16 novembre 2011

BOL

Un tuffo a Lollywood (il suffisso mutuato da Hollywood non risparmia nemmeno il cinema pakistano e, questa volta, viene adattato a Lahore, sede dell'industria cinematografica del Pakistan) con Bol.

TRAMA

Zainab (Humaima Malik) è in prigione, colpevole di omicidio. Prima di essere giustiziata chiede di poter raccontare la sua storia. E' la più grande di cinque figlie femmine in una famiglia modestissima di Lahore. Il padre, Hakim Sahib (Manzar Sehbai), è l'unico sostegno, mentre le donne, confinate tra le mura domestiche senza la possibilità di studiare o di rendersi indipendenti, diventano un peso. Quando arriva il tanto desiderato erede maschio, la levatrice confida ad Hakim che il bimbo è ermafrodita.

RECENSIONI

The Times of India ****
Bol racconta i problemi di una famiglia di classe medio-bassa di Lahore: povertà, ortodossia, potere repressivo dettato dal pregiudizio sessuale. Il punto più alto del film è rappresentato dal conflitto fra la figlia maggiore (Humaima Malik) e il padre legato alle tradizioni (Manzar Sehbai). Il regista Shoaib Mansoor sta rapidamente diventando il portabandiera del nuovo cinema pachistano. Aveva già catturato l'attenzione internazionale con Khuda Kay Liye, acclamata diatriba sul fondamentalismo e sul razzismo in un mondo post 11 settembre. Mansoor torna ora con Bol, un altro incisivo atto d'accusa contro la discriminazione sessuale. La pellicola è un tour de force, sia in termini di recitazione che di narrazione. La sceneggiatura è scioccante e ricca di colpi di scena. Humaima Malik è il ritratto perfetto della figlia ribelle che osa discutere col padre e persino adottare misure drastiche per assicurare che la giustizia prevalga. Manzar Sehbai è magnifico nel ruolo del tiranno che tenta disperatamente di preservare l'onore della famiglia nel rispetto di moribonde tradizioni. La forza della caratterizzazione del suo personaggio risiede nel fatto che non diviene mai la quintessenza del villain malgrado il suo comportamento. Va riconosciuto al regista il merito di non aver creato eroi positivi e negativi: il biasimo è destinato alla vecchia mentalità sociale e alla cieca ortodossia. Bol è un film da non perdere: attuale, provocatorio, serio.
Nikhat Kazmi, 01.09.11
La recensione integrale.

Hindustan Time ***1/2
Osservate l'intrattabile vecchio di Lahore rappresentato in Bol. I suoi antenati erano di Lucknow, località con cui egli stesso viene identificato. Può succedere solo in Pakistan, ove gli immigrati post-partizione sono ancora considerati stranieri. Il mestiere del vecchio è antico: prescrivere medicine preparate in casa. I pazienti sono scarsi, i figli da mantenere troppi. E tutte femmine, ormai grandi, non istruite, addomesticate con la forza, impotenti. Mezzo morto, il vecchio spera ancora in un maschio. Il suo intelletto, la sua medioevale visione del mondo, la sua compassione (o la sua mancanza di compassione), sono dettati da una fede cieca solo nella religione. Il vecchio è indubbiamente disprezzabile, eppure vi è qualcosa nel suo personaggio che lo fa emergere: la performance di Manzar Sehbai, che infonde nel ruolo convinzione, nobiltà innata, completa empatia fisica. Difficile immaginare un attore indiano, a parte forse Naseeruddin Shah, che potrebbe fare altrettanto. Il vecchio parla poco e crea una certa aura attorno a sè. E' un uomo, e quindi si ritiene violento per natura. L'unica che ha il coraggio di sfidarlo è la sua primogenita (meravigliosamente interpretata da Humaima Malik), che lo accusa di aver ucciso e non cresciuto otto figli. La metafora è corretta almeno per uno di loro. Il vecchio uccide suo figlio, ormai adulto, senza provare vergogna. Questo è il conflitto centrale nel primo tempo. La vita continua. In Bol ogni tragedia appare come una nuova opportunità da esplorare. Da questo punto di vista la sceneggiatura è strutturata in modo libero, come un romanzo in espansione, un tour de force letterario. Di rado il pubblico viene a conoscenza delle possibilità di un film. Con Bol succede. Forse dipende dal luogo di origine. Per la maggior parte degli indiani il lato apolitico del Pakistan contemporaneo rimane un mistero. Dopo l'indipendenza Lahore sfortunatamente cedette i suoi talentuosi cineasti a Bombay. Bol è un raro prodotto di prima classe che spalanca una finestra sul Paese. Si può osservare da vicino lo stato delle donne pachistane appartenenti alle classi medio-basse. E ricorda molto l'Arabia Saudita. Ritengo sia questa la tragedia generata dalla traiettoria che il Paese prese dopo l'indipendenza o comunque a partire dalla fine degli anni settanta. Si percepisce ancora un legame culturale con l'India, se non altro grazie a Bollywood. Nel film una ragazza prende il nome Meena da Meena Kumari e cita un dialogo indimenticabile tratto da Pakeezah. La storia narrata da Mansoor non è solo un triste uncino che aggancia le miserie del Pakistan. E' triste in generale, ma anche altamente appassionante e avvincente. Bol è di sicuro da consigliare.
Mayank Shekhar, 02.09.11
La recensione integrale.

Diana ****
Uno dei temi centrali di Bol è la sessualità. Nelle società più chiuse e repressive, è vissuta come un tabù e spesso si esprime con atteggiamenti sessuofobici, morbosi, o prevaricatori e violenti.
Hakim Sahib vive nell'arretratezza culturale. Agisce rigidamente secondo il suo credo, in difesa del decoro e della propria onorabilità. I suoi principi, però, lo spingono a comportamenti inaccettabili che ricadono drammaticamente sulla sua famiglia.
Hakim è una figura molto affascinante, interessantissima. E' un uomo che ama i suoi figli.  Un fatto che diventa chiarissimo nella seconda metà della storia, quando il film cresce. Quando Hakim, dopo essersi macchiato, senza esitazioni o pentimenti, del più terribile dei reati, scende a compromessi con la propria fede e accetta un patto ancora più terribile.
E' l'amore di un genitore che non sa amare, l'amore più pericoloso e distruttivo.
Shoaib Mansoor mette in luce con talento, intelligenza e profondità di analisi i danni provocati dall'ottusità religiosa e dall'ignoranza. Un film intenso ed esemplare. Un inno alla libertà.

Il bello:
- Le interpretazioni dei protagonisti. I più bravi: l'eccellente Manzar Sehbai, Humaima Malik, un volto bellissimo ed espressivo, e Shafqat Cheema.

- Il dialogo tra Hakim e Meena: "Non c'è nessun altro uomo che si occupi di loro" dice il vecchio.
"E qui non c'è nessun'altra donna" risponde lei, prostituta e unica fonte di reddito di una famiglia in cui sono tutti uomini.

- L'idea che una giovane donna nonostante sia cresciuta in un clima repressivo possa sviluppare una mentalità moderna, una personalità indipendente e combattiva.

Il brutto:
- Sudhish Kamath, nella sua recensione del 3 settembre 2011, pubblicata su The Hindu, scrive: "nonostante le sue mancanze (i primi e gli ultimi cinque minuti), Bol è una voce coraggiosa dal Pakistan che merita di essere ascoltata".
E' vero, il film è così buono che l'inizio, in particolare, e il finale, che sono più deboli, non risultano all'altezza del resto. Bol non è impeccabile, ma rimane una pellicola ampiamente al di sopra della media.

LA SCHEDA DEL FILM

Cast:
Zainab - Humaima Malik
Hakim Sahib - Manzar Sehbai
Mustafa - Atif Aslam
Meena - Iman Ali
Ayesha - Mahira Khan
Chowdhary - Shafqat Cheema
Suraiya - Zaib Rehman
Saifi - Amr Kashmiri

Scritto e diretto da Shoaib Mansoor

Prodotto da Shoman Productions

Musiche di Shoaib Mansoor, Atif Aslam, Sarmad Ghafoor e Sajjad Ali

Distribuito da  Geo Films e Eros International Ltd.

Anno 2011

CURIOSITA'

- Shoaib Mansoor è il regista del pluripremiato Khuda Kay Liye. Di Bol ha detto: "avendo avuto una vita fortunata, penso spesso ai motivi per cui sentirmi grato. La lista sembra sempre non avere fine, ma invariabilmente finisce con una cosa...che sono nato uomo. Niente al mondo mi spaventa di più del pensiero di essere donna o eunuco in un paese come il Pakistan, dove l'oscurantismo ha radici profonde. E' triste che rivendichiamo, pieni di orgoglio, che i diritti del genere femminile siano garantiti dalla nostra religlione, eppure quando mi guardo intorno, nei paesi musulmani sottosviluppati, in generale, e nel Pakistan, in particolare, trovo che la situazione sia esattamente all'opposto. Tragicamente la nostra interpretazione e l'applicazione della religione sembrano iniziare e finire con le donne. Lasciando da parte il cinque percento di un elite, istruita e che vive in città, le donne sembrano essere il terreno (il campo di battaglia), dove attuare una forma medievale di religione".
L'articolo integrale.

- In Pakistan, Atif Aslam è una famosa star del pop. Ha cantato anche in diversi film bollywoodiani, come Ajab Prem Ki Ghazab Kahani, e persino in un film americano diretto da Ramin Bahrani, Man Push Cart, presentato in prima mondiale a Venezia nel 2005 e vincitore di un Fipresci Critic's Award al London Film Festival 2005. Questo è il suo debutto come attore.
Per Bol ha scritto ed interpretato Aaj Bol Do e Hona Tha Pyaar.
- Questo film ha stabilito un nuovo record d'incassi in Pakistan: è diventato il  più visto durante la prima settimana d'uscita, superando il precedente successo di My Name is Khan.
- Bol sarà proiettato il prossimo dicembre a Firenze nell'ambito del River to River Florence Indian Film Festival 2011. Un'occasione da non perdere!

Il sito ufficiale del film.

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