14 maggio 2024

FIGHTER


Vi anticipo subito che Fighter non regge la seconda visione. Le sequenze aeree sono straordinarie, l'interpretazione di Anil Kapoor è molto credibile, la battaglia personale dell'eroina contro i pregiudizi sessisti è un argomento interessante, e Hrithik Roshan è da rapimento immediato con annessa fuga romantica verso destinazione ignota. Fighter è il lavoro più serio, almeno nelle intenzioni, di Siddharth Anand, regista nato con la commedia, passato poi ai film d'azione - per la cronaca: il suo prodotto migliore rimane la pellicola di debutto, Salaam Namaste. Ma la storia è noiosa, certo l'ambientazione non aiuta; e la pesantissima retorica antipachistana - pesantissima proprio, persino per i tempi che corrono - trasforma il film in un indigeribile pilone di cemento armato conficcato nello stomaco. 
Verrebbe da chiedere al regista cos'abbia contro i pachistani perché Fighter trasuda rancore acido a fiotti. Se non ci si allontana in tempo dallo schermo, si rischia l'accecamento. Ai pachistani, in Fighter, non viene concessa la dignità di essere persone. Non hanno famiglie, non chiacchierano fra loro del più e del meno, non ridono mai (semmai sogghignano in modo sinistro), non cantano, non mangiano, non passeggiano, non cazzeggiano, non dormono, non leggono, non osservano tramonti, non si emozionano - figuriamoci commuoversi. Sono inumani, dallo sguardo perennemente torvo, dagli occhi bistrati, dalla vocalità da basso profondo (tipo brontolio vulcanico); vivono in tane buie e anguste, pensano solo a massacrare gli indiani. L'eroe negativo è ridicolo, con una cornea annegata nel sangue e una psicosi in fase acuta. Compatisco l'attore - cosa non si fa per pagare le rate dell'auto.

TRAMA

Un'organizzazione terroristica vicina ai servizi segreti pachistani progetta un attentato per colpire la base aeronautica indiana a Srinagar. Su suggerimento dei servizi segreti indiani, presso la stessa base viene organizzata una squadra speciale composta da provetti piloti ed elicotteristi. Seguono canti intorno ai falò, innamoramenti e scazzi, missioni, acrobazie, eccetera eccetera.

ASSOLUTAMENTE DA DIMENTICARE

* [Spoiler] Fra le molte cose, sceglierei l'imbarazzante combattimento finale fra Patty e Azhar, a partire dal blocco del piede a mezz'aria - Azhar educatamente attende che Patty reciti il suo invece di strappargli a morsi un orecchio. Del tutto deliranti, farneticanti le battute enunciate da Patty, e India Occupied Pakistan è il culmine dell'idiozia. A cui aggiungere il volo d'angelo verso l'elicottero. Niente. Non manca niente per lasciarmi allibita.

RECENSIONI

Film Companion:
'The action is good, but not good enough to distract from the film's political demons. (...) The narrative swag is compromised by the film's timing. Its sense of fiction is suspended between the writing of history and the rewriting of it. (...) The warmongering, too, keeps contradicting itself. The film insists that its battle is with nationless terrorists and not with the Pakistani people, but threats that use phrases like "India-occupied Pakistan" prove that the distinction is flimsy at best. (...) It is imperative that he [Azhar, l'eroe negativo] is bad enough for Patty [il protagonista] and his gang to justify their "victory is more important than rules" ways. It is also imperative that Azhar becomes a cultural surrogate for Pakistan-but-not-fully-Pakistan. (...) Siddharth Anand has a knack for composing action that treads the line between pulpy and cool. The pre-interval aerial jousts are nicely choreographed (...) but (...) a lot of the combat descends into chaos by the end. It's almost like the movie is trying to be unclear about the events it chooses to remodel. (...) Patty (...) often ends up trivializing the IAF [Indian Air Force] as well as the concept of patriotism. The screenplay aims to deify him so hard that it presents him as an entitled loose cannon who treats the Srinagar base like his backyard. The second half follows a suspended Patty around like a lovesick puppy, relegating the stand-off between two countries and the consequences of his actions to a footnote. His redemption arc is so crowded - he must win over Rocky [il suo superiore], Minni [la protagonista], India, a captive's wife, the audience, a cat (not really) - that the film simply lets him bulldoze his way back into the fold. (...) Deepika Padukone is fine in the 2.5 moments Minni is afforded - her role is almost invisible for a film that treats the supporting cast as token faces (the woman, the Good Muslim, the best friend, the goofy Sikh man). (...) Fighter doesn't allow humans or machines to shine because India is supposed to be its bombastic superstar. (...) When Patty thrashes up the baddie, his agility is not in focus because his sentences are'.
Rahul Desai, 25.01.24

Cinema Hindi: * ½ 
Punto di forza: la figaggine, quella sì disumana, di Hrithik Roshan. Le sequenze in volo.
Punto debole: i dialoghi e la nauseante retorica antipachistana e nazionalista, talmente nauseante da far impallidire d'invidia qualunque altra pellicola di propaganda.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Hrithik Roshan - Patty (nome di battaglia), pilota aeronautico militare
* Deepika Padukone - Minni (nome di battaglia), elicotterista militare
* Anil Kapoor - Rocky (nome di battaglia), superiore di Patty e Minni
* Rishabh Sawhney - Azhar, capo dei terroristi
* Karan Singh Grover - Taj (nome di battaglia), collega di Patty
* Akshay Oberoi - Bash (nome di battaglia), collega di Patty
* Ashutosh Rana (cameo) - padre di Minni

Regia: Siddharth Anand
Sceneggiatura: Ramon Chibb. Preferisco ignorare i nomi di chi ha scritto i dialoghi. 
Colonna sonora: Vishal-Shekhar. Commento musicale Sanchit/Ankit Balhara. Colonna sonora non brutta ma generica. I video dei brani Bekaar Dil e Ishq Jaisa Kuch sono stati girati in Italia.
Fotografia: Satchith Paulose
Montaggio: Aarif Sheikh. Direi un buon lavoro, considerando le numerose sequenze di combattimento in volo.
Anno: 2024

CURIOSITÀ

* Ad oggi, Fighter è il campione d'incassi hindi del 2024. Nella classifica dei film indiani del 2024, si posiziona al secondo posto. Meno male che siamo solo a maggio. Fonte Wikipedia.
* Ramon Chibb è un ex militare. Oltre a firmare la sceneggiatura di Fighter, è uno degli aiutoregisti, e regala anche un cameo nel ruolo del capo istruttore dell'accademia aeronautica.
* Riferimenti al cinema indiano: Uri: The Surgical Strike, Kareena Kapoor, Saif Ali Khan.
* Riferimenti all'Italia: nell'autunno 2023 la troupe era in Sardegna per girare i video dei brani Bekaar Dil e Ishq Jaisa Kuch. Per la lista delle location, articoli e fotografie, vedi Fighter: le riprese in Italia
* Film che trattano lo stesso tema: Operation Valentine (telugu), Uri: The Surgical Strike (infinitamente migliore), Gunjan Saxena. The Kargil Girl (decisamente migliore), Tejas.

GOSSIP & VELENI

* Ad estirpare ogni mia gioia, sembra sia in progetto un secondo capitolo di Fighter. Son già qui a fissar l'abisso. Mi auguro che il regista s'interroghi seriamente sulle sue scelte di vita.
* [Spoiler]:
- comprendo bene la fascinazione nei confronti di Hrithik, ma che all'inizio rimangano tutti lì imbambolati a fissarlo in adorazione, anche meno. Se in War un episodio simile faceva sorridere, qui fa solo ridere (in senso negativo);
- cioè fate il verso ad una battuta di Uri: The Surgical Strike? Sul serio? Ma ascoltatevi i vostri, di dialoghi, che ce n'era di lavoro da fare;
- la poesia di Patty. Bah. Gravame irrespirabile;
- come si regge esattamente Patty fuori dall'elicottero in volo mentre tutto giulivo sventola la bandiera? 
- la coreografia di Bekaar Dil, sequenza girata in Italia, proprio innestata alla cazzo nella narrazione;
- me li immagino, i dirigenti dei servizi segreti pachistani, balbettare impauriti al cospetto di un terrorista qualunque, come no;
- almeno la trita scenetta del pilota finto russo ce la potevano risparmiare. E invece no, infierire a 360 gradi su noi poveri spettatori. Accerchiati e abbattuti;
- ma quanta chiacchiera fra nemici mentre si pilotano quei bolidi volanti. In guerra come dal parrucchiere.
* Penso all'orrore delle guerre, e a quanto siamo scemi noi esseri umani, ma proprio scemi scemi scemi, talmente scemi che una civiltà aliena ci conquisterebbe in un paio di minuti, e talmente scemi che ce lo meriteremmo.  


11 maggio 2024

TIGER 3


Premesso che non mi aspetto miracoli da un film d'azione, devo riconoscere che in Tiger 3 la sceneggiatura e la regia si impegnano a sostenere il prodotto impedendogli di deragliare. C'è una trama che tiene, ci sono diversi gustosi colpi di scena. Viene concesso spazio all'eroina, e all'eroe negativo - che oscilla dall'amabile al malvagio con grande disinvoltura, ma poi sfortunatamente perde fuoco. Sequenze di combattimento (anche al femminile) mai confuse, mai slegate dal contesto, ben concepite e ben dirette, malgrado qualche esagerazione e qualche implausibile acrobazia volante. Soprattutto encomiabile la volontà di rappresentare alcuni personaggi pachistani in modo pacato e credibile, come gente normale e perbene, sfuggendo così alla solita trita equazione pachistano=terrorista/nemico/depositario di ogni immaginabile e inimmaginabile difetto umano/animale/vegetale/eccetera.
La questiona pachistana è però anche il tallone d'Achille di Tiger 3. Un po' troppo l'episodio del tentativo di colpo di Stato militare sventato da un agente segreto indiano, ma fa sorridere - in senso positivo - la motivazione personale non nazionalista (sfumatura non da poco) di Tiger: in Pakistan ci sono i miei suoceri, e anche se non andiamo d'accordo, da bravo genero devo prendermi cura di loro.
Menzione speciale per il folgorante cameo di Pathaan, offerto da un frizzantissimo Shah Rukh Khan, e arricchito da una lunga serie di rocambolesche scene d'azione. Dieci minuti abbondanti di pura delizia - eccessi inclusi. Non vedo l'ora che si concretizzi davvero il progetto annunciato di una pellicola con Tiger e Pathaan insieme sullo schermo dal primo all'ultimo fotogramma (vivo per questo). 

TRAMA

Tiger, agente dei servizi segreti indiani, scopre con dolore che la moglie Zoya, ex agente dei servizi segreti pachistani, sta tramando qualcosa nell'ombra. [Spoiler] Zoya è stata assoldata da Aatish, suo ex collega e istruttore, che ha rapito il figlio della coppia. Tiger decide allora di collaborare al piano criminale, all'insaputa dei suoi superiori e della sua squadra. Ma non tutto fila liscio.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* Il cameo di Shah Rukh Khan, che vale da solo - credetemi - la visione del film.
* L'atmosfera western dell'ingresso in scena di Tiger e l'inseguimento che segue (peccato per il volo d'angelo).
* Il combattimento al femminile nel bagno turco (salviette incollate col silicone?).
* Il combattimento di Tiger nelle cucine. 
* Il combattimento di Zoya nel bunker.

ASSOLUTAMENTE DA DIMENTICARE

* Il travestimento di Tiger in Russia è imbarazzante, ma è ancora più imbarazzante il fatto che Zoya non lo riconosca (ha finto perché si vergognava?).

RECENSIONI

Mid-Day: * ½
'Felt nothing at all, throughout, but for that SRK cameo sequence. (...) This is SRK’s Pathaan, as much rescuing Tiger, from a Pakistani prison, as the audience itself from this film. You also sense in that scene how strikingly fresh/sorted SRK looks in the action genre, post Pathaan, Jawan. Salman Khan, the hero of this franchise, on the other hand, while rugged enough to play Tiger, appears slightly bloated, jaded, even tired, perhaps. (...) The Emraan Hashmi villain wholly fades away after sometime. What you’re left with is a non-stop series of stunts and sceneries, over a totally joyless, humourless starship enterprise. (...) They’ve attempted a supposedly, albeit randomly complex script in a Salman flick! Seriously, why bother?'.
Mayank Shekhar, 12.11.23

Film Companion:
'I like that all the three franchises of the YRF's spy universe are designed to serve their respective superstars. They're built around the heroes - the storytelling not only platforms but also protects their image. War (2019), for example, is an ode to Hrithik Roshan's swag and fluidity; the camera slows down around him, savouring the way he strolls and breathes and looks. Every meta plot point and song becomes a reminder of his physical relevance - of sensuality, even - in a largely asexual genre. Pathaan (2023) is an ode to Shah Rukh Khan's intelligence; the writing savours the way he thinks, plans and absorbs (both pleasure and pain). Every meta moment becomes a reminder of his social and emotional significance in a largely apolitical genre. And Tiger 3 (...) is an ode to the stiff masculinity of the 'original' YRF spy. Given how little a Salman Khan hero moves on screen, the filmmaking is forced to be more kinetic. (...) The camera, co-stars, flying objects and overall narrative must move faster to create an illusion that Tiger is moving. His inertia then gets repositioned as style and (...) artistic minimalism. So every set piece becomes a reminder of his vintage brawn in a largely automated genre. (...) When the inevitable cameo arrives, one star's wit and agility dignifies the other's (...) rigidity. (...) Maneesh Sharma does a slick job of keeping the film busy. The setup is effective. The [villain] (...) gets several hero-entry shots, because he represents the hostility of new-age nationalism. In most films, he'd have been deified for wanting a war. (...) He has the sort of main-character energy that makes for some neat moments. (...) However, this default velocity of the film is also its undoing. The problem with Tiger 3 is that - cool Katrina Kaif and compelling antagonist aside - it doesn't know when to stop moving. In its quest to make Tiger outdo his (franchise) rivals, the film barrels past its muscular identity and tumbles down a familiar valley. One of the remarkable things about the YRF spyverse is that it's based on soldiers who reject conventional notions of patriotism. (...) Each of them goes 'rogue' and operates outside a structure that lets them down. (...) This cocktail of intent and dissent is their superpower. (...) Tiger 3 starts off with the right ideas. (...) But the film's Salman Khan-sized aura means that it's not enough to protect the world from hatred. In this case, it amounts to something more specific: Saving Pakistan from itself. (...) Even if the broader message is fine ('harmony' as envisioned by the House of Yash Raj), the result is patronising. (...) Someone like Tiger doesn't offer help, he imposes help. (...) There's a thin line between heroism uniting two countries and heroism implying that one is incapable of cleaning its own mess - and Tiger 3 keeps crossing that line'.
Rahul Desai, 12.11.23

Cinema Hindi: *** ½ 
Punto di forza: la scelta impopolare di non premere troppo il pedale sul sentimento antipachistano, il superlativo cameo di Shah Rukh Khan, il personaggio di Tiger, le adrenaliniche e fantasiose scene di combattimento, la sceneggiatura (per una pellicola d'intrattenimento puro) che non annoia, la regia sempre piuttosto presente. 
Punto debole: il paternalismo indiano nei confronti del Pakistan (ma sempre meglio dell'ostilità dichiarata), lo sbiadimento graduale dell'eroe negativo.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Salman Khan - Tiger, agente dei servizi segreti
* Katrina Kaif - Zoya, ex agente dei servizi segreti pachistani, moglie di Tiger
* Emraan Hashmi - Aatish, ex agente dei servizi segreti pachistani
* Shah Rukh Khan - Pathaan, collega di Tiger
* Revathi - superiore di Tiger
* Ranvir Shorey (cameo) - Gopi, collega di Tiger

Regia: Maneesh Sharma
Sceneggiatura: Shridhar Raghavan
Colonna sonora: Pritam. Commento musicale Tanuj Tiku. Segnalo il brano Tiger 3 Theme (Tanuj Tiku).
Azione (****): Franz Spilhaus, Se Yeong Oh, Sunil Rodrigues.
Fotografia: Anay Goswamy
Montaggio: Rameshwar S. Bhagat
Anno: 2023

CURIOSITÀ

* Alla fine di Tiger 3, Hrithik Roshan regala un cameo nei panni di Kabir. La sequenza è una sorta di mini presentazione del secondo capitolo di War.
* Riferimenti al cinema indiano: Pathaan, Sholay.
* Riferimenti all'Italia: Tiger menziona il tiramisù.
* Film che trattano lo stesso tema: Ek Tha Tiger, Tiger Zinda Hai, Pathaan, War.

GOSSIP & VELENI

* [Spoiler]:
- Emraan Hashmi in versione sbarbata, all'inizio, è del tutto considerabile (prendo nota);
- non ho capito perché il pediatra è morto;
- nello scontro finale, Aatish spara ripetutamente a Tiger con un mitra a un metro e lo manca. Che mira del cazzo per un agente segreto; 
- le ragazzine pachistane che suonano l'inno nazionale indiano, beh, scena zuccherosissima, però, cosa vi devo dire?, l'ho apprezzata (crocifiggetemi).
* Di tutto lo Spy Universe di Yash Raj Films, alla fine la saga di Tiger è la mia preferita - mi riferisco a Ek Tha Tiger e Tiger 3 -, perché è quella che si prende meno sul serio, anche se il Re in Pathaan è fighissimissimo, e Hrithik Roshan in War di una bellezza da togliere il fiato.
* Solito giretto in Wikipedia. Dunque:
- nella classifica degli incassi 2023 dei film hindi, nelle prime dieci posizioni ben quattro titoli (Jawan primo, Pathaan secondo, Dunki quinto, Tiger 3 sesto), non pesantemente nazionalisti, sono interpretati da superdivi musulmani per nulla progovernativi. Non male;
- nella classifica degli incassi 2023 dei film indiani, nelle prime dieci posizioni idem (Jawan primo, Pathaan secondo, Dunki ottavo, Tiger 3 nono). Non male.
Non commento le altre posizioni sino a quando non vedrò le rispettive pellicole, ma ad oggi posso dire che solo Gadar 2 (quarto hindi e quinto indiano), Adipurush (ottavo hindi) e The Kerala Story (nono hindi) sono smaccatamente di propaganda. Non male. Il 2024 è anno di elezioni politiche in India, temo andrà peggio, ma aspettiamo i numeri finali.

08 maggio 2024

TERI BAATON MEIN AISA ULJHA JIYA


Di lacune ce ne sono, eppure nell'insieme Teri Baaton Mein Aisa Uljha Jiya non mi è dispiaciuto. Il film parte malissimo, con presagi di tormentose sciagure narrative e registiche. Dialoghi forzati e recitazione amatoriale da soap opera, esagerazioni, scenografie inquietanti. Vacillo per un attacco improvviso di agorafobia scatenato da quegli interni vasti come cattedrali. Gli innumerabili, nauseanti pregi dell'eroe mi inducono a vergognarmi del mio mortificante curriculum.
Poi per fortuna entra in scena l'eroina e la pellicola cambia registro. Le interazioni fra i due protagonisti sono speziate, Kriti Sanon adorabile, Shahid Kapoor competente come sempre. L'idea del film è molto intrigante, la sceneggiatura tenta di sostenerla e svilupparla in modo altrettanto intrigante, ma il risultato è di qualità instabile. La sceneggiatura perde spesso fuoco, dimentica l'obiettivo - o forse non lo ha mai avuto. L'argomento permetteva di volare alto. TBMAUJ poteva essere una satira pungente, oppure una riflessione - in tono leggero, certo - sul rapporto fra uomo e tecnologia e su un mucchio di altre cose. Purtroppo difetta di immaginazione. 

TRAMA

Durante un viaggio di lavoro, Aryan incontra Sifra, l'assistente personale della zia. Sifra è estremamente istruita, estremamente abile, gentile, accomodante, servizievole e bellissima. Aryan si ritrova innamorato perso quasi senza accorgersene. Ma la ragazza nasconde un non trascurabile segreto.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* L'esilarante episodio della denuncia alla stazione di polizia.
* In generale tutta la sequenza finale del malfunzionamento di Sifra.

RECENSIONI

Mid-Day: **
'The flip side of this film’s tone/genre is that it’s packed with such an OTT, stereotypically Delhi-Punjabi family, and other caricatures for characters, deliberately descending towards thorough silliness, that you might want to replace the rest of the humans in the movie with AI as well! (...) The filmmakers are way too busy attempting a comedy, with hardly a joke that lands, for us to be thinking about the essence of its purpose/point as much. I’m not saying they should’ve gone deeply meditative. (...) But just a few pauses and strong moments for pennies to drop could salvage a script far more obsessed with a commercially safe fam-dram (...) before fatigue eventually sets in'. 
Mayank Shekhar, 11.02.24

Film Companion:
'For most part, the story appears to unfold as a self-reflexive critique of Kabir Singh-style love stories. Everything points towards the commentary of confessional cinema. (...) Aryan is head over heels because Sifra is the primal male fantasy: Subservient, infantile, attentive, curious, sheltered. She cooks, cleans, serves, smiles and asks him innocent questions - (...) he teaches her Hindi slang, smoking, kissing, dancing. It's peak mansplaining. (...) But the enduring horror of this film is that it never gets its own memo. (...) You assume it's being snarky but it's actually being... sober. Apparently, Aryan's love for Sifra is perfectly acceptable. This is no indictment of Kabir Singh, this is Kabir Singh. (...) Every time you expect the screenplay to hold Aryan accountable for being a creepy guy with a fetish for compliant and mechanical soulmates, it turns him into a tortured hero. It refuses to recognise its own metaphor about an entitled Indian man treating his partner like an artificial being'.
Rahul Desai, 09.02.24

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: il soggetto, le interazioni fra Shahid Kapoor e Kriti Sanon.
Punto debole: vistosi errori di sceneggiatura, faciloneria.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Shahid Kapoor - Aryan, ingegnere robotico
* Kriti Sanon - S.I.F.R.A., androide
* Dimple Kapadia - Urmila, ingegnere robotico e imprenditrice, zia di Aryan
* Dharmendra - nonno di Aryan
* Janhvi Kapoor - cameo

Regia e sceneggiatura: Amit Joshi e Aradhana Sah
Colonna sonora: Tanishk Bagchi, Sachin-Jigar (anche commento musicale), Mitraz, Raghav. Segnalo il brano Akhiyaan Gulaab, composto e interpretato da Mitraz.
Fotografia: Laxman Utekar
Montaggio: Manish Pradhan
Traduzione del titolo: got so entangled/confused in your words
Anno: 2024

CURIOSITÀ

* Riferimenti al cinema indiano: Priyanka Chopra, Deepika Padukone, Katrina Kaif, Kareena Kapoor. Kriti Sanon danza sulle note del brano Dhak Dhak Karne Laga - incluso nella colonna sonora del film Beta (1992) -, accennando i passi della celebre coreografia originale interpretata da Madhuri Dixit.
* Film che trattano lo stesso tema: il delizioso Android Kunjappan Version 5.25 (malayalam), il bizzarro Enthiran (tamil), la serie OK Computer.

GOSSIP & VELENI

* [Spoiler] Dunque:
- che Aryan non intuisca subito la vera natura di Sifra mi fa sospettare che, come ingegnere robotico, sia una pippa;
- che Urmila abbia acconsentito a programmare Sifra anche per flirtare e accoppiarsi con esseri umani mi fa disidratare la mucosa all'istante. E che abbia coinvolto il nipote in questo - diciamo - esperimento sociale, e che sia tutta soddisfatta del risultato, beh, roba da prenderla a ciabattate in fronte;
- Urmila non sgama il nipote, quando Aryan manda all'aria il fidanzamento e le propone di spedirgli Sifra in India. Un'aquila proprio. E poi, non contenta, gli regge il gioco con la madre;
- un androide così sofisticato senza uno straccio di antivirus?? 
- ma non potevano ordinare all'inizio a Sifra di non svelare a nessuno il suo segreto?
- come può Aryan sposare Sifra se lei non ha documenti?
- l'unico argomento di Urmila contro la follia delle nozze è: il robot è di mia proprietà?? E poi lascia correre?? Davvero l'androide è l'unico normale in quella gabbia di matti;
- Urmila è la prima a vedere Sifra rientrare a casa, nota che qualcosa non va e non fa nulla. Però telefona al nipote. Ah beh allora tutto a posto;
- un androide così sofisticato che non si disattiva in automatico in caso di malfunzionamento? E che svalvola per un semplice problema di impianto? Ma il salvavita o roba simile non ce l'ha?
- un ingegnere robotico che affronta un androide malfunzionante con... una sciabola, certo. Poi, chi non ha una sciabola in casa? Posso rinunciare alla lavatrice, ma non alla mia sciabola;
- e perché Sifra non lo stritola? Si blocca solo perché Aryan le ha scorticato a sciabolate qualche centimetro di pelle finta? Non so, sviene dalla vergogna? Dal ridere?
- devo decidere se trovo più balzano il comportamento di Aryan o quello della sua famiglia che non vede l'ora di schiavizzare la nuora perfetta;
- ma poi mi dico: chi sono io per giudicare? Son qui a sfottere uno che se la fa con un androide, cioè evidentemente l'ultima frontiera del porno, ed io mi sparo maratone di film horror/splatter con mostri ululanti e gente squartata;
- allora mi son seduta a riflettere. E se possedessi un androide con le sembianze di sciarùk mio, programmato per compiacermi in tutto, mi ci accoppierei? Ci ho pensato su un bel po' (beh? non la smetteva di piovere), e alla fine ho concluso che mi accontenterei che passasse l'anticalcare e mi preparasse la frittata alle zucchine. Poi: avvisto zanzare/cimici/ragni in casa? Oplà, attivo la macchina assassina. Però sbaciucchiarmelo... bah, no. Mi limiterei ad una più asettica gratitudine. Sarà anche un androide, ma non merita rispetto?
- un attimo: non batto ciglio all'idea dello sterminio di forme di vita (per quanto oggettivamente ripugnanti), però mancare di rispetto a una macchina, cavolo, no. Ma com'è che son cresciuta così male? Son troppo sanguinaria. Corro a dileguarmi nell'ombra (voi dimenticatemi).

05 maggio 2024

DUNKI


Intanto non fidatevi delle mie recensioni, perché neanch'io mi fido più. La realtà è che, escludendo un 30%, forse meno, di pellicole oggettivamente magnifiche o oggettivamente agghiaccianti, il restante 70% fluttua in un'area di giudizio che va da ** ½ a *** ½. Per quasi un terzo di questi film - dignitosi, non sempre memorabili - mi capita di ribaltare il giudizio alla seconda visione. Come se il valore di una pellicola dipendesse da parametri esterni (al film) variabili: il mio umore? il grado di stanchezza? l'orario? il bioritmo? fame/sonno/pipì? 
Guardo Dunki per la prima volta e penso: debole, forzato, immaturo, semplicistico; la narrazione mi dà la bizzarra impressione di una lunghissima introduzione ad una storia mai sviluppata. Lo guardo la seconda volta e mi scopro - con grande sorpresa - a seguirlo con piacere, lo trovo gradevole, al netto di qualche sequenza mediocre anche piuttosto curato. La sceneggiatura, la regia, le interpretazioni, sono rimaste le stesse - Rajkumar Hirani non ha apportato alcuna modifica, di nascosto, nell'intervallo fra le due visioni -, allora perché il mio giudizio si è ammorbidito?
Per le aspettative? Dopo un'assenza che durava dal 2018, Dunki è il nuovo lavoro di Hirani, interpretato da Shah Rukh Khan, distribuito in un anno in cui i due precedenti titoli del Re hanno incendiato il botteghino. A Hirani va riconosciuto un merito indiscutibile: con la saga di Munna Bhai ha innalzato la qualità della commedia hindi a livelli talmente vertiginosi che li scorgono anche dal futuro. 3 Idiots, e PK - che pure mi aveva causato qualche incertezza -, sono buoni prodotti. Malgrado i commenti in rete riguardanti Dunki non proprio entusiastici, pregustavo comunque una pellicola di fattura accettabile. Invece, alla prima visione, sono rimasta delusa; ho affrontato la seconda visione con zero aspettative, e mi sono divertita. 

In Dunki Hirani non è al top della forma. Non avendo visto Sanju (2018), non posso affermare che il declino, in termini di ispirazione, - sempre che di declino si tratti -, inizi con questa pellicola. In Dunki non tutto funziona, e ciò che funziona scivola via senza lasciare traccia. Spesso difetta di spontaneità. Sulla definizione dei personaggi si doveva lavorare meglio. Lo spunto è molto interessante, ma la storia che ne è scaturita e la sceneggiatura non sono all'altezza, non avendone esplorato in pieno le potenzialità. 
[Spoiler] Alcuni grossolani errori nella trama andavano evitati: l'episodio del suicidio di Sukhi è imbarazzante, inspiegabile il crudele assassinio dei tre fuggiaschi, l'incontro fortuito e immediato con Balli in una metropoli come Londra è una coincidenza a cui non crede nessuno. Il trattamento della malattia di Manu è di una leggerezza - in senso negativo - sconfortante, ma ho apprezzato il fatto che la sceneggiatura non abbia premuto il pedale sui piagnistei e che anzi il film si concluda con una nota lieta. Però la manfrina alla Veer-Zaara dei due protagonisti che si aspettano per un quarto di secolo potevano risparmiarcela.
Nel complesso la pellicola è rispettabile. Ognuno ha svolto abbastanza diligentemente il compito assegnato, senza impegnarsi troppo, con un occhio all'orologio in attesa del suono della campanella. Hirani ha deciso di accontentarsi, di non puntare in alto. Gli eventi personali degli ultimi anni - nel 2019 era stato accusato di molestie - devono aver giocato un ruolo determinante nel suo processo creativo, che appare come impallidito. Dunki è anche il primo lavoro di Hirani non prodotto da Vidhu Vinod Chopra - forse spiega qualcosa.

TRAMA

Anni novanta. Cinque ragazzi indiani si iscrivono ad un corso di inglese per superare l'esame di lingua e tentare di ottenere un visto per studenti per il Regno Unito. L'avventura è tutta in salita. Le ragioni che li spingono all'impresa sono diverse per ciascuno di loro. E non sempre la via legale è quella percorribile.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* La sequenza della reazione di Hardy in chiesa.

RECENSIONI

Mid-Day: ***
'Taapsee Pannu (...) has as much a role to die for. And she’s as good as it gets. SRK 3.0, on his part, cracking it in 2023, is the most competent we’ve seen him on screen, ever - altogether shorn of his usual mannerisms and tics (this grimace, that laughter) we’ve known and many have loved him for decades. It’s almost as if he graduated from another acting school, while on hiatus (for four years) from the big screen. And he looks his best, when his character ages to his actual self, that is, pushing 60. (...) Have to say, this is still better than Sanju. (...) In the sense of its scope and scale, to begin with. The film encompasses several lives and ambitions, with scenes after scenes - either taking the story forward, or getting deeper into characters. All of it in the interest of sunny entertainment, as the family drama breathlessly alternates between romance, song, action, with comedy at the base, also shining a light on NRIs (non-resident Indians), who have been SRK’s own core audience-base for long. There is just so much going on that I felt like viewing Dunki the second time on might help digest this overboiled egg better. But there is also so much that doesn’t land - from jokes to the general jostling - that watching it again, so soon, might be a bit much. Even as you’re better off, either way, wholly suspending disbelief and cynicism, simultaneously. (...) Dunki is therefore a film on immigration at a time in history, when world politics is strongly centred on xenophobia and closing borders. (...) It retains the hallmark of the Hirani-Joshi partnership - their sugarcoating of bitter pills, through characters/performances, situational comedy, and idealism. Lensing the most tragic issues with the bearable lightness of being amusing, all through. (...) You sense Dunki trying too hard to fit into the funky template. What you can’t deny is the originality of its idea, while most blockbusters of 2023, the post-pandemic year that audiences truly re-embraced the theatres, have chiefly been regurgitative action set-pieces. (...) Stepping out of the cinema, I was feeling a tad bit better. That’s enough, frankly'. 
Mayank Shekhar, 22.12.23

Film Companion:
'Watching a Rajkumar Hirani movie in 2023 is like meeting a popular childhood professor. (...) Sometime during this meeting, you realise that it's your memory of him that's entertaining. You're only seeing what you want - and hope - to see. He might be the same, but the world around him has changed. Dunki is that meeting. The issue isn't immediately obvious. Instead, it's steeped in a sort of slow-burning disappointment. (...) At first, the Hirani-isms feel reassuring. (...) The scene-stealing Vicky Kaushal becomes (...) a tragic remainder of life in a playground of movie tropes. It doesn't take long, however, for the lack of depth to emerge. (...) Most of the jokes (...) just don't land. (...) These little vignettes aren't smart enough for Dunki to act meaningful. If anything, they trivialise the drama while trying to diffuse it. A bigger problem with Dunki is that it's also a Shah Rukh Khan film. On paper, he plays the quintessential Hirani hero: An outsider who repairs his new setting as much as the setting repairs him. (...) He is a custom-fitted saviour-charmer-leader-chiller, (...) popular for being popular. (...) There is no before or after to his persona. The intrusive SRK hero usurps the humanitarian Hirani hero. Even though the film has multiple characters, a lot of it seems to be designed around Khan - and how to riff on his image. (...) Hardy also cries a lot - like most Khan protagonists do - to emphasise the alt-masculinity that the actor has come to represent. But today's Khan is not a convincing crier. (...) As a result, almost none of the emotional parts work. (...) The writing isn't great to begin with, but it's hard to look past the superstar trapped in the character. Hirani, as a director, has a track record of camouflaging the pop-cultural face with a satirical facade. But Dunki is probably his weakest film, because there's at once too much of Hirani, and not enough of him'.
Rahul Desai, 21.12.23

Raja Sen:
'Dunki tries too desperately to make viewers cry. A badly plotted mess, with Shah Rukh Khan and Rajkumar Hirani hamming it up. Taapsee Pannu and Anil Grover are good, the writing is not. The film ends with a PowerPoint presentation - but it should have been replaced with one'.
21.12.23

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: il soggetto, Shah Rukh Khan, il cast.
Punto debole: la pellicola manca di personalità, errori vistosi nella trama.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Shah Rukh Khan - Hardy, soldato
* Taapsee Pannu - Manu, sorella di un collega di Hardy
* Vicky Kaushal - Sukhi
* Vikram Kochhar - Buggu
* Anil Grover (fratello di Sunil Grover) - Balli
* Boman Irani - insegnante d'inglese

Regia e montaggio: Rajkumar Hirani
Sceneggiatura: Rajkumar Hirani, Abhijat Joshi, Kanika Dhillon
Colonna sonora: Pritam e Shekhar Ravjiani. Commento musicale Aman Pant. Segnalo il brano Banda (Pritam), interpretato da Diljit Dosanjh.
Fotografia: C.K. Muraleedharan, Manush Nandan, Amit Roy.
Traduzione del titolo: termine punjabi per to hop from place to place. Pare che da questa parola derivi l'espressione donkey flight, un sistema di immigrazione illegale che funziona più o meno come descritto nel film.
Anno: 2023

CURIOSITÀ

* Riferimenti all'Italia: Manu guida una Vespa; una fotografia della torre di Pisa è appesa sulle pareti dell'agenzia truffaldina dei visti e dell'aula di inglese; Hardy nomina la pizza italiana.
* Film che trattano lo stesso tema: Aaja Mexico Challiye (punjabi), Comrade in America (malayalam). Il modesto Chal Mera Putt, commedia punjabi ambientata a Birmingham, racconta i problemi e i disagi affrontati da un gruppo di immigrati clandestini indiani e pachistani, fra lavoro nero, fughe dai controlli della polizia, scarsità di risorse, coabitazioni forzate - la sceneggiatura ha un minimo (giusto un minimo) di senso, ma troppi siparietti comici sono di vecchio stampo e non fanno ridere. Un accenno all'argomento anche in Street Dancer 3D. Heaven on Earth, pellicola canadese diretta da Deepa Mehta, descrive la vita tutt'altro che rosea degli immigrati punjabi (non clandestini) in Canada.

GOSSIP & VELENI

* Il 2023 è stato un anno eccezionale per SRK. Ricapitolando:
- Pathaan (seconda posizione lista incassi 2023 film hindi e film indiani) è il più patinato, il Re è stupendissimo, ma ci vorrebbero qualche aggiustatina alla sceneggiatura e dialoghi più briosi;
- Jawan (prima posizione incassi hindi e indiani) è il più coraggioso (considerando i tempi), con un personaggio (Vikram, quello vero) stratosferico, ma ci vorrebbero qualche aggiustatina alla sceneggiatura e all'interpretazione di SRK nel ruolo di Azad, e qualche deciso colpo d'ascia ai piagnistei;
- Dunki (quinta posizione incassi hindi, ottava posizione incassi indiani) è il più interessante, ma ci vorrebbe qualche aggiustatina alla trama;
E non dimentichiamo Tiger 3 (sesta posizione incassi hindi, nona posizione incassi indiani) che regala un elettrizzante cameo del personaggio di Pathaan. Dopo quest'orgia, ora che son bella viziata, quanto mi tocca aspettare per il prossimo film del Re?

02 maggio 2024

AMAR SINGH CHAMKILA


Imtiaz Ali è come rinato. Non è la prima volta che il regista racconta la vita di un musicista, né che si confronta con il passato, oltre che col presente, delle sue storie - tratto distintivo della sua filmografia -, ma in Amar Singh Chamkila Ali rasenta la perfezione. La sceneggiatura e la regia sono strutturate, mature. Geniale metodologia narrativa e originalissima raffigurazione del protagonista, o meglio, della cronologia non lineare delle sue vicende. ASC frantuma il corso del tempo per ricomporlo a suo piacimento, lo incrina, spalanca delle fenditure, con un andamento un po' avanti, un po' indietro. Ed è sempre Amar Singh. Bambino, ragazzo, giovane uomo. Nello stile tipico di Ali, ma qui più marcato; e la realtà irrompe nelle crepe, si mescola alla storia rappresentata sullo schermo, ci convive, per poi uscirne e ritornare e uscirne di nuovo. Anche l'animazione fa la sua parte, colorando l'avventura umana di Chamkila con sfumature di solennizzazione. La bravura e il mestiere di Ali stanno nel non creare confusione e nel mantenere chiarezza nell'esposizione.

La scelta dell'argomento - ASC è più che una semplice biografia -, è la strategia adottata da Ali per resistere ai tempi e per lanciare il suo messaggio di emancipazione della creatività da qualsiasi vincolo di censura o costrizione. Si accenna solo di sfuggita alla questione della discriminazione castale - del resto, non era il punto centrale della pellicola - però di certo non capita spesso che un prodotto hindi di intrattenimento ruoti intorno ad un eroe di casta bassa. Eroe, va detto, tutt'altro che immacolato: Chamkila è bigamo, non disdegna alcolici e fumo, non è vegetariano, non indossa il turbante, porta i capelli corti. Chamkila è padrone - o almeno ci prova - della sua vita. È determinato a costruirsi il futuro che desidera, ad essere ciò che desidera, ma anche ad essere se stesso, nel bene e nel male. ASC racconta la parabola, talvolta eccitante, talvolta tragica, di una passione, di un'ossessione: la musica è talmente imperativa nella personalità di Chamkila da sconfiggere persino l'istinto naturale primario di sopravvivenza, perché per Chamkila vivere senza musica, soprattutto senza condividerla con il suo pubblico, equivale a morire. Ali non esprime giudizi e non ci spinge a simpatizzare per Chamkila. Noi spettatori affrontiamo il film come il personaggio del poliziotto affronta la sua indagine. Anche noi in principio siamo indifferenti a quanto accaduto. Il poliziotto ascolta ciò che noi vediamo sullo schermo, e noi insieme a lui ci emozioniamo via via sempre più. 

Le figure femminili non hanno ampio spazio, però si ritagliano e conquistano un impeto insopprimibile di ribellione. Amarjot seduce, sposa, perdona e si tiene stretto l'uomo che ama. E, contro la sua famiglia e contro la morale corrente, canta i brani licenziosi scritti da lui. Le altre donne si impadroniscono della malizia di queste canzoni e si abbandonano ad una celebrazione del desiderio sessuale. 
L'interpretazione di Diljit Dosanjh è impeccabile, mai sopra le righe malgrado gli eccessi del personaggio. Penso ai suoi occhi, ai suoi sguardi, alle sue espressioni, ai sorrisi appena accennati. Una performance di cui andare fieri e un ulteriore fiore all'occhiello di una carriera - quella di musicista - già costellata di successi e riconoscimenti. 
Non amo particolarmente le biografie ma ho adorato ASC perché è una vera delizia, e lasciarselo scappare un delitto. ASC è, con Highway, il lavoro migliore di Imtiaz Ali. 

TRAMA

Amar Singh, stanco della vita da operaio, riesce ad infiltrarsi nel circuito musicale punjabi in qualità di suonatore e compositore. In occasione di un concerto, grazie al provvidenziale ritardo della star in cartellone, Amar debutta come cantante e gli viene affibbiato il soprannome di Chamkila. I suoi brani allegri e dai testi licenziosi conquistano immediatamente gli ascoltatori e scalano le classifiche. I concerti si susseguono a ritmo frenetico, le copie dei suoi dischi si vendono come il pane. La cantante Amarjot diventa la sua seconda moglie e condivide con lui questa magica avventura. Ma non tutti approvano lo stile di vita di Chamkila e gli argomenti, considerati scabrosi, delle canzoni. E il successo scatena l'invidia dei colleghi.

RECENSIONI

Mid-Day: *** ½
'This is a smartly edited film. (...) It’s hard to figure, though, how many more minutes should’ve been hacked, further, to arrive at a much tighter narrative still. That said, there’s something instantly meditative about the moments. (...) It’s also the naturally sweet, innocent [Diljit] Dosanjh, so seamlessly transferring his soul to an imagined star, Chamkila, a fellow-singer, he probably himself grew up idolising. Feels as authentic as it gets. (...) The subject matching the star. A.R. Rahman delivering music, that’s totally as per the script’s milieu/brief. Rather than a generic, multi-genre soundtrack. (...) And of course, [Imtiaz] Ali, co-writer (along with brother Sajid), and director - fully in control of the material - who’s similarly delved into vital questions of art vs artiste, fame and its pitfalls, within the phenomenal musical, Rockstar, (...) inspired by the Punjabi legend, Heer Ranjha. (...) Through the folk singer, Chamkila, known/derided for his vulgar lyrics - such a common motif of folk music, after all - Ali gathers a courageous voice to question, who defines obscenity, anyway? Apart from religious fanaticism and violence, the caste angle - although only briefly touched upon - lends Chamkila’s story an added layer. Dhani Ram, aka Amar Singh, aka Chamkila, belonged to the low/chamar caste. Something that must’ve permanently defined his position in a pind. Intense popularity, from sheer talent, helped him transcend his circumstances. The world is what it is. He learnt to be. And then they didn’t let him be. Honestly, I don’t know what to make of (...) Chamkila - whether to see him as (...) kinda iconoclast, or simply a chart-busting Bhojpuri, Lollyop singer, providing visceral joy to a willing public. I’m glad the film doesn’t influence you either way'. 
Mayank Shekhar, 14.04.24

Film Companion:
'Most Indian biopics are shackled by their relationship with history. Reverence becomes the default lens; stories are chosen to educate, not excavate. There is no room for opinion, and film-making is reduced to a medium of adulatory bullet points. In that sense, Amar Singh Chamkila is a rare cocktail of legend and legacy. The life of the slain Punjabi musician (...) is defined by the very language of opinion. (...) So it's fitting that the biopic about him is inventive, freewheeling and curious - constantly mining the connective tissue between not just art and artist, but also between the worlds that make and break them. (...) To its credit, the film sings in the past but speaks to the present. Chamkila's career (...) manages to offend all fractions of society. It reveals the hypocrisy of a people who thrive on private escapism and public virtue. Unlike the rest, he (...) creates from what he's seen (...) rather than what he aspires to see. His work remains a function of observation, not romanticisation. (...) The conflict is familiar: The politics of art is censored by the religions of intolerance. (...) That is the essence of ASC. It reclaims the words from the headline. And it grieves the death of not a person, but a place and time; it laments for a world that watched and wondered. The film isn't a whodunit. It is a ghost story - and it haunts a culture that continues to shoot the messenger'.
Rahul Desai, 12.04.24

Cinema Hindi: ****
Punto di forza: l'originalità nell'esposizione, la regia, la sceneggiatura, l'interpretazione di Diljit Dosanjh.
Punto debole: -

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Diljit Dosanjh - Amar Singh detto Chamkila, cantautore
* Parineeti Chopra - Amarjot, cantante, seconda moglie di Chamkila
* Anjum Batra - Tikki, musicista del gruppo di Chamkila

Regia: Imtiaz Ali
Sceneggiatura: Imtiaz Ali, Sajid Ali (fratello di Imtiaz)
Colonna sonora: nel film sono inclusi alcuni famosi brani punjabi di Chamkila, cantati o da lui, o da Diljit (e Parineeti) e registrati dal vivo durante le riprese. La colonna sonora originale (principalmente hindi) è composta da A.R. Rahman. Chamkila non ha scritto canzoni di argomento personale che descrivessero la sua vita, le sue relazioni, i suoi sentimenti; la colonna sonora prova quindi a colmare questa lacuna.
Fotografia: Sylvester Fonseca
Montaggio: Aarti Bajaj
Traduzione del titolo: chamkila (punjabi) significa brillante, luccicante
Anno: 2024

RASSEGNA STAMPA

'It is important to understand the meaning of vulgarity and what experimentation with vulgarity has meant for Dalit-Bahujan communities. Vulgarity stood as an antithesis to the sanitised modern spaces that the music industry was generating towards the 1980s [canzoni sacre/devozionali che ebbero grande successo negli anni ottanta e novanta]. (...) For Amar Singh Chamkila to choose vulgarity over the moral/devotional was also a creation of a counternarrative of vulgar music against the sanitised, middle-class devotional music. For the Dalit-Bahujan community, experimenting with the ‘vulgar’ hasn’t been a new phenomenon. (...) Therefore, choosing to sing a song deemed vulgar is a reclamation of the humiliation that the Dalit-Bahujan community has been historically subjected to. (...) If Imtiaz Ali was genuinely interested in portraying the real Amar Singh Chamkila, he would have appreciated the singer’s choice to sing vulgar songs rather than depicting him as confused about whether to sing them or not. Chamkila consciously chose vulgarity. He claimed to emerge from his everyday lived experience as a Dalit by singing about his life and publicly speaking about the Dalit-Bahujan lifeworld. Chamkila’s music is also anti-caste because it defies the existing dominant upper-caste devotional music industry and instead creates an alternative space that resonates with the masses. (...) The tycoons of the Punjabi music industry remain predominantly from dominant caste communities, who are well-networked with the mainstream music industry. (...) The emergence of an anti-caste music industry is relatively new and closely tied to the rise of the anti-caste socio-political movement in the region. While many songs by these artists are assertive at their outset, it is interesting to examine figures like Chamkila, who defied caste barriers in music and experimented with the ‘vulgar’. The question of caste assertion in Chamkila’s music manifests subtly through defiance and disobedience. (...) The critical question one needs to ponder is: What made Chamkila’s death inevitable? From marrying a woman from a dominant caste (Amarjot Kaur) to seeking popularity in the music industry despite coming from the Dalit community, these were some of the caste contractions that Chamkila was prey to. The non-acceptance of a ‘low’ caste by the dominant caste manifests itself at multiple socio-cultural-political levels, not just in terms of economic relationship. Despite Chamkila’s popularity and economic accolades, the stickiness of caste never escaped him, and his death became the only ultimate pacification'.

CURIOSITÀ

* ASC, disponibile sulla piattaforma Netflix, purtroppo non è stato distribuito nelle sale.
* [Spoiler] Dhani Ram, noto come Amar Singh Chamkila, è stato un celebre cantautore punjabi, di estrazione dalit, attivo negli anni ottanta del secolo scorso. Il suo genere è stato definito folk commerciale. Chamkila fu assassinato nel 1988, a soli 28 anni, insieme alla seconda moglie e a due membri del suo gruppo musicale. I colpevoli non sono mai stati identificati. Chamkila e Amarjot compaiono in un cameo nella pellicola punjabi Patola (1988). 
* Riferimenti al cinema indiano: Amitabh Bachchan
* Film che trattano lo stesso tema: 22 Chamkila Forever (punjabi)

GOSSIP & VELENI

* Imtiaz Ali ha rivelato che, anche dopo le seconde nozze e la nascita del primo figlio di Chamkila e Amarjot, il cantante continuò comunque la sua relazione personale e intima con la prima moglie.