In superficie, Halal Love Story è una commedia leggera. In tono bonario descrive le preoccupazioni quotidiane dei devoti musulmani nel distinguere ciò che è halal da ciò che è haram. Prende di mira pure il mondo del cinema, sempre con affetto. La pellicola non scatena risate fragorose, la resa è divertente ma con moderazione. I personaggi sono caldi e simpatici. Bravi gli attori.
HLS racconta inoltre l'evoluzione di una relazione di coppia. Suhra e Shereef, i protagonisti, esplorano le dinamiche possibili concesse dal loro credo e rinnovano il rapporto che li unisce. La forza femminile gradualmente emerge: Suhra irrompe a metà film e se ne appropria. È Suhra che scuote la facciata halal del matrimonio per poi ricostruirlo, insieme al marito, sì in modo halal, ma nella sostanza e non nella forma.
Più in profondità, la faccenda si complica.
Il gruppo religioso raffigurato in HLS è di un conservatorismo quieto. Alcuni personaggi si ritengono - forse lo sono - addirittura progressisti. Tutti gli aspetti - negativi inclusi - vengono sondati, senza mai condannare o assolvere. HLS si sforza di rappresentare la realtà, edulcorandola con una punta di umorismo. È una satira? Non proprio, ci si avvicina per poi allontanarsi di corsa prima di sforare nell'haram. Interessante il dualismo fra la pellicola televisiva che si vuole realizzare nella storia, e quella vera davanti ai nostri occhi, anch'essa cauta nei confronti dei principi halal.
Mi spiego meglio. Il film si apre con brevi sequenze dell'attentato alle Torri Gemelle, accompagnate da un commento antiamericano. Il ragazzo preposto alla realizzazione del video, però, si stufa presto e propone uno spuntino goloso, e poi si allarga: perché non mollare i proclami infuocati e dedicarsi invece al dorato (forse haram) mondo del cinema? Ecco introdotto il tono di HLS, un'oscillazione continua fra una sonnacchiosa propaganda e lo sberleffo benigno. Altro esempio: durante una manifestazione pubblica, vengono bruciate fotografie che ritraggono Bush. Il corteo pare più un'innocua sagra paesana, una sorta di carnevale a basso budget, che un'espressione di estremismo integralista.
La sceneggiatura di HLS è frammentata, e non intenzionalmente, malgrado la narrazione sia lineare. Non mi è chiaro lo scopo del regista e sceneggiatore Zakariya Mohammed. HLS, almeno in parte, è un prodotto più sottile e stratificato di quanto non sembri. Ma è anche, almeno in parte, ambiguo.
HLS prova a rispondere, a modo suo, alla domanda: com'è essere musulmani nel quotidiano? Come conciliare le normali attività con i precetti? È un film religioso - apprezzabile che si sia scelto il tono da commedia - ma non nel senso mitologico che da sempre, persino nell'animazione, caratterizza una certa produzione cinematografica indiana (credo principalmente di estrazione hindu). È più catechistico, più ecumenico, meno epico. Talvolta sembra sfiorare la propaganda. Si muove sul filo del rasoio, e - forse - porta a casa il punto.
TRAMA
Un gruppo locale musulmano, più o meno ortodosso, decide di realizzare un telefilm di tipo propagandistico-religioso che possa raggiungere il maggior numero possibile di persone grazie alla televisione. Il telefilm dev'essere di un halal immacolato. Ma anche le modalità con cui finanziarlo e produrlo devono essere halal. Un'intera comunità si coagula intorno al progetto a suo modo rivoluzionario, progetto che innesca confronti, discussioni, riflessioni.
ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE
* Esilaranti le interazioni fra il cast musulmano ortodosso e quello non: la battuta non vogliamo Bismillah, solo Suhra, pronunciata con disarmante naturalezza; la Coca-Cola, che è halal, ma non si può bere per motivi politici; la confusione generata dai troppi sahib in giro sul set.
* Esilaranti anche le riprese: il cameo di Soubin Shahir e il suo tonante silenzio!, le difficoltà del suono in presa diretta, il metodo - diciamo - fisico nello stabilire il numero dei giorni necessari per le riprese.
LA BATTUTA MIGLIORE
* Lo sceneggiatore (halal) al regista (haram): Art is not unidimensional, art is not a path set in one direction. Don't people like us deserve to watch films? Don't we deserve to make films? Un punto, bello grosso, a favore di HLS, e un colpo demolitore alla mie perplessità.
RECENSIONI
The Hindu:
'It takes its time to get into its groove, especially in the initial parts where the show of religiosity is overdone, even considering the fact that a religious organisation is at the centre. The real-life issues of the actors and the director merging seamlessly into the film’s content makes for some of the film’s most interesting passages. (...) The smatterings of humour and the performances of Grace Antony and Joju George holds the film together to an extent. Yet, the script, that does not have an emotional core (...), slackens later and meanders to a tame ending. Although the film’s writers try to convey an impression that they are lampooning some of the regressive aspects of this religious organisation, there is a level of ambiguity on where they stand. When Taufeeq, the writer of the film within the film, passionately argues with the director that they also want to make films which can cater to the narrow sensibilities of the members of their organisation, one gets the sense of the film casting a very sympathetic, supportive light on him. At a time when newer boundaries, previously non-existent, appear out of nowhere to hem in artists and even advertisement filmmakers, this rather positive, lighter take on ‘conservative’ filmmaking is somewhat problematic, despite some of the effective humour'.
S.R. Praveen, 15.10.20
Film Companion:
'We are talking about a religion with a contentious relationship with cinema - and that’s what makes Halal Love Story something of a political statement. (...) Halal Love Story is a very funny film. (...) And yet, the subtext is always serious, always linked to halal/haram, and what it means to be a Muslim. (...) Unfortunately, the second half undergoes a tonal shift and becomes serious. “Becoming serious” is in itself not an issue. But given the humour-coated approach in the first half, some of the latter portions are too heavy, too big for a film that’s so far been working in a miniaturist mode. (...) Grace Antony is the star of Halal Love Story: she has killer lines and looks, and she aces each one of them. Among the men, I loved Sharaf U Dheen, who plays the schoolteacher who becomes the screenwriter and keeps wondering about the halal to haram ratio in the film-within-the-film. The film’s biggest meta idea is the sight of Shereef and Suhara talking about physical intimacy and sex. Yes, within the context of Halal Love Story, they are talking only to each other, man to wife. But outside, every single viewer watching this movie is witnessing this conversation. Flaws and all, Halal Love Story is a sign that Malayalam cinema is poised for its biggest revolution in “Muslim filmmaking” yet'.
Baradwaj Rangan, 24.10.20
Cinema Hindi: *** 1/2
Punto di forza: il soggetto, la regia, il personaggio di Suhra.
Punto debole: qualcosa nella sceneggiatura non mi convince, ma probabilmente è stato fatto quanto possibile senza rischiare la scomunica. Il mix - apprezzabile nelle intenzioni - film religioso/satira, non sempre funziona. Il ritmo è un po' mesto, l'inizio un po' rigido, la leggerezza troppo diluita. La sceneggiatura a tratti perde la concentrazione.
SCHEDA DEL FILM
Cast:
* Grace Antony - Suhra, la protagonista
* Indrajith Sukumaran - Shereef, il protagonista, marito di Suhra
* Sharaf U Dheen (davvero amabile) - Thoufeeq, lo sceneggiatore
* Joju George (molto nel ruolo) - Siraj, il regista vagamente haram
* Nazer Karutheni - Raheem, l'assistente di Thoufeek
* Soubin Shahir - Azad, il tecnico del suono
* Parvathy Thiruvothu - Haseena, l'insegnante di recitazione
Regia: Zakariya Mohammed
Sceneggiatura: Muhsin Parari, Zakariya Mohammed, Ashif Kakkodi
Colonna sonora: Bijibal, Shahabaz Aman, Rex Vijayan
Lingua: malayalam
Anno: 2020
RASSEGNA STAMPA
* What makes malayalam actor Sharaf U Dheen of Halal Love Story an audience favourite?, Film Companion, 23.11.20: 'It’s impossible to ignore the actor on screen, even when or rather especially when he’s playing a small role. (...) He knows his character better than anyone - that’s why he can fully immerse himself into his characters and let us laugh at him. (...) Thoufeeq is nothing like Sharafu’s previous characters. (...) Sharafu has not played many roles with layers before, but he slipped into the nuanced character of Thoufeeq with ease and won over the audience with his warm manners. Sharafu is also aware as an actor. He has chosen a range of atypical roles without wondering about the consequences. (...) This attitude and the ability to choose well-written characters are among Sharafu’s biggest strengths'.
CURIOSITÀ
* Sudani from Nigeria, l'acclamato lungometraggio di debutto di Zakariya Mohammed, si è aggiudicato il National Award per il miglior film malayalam.
* Riferimenti all'Italia: la pellicola che Thoufeek mostra ai ragazzi della sua scuola è Nuovo Cinema Paradiso, più o meno halal.
* Film che trattano lo stesso tema: Tere Bin Laden è una satira pungente, più politica che religiosa. Supermen of Malegaon è un documentario che racconta la passione dei cineasti dilettanti di Malegaon nel produrre parodie locali a bassissimo budget di pellicole famose, indiane e non. Il divertente Filmistaan mescola la realizzazione di un documentario con un rapimento in Pakistan.
GOSSIP & VELENI
* Indrajith Sukumaran è il fratello di Prithviraj.
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