ruolo. E' la sua performance quietamente efficace a tenere insieme il film e a renderlo qualcosa di più di una successione ininterrotta di sanguinosi omicidi, vicoli sudici, pietrificati personaggi che vivono per strada e rantolii. Arbaaz Khan è piuttosto imperturbabile. Il regista Manish Gupta, l'eccellente sceneggiatore di 'Sarkar', immette dell'autenticità negli ambienti e nei personaggi, e ci sono parti in cui la pellicola funziona. Ma la narrazione non sempre tiene. E il commento musicale, sebbene interessante, ricorda rumorosamente i film della Factory di Ram Gopal Varma.
Shashi Baliga, 13.02.09
STRAIGHT: **
Forse le intenzioni della regista Balagopalan erano buone, ma 'Straight' offre una visione dell'omosessualità piuttosto priva di tatto. Alcune performance sono gigionesche e dilettantesche, e questo non migliora le cose. Vinay Pathak e Gul Panag regalano credibilità al film con la loro sincerità e con la loro capacità di mostrarsi superiori a situazioni e battute a volte davvero banali. E' una vergogna aver sprecato due attori di quel calibro. Meritano ruoli migliori.
Shashi Baliga, 20.03.09
STRIKER: ***
Abhay Deol, attore giustamente accostato alla neo-Bollywood, ha dichiarato che non è poi così difficile realizzare una pellicola Hindi diversa dalle altre. E' sufficiente che il protagonista non finga di cantare e che non vi siano coreografie. Deol ha ragione. Aggiungerei anche un'ambientazione credibile. Seguendo questa logica 'Striker' è dunque un film diverso, collocato temporalmente dalla fine degli anni Settanta sino al Dicembre 1992 A.C. (Avanti Cellulare), quando Mumbai perse davvero la sua innocenza per rivelare il ventre molle delle divisioni locali, sconosciuto persino ai residenti. Lo Stato fu complice di quel crimine, e la cultura e la politica di Mumbai (o meglio, del Maharashtra) da allora non sono state più le stesse. La pellicola esprime un sentimento simile, anche se in modo latente. Ma non è un semplice prequel alla vicenda di Bhikhu Mhatre, personaggio di 'Satya', anche se potrebbe sembrarlo. La storia parla del coraggio dell'esperienza. Non viene manifestato alcun giudizio, nè definito lo scopo. Ciò può rappresentare un problema per quel tipo di pubblico che ama che gli si spieghi tutto: chi è il personaggio da amare, quello da temere, perchè solidarizzare, quando emozionarsi, eccetera. Sì, 'Striker' è di sicuro un film diverso.
Mayank Shekhar, 05.02.10
TANU WEDS MANU: ***
R. Madhavan e Kangna Ranaut sono entrambi in gran forma. E si prova un certo piacere nell'udire una corretta hindi colloquiale in un film hindi. La premessa della pellicola è sufficientemente originale per un road movie che risulta molto più coinvolgente di What's your raashee? di Ashutosh Gowariker. Il genere romantico è forse il più duro da azzeccare. Le sue coordinate sono ben note. E se un film romantico solletica l'interesse dello spettatore, significa che è persino migliore di quello che sembra. E' il caso di Tanu weds Manu. La pellicola è diversa dal solito, più realistica, e le sfumature lasciano intravvedere un'immaginazione ispirata da parte dello sceneggiatore. Habib Faisal (Do Dooni Char), Rajkumar Gupta (No one killed Jessica), Abhishek Sharma (Tere Bin Laden), Subhash Kapoor (Phas Gaye Re Obama), Vijay Lalwani (Karthik calling Karthik), Anusha Rizvi (Peepli live) e Anand Rai (Tanu weds Manu) rivelano con voce sicura una nuova India in rapida espansione.
Mayank Shekhar, 25.02.11
TASHAN: *
Khalid Mohamed, 25.04.08
TEEN PATTI: *
'Teen Patti' è solo un film privo di senso, anche se illuminato da una fotografia (Aseem Bajaj) molto elegante.
Mayank Shekhar, 26.02.10
TEES MAAR KHAN: *
Akshaye Khanna è esilarante. La trama non può essere presa sul serio, nè nessuno intende farlo, ma per la maggior parte del film non si ride. L'idea di Tees Maar Khan si ispira a Caccia alla volpe (di Vittorio De Sica, pellicola del 1966 con Peter Sellers). E si comprende la necessità di copiare, dal momento che chi ha realizzato TMK ha speso tutto il tempo rimanente solo intorno ad una banale canzone, Sheela Ki Jawani, considerandola l'unica àncora di salvezza. La sceneggiatura è di quelle che il prolifico Priyadarshan avrebbe felicemente plagiato per Natale, scegliendo fra le due dozzine e più di film che ha diretto in meno di un decennio. Con Akshay Kumar come protagonista, ovvio. Lo scalpore non sarebbe stato lo stesso. Perchè non avrebbe gestito sapientemente l'arte di ridurre una pellicola di tre ore in un trailer di un minuto. Ciò basta ad eccitare il pubblico nel primo weekend di programmazione. Ogni sequenza è un rumoroso annuncio. La maggior parte delle gag si sgonfia. Il film è un caos senza fine.
Mayank Shekhar, 24.12.10
TERE BIN LADEN: ***
Mi hanno detto che Karachi possiede una sua versione di yuppie, detti burg. Il protagonista di TBL è appunto un burg. E cosa rara per un film indiano, la storia narrata è davvero ambientata a Karachi. L'ingegnosa sceneggiatura (Abhishek Sharma) in stile burlesco procede a briglia sciolta, meravigliosamente, come un volo selvaggio dell'immaginazione. Lo stupefacente compimento comico è nel suo modo così convincente di scherzare su una tragedia. Cosa desiderare di più basso? Tirate dritti e, privi di sensi di colpa, fatevi una scorta di risate!
(Autore non indicato), 16.07.10
THANKS MAA: **
Le viscere di Mumbai sono sullo schermo per la pubblica visione. Ed è davvero ironico che la capitale mondiale del cinema raramente riveli se stessa nei suoi film. Lo straniero Danny Boyle è riuscito a catturare visivamente il battito della megalopoli meglio di tutti i registi locali messi insieme. Anche le riprese di Kamal sono dignitose. La sua camera regala una panoramica delle macerie, degli abusivi e della sporcizia che conferiscono a Mumbai il suo colore unico. Le inquadrature sono magnificamente crude e realistiche, ma anche monotone. Mentre Boyle con 'Slumdog Millionaire' voleva intrattenere, Kamal intende soprattutto illuminare. Nella sua ossessione per il degrado - pedofilia, incesto, prostituzione - si può avvertire il desiderio del regista di provocare. C'è solo un'osservazione con la quale torni a casa: via i ragazzi dalla strada. Può essere ingiusto aspettarsi che un bambino porti sulle sue deboli spalle il peso di un intero film, ma sono felice che il ragazzo si sia guadagnato un National Award.
Mayank Shekhar, 05.03.10
THANK YOU: *1/2
Il cast di Thank you comprende Akshay Kumar. Quindi potete intuire alcune cose riguardanti la pellicola anche senza averla vista: l'entrata drammatica in scena di Kumar, le sequenze d'azione, l'umorismo insensato, una manciata di canzoni con un numero infinito di ragazze occidentali in bikini, location straniere, ricchezza, grandi case, hotel a cinque stelle, golf, automobili lussuose, yacht in mezzo all'oceano. La storia, ovviamente, è immateriale e già vista. E nel mezzo della baraonda c'è Irrfan Khan, il punto di forza di Thank you e probabilmente il miglior attore indiano da esportazione. Alla prima del film ho udito risate in più di un'occasione. Buono a sapersi. E' meglio che il pubblico apprezzi Thank you, dal momento che realizzarlo è costato un botto.
Mayank Shekhar, 08.04.11
THAT GIRL IN YELLOW BOOTS: **
Kalki Koechlin è un talento straordinario, l'ovvia musa del regista. Il suo personaggio è intrigante. La scenografia e le location sono ispirate e contemporanee in modo intelligente. La sceneggiatura talvolta si compiace nell'essere terra terra, ed è vivificata dal meraviglioso lavoro operato da Rajiv Ravi, il direttore della fotografia. Purtroppo la storia, debole e rigorosamente breve, non si combina bene. Molte domande rimangono senza risposta. Ma il mistero principale viene risolto, e solo allora si intuisce quanto il film sia migliore rispetto al suo scarno spunto. Peccato. Kashyap ultimamente sembra in gran forma. I suoi lavori come produttore includono Aamir, Shaitan, Udaan. Le sue due precedenti fatiche come regista sono state Dev D e Gulaal. In confronto, That girl in yellow boots è rapido, insoddisfacente, meno ambizioso.
Mayank Shekhar, 02.09.11
13B: **
'Se vi piacciono gli horror '13B' è nella norma, soprattutto nel primo tempo: gli attori fanno la loro parte e le inquadrature sono adeguatamente bizzarre. Ma nel secondo tempo il film si trasforma in un festival di urla assordanti. Il climax si basa su noiosi cliché, sangue ovunque e il solito inesorabile tema musicale che annuncia l'incombente minaccia.'
Shashi Baliga, 06.03.09
3 IDIOTS: ***1/2
Le opinioni sono come i blog: ognuno ha le sue. Ma Hirani possiede anche un peculiare senso dell'umorismo, e questo lo avvicina al pubblico con facilità. Con '3 Idiots' Hirani e il suo co-sceneggiatore Abhijat Joshi segnano punti significativi, pur mantenendo la leggerezza di 'Munna Bhai'. Il sistema educativo Indiano è rappresentato come un crudele organismo esaminatore e classista, e non sorprende quindi che persino le migliori istituzioni scolastiche del Paese producano più burocrati al servizio di multinazionali o banche che liberi pensatori. Il messaggio che il film veicola (e che nella vita capiamo sempre tardi) è che alla fine ogni cosa si sistema. Il regista ammette che '3 Idiots' si ispira al massimo per un 5% a 'Un misero 18' di Chetan Bhagat, e per fortuna. La pellicola non rinuncia mai a Bollywood in favore dell'autenticità: mostra alternativamente i suoi alti e bassi emotivi, ha una buona presa sul pubblico, un eroe invincibile, una perfetta consapevolezza di quando scivolare nel sentimentalismo, nelle canzoni o nell'intervallo.
Mayank Shekhar, 24.12.09
TOH BAAT PAKKI: *1/2
Sullo schermo dopo quasi tre anni, Tabu in TBP interpreta il ruolo di un'eccitabile casalinga della classe media. Il film si rivolge al pubblico delle regioni rurali dell'India, agli amanti della Bollywood tradizionale basata sui valori familiari, e agli appassionati delle soap da primetime televisivo (ultimamente meno popolari). Oggi pochissime pellicole sono prodotte in questo modo, e forse è un buon segno. TBP raffigura l'India pittoresca delle cittadine, dove tutti (specialmente le donne) si apostrofano con l'onorifico 'ji'. I ragazzi incontrano le ragazze solo per sposarle, e chiacchierano di hobby e capacità culinarie. L'allestimento è grazioso. La città di Palanpur - accogliente, quieta e ben pianificata - è adeguatamente finta. Il regista non sa cosa fare della trama. Diverse trovate sono prive di senso. Lascerete la sala chiedendovi: 'Tabu: perchè?'.
Mayank Shekhar, 19.02.10
TOONPUR KA SUPERRHERO: **
Toonpur Ka Superrhero dovrebbe essere il primo film indiano d'animazione con la partecipazione di attori (star) in carne e ossa, e dovrebbe costituire la risposta natalizia alla Disney, ma non è abbastanza buono: è al meglio solo un buon tentativo.
Mayank Shekhar, 23.12.10
TUM MILE: **
C'è un certo stile nei modi calmi e sicuri, e una spavalderia tutta sua: ciò rende impossibile non notare la presenza scenica di Emraan Hashmi o il legame che riesce a creare con il pubblico. 'Tum Mile' offre una panoramica di una relazione alle prese con le note pressioni e i noti problemi della vita in comune. La narrazione è semplice, mediamente realistica. Sulle prime si potrebbe giudicare il film molto ben diretto, a dispetto di alcuni errori. Il materiale non è nè forte nè nuovo, ma il regista riesce a disegnare alcuni momenti estremamente efficaci. Ad un certo punto, circa a metà, la storia però si esaurisce, e il passaggio dal romanticismo alla calamità è talmente brusco da spaccare la pellicola in due.
Mayank Shekhar, 14.11.09
TUM MILO TOH SAHI: *1/2
Un attore gigioneggia quando recita in modo eccessivamente emotivo: aggrotta la fronte, rotea gli occhi, gesticola in modo poco disinvolto, grida. Non risponde: reagisce. TMTS è pieno di gigionerie, persino da parte dell'attore bambino, e Sunil Shetty è l'esponente più di successo di questa raffinata arte dell'esagerazione sullo schermo. In TMTS ci sono così tanti personaggi, e tutti con la loro lunga storia, che la testa gira. Ma se si guarda oltre gli aspetti marginali - che costituiscono comunque la maggior parte del film -, la premessa, di cui si è fatto un pasticcio, è piuttosto pertinente. Si dibatte la trascuratezza indiana nel preservare il patrimonio contemporaneo e il carattere della città. La delicatezza del soggetto è certamente toccata dalla sceneggiatura, ma sullo schermo non si avverte. D'altronde tutto cambia. Nana Patekar, però, che all'inizio fatica ad entrare nel ruolo dell'anziano bramino tamil, alla fine torna ad essere il Nana di sempre. Il suo gigioneggiare, credo, è l'unico che ancora funzioni.
Mayank Shekhar, 01.04.10

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