FORCE (2011): *** ½
'Force è un cocktail di azione ad alto voltaggio e brioso romanticismo il cui ritmo non rallenta mai. Un film vecchio stile dalla formula collaudata. Di questi tempi si corteggia il vintage, tornato prepotentemente in voga. Ma Force vanta anche una superba manifattura ed un secondo tempo che sfreccia rapido senza permettere al pubblico di distrarsi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 29 settembre 2011
FROZEN (2009): *** ½
'Ecco un ritorno glorioso all'epoca del cinema in bianco e nero. E sorprendentemente non si sente affatto la mancanza del colore. Al contrario: il film colpisce con la sua opulenza visuale, e di fotogramma in fotogramma si illumina e brilla, catturando la bellezza eterea delle cime himalayane incappucciate di neve. La presenza dell'esercito e la corrente sotterranea di violenza, terrorismo, guerra, sembrano quasi un sacrilegio in quel paesaggio divino in cui la vita si limita a seguire il flusso delle stagioni. Frozen, grazie alla sua scintillante fotografia, è un appuntamento col cinema puro'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 8 maggio 2009
GAME (2011): *
'Un mucchio di colpi di scena di terz'ordine. Inutili inquadrature di uno yacht solitario nel vasto oceano. La direzione artistica punta alla fotografia pubblicitaria e basta'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 1 aprile 2011
GAME (2011): **
'Difficile credere che Game sia prodotto da Farhan Akhtar, che Javed Akhtar abbia scritto i testi dei brani, e che Shankar-Ehsaan-Loy abbiano composto la colonna sonora. Malgrado questi grossi nomi, in Game c'è ben poco da assaporare. Nessuna canzone memorabile. Il film, pur stiloso, difetta d'anima e sostanza. L'aspetto è luccicante, gli scenari esotici, i personaggi ben pettinati ma privi di convinzione. La recitazione di Abhishek Bachchan è confusa, quella di Kangana Ranaut anonima, quella di Boman Irani è una vuota spacconata. Il personaggio di Anupam Kher è marginale, e il debutto di Sarah Jane Dias insignificante. Jimmy Sheirgill e Shahana Goswami rimangono a bocca asciutta a causa di una sceneggiatura che non offre loro nulla e che spesso sconfina nel banale. Game è mediocre e prevedibile'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 31 marzo 2011
GUZAARISH (2010): ***
'Guzaarish si ispira a Mare dentro tanto quanto Black si ispirava ad Anna dei miracoli. Hrithik Roshan, il Jesus Christ Superstar indiano, recita la sua parte sfiorato da ombre rosseggianti, sotto un vasto cielo grigio. Penso sia, in quella fascia d'età, l'attore migliore che abbiamo. Hrithik in Guzaarish punta alla conquista di qualche premio, ma fortunatamente lo sforzo non si vede, lo zelo sì. Aishwarya Rai colpisce più per la sua avvenenza che per la devozione del suo personaggio. Nel film l'estetica sovrasta tutto il resto. L'immaginazione di Sanjay Leela Bhansali è un sogno potente che cambia colore in ogni pellicola. Guzaarish, nei toni del blu scuro, è in larga parte un mix di raffinata coreografia e di grande magia. Le inquadrature sono sensazionali, meravigliose (non la colonna sonora, composta dallo stesso Bhansali, ma è un male minore), però la loro perfezione allontana lo spettatore dall'interiorità dei personaggi. Dovremmo commuoverci per la vicenda narrata in Guzaarish, e questa distanza purtroppo non lo consente. Rimanere ipnotizzati dalla magnificenza del grande schermo non sempre è positivo: all'inizio si viene soverchiati, e alla fine si resta leggermente delusi. Ecco il problema di Guzaarish, che è, sotto altri aspetti, un buon film'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 19 novembre 2010
GUZAARISH (2010): ****
'Guzaarish è una pellicola insolita sotto molti aspetti. Innanzitutto perché è un'opera cinematografica che si avvicina all'arte pura. Il regista Sanjay Leela Bhansali e il direttore della fotografia Sudeep Chatterjee hanno creato un collage di quadri incantevoli. La squisita minuziosa descrizione della routine quotidiana di Sophie è ipnotizzante. Ancora più insolito è lo spirito del film, con la morte in attesa ma con la vita che sprizza e prorompe in ogni fotogramma. Inoltre Guzaarish racconta un'insolita storia d'amore priva di stereotipi: tutto è lasciato non detto, e gli sguardi e le espressioni sopperiscono alle parole. Un applauso a Hrithik Roshan e ad Aishwarya Rai: le performance sono uniformemente buone, comprese quelle del cast di supporto (con una menzione speciale per Shernaz Patel), ma sono Hrithik e Ash a suscitare un'impressione indelebile con la loro interpretazione di due personaggi non convenzionali ed estremamente difficili. Hrithik recita con gli occhi. Ash è un quadro meraviglioso fatto di grazia e di fuoco. Ugualmente degna di nota è la colonna sonora, con la quale Sanjay Leela Bhansali debutta come compositore. Guzaarish non guarda al box office bensì alla gratificazione dei sensi, e ci riesce in ampia misura'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 18 novembre 2010
HISSS (2010, film indo-americano in lingua inglese e hindi): *
'Molti uomini concorderanno: Mallika Sherawat è sexy sino a quando non apre bocca, e per fortuna in Hisss non pronuncia una parola'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 22 ottobre 2010
HISSS (2010, film indo-americano in lingua inglese e hindi): **
'Tutto ciò che Mallika Sherawat fa in Hisss è essere un serpente che si strugge per il suo amante o che inghiotte le sue vittime, oppure che si trasforma in una donna aggirandosi seminuda per la città. Hisss non è né femminista né mitologico, ed ottiene l'effetto contrario a quello desiderato. Mallika attira l'attenzione solo quando cambia pelle per mutarsi da serpente a donna e da donna a serpente. Per il resto, il soggiorno del suo personaggio nel mondo degli esseri umani è un racconto lungo e distratto che pare non portare da nessuna parte. Non meraviglia, quindi, che un attore raffinato come Irrfan Khan si mostri quasi sempre confuso e sembri accendersi solo in compagnia di Divya Dutta. Un film come Hisss avrebbe dovuto colpire per gli effetti speciali, ma la carneficina che il serpente provoca è grottesca, e la trasformazione da seduttrice a rettile è più buffa che coinvolgente'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 22 ottobre 2010
HOUSEFULL (2010): **
'La gag con la scimmia ricalca una scena inclusa nella commedia di Ben Stiller Una notte al museo. La gag con la tigre ricorda Una notte da leoni. La canzone principale riprende, remixandolo, un brano tratto dalla colonna sonora di Laawaris. Suppongo che fare cinema sia anche un'arte culinaria di marinare insieme spezie e sequenze. Partenze di questo tipo - rapide battute per quasi metà film - sono comuni a Bollywood. La storia è accreditata al produttore Sajid Nadiadwala, e, rispetto a quella di Kambakkht Ishq, sembra Quarto potere! Housefull è solo una catena di gag, una barzelletta dietro l'altra, a volte in relazione fra loro, spesso no. Alcune hanno un senso, molte no. Alcune sono prese in prestito, molte non si adattano alla pellicola. Il soggetto di Housefull è scatenare risate: il film di sicuro non cerca l'applauso della critica'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 30 aprile 2010
HOUSEFULL (2010): ***
'Housefull inizia in modo divertente con la quintessenza della recitazione comica di Akshay Kumar: l'umorismo impassibile da sono solo un sempliciotto. Poi il film si diluisce in una parte centrale confusa che frena la commedia, per riprendersi nel secondo tempo. È una comicità grossolana, ma si ride (se non si cercano arte e intelligenza). Akshay e Riteish Deshmukh condividono un'intesa più fra loro che con i personaggi femminili. I ruoli interpretati da Boman Irani e da Lillete Dubey avevano grande potenziale, peccato non siano stati approfonditi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 29 aprile 2010
HUM TUM AUR GHOST (2010): * ½
'Il film è una commedia romantica realizzata male, non divertente, scollegata dalla sceneggiatura. In passato Arshad Warsi ci ha deliziato, ma nel ruolo principale di un NRI [Non Resident Indian] seduttore e alla moda, in un'ambientazione romantica e artificiale, la sua disinvoltura impallidisce'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 26 marzo 2010
HUM TUM AUR GHOST (2010): ** ½
'Non si capisce se il film di debutto di Arshad Warsi in qualità di sceneggiatore e di produttore sia una commedia, una storia romantica o drammatico-soprannaturale, né se abbia altro scopo oltre a quello di intrattenere. La trama e il tenore di HTAG divagano troppo. La pellicola, poco divertente e molto sentimentale, sembra sprecare il suo potenziale comico a favore dell'aspetto drammatico, che però non coinvolge abbastanza. La sintonia Arshad-Boman Irani è scoppiettante, e regala al film vivacità è spirito. Guardatelo per la sua intermittente comicità e per la spontaneità di Arshad Warsi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 26 marzo 2010
I AM (2011): ***
'I Am non è un lungometraggio bensì un insieme di quattro corti non correlati fra loro se non da spunti casuali. Data l'attenzione in costante diminuzione mostrata in generale dal pubblico, questo modo di costruire una pellicola potrebbe essere il futuro... Attraverso ciascun corto lo spettatore può captare il respiro e il suono di Kolkata, del Kashmir, di Bangalore e di Mumbai, tutti luoghi che rappresentano uno scenario indiano in cambiamento. Era da un po' che non ammiravamo Manisha Koirala sul grande schermo, ma ancora una volta capiamo perché Mani Ratnam vide una terrorista suicida (Dil Se) in questa attrice dalla femminilità così intensa. Rahul Bose è incredibilmente disinibito, il che è insolito per un attore indiano famoso. Il regista ha chiaramente voluto narrare conflitti forti e coinvolgenti, grazie anche al contributo di 400 investitori sconosciuti, residenti in 45 città diverse nel mondo. Il mio corto preferito è il primo, quello interpretato da Nandita Das. È teso e vissuto: ancora un passo oltre, e la storia poteva raggiungere quel tipo di sensibilità dall'appeal globale alla Pedro Almodóvar. Ma per ora è sufficiente. Penso, dunque I Am'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 29 aprile 2011
I AM (2011): ****
'Il film è un insieme di quattro storie caratterizzate da un tema comune: la ricerca e l'asserzione dell'identità individuale. Storie adattate con destrezza a numerosi personaggi, e tenute insieme da un filo conduttore: l'appropriazione di spazi privati in una società che ha la tendenza ad usare la tradizione come il bastone più convincente per mantenere tutti in una disturbante conformità. I Am corteggia l'arte di dire no. Le quattro storie sono splendidamente sviluppate. Le protagoniste femminili raccontano quelle più morbide, e Nandita Das e Juhi Chawla creano due figure di donne coraggiose e di spessore. Anurag Kashyap regala un grande cameo. Sanjay Suri è sensibile, sottile e il suo personaggio turba davvero, tanto quanto quello interpretato da Rahul Bose. I Am non è apologetico, e tratta argomenti reali in un'India reale'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 27 aprile 2011
I AM KALAM (2011): ***
'Harsh Mayar si è meritato il National Award. I Am Kalam non è un film moralistico né melodrammatico, bensì una favola intima e dolce che tocca gli argomenti della differenza di classe, della povertà, dell'infanzia e dei sogni, e che non perde mai di vista una narrazione plausibile e coinvolgente. E ciò aiuta. Il protagonista è davvero incantevole, proprio come la pellicola'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 5 agosto 2011
I AM KALAM (2011): *** ½
'I Am Kalam è illuminante, intelligente, attuale e pure piacevole. Soprattutto trabocca di cuore e anima, e tocca lo spettatore col suo semplice messaggio: ogni bambino al mondo ha diritto alle stesse opportunità, specialmente in materia di istruzione. IAK è un film per ragazzi quasi perfetto che si rivolge anche ad un pubblico adulto. La pellicola colpisce in modo particolare per il tono. Malgrado tratti temi seri, vi è un'onnipresente leggerezza a permeare la narrazione. E alla fine è lo spirito di chi non molla del giovane protagonista che torreggia e che crea un commovente ritratto di speranza e coraggio. Il film centra alla grande il suo bersaglio grazie alle interpretazioni realistiche. I due giovani attori sono eccellenti, e Harsh Mayar non ha conquistato il National Award per niente. Altrettanto impressionante è Gulshan Grover, che qui offre, ad oggi, la sua performance più misurata. IAK forse non incendierà il botteghino, ma di certo vi emozionerà. Anche se è stato selezionato in diversi festival, ciò non significa che la pellicola sia destinata ad un pubblico di nicchia'.
The Times of India, 4 agosto 2011
IL MIO NOME È KHAN (2010): vedi MY NAME IS KHAN
I HATE LUV STORYS (2010): ***
'Il regista esordiente Punit Malhotra raccoglie amabilmente tutti i cliché tipici delle storie d'amore bollywoodiane. L'idea è interessante e sviluppata in modo innovativo in un film dentro un film, con una coppia fresca che condivide un'intesa vivace, e con una frizzante colonna sonora. Ma la novità subito si sgonfia a causa di una trama prevedibile, soprattutto nel secondo tempo. Sonam Kapoor è piacevole ma non possiede la gaiezza sorridente di Preity Zinta o la naturale sensualità di Kajol. Comunque l'attrice promette bene e c'è spazio per migliorare. La somiglianza di Imran Khan con lo zio Aamir Khan è troppo evidente per essere ignorata: l'aspetto da ragazzo della porta accanto, lo sforzo di raggiungere la perfezione, la determinazione di sfuggire al convenzionale. Imran ha solo bisogno di una sceneggiatura più adatta per offrirsi al meglio'.
Roshmila Bhattacharya, Hindustan Times, 2 luglio 2010
I HATE LUV STORYS (2010): ***
'Prima di tutto: Imran Khan e Sonam Kapoor formano una coppia interessante. I due condividono una bella intesa, una compatibilità fisica ed un quoziente emotivo ben bilanciato. Complimenti a Imran e a Sonam per la responsabilità di gestire un film che, ancora una volta, da un punto di vista narrativo ha poco di cui vantarsi. IHLS è estremamente semplicistico, non stratificato e del tutto prevedibile. Una pellicola zuccherosa. I dialoghi sono molto ordinari, talvolta sentimentali. La fotografia offre un film visivamente piacevole. La colonna sonora è frizzante e adatta al tenore della pellicola. Quanto alle interpretazioni, sono stilose, non indimenticabili, ma guardabili: ammirate l'espressività e il broncio di Imran, nonché la forma smagliante e la piacevole presenza scenica di Sonam'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 1 luglio 2010
ISHQIYA (2010): *** ½
'Il film è ambientato nel cuore maschile e misogino dell'India, ma è la protagonista femminile a colpire con la potenza del suo personaggio. Vishal Bhardwaj, produttore, compositore della colonna sonora e scrittore dei dialoghi, ha dato voce a quest'India. E Abhishek Chaubey, il regista, ne ha tratto il colore. L'umorismo è completo. Gustatevi il pungente, originale profumo di Ishqiya'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 29 gennaio 2010
ISHQIYA (2010): *** ½
'Ishqiya è una piccola, demenziale black comedy, desi [indiana] nel gergo e nell'ambientazione, ma completamente hollywoodiana quanto a drammaticità. Il regista esordiente Abhishek Chaubey racconta la sua piacevole storia con un brio che perde qualche colpo solo alla fine, altrimenti avrebbe firmato un capolavoro. Le ultime sequenze sono così confuse da lasciare perplessi e in qualche modo insoddisfatti. Per il resto il film è pura delizia, sia in termini di narrazione, con un colpo di scena dopo l'altro, che di interpretazioni, tutte scoppiettanti. Naseeruddin Shah vive e respira il suo personaggio. E Arshad Warsi non è da meno. Vidya Balan merita un altro caloroso applauso. Un trio davvero magico. Ma il quarto protagonista è lo scenario, raffigurato con competenza e vivacità dalla fotografia di Mohana Krishna. La colonna sonora di Vishal Bhardwaj è incantevole. Ishqiya è un divertentissimo fuoco d'artificio'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 28 gennaio 2010
IT'S A WONDERFUL AFTERLIFE (2010, produzione internazionale): **
'Poche attrici indiane possono competere con Shabana Azmi. In quarant'anni ha girato circa 130 pellicole, eclissando la maggior parte delle sue colleghe. Ma ritengo che It's a wonderful afterlife sia uno di quei rari casi in cui Shabana si muove sul set chiedendosi cosa fare di se stessa. È una difficoltà seria per qualunque regista creare una commedia basata sulla figura di un'amorevole madre che si trasforma in un serial killer. Ma ci si chiede se il film non sia stato diretto da due persone diverse. It's a wonderful afterlife è solo un triste B-movie che segretamente spera di acquisire lo status da pellicola di culto. Credo ci voglia del talento di altro tipo per riuscirci'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 7 maggio 2010
IT'S A WONDERFUL AFTERLIFE (2010, produzione internazionale): ** ½
'Questa volta Gurinder Chadha non riesce a raccontare l'esperienza desi di crescere in un Paese straniero, malgrado la storia sia nuovamente ambientata in una famiglia punjabi. Non aspettatevi troppo divertimento: l'umorismo è scarso e la commedia è un po' inquietante. It's a wonderful afterlife è essenzialmente un insieme di occasioni sprecate. Il film tenta di documentare l'esperienza asiatica in Gran Bretagna, ma si limita a sfiorare l'argomento. I personaggi non sono ben sviluppati. Inoltre gli attori non riescono a farsi apprezzare davvero, ed è piuttosto triste se consideriamo che Shabana Azmi poteva infiammare lo schermo se avesse saputo qual era il suo compito: farci ridere o piangere. La colonna sonora è buona, un vibrante mix di bhangra, pop, hip hop e brani inglesi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 6 maggio 2010
JAIL (2009): **
'Accantoniamo per un attimo i personaggi e prendiamo in considerazione il regista, un personaggio egli stesso. La sua filmografia annovera titoli chiari e autoesplicativi. Una settimana sì e una no minaccia di esporre i panni sporchi di un settore o di un altro: l'ambiente ospedaliero, le premiazioni, le aule dei tribunali, il cricket, e simili. Si nota nelle sue pellicole una certa difficoltà nel rappresentare la vita urbana. Forse il regista non è abbastanza capace, o forse ritiene che il pubblico immagini in questo modo gli ambienti da lui descritti. La formula è piuttosto semplice: collochi il protagonista in un inferno rappresentato da uno scenario torbido che è poi il film stesso. Alla fine il protagonista supera una prova. Il pubblico, credulone e con gli occhi spalancati, simpatizza per lui e crede di aver imparato qualcosa di un mondo che prima non conosceva. Il regista passa ad un altro soggetto, ma il modello della storia rimane lo stesso. Jail è di gran lunga migliore delle pellicole più recenti di Madhur Bhandarkar. La differenza chiave dalle precedenti è che il protagonista è un uomo. Ciò che avremmo voluto sapere, come in qualunque altra storia, è qualcosa in più sul protagonista - il suo passato, i suoi conflitti, i suoi sogni infranti. Questo avrebbe potuto grandemente aiutare nell'empatia. Immagino che solo in una cultura cinematografica meno evoluta di quella indiana un film che si limiti ad essere mero scenario possa fregiarsi di realismo'.
Mayank Shekhar, Hindustan Times, 7 novembre 2009
JAIL (2009): *** ½
'Per Madhur Bhandarkar conta solo la realtà e nient'altro che la realtà: il regista è cinematograficamente sposato al realismo. Ancora una volta Bhandarkar crea una tela ben ordita popolata da personaggi che disturbano ed emozionano con le loro miserabili storie. Ma soprattutto il film solleva importanti interrogativi che riguardano l'antiquato sistema legale indiano. In Jail, l'esperienza carceraria trasforma l'individuo in un membro senza volto di un branco. Bhandarkar dissemina il suo canovaccio di agghiaccianti inquadrature traboccanti di parti del corpo: il torace di un uomo proteso verso la testa di un altro, il cui braccio è schiacciato dal piede di un altro, e così via. La catena umana si estende senza fine tanto quanto il lezzo fetido - già, potete quasi sentirne l'odore - che offusca i sensi. Un applauso a Bhandarkar per aver mostrato l'orrore del mondo carcerario senza cadere nella trappola dello stereotipo. Quasi tutti i personaggi hanno un volto umano, a dispetto dei loro crimini, ma il cuore e l'anima di Jail è rappresentato dal personaggio interpretato da Neil Nitin Mukesh. L'attore brilla in una performance piena di forza, passando con elettrizzante energia dallo shock all'orrore alla disperazione e alla speranza. Il primo tempo impiega un po' a carburare, ma il secondo è molto potente. Non perdetelo'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 5 novembre 2009
JASHNN (2009): ***
'Questo duo fratello-sorella non evoca un senso di déjà vu, semplicemente perché le emozioni, le angosce, i conflitti sono reali. La trama è prevedibile, ma Jashnn è una storia raccontata in modo caldo, con toccanti, memorabili momenti di nudo dolore. Il film colpisce di più per il rapporto tra fratello e sorella che per la storia d'amore. Shahana Goswami offre un'altra solida performance. Guardate Jashnn per il suo sapore vintage: ricorda il cinema emotivo e non adulterato di Mahesh Bhatt di non tanto tempo fa'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 17 luglio 2009
JO DOOBA SO PAAR (2011): ***
'In Jo Dooba So Paar vi è una confortante onestà. Ambientato in Bihar, il regista ricrea lo scenario perfetto di un'India la cui gioventù è disorientata a causa della mancanza di opportunità, un'India nella quale la legge e l'ordine sono lontanissimi. L'angoscia provata dal personaggio interpretato da Vinay Pathak stringe il cuore. Quasi tutti gli altri personaggi sono vivi ed emozionanti. Il film rispecchia in modo affascinante l'ambiente della città di provincia, e i suoi eroi sono diversi dal solito. JDSP offre un'esperienza davvero inusuale: non è un prodotto destinato alle masse, ma vi delizierà con l'integrità del suo tono e dei suoi personaggi'.
Nikhat Kazmi, The Times of India, 14 ottobre 2011
Nessun commento:
Posta un commento