30 novembre 2011

ADAMINTE MAKAN ABU



Il film che ha conquistato festival nazionali e internazionali, National Awards ed è stato selezionato a rappresentare l’India alla prossima edizione dei Premi Oscar, si apre e si chiude in soli 105 minuti e nasce dalla creatività di un agente di viaggi che sogna il cinema, un regista debuttante che ha aspettato con pazienza il momento giusto, e i fondi, per ridare vita alle sue ambizioni. A giudicare dai tanti riconoscimenti tempestivamente ricevuti (e dai pareri pressoché unanimi dei critici) si tratta di un ingresso trionfale.

TRAMA
Abu (Salim Kumar) e la moglie Aishumma (Zarina Wahab) sono anziani e vivono da soli nella loro casa in periferia, il figlio Sattar dopo aver lasciato il Kerala per inseguire una brillante carriera a Dubai è scomparso dalle loro vite dimenticandoli completamente. Pur essendo amareggiati dalla nostalgia e dalla mancanza di mezzi economici, i due continuano a sognare di poter partire per il pellegrinaggio a La Mecca e realizzare così il loro più grande desiderio.

Albe e tramonti nella campagna, autobus congestionati nei parcheggi delle città, le lunghe attese di Abu, uomo dagli occhi vitrei e dalla pelle scura,  venditore ambulante di essenze e libri sacri ormai stanco di camminare accompagnato dal suo ombrello e dalla valigia di prodotti, le ansie e le paure di Aishu, la moglie che non ha mai smesso di preoccuparsi quando lui tarda anche solo un’ora nel tornare a casa. La vita dei protagonisti è scandita dai ritmi regolari della preghiera, si perde il senso del tempo, le notti e i giorni si assomigliano.
Abu e Aishu condividono un rapporto profondissimo che negli anni non ha fatto che consolidarsi, i due sono stati fedeli compagni, sono invecchiati insieme e continuano a dividere le emozioni, le insonnie, lo stesso entusiasmo, gli stessi sogni. Li unisce ancora una volta il pensiero di poter coronare le proprie vite intraprendendo Il Viaggio della Fede. Per portare avanti una nobile causa i due sono costretti a passare attraverso i cavilli della burocrazia, pagare mazzette per veder confermato il passaporto e vendere la mucca e il vitello a cui erano affezionati, le necessità materiali iniziano a scontrarsi con la motivazione spirituale e l’ansia di riuscire a partire li spinge a decisioni sbagliate. Il crescere delle aspettative della coppia ci mostra come sognando qualcosa così tanto si finisca per venir assorbiti dal desiderio, recarsi a La Mecca diviene un’esigenza interiore ma anche un evento capace di completare la loro esistenza, un progetto che li stringe l’uno all’altra, una forza che aiuta a non sentire il dolore o la nostalgia del passato. Piccoli gesti d’affetto rivelano che l’unione tra i due non si è indurita con il passare degli anni ma ha mantenuto la tenerezza, la  spontaneità giovanile. Superare insieme le delusioni diviene meno amaro, lottare  per lo stesso obiettivo una gioia ancora più grande.
Mentre due villaggi si contendono la salma di un uomo virtuoso appena scomparso Abu va a ricercare l’anima del suo amico nei luoghi che lui amava e nei quali si sentiva più vicino a se stesso, il ricordo e lo spirito di Ustad accarezzano le spighe del grano che ondeggiano al vento quasi a suggerire che la presenza del divino può trovarsi in ogni luogo e in ogni cosa. Il film svolta poi verso una strada alquanto fatalista, leggendo i segnali che gli provengono dal mondo esterno il protagonista cerca di capire se è  predestinato o meno a realizzare il suo sogno. Gli eventi e la natura incitano nuove azioni o mettono in guardia rispetto a inaspettati o spiacevoli eventi futuri. Le immagini infondono vita nel paesaggio, nei campi e nelle piante, le tonalità fredde e l’uso ricorrente dei long shots catturano nella pellicola l’intensità della solitudine.Frustrati dal mancato raggiungimento della quota richiesta dall’agenzia i due scelgono di abbattere l’albero che fa ombra alla loro casa per ricavare denaro dal legno; non riuscendo a preservare una vita che doveva essere protetta Abu sente di aver compiuto un’azione sbagliata al fine di raggiungere uno scopo personale.
Adaminte Makan Abu sotto la sua atmosfera pacata nasconde una frenesia espressiva e un brulicare di pensieri, non ci si cala nel personaggio ma gli si vorrebbe stare accanto, tendergli la mano. Il film intero sembra il montaggio di una serie di attimi, situazioni che il regista  non spiega ma suggerisce, abbiamo solo pochi secondi per cogliere i significati delle immagini e delle espressioni. I flashback , veloci e non invasivi, non si diramano nella storia ma lanciano sensazioni rapide, frammenti di ricordi sufficienti a ricostruire il passato della coppia o a colmare con la propria immaginazione ciò che non viene mostrato.  E’ stato difficile per Salim Ahmed riuscire a portare avanti questo progetto perchè nessuno era pronto a  finanziare un debuttante che proponeva un film non - commerciale dai temi delicati e inconsueti. La storia si ispira a situazioni reali che il regista ha notato durante la sua esperienza al pubblico, centinaia di persone gli sono passate davanti desiderose di poter ottenere i mezzi per partire. Il film con la sua dolcezza è un antidoto all’islamofobia che ci mostra uno spaccato di vita quotidiana liricamente cantanto e capace di proporre una realtà domestica guidata dalla fede profonda, dall’amore coniugale, dal senso di responsabilità personale e dal rispetto della vita.

Il mio giudizio sul film : ***** 5/5


ANNO : 2011

LINGUA : Malayalam

TRADUZIONE DEL TITOLO : Abu figlio di Adamo

REGIA : Salim Ahmed


CAST
Salim Kumar ………………………. Abu
Zarina Wahab …………………….. Aishumma
Tampy Antony …………………. Ustad
Suraj Venharammud ……………………. Hyder
Mukesh ……………………….. l’agente di viaggi


COLONNA SONORA: Ramesh Narayan

PLAYBACK SINGERS : Shankar Mahadevan, Ramesh Narayan, Hariharan, Sujatha, Madhusree Narayan, Srinivas


QUALCOS’ALTRO:

Salim Kumar è un attore prevalentemente attivo nell'industria cinematografica del Kerala e impegnato soprattutto in commedie e ruoli di supporto. Adaminte Makan Abu segna il passaggio dell'artista in una nuova fase della sua carriera. Salim , nato nel 1968, è stato invecchiato da truccatori e costumisti per potersi calare nel personaggio di Abu. La sua performance nel film gli ha regalato il primo National Award, in ex aequo con Dhanush  (Aadukalam).

Zarina Wahab è stato il volto della madre di Rizwan Khan nel film di Karan Johar My Name is Khan / Il mio nome è Khan.

Abu, il protagonista, è un venditore di Ittar, profumi a base non alcolica ricavati dalla lavorazione di petali di fiori (normalmente rosa e gelsomino). I Nizam di Hyderabad furono tra i maggiori estimatori, e diffusori, del prodotto in India.  

Tra i numerosi premi e riconoscimenti attualmente conquistati : National Awards (Best Film, Best Actor, Best Cinematography, Best Background Score) , Kerala State Film Awards (Best Film, Best Actor, Best Screenplay, Best Background Score), Asia Vision Film Awards (Best Outstanding Indian Film, Best Actor).
Articoli di Cinema Hindi sull'assegnazione e premiazione dei National Awards 2011.

Adaminte Makan Abu è stato selezionato dal Film Federation of India per partecipare all'Edizione 2012 dei Premi Oscar nella categoria Miglior Film Straniero. Clicca qui per maggiori info.


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