24 settembre 2021

SANDEEP AUR PINKY FARAAR


I thriller realizzati con cura e attenzione ai dettagli sono rari. Sandeep Aur Pinky Faraar rientra in questa categoria: è ben scritto, ben interpretato, superbamente diretto. La sceneggiatura è compatta e intriga, la tensione è costruita con mestiere. Non mancano passi falsi - o sul ciglio di esserlo -, corretti da una regia di altissimo livello. Il ritmo non è sempre rapido, ma la trama imprevedibile e la narrazione sostenuta compensano.
I personaggi sono interessanti, e non solo i principali: non vi è il tempo per approfondirne le psicologie - il genere non lo richiede -, eppure funzionano, sono credibili (con l'esclusione dell'edulcorato Munna), e, malgrado l'etica e i comportamenti discutibili, ti appassioni alle loro vicende. Quasi tutti hanno a disposizione scene e battute adeguate, e non si limitano allo sfondo.
Qualche minuzia stilistica o tecnica è ricorrente: il rosa, nomignolo per uno dei personaggi iniziali, bizzarro soprannome del protagonista maschile, squillante colore da indossare per salvarsi la pelle. In contrasto, una luna livida, notturna, che si incunea fra nubi cupe e minacciose. La borsa costosa di Sandy, a cui la donna resta aggrappata per non perdere la propria identità.

Parineeti Chopra regala una performance misurata, a tratti emozionante. La sua Sandy è il perno della storia, è lei che conduce il gioco, che decide tempi e modi per svelare l'intrigo a Pinky e a noi spettatori, e che sperimenta un'evoluzione interiore. Arjun Kapoor (Pinky) è la spalla perfetta. Scorro la sua filmografia e scopro di averlo forse sottovalutato: nel corso di una breve - per gli standard indiani - carriera, Arjun ha selezionato un discreto numero di pellicole e ruoli corposi. Pinky è introverso, violento, bugiardo. La sua è una formazione recalcitrante e più lenta. Ottimi gli attori di supporto, in particolare i deliziosi Raghubir Yadav e Neena Gupta.

SAPF è uno dei lavori meglio riusciti di Dibakar Banerjee, una pellicola di intrattenimento che scardina qualche luogo comune. Sandy è un'eroina negativa che si ribella a modo suo al maschilismo imperante, che gioca sporco (ed eccelle) sullo stesso terreno dei personaggi maschili, che ribatte colpo su colpo (anche fisicamente), [spoiler] la cui gravidanza detta le regole, e il cui aborto spontaneo chiude il cerchio del suo percorso formativo. Sandy è la figura più intelligente del gruppo, è manipolatrice, avida, egoista. Nessun personaggio maschile ne esce bene (tranne Munna, che però paga il prezzo di una scrittura modesta), nemmeno l'enigmatico Pinky. Nessuna storia d'amore vede la luce, e non se ne sente la necessità.

TRAMA

Sandy è una donna di successo e priva di scrupoli. Pinky è un poliziotto sospeso dal servizio. Sandy ha un appuntamento a cena con l'uomo che - forse - ama, ma è Pinky a presentarsi, con l'incarico di condurla via. Nel modo più imprevedibile e violento, partono una caccia e una fuga, e solo uno dei due protagonisti ne conosce la causa.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* L'inizio fulminante, che si intreccia in modo geniale alla storia principale.

RECENSIONI

Film Companion:
'We’ve seen it a hundred times before. Urgent city woman finds herself on the run with a grumpy stranger. (...) It’s them against the world. (...) After early missteps, they start to understand each other. Their unusual partnership finds a language. In the hands of most filmmakers, this is a narrative template - chalk and cheese escape, lie, run, grow, experience and eventually love together. Romance and comedy co-exist. Drama and thrills co-inhabit. Every scene exists to inform the progression of this narrative; the surroundings and changing landscapes are ornamental. But Dibakar Banerjee is not most filmmakers. In his hands, the film itself is incidental. Every other scene chances upon a world that’s already in motion. Each moment is visually designed to remind us that no journey exists in isolation - there are people doing things, places being busy, lives being led, jobs being done. In Sandeep Aur Pinky Faraar, even scenes of exposition are framed as part of a larger universe. (...) It reminds the viewer that films, too, form the background of other ongoing stories and spaces - the only difference is that the camera happens to be on certain people in certain circumstances, and not on others. (...) This also explains the memorable opening sequence. (...) This interplay of perspectives triggers a cinematic language that filters through the rest of the film - and one that has long defined Dibakar Banerjee movies. (...) No other director in modern Hindi cinema implies so much - information, context, psychology - with so little. (...) As a result, the writing of Sandeep Aur Pinky Faraar earns the freedom to eschew genre motifs like pace, suspense and slickness. It doesn’t move as fast as one might expect a cross-country “chase” to. It’s not as entertaining to watch either, because it resists the careful orchestration of the movies. (...) Nothing is smooth, which is why the story takes its time to marinate in the uncertainties of its people. Coming to terms with their status as fugitives is an uphill struggle, and it’s to the creators’ credit that they aren’t exactly role models. (...) The performances suit the bleak pragmatism of the narrative. (...) We know that Arjun Kapoor has limitations, but it’s usually up to the directors to envision him in a role that can weaponize these flaws. Banerjee manages to justify the incessant poker-face on most occasions, because Pinky is presented as a man who is too used to being a victim. But it’s Parineeti Chopra who stands out. (...) She is uncharacteristically restrained, especially in conveying the subtext of Sandeep. For instance, more than once, we see her brutally assaulted by a man. But her reaction - where she somehow collects herself faster than most girls might - suggests that she may have been a victim of violence before. These little things matter, and Chopra elevates a character that can’t afford to be arrogant or gimmicky just because the people she encounters are of a different social class. Kapoor and Chopra’s third collaboration (...) goes to show that perhaps actors can only be as good as their directors allow them to be. It helps that someone like Dibakar Banerjee doesn’t film humans too differently from the way he films places. If one is in motion, the other automatically appears to move. Consequently, the two combine to make Sandeep Aur Pinky Faraar defy the slice-of-life-comedy sound of its title. It’s more of a road movie. But not in the strictest sense of the term. A road, after all, is a painstakingly crafted link between two destinations. Our eyes may always be on the road, but life accumulates on both sides - beyond the field of view'.
Rahul Desai, 19.03.21

Cinema Hindi: ****
Punto di forza: regia, sceneggiatura, cast.
Punto debole: qualche aspetto nella trama e nella sceneggiatura: mal costruita la vicenda del tentato suicidio di Munna, inspiegabile la collaborazione del padre di Munna dopo il tradimento, fuori posto il nitore e la serenità della scena finale.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Parineeti Chopra - Sandeep (Sandy)
* Arjun Kapoor - Satyendra (Pinky)
* Jaideep Ahlawat - Tyagi, il superiore di Satinder
* Neena Gupta - la signora che ospita Sandy e Pinky
* Raghubir Yadav - il marito della signora
* Rahul Kumar - Munna, amico di Pinky

Regia: Dibakar Banerjee
Sceneggiatura: Dibakar Banerjee, Varun Grover
Colonna sonora: Anu Malik
Traduzione del titolo: Sandeep e Pinky in fuga
Anno: 2021

RASSEGNA STAMPA

* Why a film like SAPF can't be shot during the pandemic!, Mid-Day, 17.03.21. Dibakar Banerjee dichiara: 'I am so happy that in the middle of COVID, I am releasing one of my films which captures the outside so much. It’s all about the outdoors, the roads of Delhi, the hills of Uttarakhand, the buses, the train stations, so you are really outside and you are with people, the texture, the locations, the mountains, the hills, the bus stations, the Gurgaon highways. (...) I am so happy that the film is releasing right now because when we see this it’s like something that we can’t show right now, something that we can’t shoot right now. It’s like glimpses of what was pre-COVID. It is such an amazing glimpse and such a nice sort of historical moment. It’s a very, very pre-COVID film. (...) No one looks pretty when your life is being choked out of you. (...) There are many in India who know how this feels. But not Parineeti and Arjun. I had to figure a way of making them angry, bewildered and scared and alien to each other which is why I had to bar them from meeting each other socially till they met for the first time on the sets in character'.

CURIOSITÀ

* Dibakar Banerjee ha anche prodotto il film, firmato il commento musicale e collaborato alla stesura dei testi delle canzoni. Banerjee ha imposto ai due attori protagonisti - grandi amici nella vita - di non interagire fra loro al di fuori delle riprese.
* Riferimenti al cinema indiano: Salman Khan e il suo celebre braccialetto, Hrithik Roshan, Jab We Met, Dabangg.
* Film che trattano lo stesso tema: NH10 è un buon thriller on the road con protagonista femminile.

GOSSIP & VELENI

* Parineeti Chopra è la cugina di Priyanka Chopra.

12 settembre 2021

HALAL LOVE STORY


In superficie, Halal Love Story è una commedia leggera. In tono bonario descrive le preoccupazioni quotidiane dei devoti musulmani nel distinguere ciò che è halal da ciò che è haram. Prende di mira pure il mondo del cinema, sempre con affetto. La pellicola non scatena risate fragorose, la resa è divertente ma con moderazione. I personaggi sono caldi e simpatici. Bravi gli attori.
HLS racconta inoltre l'evoluzione di una relazione di coppia. Suhra e Shereef, i protagonisti, esplorano le dinamiche possibili concesse dal loro credo e rinnovano il rapporto che li unisce. La forza femminile gradualmente emerge: Suhra irrompe a metà film e se ne appropria. È Suhra che scuote la facciata halal del matrimonio per poi ricostruirlo, insieme al marito, sì in modo halal, ma nella sostanza e non nella forma.

Più in profondità, la faccenda si complica.
Il gruppo religioso raffigurato in HLS è di un conservatorismo quieto. Alcuni personaggi si ritengono - forse lo sono - addirittura progressisti. Tutti gli aspetti - negativi inclusi - vengono sondati, senza mai condannare o assolvere. HLS si sforza di rappresentare la realtà, edulcorandola con una punta di umorismo. È una satira? Non proprio, ci si avvicina per poi allontanarsi di corsa prima di sforare nell'haram. Interessante il dualismo fra la pellicola televisiva che si vuole realizzare nella storia, e quella vera davanti ai nostri occhi, anch'essa cauta nei confronti dei principi halal.
Mi spiego meglio. Il film si apre con brevi sequenze dell'attentato alle Torri Gemelle, accompagnate da un commento antiamericano. Il ragazzo preposto alla realizzazione del video, però, si stufa presto e propone uno spuntino goloso, e poi si allarga: perché non mollare i proclami infuocati e dedicarsi invece al dorato (forse haram) mondo del cinema? Ecco introdotto il tono di HLS, un'oscillazione continua fra una sonnacchiosa propaganda e lo sberleffo benigno. Altro esempio: durante una manifestazione pubblica, vengono bruciate fotografie che ritraggono Bush. Il corteo pare più un'innocua sagra paesana, una sorta di carnevale a basso budget, che un'espressione di estremismo integralista.

La sceneggiatura di HLS è frammentata, e non intenzionalmente, malgrado la narrazione sia lineare. Non mi è chiaro lo scopo del regista e sceneggiatore Zakariya Mohammed. HLS, almeno in parte, è un prodotto più sottile e stratificato di quanto non sembri. Ma è anche, almeno in parte, ambiguo.
HLS prova a rispondere, a modo suo, alla domanda: com'è essere musulmani nel quotidiano? Come conciliare le normali attività con i precetti? È un film religioso - apprezzabile che si sia scelto il tono da commedia - ma non nel senso mitologico che da sempre, persino nell'animazione, caratterizza una certa produzione cinematografica indiana (credo principalmente di estrazione hindu). È più catechistico, più ecumenico, meno epico. Talvolta sembra sfiorare la propaganda. Si muove sul filo del rasoio, e - forse - porta a casa il punto.

TRAMA

Un gruppo locale musulmano, più o meno ortodosso, decide di realizzare un telefilm di tipo propagandistico-religioso che possa raggiungere il maggior numero possibile di persone grazie alla televisione. Il telefilm dev'essere di un halal immacolato. Ma anche le modalità con cui finanziarlo e produrlo devono essere halal. Un'intera comunità si coagula intorno al progetto a suo modo rivoluzionario, progetto che innesca confronti, discussioni, riflessioni.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* Esilaranti le interazioni fra il cast musulmano ortodosso e quello non: la battuta non vogliamo Bismillah, solo Suhra, pronunciata con disarmante naturalezza; la Coca-Cola, che è halal, ma non si può bere per motivi politici; la confusione generata dai troppi sahib in giro sul set.
* Esilaranti anche le riprese: il cameo di Soubin Shahir e il suo tonante silenzio!, le difficoltà del suono in presa diretta, il metodo - diciamo - fisico nello stabilire il numero dei giorni necessari per le riprese.

LA BATTUTA MIGLIORE

* Lo sceneggiatore (halal) al regista (haram): Art is not unidimensional, art is not a path set in one direction. Don't people like us deserve to watch films? Don't we deserve to make films? Un punto, bello grosso, a favore di HLS, e un colpo demolitore alla mie perplessità.

RECENSIONI

The Hindu:
'It takes its time to get into its groove, especially in the initial parts where the show of religiosity is overdone, even considering the fact that a religious organisation is at the centre. The real-life issues of the actors and the director merging seamlessly into the film’s content makes for some of the film’s most interesting passages. (...) The smatterings of humour and the performances of Grace Antony and Joju George holds the film together to an extent. Yet, the script, that does not have an emotional core (...), slackens later and meanders to a tame ending. Although the film’s writers try to convey an impression that they are lampooning some of the regressive aspects of this religious organisation, there is a level of ambiguity on where they stand. When Taufeeq, the writer of the film within the film, passionately argues with the director that they also want to make films which can cater to the narrow sensibilities of the members of their organisation, one gets the sense of the film casting a very sympathetic, supportive light on him. At a time when newer boundaries, previously non-existent, appear out of nowhere to hem in artists and even advertisement filmmakers, this rather positive, lighter take on ‘conservative’ filmmaking is somewhat problematic, despite some of the effective humour'.
S.R. Praveen, 15.10.20

Film Companion:
'We are talking about a religion with a contentious relationship with cinema - and that’s what makes Halal Love Story something of a political statement. (...) Halal Love Story is a very funny film. (...) And yet, the subtext is always serious, always linked to halal/haram, and what it means to be a Muslim. (...) Unfortunately, the second half undergoes a tonal shift and becomes serious. “Becoming serious” is in itself not an issue. But given the humour-coated approach in the first half, some of the latter portions are too heavy, too big for a film that’s so far been working in a miniaturist mode. (...) Grace Antony is the star of Halal Love Story: she has killer lines and looks, and she aces each one of them. Among the men, I loved Sharaf U Dheen, who plays the schoolteacher who becomes the screenwriter and keeps wondering about the halal to haram ratio in the film-within-the-film. The film’s biggest meta idea is the sight of Shereef and Suhara talking about physical intimacy and sex. Yes, within the context of Halal Love Story, they are talking only to each other, man to wife. But outside, every single viewer watching this movie is witnessing this conversation. Flaws and all, Halal Love Story is a sign that Malayalam cinema is poised for its biggest revolution in “Muslim filmmaking” yet'.
Baradwaj Rangan, 24.10.20

Cinema Hindi: *** 1/2
Punto di forza: il soggetto, la regia, il personaggio di Suhra.
Punto debole: qualcosa nella sceneggiatura non mi convince, ma probabilmente è stato fatto quanto possibile senza rischiare la scomunica. Il mix - apprezzabile nelle intenzioni - film religioso/satira, non sempre funziona. Il ritmo è un po' mesto, l'inizio un po' rigido, la leggerezza troppo diluita. La sceneggiatura a tratti perde la concentrazione.

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Grace Antony - Suhra, la protagonista
* Indrajith Sukumaran - Shereef, il protagonista, marito di Suhra
* Sharaf U Dheen (davvero amabile) - Thoufeeq, lo sceneggiatore
* Joju George (molto nel ruolo) - Siraj, il regista vagamente haram
* Nazer Karutheni - Raheem, l'assistente di Thoufeek
* Soubin Shahir - Azad, il tecnico del suono
* Parvathy Thiruvothu - Haseena, l'insegnante di recitazione

Regia: Zakariya Mohammed
Sceneggiatura: Muhsin Parari, Zakariya Mohammed, Ashif Kakkodi
Colonna sonora: Bijibal, Shahabaz Aman, Rex Vijayan
Lingua: malayalam
Anno: 2020

RASSEGNA STAMPA

* What makes malayalam actor Sharaf U Dheen of Halal Love Story an audience favourite?, Film Companion, 23.11.20: 'It’s impossible to ignore the actor on screen, even when or rather especially when he’s playing a small role. (...) He knows his character better than anyone - that’s why he can fully immerse himself into his characters and let us laugh at him. (...) Thoufeeq is nothing like Sharafu’s previous characters. (...) Sharafu has not played many roles with layers before, but he slipped into the nuanced character of Thoufeeq with ease and won over the audience with his warm manners. Sharafu is also aware as an actor. He has chosen a range of atypical roles without wondering about the consequences. (...) This attitude and the ability to choose well-written characters are among Sharafu’s biggest strengths'.

CURIOSITÀ

* Sudani from Nigeria, l'acclamato lungometraggio di debutto di Zakariya Mohammed, si è aggiudicato il National Award per il miglior film malayalam.
* Riferimenti all'Italia: la pellicola che Thoufeek mostra ai ragazzi della sua scuola è Nuovo Cinema Paradiso, più o meno halal.
* Film che trattano lo stesso tema: Tere Bin Laden è una satira pungente, più politica che religiosa. Supermen of Malegaon è un documentario che racconta la passione dei cineasti dilettanti di Malegaon nel produrre parodie locali a bassissimo budget di pellicole famose, indiane e non. Il divertente Filmistaan mescola la realizzazione di un documentario con un rapimento in Pakistan.

GOSSIP & VELENI

* Indrajith Sukumaran è il fratello di Prithviraj.

06 settembre 2021

L O V E


A dispetto del titolo, Love non è una storia d'amore. L'amore c'è stato - le numerose fotografie sulle pareti lo testimoniano -, ma è finito. Rimangono solo rancori, recriminazioni, e una rabbia incontrollata. Love è un thriller psicologico ambientato in un appartamento - e in uno stato mentale. È una storia di interiorità e di violenza domestica portata alle estreme conseguenze.
I personaggi si muovono con circospezione, come su un palcoscenico teatrale. Gli attori sono efficaci. La regia è calibrata, lucidamente acuta nel tenderci il tranello. La sceneggiatura è sconcertante, forse un po' verbosa. La sorpresa non è solo nella trama - nel finale -, ma anche e soprattutto nelle modalità di narrazione.
Love è sperimentale, claustrofobico, ed è il brillante risultato di un'idea partorita e sviluppata durante il lockdown. La sua estetica e la sua realizzazione sfruttano a loro favore le restrizioni imposte sui set a causa del covid-19. Dopo il misurato Unda, Khalid Rahman ci regala una nuova pellicola insolita e originale.

Alla seconda visione, Love sembra un altro film. Mi ha turbato. Cessa di essere un thriller e diventa persino più inquietante. La sceneggiatura si rivela ossessiva, complessa. Immaginazione e ricordi si confondono. La verbosità è un continuo rimuginare, un continuo avvitarsi sullo stesso punto.
[Spoiler] Love è la rappresentazione di una mente tormentata, che si crogiola nel vittimismo e nell'autoindulgenza, ma che cerca disperatamente di arginare la follia mentre la sua razionalità vacilla. È la storia amara di un'involuzione patologica, di un uomo che affronta - già sconfitto - varie espressioni del suo io.

TRAMA

Deepthi aspetta un bambino. Il rapporto col marito Anoop - disoccupato, alcolista, bugiardo - si è deteriorato. I due, invece di celebrare il lieto evento, litigano furiosamente e in modo definitivo. Anoop è sotto shock, ma non c'è tempo: nell'appartamento è tutto un viavai di amici e parenti.

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE

* [Spoiler] Anoop si rende conto di ciò che ha commesso. Il suo sguardo. La sua immobilità. Sfiora Deepthi con delicatezza. Bravissimo Shine Tom Chacko.

RECENSIONI

The Hindu:
'The narrative is guised in the cloak of a thriller. Structured as an incident and its aftermath that unfurl inside an apartment, the proceedings are cleverly designed so as to mask the shortcomings posed by the pandemic. (...) Love doesn’t feel contrived, aesthetically or technically. Khalid Rahman succeeds partially in his attempt to lend an air of authenticity. Only partially because, for a movie shot with so many challenges in place, an area where it surprisingly falls short is its writing. This is despite the dark humour that adorns the narrative occasionally. (...) But these aspects ultimately serve as embellishments to a story that nosedives towards the fag end. Hurting the movie’s cause is the final act that comes across as a stroke of convenience, making the entire plot look like an extrapolated short film. Even Shine Tom Chacko (...) fail to sustain the momentum. Love has a brisk runtime of 91 minutes. For once, maybe a few more minutes would have gone a long way towards adding plausibility and helping a film realise its potential'.
Adithya Narayan, 20.02.21

Film Companion:
'In this film, Things. Are. Not. What. They. Seem. (...) Love (...) subverts the romance inherent in the word. (...) The form (not just the making, but also the writing) is as misleading as the title. Love is tricky, and therefore, Love is tricky, too. It flips around genres like mad: it’s a narcissistic murder mystery like Alfred Hitchcock’s Rope mixed with a psychological black comedy like David Fincher’s Fight Club mixed with a domestic-abuse drama like Anubhav Sinha’s Thappad. The latter is probably the easiest reference point, but it was more direct in its appeal. And in terms of form, it was more traditional. (...) The form, therefore, becomes the content. (...) The screenplay builds up to a brilliant twist that involves all the characters (superbly played by Rajisha Vijayan, Veena Nandakumar, Gokulan, Sudhi Koppa and especially Shine Tom Chacko). This twist is (...) deeply rooted in psychology. If you feel the first hour or so is “going nowhere”, it’s deliberate. When you watch the film a second time, you won’t feel that at all. (...) There’s a very “male” line, one that’s been repeated down the centuries, that says we can never understand women. But Love says that men cannot understand themselves, either. We can have contradictory impulses that almost make us feel we are a different person altogether. I wanted some more flavour in the dialogues, but I think the “drabness” may be intentional. It may be a mirror of lines that have been said (...) and arguments that have been had (...) so often - with others, with ourselves - that they’ve become as flavourless as gum that’s been chewed for too long. It may even be a mirror of scenarios we have played so often in our heads that when that event actually occurs, we don’t react at all'.
Baradwaj Rangan, 20.02.21

Cinema Hindi: *** 1/2
Punto di forza: sceneggiatura (****), regia, Shine Tom Chacko.
Punto debole: narrazione un po' lenta, dialoghi un po' ripetitivi (ma è tutto giustificato).

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Shine Tom Chacko - Anoop
* Rajisha Vijayan - Deepthi
* Gokulan - amico (depresso) n. 1 di Anoop
* Sudhi Koppa - amico n. 2 di Anoop
* Veena Nandakumar - Haritha, amante dell'amico n. 2 di Anoop

Regia: Khalid Rahman
Sceneggiatura: Khalid Rahman, Noufal Abdullah (Noufal è anche il direttore del montaggio)
Colonna sonora: Yakzan Gary Pereira, Neha Nair. I titoli di coda sono accompagnati da due suggestivi brani di cui purtroppo non ho trovato dettagli.
Lingua: malayalam
Anno: causa covid-19, Love è stato distribuito nel 2020 solo nelle sale degli Emirati Arabi, e in seguito, nel 2021, offerto in streaming da Netflix.

RASSEGNA STAMPA

* Director Khalid Rahman will not be decoding his film Love today, Film Companion, Vishal Menon, 13 marzo 2021. Nell'intervista, Rahman fra l'altro dichiara: 'It was one of the first theatrical releases post lockdown and we didn’t have the time to plan a marketing strategy. There was no market study per se. In a regular scenario, if people walk out after a movie because they didn’t understand it, they might be tempted to watch it again more patiently. But not when there’s a virus going around. Some of them watched it again on Netflix and it worked for them then. The film demands a certain mood and people understand that by the time it’s out on OTT. There would have been no Love without Covid. A couple of months into the lockdown I felt like I was going mad. Nothing was working out and I was feeling restless. So I planned to make a short film to get out of that rut. It was made in that aggression. It eventually developed into a feature but that wasn’t the initial plan. The film is set inside an apartment with actors who are all my friends. I had a story and the scene order ready but we were writing even during the shoot. So we were writing, shooting and chilling during the 25 days of Love. The whole process, from idea to first copy, took just three months. (...) Love is a film we wrote while in location. I stay in that apartment so its like I’m creating a screenplay based on the set I’m living in. Which means that I’ve tried to use every space of that 1100sq.ft apartment, either for drama or for staging'.

CURIOSITÀ

* Il film nasce come cortometraggio, e ciò spiega l'inusuale brevità di Love (90 minuti) per gli standard indiani. È stato girato in 25 giorni.
* Film che trattano lo stesso tema: Love prosegue la sperimentazione di Let's talk, e, per certi versi, ricorda Judgementall Hai Kya.