KAMBAKKHT ISHQ: *
Sembra che un film possa avere o una superstar o una storia. Raramente entrambe. L'idea centrale è solo Akshay Kumar. Le star di Hollywood sembrano attori minori in sua presenza. Set giganteschi distrutti in ogni scena; yacht di lusso affittati per conversazioni casuali; Sylvester Stallone seccato per un giorno o due; un budget grosso quanto l'economia di una cittadina indiana andato in fumo. Certa gente la recessione se la merita.
Mayank Shekhar, 04.07.09
KAMINEY: ***1/2
Poche storie sono state narrate in modo così esilarante e con un ritmo e dei tagli di sequenze tanto precisi. Forse solo un regista che è anche compositore musicale poteva raggiungere questa perfetta sincronizzazione. Mi ci sono volute 30 colonne sonore per realizzare che il vero successore di R.D. Burman è solo Bhardwaj. E non sorprende che i testi di Gulzar si fondino così bene con le sue melodie. Esiste un cinema definito 'cool' a cui è ancora difficile dare un nome preciso (diverso da 'noir' o da 'neo-realismo'). E' un tipo di cinema in cui la forma è importante quanto la sostanza. L'umorismo regna sovrano. I personaggi sono sia realistici che irreali. Abbondano i riferimenti alla cultura pop. La violenza è comicamente pornografica. Tarantino è considerato Dio. E solo Dio sa quanti figli cinematici legittimi e illegittimi abbia generato per il mondo. 'Kaminey' appartiene a questo cinema. Sebbene le sfumature siano interamente autoctone. La città è Mumbai, in tutto il suo coraggio à la Danny Boyle. L'intrinseca visione della vita è la stessa: i soldi fanno girare il mondo. Impressiona il modo davvero brillante con cui Shahid Kapoor passa da un ruolo all'altro. Il mio unico dubbio dinanzi a questi film è che ad un certo punto comincino a sguazzare troppo nella loro intelligenza e quindi perdano di vista le motivazioni dei personaggi. O, nel caso delle pellicole Hindi, inizino con le spiegazioni. Ma è un male minore. Tuttavia il finale di 'Kaminey' pare non essere all'altezza dell'incredibile corsa.
Mayank Shekhar, 15.08.09
KARTHIK CALLING KARTHIK: ***
KCK di sicuro non segue una formula. E' il tipo di thriller a cui aspira ogni pellicola di genere, Bollywoodiana o ad alto budget, perchè non dimentica di rappresentare sullo schermo persone comuni con cui relazionarsi. L'empatia è la chiave di cui dispone il regista esordiente Lalwani. Akhtar è certamente consapevole della sua recitazione. Non esagera, rimane sotto tono. Ricorda il protagonista dei film Hindi fino a due decadi fa: l'uomo qualunque di classe media. Successivamente solo Rahul Bose incarnò quel personaggio, affiancato oggi da Abhay Deol, Irrfan Khan e da Kay Kay Menon.
Mayank Shekhar, 26.02.10
KHATTA MEETHA: *
Il protagonista blatera, farfuglia, farnetica, gigioneggia: tutto per catturare l'attenzione dello spettatore. I suoi sovraeccitati amici non sono da meno. Le battute vanno ad esaurirsi e la grossolanità non aiuta. Si susseguono prese in giro prive di umorismo in una sceneggiatura (quella di Vellanakalude Nadu, originariamente in lingua malayalam) scritta più di vent'anni fa. Sono davvero poche le cose che uniscono gli indiani, oltre all'analfabetismo e alle pellicole interpretate dalle superstar bollywoodiane, e l'una trae vantaggio dall'altra. Priyadarshan sforna i suoi scervellati remake uno alla settimana. Sembrano tutti uguali: gli attori appaiono a rotazione, le case sono haveli, gli uomini vestono di bianco, la storia è ambientata in mezzo al nulla, le battute si interscambiano. E non si può accusare Akshay Kumar per l'alto compenso (pare la metà del budget del film), perchè la sua presenza procura lavoro ad un'intera schiera di disoccupati: Rajpal Yadav, Johnny Lever, eccetera.
Mayank Shekhar, 23.07.10
KHELEIN HUM JEE JAAN SEY: *1/2
In Khelein Hum Jee Jaan Sey manca un dibattito sull'argomento trattato. La sceneggiatura è blanda e non tiene conto delle implicazioni che la trama pone. Il climax è la sola storia narrata. Il film è fedele al libro di cui è un adattamento (Do and Die: the Chittagong uprising 1930-1934 di Manini Chatterjee). E lo abbiamo capito. Ma Gowariker - al solito super generoso in quanto a montaggio e senza pietà nei confronti dell'intorpidito pubblico - non ne è sicuro: più di due ore e mezza di pellicola richiedono pazienza estrema, non patriottismo, per navigare in quella che sembra una pagina di Wikipedia.
Mayank Shekhar, 03.12.10
KISMAT KONNECTION: **
Khalid Mohamed, 18.07.08
KITES: ***
Kites poteva essere una commedia di truffe o un dramma aggressivo, ma è solo un film massicciamente desi. Solite esagerazioni. Ambientazioni occidentali false, popolate da indiani e da autisti in BMW. L'intenzione è di compiacere il pubblico col masala. La sceneggiatura alterna generi: romanticismo, azione, un po' di commedia, la fuga. In un'intervista Rakesh Roshan, a cui è accreditato il soggetto, ha dichiarato che non poteva credere che la sua idea venisse elaborata sino alla realizzazione di una pellicola di due ore. E si vede. Un insieme di sequenze finemente girate possono spesso nascondere la vacuità di una sceneggiatura. Ha aiutato anche il fatto che il regista è Anurag Basu. Pochi cineasti a Bollywood sanno accendere lo schermo come Basu (Gangster, Life in a metro). Il suo colore preferito è il rosso cupo. Le sue scene preferite sono quelle piovose con una forte illuminazione sullo sfondo, oppure le panoramiche metropolitane dall'alto di una sporgenza. La più grande conquista di Basu in quanto esteta è forse quella di aver reso Emraan Hashmi attraente in Murder. In Kites aiuta largamente di più il fatto che l'attore protagonista sia Hrithik Roshan. Nessun attore hindi si è mai impegnato così tanto per raggiungere lo status di super-star. Il film è in gran parte in inglese. Il protagonista azzarda un accento che è più confuso che americano. La protagonista si esprime in spagnolo, sottotitolato in inglese. Quindi solo una minoranza di pubblico bollywoodiano può capire in modo soddisfacente. Questo aspetto dovrebbe far riflettere i finanziatori e coloro che seguono il box-office. Kites è un'appassionata storia d'amore, o almeno pubblicizzata come tale. Ma nella traduzione si perde molto, e lo spettatore potrebbe giustamente percepire una mancanza di complicità fra i due attori protagonisti. I produttori cercano di sicuro un pubblico internazionale, ma aspirazioni di questo tipo spesso portano guai. Kites non è un classico film straniero, ma un'ambiziosa pellicola bollywoodiana estiva ad alto budget.
Mayank Shekhar, 21.05.10
KNOCK OUT: *1/2
Knock out è un knockoff (*) hollywoodiano, ma il plagio è il minore dei mali. Povero Irrfan Khan! Costretto a rivolgersi al cinema occidentale per partecipare a prodotti più originali!
(*) riproduzione abusiva
Mayank Shekhar, 15.10.10
KUCCH LUV JAISAA: *1/2
Shefali Shah è espressiva in modo impressionante. Parliamo di un'attrice ancora ampiamente sottostimata (Satya, Monsoon wedding, 24 Park avenue). Nel suo ruolo in Kucch Luv Jaisaa, Shefali trasuda vulnerabilità e calore, due aspetti difficili da combinare. Gli altri attori impallidiscono al confronto. La premessa del film è buona, ma sfortunatamente la sceneggiatura di terza classe è soporifera. La relazione fra i due protagonisti della vicenda non offre nulla: è troppo piatta. KLJ è mezzo morto, scritto a metà e probabilmente realizzato a metà.
Mayank Shekhar, 27.05.11
KURBAAN
La sceneggiatura sembra gradevole e c'è dell'onestà nello scopo del film. Però sono solo le parole ad essere politiche. Il tono è quasi sempre quieto, ma alla fine ci si trova dinanzi ad un prodotto che non è nè abbastanza serio e abbastanza realistico da proporre una riflessione sul terrorismo globale, nè abbastanza leggero da intrattenere.
Mayank Shekhar, 21.11.09
LADIES V/S RICKY BAHL: ***
In questo periodo quasi tutti i protagonisti maschili a Bollywood sono costretti, come negli anni cinquanta, a interpretare personaggi e non semplicemente se stessi, quindi una storia che sostenga la pellicola diviene necessaria. Il film non ci spiega le motivazioni del comportamento di Bahl. Lo spettatore vede quanto mostrato sullo schermo: Bahl è single, sembra un solitario, poco interessato da un punto di vista sessuale alle donne a cui si accompagna. Il suo unico scopo sono i soldi per i soldi. Un personaggio di questo tipo era stato gestito molto meglio in un titolo precedente di Yash Raj, Badmaash Company (che presentava però lacune di tipo diverso). La trama ad un certo punto prende una piega irresistibile, e Ladies v/s Ricky Bahl diventa un prodotto impregnato di female power. Parineeti Chopra è spontanea e audace. Ma all'ingresso del personaggio interpretato da Anushka Sharma, come al solito ci si chiede perchè mai una ragazza dovrebbe innamorarsi di un truffatore dichiarato. Qualche messa a punto in più nella sceneggiatura avrebbe giovato. Sfortunatamente l'aspetto commerciale ha la precedenza sulle spiegazioni. LVRB è al peggio una noiosa storia d'amore narrata a metà, e al meglio un film che si lascia guardare senza troppa fatica.
Mayank Shekhar, 09.12.11
LAFANGEY PARINDEY: *1/2
Il tapori esiste più al cinema che nella città che i film vorrebbero rappresentare. Paticamente nessuno a Mumbai si esprime con questo slang da strada creato dagli sceneggiatori (e che ancora funziona a livello umoristico). Neil Nitin Mukesh è sincero. Deepika Padukone è coraggiosa. Lafangey Parindey vorrebbe essere una pellicola sulla danza, ma offre pochi numeri danzati, e la colonna sonora sembra presa in prestito da Rock on!! e da Wake up Sid!. LP vorrebbe anche essere una gangster-story, e una storia di boxe. Non vale la pena indagare oltre. La sovraccarica confusione non finisce qui. Il regista, con Laaga Chunari Mein Daag, tentò di catturare l'attenzione delle casalinghe. Ora mira ad un pubblico giovane.
Mayank Shekhar, 20.08.10
LAHORE: ***
'Lahore' non è la storia di un'ascesa dalla povertà alla ricchezza. E nemmeno una storia di vita sul ring. E' invece una storia di relazioni familiari, di rivalità oltreconfine, di politica nello sport. Una storia d'amore, di sconfitta e di vendetta. Tutto già visto, ma l'ambientazione è nuova per Bollywood: un'arena da kickboxing. E sullo sfondo delle relazioni Indo-Pachistane, il messaggio che emerge è che qualche volta la sconfitta segna un punto a suo favore rispetto alla vittoria, e che la sportività è più importante del nazionalismo. 'Lahore' è uno dei pochissimi veri film a tema sportivo prodotti a Bollywood. Il regista esordiente Sanjay Puran Singh Chauhan gestisce con pieno controllo le sequenze sul ring. I combattimenti, coreografati dall'esperto Tony Leung Siu Hung, residente a Hong Kong, sono credibili e adrenalinici. Sushant Singh nel primo tempo combatte con convincente disinvoltura, ma è il duello di Aanaahad nel climax a regalare alla pellicola il suo momento di gloria. Il titolo può sembrare deliberatamente provocatorio, ma 'Lahore' è piuttosto misurato nel riferirsi ad un Paese vicino col quale l'India ha intessuto una storia di tre guerre. Nessun imbonimento sciovinista. Quindi sorprende la decisione Pachistana di vietare il film.
Roshmila Bhattacharya, 19.03.10
LAMHAA: **
Lamhaa si chiede quanto il Kashmir sia prigioniero degli interessi delle parti coinvolte: la politica locale e internazionale, e il complesso militare-industriale locato a Delhi e a Islamabad. La situazione è opprimente, ma Lamhaa lo è persino di più. Non è facile capire il Kashmir, ed è ancora più dura capire questo film. Lamhaa tocca simultaneamente l'argomento dei 10.000 giovani dispersi in Kashmir, dei pandit che si trasformano in rifugiati nel loro stesso Paese, dei frustrati soldati indiani. La pellicola, nei suoi movimenti e nella sua colonna sonora, adotta un tono di seria urgenza, ma non riesce a rappresentare efficacemente la vastità dei problemi kashmiri. Lamhaa si è spinto troppo oltre e ha fatto il passo più lungo della gamba. I dialoghi prevedono battute banali e ripetitive. Talvolta vale la pena vedere un film per l'autenticità degli scenari, e Lamhaa costituisce un coraggioso esempio perchè girato largamente in Kashmir. Ma questo aspetto non basta per consigliarne la visione.
Mayank Shekhar, 15.07.10
LIVING HOME. THE LIFE AND MUSIC OF INDIAN OCEAN: ***
Il film documenta un fenomeno raro nella storia dello spettacolo popolare indiano e della musica indiana. La nascita di una band nel nostro Paese è interamente un processo di derivazione occidentale. Le colonne sonore bollywoodiane sono l'unico esempio di musica popolare, senza eccezioni. A parte gli Indian Ocean, in voga da 24 anni, e come quartetto da 15. La loro musica non segue un genere definito, e il gruppo non ha un leader: nessun musicista all'interno di esso copre un ruolo prestabilito, nè è limitato nell'uso degli strumenti. Bollywood (con l'eccezione di Black friday di Kashyap) e le etichette musicali hanno sempre ignorato gli Indian Ocean, ed è per questo che l'onestà artistica del gruppo è sopravvissuta.
Mayank Shekhar, 01.04.10
LIFE PARTNER: *1/2
Possiamo effettivamente aspettarci di vedere questa pellicola alla tv. Innanzitutto potremo abbassare il volume, un privilegio di cui il pubblico al cinema sfortunatamente non può godere. Poi potremo anche staccare per farci uno spuntino ogniqualvolta Govinda calchi la scena. In un film con Fardeen Khan, il corpulento stanco Govinda offre il ridicolo ritratto di un Casanova. Sembra una versione al sapore di broccolo di colui che è stato. Quel poco di comico è offerto solo da Tusshar Kapoor: forse non gli è ancora stato riconosciuto merito a sufficienza, ma è sbalorditivo come questo attore si sia costruito una carriera di tutto rispetto da solo, interpretando in modo delizioso il ruolo del perdente nella maggior parte delle pellicole a cui ha partecipato. Fardeen Khan è nella forma da 'No Entry'. Genelia D'Souza è incantevole in modo casual.
Mayank Shekhar, 15.08.09
LITTLE ZIZOU: ***
'Little Zizou' è un po' come gironzolare in una delle case del bastione Parsi di Mumbai: Cusrow Baug. Un eccentrico paesaggio fatto di chiacchiere no-stop e battibecchi bonari. E' un territorio familiare per Sooni Taraporevala. L'atmosfera e i personaggi Parsi sono perfetti e brillano di autenticità quotidiana. Jahan e Iyanah Bativala conquistano giustamente la scena con quella naturalezza che solo i bambini possono mostrare. Ma anche Zenobia Shroff è una delizia, e il resto del cast è accattivante e realistico, con l'eccezione di Ardeshir e Shernaz Patel i cui personaggi mancano di misura. Che abbiate familiarità con i Parsi oppure no, questo film vi scalderà col suo umorismo gentile e col suo appello alla pace.
Shashi Baliga, 14.03.09
LONDON DREAMS: *1/2
'London Dreams' è un film sgradevolmente patriottico. La narrazione è coloniale in modo regressivo. La sceneggiatura è inesistente. Solo le location si salvano. Ajay Devgan interpreta il ruolo dell'innamorato silenzioso e riflessivo che viene piantato in asso. Salman è il personaggio spensierato e vivace. Ed è così che li vuole vedere il pubblico di provincia.
Mayank Shekhar, 31.10.09
LOVE AAJ KAL: ***
Probabilmente questo tipo di relazione semi-informale con un ex partner è una novità nei film Hindi. Saif Ali Khan, al solito, recita la parte del 'Saif à la Hugh Grant', il che è una gran cosa. Non conosco nessuno nell'immaginario popolare che potrebbe interpretare meglio l'adorabile, disinvolto, simpatico Saif. Insieme a Deepika Padukone, mantiene vivo l'interesse dello spettatore. Amerete questa storia d'amore per il suo realismo.
Mayank Shekhar, 01.08.09
LOVE SEX AUR DHOKHA: ***1/2
LSAD offre attori che sembrano non esserlo e immagini ruvide, prive di ornamenti cinematografici. E' un film da 'dogma', il movimento culturale nato in Europa nella metà degli anni Novanta, in risposta alla vacuità e all'artificiosità dei grossi successi commerciali Hollywoodiani. Il Danese Lars von Trier è tuttora il più raffinato esponente: il suo 'Dancer in the Dark' del 2000 dovrebbe essere incluso nella lista dei 50 film migliori di tutti i tempi. Ci sono molti altri esempi validi. In India ricordo il brillante 'Let's Talk' (2002) di Ram Madhvani, che ha segnato il debutto di Boman Irani. Ora aggiungo LSAD, nel quale tutto sembra reale e non solo una rappresentazione degli eventi. Le azioni e le emozioni più primitive sono catturate da una camera digitale portatile e da telecamere a circuito chiuso. LSAD rappresenta efficacemente il ventre molle dell'inquietante e prevenuta classe media Indiana. L'arte tenta di rispecchiare l'umanità. Un film come questo lo fa senza nessuna delicatezza: il minimalismo nella recitazione, nelle riprese, nella direzione artistica si aggiunge all'angosciante premessa, e impartisce il colpo finale. Mi sono sentito abbastanza scosso. Se non fosse stato per il curriculum del regista ('Khosla Ka Ghosla' e 'Oye Lucky! Lucky Oye!'), e per la coraggiosa e inusuale produttrice (Ekta Kapoor), LSAD non sarebbe stato distribuito con la stessa risonanza. E' idealmente quel genere di film che si scopre senza essere gravati da un carico di aspettative. Se qualsiasi pellicola Bollywoodiana senza un protagonista danzereccio e canterino può fregiarsi di essere 'differente', allora LSAD, dal punto di vista dello spettatore, è sicuramente un esperimento.
Mayank Shekhar, 20.03.10
LOVESTORY 2050: *
Khalid Mohamed, 04.07.08
LUCK BY CHANCE: ****
Il film mostra dall'interno 'La Dolce & Gabbana Vita' (*) dello show biz, ambiente falso quanto un Vuitton cinese. La sceneggiatura di Zoya Akhtar è un po' prolissa, ma arricchita dai brillanti dialoghi scritti dal padre (Javed Akhtar) che scatenano frequenti sonore risate. Miracolosamente, tutte le interpretazioni sono realistiche: Dimple Kapadia è eccellente, Rishi Kapoor bravo da morire, Juhi Chawla irresistibile come sempre. Dopo 'Rock On !!', Farhan Akhtar è ancora una volta piacevole e naturale. Konkona Sen Sharma meravigliosamente perfetta.
(*) In Italiano nel testo
Khalid Mohamed, 30.01.09
MAHARATHI: **
Adoriamo Naseeruddin Shah in modo assoluto. Ammiriamo pazzamente Paresh Rawal. Ai tempi eravamo affascinati da Boman Irani. Oggi non sappiamo cosa fare di Om Puri. Dobbiamo dipendere da Neha Dhupia per il ruolo della femme fatale. E non abbiamo nessuna riserva nei confronti di Tara Sharma. Detto ciò, non sappiamo comunque cosa farcene di nessuno di loro in Maharathi. Il film, con la sua atmosfera teatrale, francamente ci induce alla sonnolenza.
Khalid Mohamed, 06.12.08
MAIN AURR MRS. KHANNA
E' un matrimonio bizzarro. Non che ogni matrimonio non lo sia, in qualche misura, ma questo lo è particolarmente. Senza motivo. Non c'è materiale che animi lo schermo o porti avanti la narrazione. E il vuoto viene colmato dalle canzoni. Peraltro nessuna particolarmente originale.
Mayank Shekhar, 16.10.09
MAUSAM: *1/2
Mausam dura circa tre ore, e si prova la sensazione di assistere a più stagioni (mausam) di una serie televisiva. Non si sa bene quando questa epico dramma finirà e se finirà. Si ricorda a malapena com'è iniziato, nei primi anni novanta, e i dettagli sono perfetti, i paesaggi infiniti. Una sorta di alternativa più realistica e calda alle produzioni di Yash Chopra. Il film è promettente, in parte divertente, in parte romantico, in parte poetico, molto bollywoodiano. Pankaj Kapoor sembra aver costruito il suo debutto alla regia con lo stello livello di onestà e convinzione con cui ha creato la sua sottovalutata carriera di attore. Ma un momento: non è trascorsa nemmeno un'ora. Troppo presto per giudicare. I due protagonisti si conoscono appena. Si adocchiano da lontano, costantemente. Pare sia una forma popolare di amore rurale. Si potrebbe supporre che la loro relazione sia contrastata da motivi religiosi, e invece no. Ma non chiedete qual è il problema. Il personaggio maschile non beve, non fuma, non è un donnaiolo. Nel mondo reale un uomo così sarebbe pericoloso. Nella pellicola incarna l'ideale dell'eroe bollywoodiano. Lei, dal canto suo, parla poco, sorride radiosa, sussurra timida. Lei all'improvviso scompare e Mausam si sposta su un altro piano. Sette anni sono trascorsi. Lui conserva ancora la foto di lei nel portafogli. Sono ancora entrambi single. (Datemi un Pringle perchè stanno per lasciarsi di nuovo). Lei telefona ancora dai vecchi apparecchi a disco, scrive lettere. Il film continua. Shahid Kapoor è un mix di Shah Rukh Khan e di Tom Cruise (da Top Gun). Invecchia bene. Ci piacerebbe poterlo dire anche del suo pubblico. Mausam fluttua su un mare di nulla, rovinato dalle sue ambizioni di essere un Via col vento, un Dottor Zivago, un Casablanca. Un'epica storia d'amore che sopravvive attraverso lo scorrere del tempo e della Storia. Un fiume di denaro è stato pompato nelle convinzioni del regista, ma sarebbe stato preferibile scrivere una sceneggiatura con una migliore costruzione drammatica (se non con una trama migliore). Nel frattempo gli equivoci fra i due amanti lontani si moltiplicano. Cambiano numero di cellulare, indirizzo. Siamo ormai nel 2002. E' ora, gente: per l'amor di Dio, apritevi una casella di posta elettronica, dài!
Mayank Shekhar, 23.09.11
MERE BROTHER KI DULHAN: *1/2
Imran Khan in Mere Brother Ki Dulhan si guarda intorno perennemente confuso. Il suo personaggio si trova in una situazione complicata senza necessità, faticosa, zoppicante, solo allo scopo di servire una trama sovra-immaginosa. Ali Zafar è informale e affascinante. Lo so che non dovremmo sempre paragonare il cinema con la realtà, ma nemmeno film come questi dovrebbero trattare di alieni, cosa che invece MBKD fa. La pellicola è così tirata da tutti i lati che si può vederne lo strappo al centro. Difficile dire se il personaggio interpretato da Katrina Kaif sia incessantemente ribelle o piattamente ritardato, un equilibrio delicato che alcune recenti (ma più godibili) commedie romantiche hanno gestito molto bene (Tanu Weds Manu, Jab We Met).
Mayank Shekhar, 09.09.11
MILENGE MILENGE: *
Milenge Milenge fu girato in anni in cui il compositore della sua colonna sonora, Himesh Reshammiya, contribuì all'inquinamento acustico indiano più di quanto il fumo danneggiò i polmoni umani. I produttori volevano trarre profitto portando sullo schermo la zuccherosa storia d'amore interpretata da due star che, allora, erano fidanzate tra loro anche nella vita reale. E questa era l'unica idea che partorirono per il film.
Mayank Shekhar, 09.07.10
MIRCH: ***
Le quattro storie narrate in Mirch sono concise e ricordano le produzioni teatrali e il cinema d'autore europeo di un tempo. Gli attori sono bravi. Il film è nell'insieme semplice e divertente.
Mayank Shekhar, 17.12.10
MOD: *1/2
Il protagonista maschile di Mod nella maggior parte delle culture sarebbe considerato quel tipo di molestatore ossessivo che fa rabbrividire le donne. Ma nel film è difficile decretare chi, fra la ragazza e il ragazzo, sia lo psicopatico peggiore. Il loro è un mondo misterioso. Ayesha Takia è affascinante e diversa in un modo che conforta. L'interpretazione di Tanvi Azmi è calda.
Mayank Shekhar, 15.10.11
MOHANDAS
Forse pochi sanno che Mazhar Kamran è stato uno dei direttori della fotografia di 'Satya' di Ram Gopal Varma. Kamran come regista non enfatizza la fotografia di 'Mohandas'. Anche il ritmo e il montaggio sono allentati. Pochi film sono riusciti a catturare in modo così semplice la sonnolenza, l'aspetto e i rumori di una cittadina Indiana. Ed un numero ancora inferiore di pellicole ha mostrato un'empatia così tenace ai temi Kafkiani senza essere violentemente eccessiva.
Mayank Shekhar, 05.09.09
MURDER 2: *
Murder era un film semi-erotico strutturato in modo coerente ed esteticamente infiammato. Ma qual è la connessione con Murder 2? Proprio nessuna. Se Murder 2 ne è il sequel, allora ogni titolo interpretato da Emraan Hashmi e prodotto dai Bhatt costituisce la seconda parte del titolo precedentemente realizzato insieme. Murder 2 si ispira al film coreano The chaser di Hong-jin Na: la premessa è identica.
Mayank Shekhar, 08.07.11
MY FRIEND PINTO: ***
Vi è una qualità viscerale nella presenza scenica di Prateik Babbar, forse non sufficiente a sostenere un intero film, ma comunque irresistibile. Una borsa piena di denaro, la mafia, una notte nella quale tutto si capovolge: motivi comuni nei thriller e nelle commedie noir. My friend Pinto non fa eccezione. Forse però succedono troppe cose troppo irreali, non vi sono pause e diverse sequenze sembrano insipide. MFP è coinvolgente quando cattura il caos relativamente addolcito dei quartieri meridionali di Bombay, una città vera. Ma la pellicola perde slancio quando questo aspetto si alterna con l'eccessiva artisticità dei set che ritraggono gli interni. Anche il musical è stereotipato. Stiamo vivendo tempi interessanti. Voci diverse. Volti nuovi. Ancora Bollywood. In MFP la materia sembra essere parecchio migliore del film, tuttavia la pellicola non delude troppo.
Mayank Shekhar, 14.10.11
MY NAME IS ANTHONY GONSALVES: **
Lo sviluppo della storia è noioso, così come la colonna sonora e la regia. Quanto al cast, Pawan Malhotra è di prima classe. L'esordiente Dwivedi è appena tollerabile, come tutto il resto di questo 'My name Is Ecc. Ecczz zzz zzz'.
Khalid Mohamed, 11.01.08
MY NAME IS KHAN: ***
Questa è forse una delle rare occasioni in cui Shah Rukh Khan si è sforzato di non interpretare se stesso (altre eccezioni: 'Swades' e 'Chak De! India'). Non è un buon biglietto da visita per una carriera formata da circa 60 film. Le abitudini sono dure a morire. E' difficile percepire Shah Rukh Khan come il personaggio che interpreta. E' più una super-star, unica, che un attore (a differenza di Amitabh Bachchan e di Aamir Khan che sono una combinazione fra i due aspetti). 'Forrest Gump' nell'intenzione, 'Rain Man' nell'approccio, lievemente Bollywoodiano, più a fuoco rispetto a 'Kurbaan' (prodotto da Karan Johar e di argomento simile), si avverte dell'onestà nello scopo della pellicola. MNIK esprime bene il concetto che si prova minor empatia per un problema che non si è mai dovuto affrontare, che i pregiudizi sono insiti nel nostro DNA, e che gli Americani non fanno eccezione. Lo Shiv Sena nel suo settarismo è stato generoso a prendersela con la superstar Musulmana laica prima della distribuzione del film: ora sappiamo bene chi sono gli eroi negativi di MNIK, potrebbero essere proprio al di fuori del cinema. E hanno reso la pellicola ancor più importante proprio per l'argomento che tratta.
Mayank Shekhar, 11.02.10
NEW YORK: ***1/2
Irrfan Khan in 'New York' interpreta un agente musulmano dell'FBI. La sua calma e la sua studiata spavalderia riportano al tempismo drammatico di Al Pacino. I tre attori principali (Neal, John e Katrina) meritano una menzione per le loro performance piacevolmente sincere, soprattutto quella di Katrina. Tutti i personaggi sono plasmati sugli interpreti in modo naturale e soddisfacente, o quantomeno le caratteristiche degli attori sono scivolate nella sceneggiatura. E questo aiuta. NY dichiara che il complesso di persecuzione provato dai Musulmani e dai cittadini di pelle scura durante la Presidenza Bush fu tutto sommato esagerato. Ma la persecuzione stessa fu assolutamente reale. E' una presa di posizione neutrale e priva della solita retorica. Anche la pellicola di debutto come regista di Kabir Khan, 'Kabul Express' - una visione dall'interno e dall'esterno dell'Afghanistan post-11 Settembre -, fu un raro esempio di film bollywoodiano che informava, irritava e intratteneva. Sono pellicole mainstream come queste, intelligenti in modo piacevole, che possono cambiare una cinematografia dall'interno.
Mayank Shekhar, 27.06.09
99: **1/2
Il film fa fatica a decollare. Si ravviva nel secondo tempo per poi rallentare di nuovo verso il climax. La storia non è nuova ma è contraddistinta da una narrazione e da un cast briosi. Boman Irani anima l'azione con le sue espressioni afflitte e il suo impassibile umorismo. Ma la sorpresa della pellicola è Amit Mistry in un ruolo sfumato di grigio: uno spasso. Il montaggio è irregolare. '99' non è un brutto film: abbiamo visto di peggio. Ma non è nemmeno un buon film: abbiamo visto di meglio.
Roshmila Bhattacharya, 16.05.09
NO ONE KILLED JESSICA: ***
Vidya Balan è splendidamente naturale, però Rani Mukherjee sembra inadatta al ruolo. La location è New Delhi, una città che è nello stesso tempo urbana nell'aspetto e nelle infrastrutture, e feudalmente rurale nell'arrogante mentalità basata sullo sfoggio delle amicizie influenti. Può un film in un paio d'ore raccontare la verità su un fatto di cronaca? Forse no. Ma può rappresentarlo in modo avvincente. Ed è quello che fa il bravo regista e sceneggiatore Rajkumar Gupta. La narrazione è coinvolgente, la colonna sonora (Amit Trivedi) è edificante, la sceneggiatura ben tirata (si concede qualche scivolone solo verso la fine). Studiando No one killed Jessica con attenzione, si nota che la storia sembra più significativa sullo schermo che sulla carta. I fatti di cronaca nera narrati dai tabloid acquistano un'improvvisa rilevanza nazionale se illustrano i tempi in cui viviamo. L'effetto è terapeutico, le opinioni convergono. Il pubblico è insolitamente carico e vuole di più. E qui entra in scena il cinema. Questa è la terza pellicola basata sul caso di Jessica. La seconda è stata Halla Bol di Rajkumar Santoshi, seriosamente esagerata. E la prima è stata, ovviamente, quella andata in onda in diretta sui canali televisivi nazionali nel 2006, con Rang De Basanti come colonna sonora. NOKJ è importante per il modo in cui è stato realizzato, ed è un film da guardare.
Mayank Shekhar, 07.01.11
NO PROBLEM: *
Perchè desiderare un film esilarante quando si è dinanzi ad un film delirante? Si ritiene che solo le star attirino le folle al cinema, quindi per No problem ne sono state ingaggiate parecchie. Lo scopo è chiaro: assicurarsi incassi cospicui. Nessun bisogno di raccontare una storia divertente.
Mayank Shekhar, 11.12.10
NOT A LOVE STORY: **
Ad alcuni le immagini in movimento causano una genuina emicrania. O almeno quelle contenute in Not a love story potrebbero farlo. La camera oscilla alla velocità della luce e la testa gira. Vi sono film di serie A, perlopiù determinati dalla popolarità delle star presenti nel cast, e quindi dal budget. E vi sono film di serie B, adorabilmente di cattivo gusto. Negli ultimi anni i lavori di Ram Gopal Varma si sono meritati una categoria del tutto propria. Dai tempi di Sarkar Raj (2008), NALS è la prima pellicola di Varma tratta da una sceneggiatura o comunque da un soggetto accattivante. E la location è il cuore della capitale pop-culturale indiana: la repubblica semi-indipendente di Andheri (*). La vicenda si basa sul sensazionale caso di omicidio di Neeraj Grover (2008), di cui anche i media in lingua inglese si occuparono principalmente per due ragioni (nessuna delle quali aveva a che fare con un cadavere in una borsa di plastica: un altro corpo è stato rinvenuto nelle medesime condizioni la mattina prima della distribuzione di NALS senza che il ritrovamento abbia eccitato i giornali di Mumbai). La prima: il contesto. La donna (Maria Susairaj) era un'aspirante attrice e l'uomo assassinato un funzionario di una casa di produzione. Poche professioni generano tanta curiosità nel pubblico quanto quelle correlate allo spettacolo, alla polizia e alla politica. La seconda: i dettagli macabri. Si presume che la donna e il suo fidanzato (Emile Jerome) consumarono un rapporto sessuale subito dopo aver commesso il crimine, nello stesso appartamento. Varma ha dunque raccolto un buon soggetto, e riesce a catturare l'attenzione dello spettatore. L'ambientazione è realistica. L'omicidio, narrato nel primo tempo, viene giustamente rappresentato con considerevole misura. Ma in seguito il regista sembra confuso su come proseguire, e l'imbarazzo si vede. NALS poteva imbastire una storia sulle procedure di polizia, sull'esempio di Black friday di Anurag Kashyap. Sono stati pubblicati degli estratti dal libro non ancora distribuito di Meenal Baghel, Death in Mumbai, dedicato appunto al caso di Neeraj Grover, nel quale l'autrice descrive l'insolita calma mostrata in pubblico da Maria ed Emile dopo l'omicidio. In NALS Zakir Hussain interpreta il ruolo dell'astuto ispettore capo, e la sua performance regala la parte migliore del film. Poi, improvvisamente, i due amanti vengono trascinati in tribunale. I genitori del defunto appaiono come personaggi irrilevanti. NALS non scava in profondità nè nei giovani protagonisti che inseguono un sogno nel mondo dello spettacolo, nè nelle raggelanti procedure di un infame caso di polizia, ma si limita a rappresentare il dramma così come riportato dai tabloid scandalistici. La narrazione è prevedibilmente lineare. Uno spreco. Consiglierei piuttosto di leggere il testo di Meenal Baghel.
(*) Andheri è un sobborgo di Mumbai (nota di Cinema Hindi).
Mayank Shekhar, 19.08.11
ONCE UPON A TIME IN MUMBAAI: ***
Pochi attori sanno gestire una sicurezza e una sobria spavalderia, e comunicano così tanto con lo sguardo restando in silenzio. E' un'arte che Amitabh Bachchan perfezionò col personaggio dell'angry young man. Possiamo affermare che Ajay Devgan è il suo buon successore. Milan Luthria ricrea in modo corretto gli anni settanta, e non per le basse angolazioni delle riprese, gli strani disegni sulle costose camicie di nylon, e per l'uso degli strumenti a fiato nel commento musicale, ma soprattutto per il gusto del grande schermo, e per il ritorno a dialoghi tersi e intelligenti. Un po' di Salim-Javed e un intero lotto del primo Ram Gopal Varma. Entrambi non sono facili da bilanciare, ma questo è uno dei migliori tentativi che abbia visto da lungo tempo.
Mayank Shekhar, 29.07.10
OYE LUCKY! LUCKY OYE!: ***1/2
Verso la fine la regia perde vigore e la sceneggiatura diventa prevedibile. Paresh Rawal è straordinario. Abhay Deol sfoggia giubbetti in pelle finta e uno stile che in passato avrebbero creato qualche complesso ad Amitabh Bachchan. Questo attore conosce il fatto suo e rende giustizia ad un ruolo splendido.
Khalid Mohamed, 29.11.08
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