29 giugno 2009

ARADHANA


Prima che Sharmila Tagore accettasse questo ruolo altre attrici furono chiamate all’appello dal regista Shakti Samanta, eppure nessuna si dimostrò entusiasta di comparire in un film in cui Rajesh Khanna interpretava ben due personaggi, il marito nella prima parte, e il figlio nella seconda, questo dettaglio si rivelò scoraggiante e il film latitava in mancanza di un volto femminile. Sharmila Tagore, che a suo tempo fu conosciuta soprattutto per la sua audacia e modernità, ebbe fiducia dell’uomo che l’aveva diretta nell’irresistibile high-budget movie An Evening in Paris lanciandosi in questo progetto del tutto diverso: sobrio, drammatico e decisamente meno glamorous. La scelta si rivelò più che azzeccata. L’attrice non solo trasformò un personaggio qualunque in uno dei più complessi e memorabili della sua carriera ma riuscì a segregare diplomaticamente in un angolo anche Rajesh Khanna, che era partito da casa con la sicurezza di essere il protagonista, per poi ritrovarsi portaborse della sua co-star.
Il film fu un successo e la colonna sonora composta da Sachin Dev Burman è ancora oggi una delle più amate, trasmesse e cantate.


TRAMA
Arun (Rajesh Khanna) e Vandhana (Sharmila Tagore) hanno una relazione e vorrebbero sposarsi ma lui temporeggia e decide di dedicarsi alla carriera in aeronautica. Coinvolto in bombardamento militare il giovane pilota muore e la ragazza che ha segretamente sposato scopre di essere incinta. Vandhana deve riuscire a crescere il suo bambino da sola sfidando la società che la disprezza e trovando un modo per garantire a suo figlio un futuro brillante e agiato.


Il tema è inconsueto e non proprio così facile, si parla di rapporti prematrimoniali e si denunciano i soprusi sulle donne che scelgono di portare avanti una famiglia senza una presenza maschile. Il coraggio e la determinazione della protagonista puntano il dito contro la debolezza e l’indecisione dell’uomo, oltre che contro la facilità con cui vengono formulate maldicenze e giudizi. Seppur contenendo un buon livello di critica sociale , che lascia intravedere una speranza per un futuro meno aggressivo nei confronti delle ragazze madri, Aradhana resta comunque un film deliziosamente commerciale, fa versare qualche lacrima ma sa anche come inserire imprevisti momenti di commedia, tensione o elegantissimo romance.

Lontano dall’essere un pesante polpettone il film si apre con energia coinvolgendo anche lo spettatore più scettico sulle note dell’allegra “Mere sapnon ki rani” e facendolo agitare come un pazzo mentre corrono le immagini in cui Rajesh Khanna canta a squarciagola inseguendo un treno in viaggio per Darjeeling. La canzone più bella famosa  resta però “Roop tera mastana” dalle sonorità più difficili e moderne, in cui Kishore Kumar sussurra dolcemente piuttosto che cantare.


Il mio giudizio sul film **** 4/5
Intrattenitore e divertente prima, drammatico e toccante poi.
Un film in cui Sharmila regna sovrana a spese di Rajesh Khanna, dando prova di saper trasformare, grazie alla sua personalità, anche una storia scomoda in un successo economico. L'attrice riesce nel difficile intento di salvaguardare il personaggio da ogni forma di patetismo e la sua interpretazione non è mai monocorde ma vibrante d'energia. Il suo scopo non è ottenere la compassione del pubblico (nè la loro approvazione) ma esaltarsi nella propria forza, compiacersi nel superare gli ostacoli dimostrando che un modo di vivere diverso è possibile.


ANNO: 1969

REGIA : Shakti Samanta

TRADUZIONE DEL TITOLO: venerazione / preghiera


CAST:

- Sharmila Tagore...........Vandhana
- Rajesh Khanna.............Arun / Suraj
- Sujit Kumar..................Madan
- Farida Jalal...................Renu
- Pahadi Sanyal...............Gopal
- Ashok Kumar...............Mr Gainguly
- Asit Sen.........................Sitaram


COLONNA SONORA: Sachin Dev Burman

PLAYBACK SINGERS: Kishore Kumar, Mohammad Rafi, Lata Mangeshkar, Asha Bhosle, Sachin Dev Burman


QUALCOS'ALTRO:

- Nel 1969, Aradhana vinse il Filmfare Award come Miglior Film , Sharmila si aggiudicò la statuetta come Migliore Attrice mentre Kishore Kumar trionfò nella categoria Miglior Voce Maschile.

- Nel film Parineeta, uscito nel 2005 interpretato da Vidya Balan e Saif Ali Khan (figlio di Sharmila Tagore) venne girata la canzone "Kasto maaza" nello stesso treno usato per le riprese di Aradhana

- Il film prende ispirazione da una pellicola hollywoodiana del 1946 dal titolo To each his own


- Roop Tera Mastana è anche il titolo di un film con Jeetendra, Mumtaz e Pran.

20 giugno 2009

PATTHAR KE SANAM



Niente di più semplice: due ragazze simpatiche e civettuole (Mumtaz, Waheeda Rehman) e uno straniero impacciato (Manoj Kumar) che si lascia incantare dai loro tranelli. E così via.
La commedia degli equivoci diventa un brioso teatrino domestico che gioca sull’esasperazione di alcuni clichet e, strada facendo, riesce a regalare più di un sorriso.

Sullo sfondo: una casa ricca e ben arredata circondata da paesaggi da cartolina, palcoscenico di un viavai confuso di eventi e personaggi.


TRAMA
Meena è moderna e se la tira da paura, Taruna è disciplinata e indossa abiti regali rigorosamente indiani. Come passatempo si divertono a prendere in giro il nuovo impiegato facendogli credere di essere entrambe ai suoi piedi, e questo va avanti per tutta la prima parte.
Nella seconda compare un fantomatico gangster (Pran) e il film rispolvera colpi di scena antiquati, identità nascoste e drammi solo presunti.


L’assalto ai luoghi comuni è volutamente massiccio, fino a diventare ironico. La pazza picturization della canzone “Rama dushman hai zamana” sembra inclusa da un regista sotto effetto di allucinogeni… ma ecco che la raffinatezza con cui è stato rappresentato il romanticissimo brano “Mehboob Mere” crea momentaneamente un’oasi di pace in mezzo al più completo casino.

Waheeda Rehman meriterebbe un discorso a parte.
L’attrice dimentica a casa il suo razionale equilibrio per lanciarsi in un saggio e simpatico overacting. Centodieci e lode con bacio accademico per la sua versatilità. (Non dimentichiamoci che stiamo parlando della stella di Pyaasa catapultata questa volta in un film che è una pazzia collettiva). ¡Así se hace! Anche questo significa essere una vera diva.

Mumtaz, con le sue forme abbondanti strizzate in attillati completini (che sembrano esplodere da un momento all’altro), è più immagine che sostanza, ma , da secondaria che potrebbe sembrare , la sua presenza diviene fondamentale mano a mano che il film va avanti. Lei è carica di esuberanza, ha un viso adorabile e il suo aspetto vistoso si intona con tutto il resto.
Se potessi cambierei pure l’epilogo per darle ancora più spazio nel film.

Manoj Kumar resiste agli attacchi delle primedonne in un film quasi completamente al femminile. Trascinato da due frizzantissime colleghe non prova nemmeno a fare l’eroe e si concentra nella creazione di una nicchia tutta per sé.


Il mio giudizio sul film: *** 3/5
Spigliato quanto serve e campato in aria quanto basta.

Di livello superiore rispetto ad altre uscite a lui contemporanee, Patthar ke Sanam, intrattiene, diverte, pur non essendo niente di trascendentale.
Da guardare per ritrovare buoni attori in un film degli anni '60 dallo schema classico ma con una buona dose di gusto e ironia. ( e con qualche salto di follia.. che non guasta)


ANNO: 1967

REGIA : Raja Nawathe

TRADUZIONE DEL TITOLO: Amore di pietra


CAST:

- Waheeda Rehman..............Taruna
- Mumtaz...............................Meena
- Manoj Kumar......................Rajesh
- Mehmood.............................Haria
- Lalita Pawar........................Shanti
- Pran..............................Lala Baghat Ram
- Aruna Irani..........................Gauri
- Raj Mehra.............................Shyamlal


COLONNA SONORA : Laxmikant - Pyarelal

PLAYBACK SINGERS: Lata Mangeshkar, Mukesh, Majrooh Sultanpuri, Mohammad Rafi



UNA CURIOSITA’ :

Manoj Kumar , attore e regista, impegnato soprattutto in film a sfondo patriottico e sociale, ultimamente sembra non essere in vena di scherzi.
Lo scorso anno ha infatti trascinato in tribunale gli autori di Om Shanti Om per aver inserito nel film una sua parodia ritenuta offensiva.
C'è una scena in cui Shahrukh Khan entra alla prima di Dreamy Girl spacciandosi per lui,e, nel coprirsi il volto con la mano ripete in maniera ironica un gesto molto popolare dell’attore nel film Clerk (1989). Evidentemente Manoj non ha gradito la citazione… ed ha pure vinto la causa ottenendo un notevole risarcimento.
Coda di paglia o senso per gli affari??

18 giugno 2009

DASAVATHARAM



Action-movie bizzarro e cataclismico. Tumultuoso. Sorprendentemente ironico. Molto pulp. A suo modo iniziatico. Con un Kamal Haasan, in un nugolo di ruoli diversi, a farla da mattatore. Con una vivace ciarliera Asin. Con una spietata Mallika Sherawat al suo debutto nella cinematografia Tamil.
La regia ha avuto il suo bel daffare a sostenere una sceneggiatura tanto frenetica. Ma anche lo spettatore di certo non si rilassa, travolto in una vorticosa centrifuga dal caracollare degli eventi. L'azione è talmente rapida, i salti temporali e spaziali talmente numerosi e incalzanti, l'entrata in scena dei personaggi multipli interpretati da Haasan talmente inaspettata, che ad un certo punto l'unico pensiero che si riesce a formulare è:

Sicuramente Mi Sto Perdendo Qualcosa.

L'ansia sale: leggo i sottotitoli? mi concentro sull'azione? e quello chi èèè???
Insomma: un incubo. Da capogiro.
Non si contano gli Indiani che, uscendo dalle sale cinematografiche con passo incerto e un po' intontiti, hanno preso per mano la moglie di un altro, si sono chiesti per un quarto d'ora 'dove ho parcheggiato?', per poi avviarsi nella direzione opposta a quella di casa. Alcuni sono stati arrestati giorni dopo per vagabondaggio. Altri sono tuttora dispersi.

Come? Qual è il mio giudizio su 'Dasavatharam'?
B O H !
(Però è stata un'esperienza interessante).

TRAMA

(Gosh!)

RECENSIONI

The Times of India: ***
'Kamal Haasan ridistribuisce il suo film Tamil, questa volta in Hindi. Ma gli esperimenti non sempre hanno successo. Proprio come 'Dasavatharam', l'ambizioso progetto di Haasan che lo vede interpretare ben 10 ruoli. Il make-up spesso sconfina nel comico, e molti dei personaggi stranieri sono buffi. Ma i soli avatar che funzionano davvero sono il rude sacerdote del tempio, l'investigatore e lo scienziato. La trama è internazionale. A dispetto del kitsch, il film riesce ad essere un thriller vivace, in parte grazie alla storia che ha un sapore di attualità post-11 Settembre. Inoltre Haasan imprime un rapido ritmo alla pellicola, spostandosi nel tempo e nello spazio con infaticabile zelo. L'attore dona un certo grado di coerenza al caos che sembra essere al nocciolo del film. Gli tiene compagnia, e vivacemente, una rurale Asin, che aveva perfezionato l'arte dell'esuberanza anche prima di 'Ghajini'. Guardate 'Dasavatharam' per la sua confezione vistosa e per il coraggio di Haasan.'
Nikhat Kazmi, 17.04.09

Hindustan Times: *1/2
'Il film sembra essere null'altro che un pretesto per glorificare Kamal Haasan, che ne ha anche scritto la storia e la sceneggiatura. Molti dei personaggi sono caratterizzati più dalle stregonerie del make-up che dalla professionalità, dall'uso del corpo e dalla modulazione della voce di Haasan. Alcuni sono tediosi, altri francamente ridicoli. Sicuramente pochi attori indiani avrebbero potuto affrontare questa sfida, ma 'Dasavatharam' è un'idea sprecata, un film lungo e auto-indulgente.'
Shashi Baliga, 16.04.09

Cinema hindi: **1/2 (ma potrebbe essere anche *) (o ****)
Punto di forza: il GORGO
Punto debole: lungo? spossante? caotico?

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Kamal Haasan ('Hey Ram', di cui ha firmato anche la regia e la sceneggiatura) - dieci ruoli
* Asin ('Ghajini') - due ruoli
* Mallika Sherawat ('Murder') - Jasmine

Regia: K.S. Ravikumar

Soggetto e sceneggiatura: Kamal Haasan

Colonna sonora: Himesh Reshammiya ('Ahista Ahista') al suo debutto nella cinematografia Tamil

Fotografia: Ravi Varman

Montaggio: Ashmith Kunder

Traduzione del titolo: 'dieci avatara'

Anno: 2008 (nell'originale Tamil e doppiato in Telugu). Nel 2009 è stata distribuita una versione doppiata in Hindi col titolo 'Dashavtar'

CURIOSITA'

* 'Dasavatharam' è uno dei più grossi blockbuster nella storia del cinema indiano del Sud. Due anni di riprese. Diverse location straniere, fra cui anche il Giappone. La spettacolare scena del cataclisma è stata girata in un'area vastissima: sei macchine generatrici di onde furono importate dagli USA. Ed è stato il primo film indiano distribuito dalla Disney (solo per il Canada)

* Vishnu, una delle divinità della triade Hindu (con Shiva e Brahma), riveste un ruolo piuttosto importante nella storia. A partire dal titolo ('dieci avatara'). La statua che all'inizio viene gettata in mare è dedicata a questa figura divina (la sequenza ha creato non poche polemiche in ambito integralista). E non solo: il finale quasi apocalittico è correlato alla 'funzione' propria di Vishnu, che è quella di conservare l'universo. Vishnu 'genera se stesso nel mondo' ('si incarna', diremmo impropriamente) - ed è questo il significato di avatara - ogni volta che deve ristabilire l'ordine cosmico. La lista più autorevole elenca dieci avatara del dio, fra cui Rama (o Ram) e Krishna. Il decimo avatara deve ancora venire

* Kamal Haasan è uno dei nomi di spicco del cinema in lingua Tamil, ma ha recitato anche in altre cinematografie indiane (Telugu, Hindi). Attore molto eclettico, abile sceneggiatore, regista, produttore, compositore di testi e coreografo. E' l'attore indiano col maggior numero di pellicole scelte dal suo Paese per concorrere all'Oscar come miglior film straniero. Debuttò a sei anni aggiudicandosi subito il National Award come Best Child Artist. In seguito ha conquistato ben tre National Award come miglior attore protagonista. In 'Dasavatharam' interpreta dieci ruoli, un record nella cinematografia mondiale

* Gina K. ci fornisce delle notizie supplementari: Kamal Haasan è una figura ribelle e non convenzionale nel panorama del cinema indiano. Buon danzatore classico, ama dipingere, non accetta compromessi. Nella sua carriera ha spesso rischiato grosso. Bramino di alta casta ma ateo, è famoso anche per le numerose relazioni femminili. Si batte da anni per i diritti degli intoccabili (il gruppo sociale più oltraggiato in India). La figlia del fratello, Suhasini, attrice nonchè moglie del leggendario regista Tamil Mani Ratnam, è una strenua femminista

* Asin è considerata ormai una star nel cinema indiano del Sud. Ha recitato in pellicole Tamil e Telugu, e nel 2008 ha debuttato a Bollywood con 'Ghajini', con Aamir Khan, remake dell'omonimo film Tamil nel quale l'attrice aveva interpretato lo stesso ruolo

* Mallika Sherawat, sex-symbol di Bollywood, è famosa per le sue item song, per le quali pare chieda - e ottenga - cifre da capogiro. Alcune scene danzate da Mallika in 'Dasavatharam' sono state inesorabilmente tagliate dalla censura indiana. Ma l'attrice si è vendicata presentandosi al lancio della colonna sonora del film in abiti molto provocanti che hanno scatenato polemiche a non finire. L'evento, il più grosso al mondo nel suo genere, era stato organizzato allo stadio di Chennai. Tra gli ospiti: Amitabh Bachchan, Madhavan ('13B'), Jackie Chan e il Primo Ministro del Tamil Nadu

16 giugno 2009

PAKEEZAH




Innanzitutto questo non si può considerare soltanto un film. Le sue riprese continuarono per oltre quattordici anni e le vicende personali del regista e della sua protagonista si intrecciarono con l’evolversi della trama; Pakeezah venne spesso sospeso e dimenticato per essere tirato fuori più tardi e sottoposto a cambiamenti.
Kamal Amrohi aveva sposato la bellissima Meena Kumari nel 1952, lei, il vero romanzo della sua vita, gli fece dimenticare moglie e figli e lo trascinò in una nuova fase della sua produzione cinematografica. Iniziò a materializzarsi il progetto di un film in grado di essere contemporaneamente intimo ma grandioso, classico ma innovativo, spettacolare e fuori dagli schemi, capace di creare per la sua Meena il personaggio migliore che le sia stato mai proposto, nel quale avrebbe potuto riversare le sue inquietudini innate, la sua eleganza e i suoi stessi timori. Ma la dipendenza dell’attrice dall’alcolismo iniziò a mettere in dubbio la riuscita di Pakeezah e a seguito della crisi coniugale la pellicola venne addirittura dimenticata. Nell’ultima fase della sua carriera, e già pesantemente provata dalla malattia, Meena decise di terminare le sequenze mancanti per far uscire il film nelle sale. Data la distanza temporale con le scene precedentemente girate è impossibile non notare in lei una forte trasformazione, in alcune parti Meena ha un volto fresco e vellutato, danza meravigliosamente e il suo aspetto è dinamico; nelle scene che furono aggiunte dopo è nascosta da un trucco pesante e suoi movimenti sono più lenti, la scenografia, le musiche sembrano partecipare al suo dolore. Eppure, proprio in queste scene Pakeezah raggiunge la sua eccellenza e l’espressività della protagonista è accentuata fino ad essere disperata, dolorosa e a tratti molto inquietante.


TRAMA
Salim (Raaj Kumar) viaggia in un treno di notte e si innamora di una donna bellissima addormentata al suo fianco, non sa chi sia e non vuole svegliarla ma lascia un biglietto ai suoi piedi. Sahibjaan (Meena Kumari), pur essendo una cortigiana, continua a sperare di incontrarlo e rilegge le sue parole in maniera ossessiva.Ancora prima di conoscersi veramente, i due si scoprono legati da qualcosa che va aldilà dell’amore e che le forze della natura cercano di incoraggiare. Anche gli oggetti inanimati prendono vita per proteggere la ragazza e ricondurla al suo destino.


Niente è caso. La musica durante tutte le esibizioni della cortigiana si interrompe di colpo, accentuando lo smarrimento di chi guarda qualcosa che mai viene portato a compimento. Costantemente si rimanda, richiamando la difficile genesi del film, nemmeno i brani musicali sembrano riuscire a trovare una propria fine, restando in bilico nell’attesa. L’acqua accompagna molte delle scene più suggestive e famose, impossibile non pensare al Devdas di Bhansali guardando Meena Kumari immergere le sue chiome corvine nella bellissima fontana. Ma l’acqua diviene anche una presenza misteriosa e oscura, che trascina nel fondo una brocca vuota e minaccia coloro che si avvicinano a Sahibjaan con cattive intenzioni. Troviamo set costruiti in studio e volutamente artificiali, uno strano feticismo dei piedi (elemento onnipresente), scenografici panorami dai colori accecanti. Una musica di sottofondo accompagna gran parte del film, concedendo spazio solo a suoni simbolici come il fischiare del treno, il chiacchiericcio insensato della gente, il tintinnare dei campanelli, uno stormo di uccelli che attraversa il cielo, l’impetuosa forza di una cascata.

Il lieto fine c’è ma è solo un’illusione.  La trama mi sembra nient'altro che un pretesto per camuffare un'intenzione diversa del regista. Il film è fatalista, macabro, sofferente, c’è fin troppa bellezza nata per mascherare un dolore di fondo che non si esaurisce mai, ed è proprio questa sensazione di disagio e di soggezione a restare addosso agli spettatori anche dopo aver fatto scorrere fino in fondo i titoli di coda. Pakeezah è un fastoso racconto di addio, un dolente inganno.


Il mio giudizio sul film : ***** 5/5


ANNO: 1972

TRADUZIONE DEL TITOLO : colei che ha un cuore puro

REGIA: Kamal Amrohi


CAST:

- MEENA KUMARI ..... Sahibjaan / Nargis

- RAJ KUMAR........ Salim Ahmed

- ASHOK KUMAR...... Shahbuddin

- VEENA............ Nawabjaan

- KAMAL KAPOOR..... Nawab Zafar



COLONNA SONORA:
Ghulam Mohammed  e Naushad (musica). Kamal Amrohi, Kaif Bhopali, Majroo Sultanpuri (testi)



QUALCOS'ALTRO:

- Il ruolo affidato a Raj Kumar doveva essere di Dharmendra

- Meena Kumari morì poco dopo l'uscita del film distrutta dall'alcolismo. Clicca quì e leggi la biografia della Tragedy Queen del cinema indiano.

- Date le condizioni fisiche della protagonista, la suggestiva sequenza dell'ultima esibizione di Sahibjaan è stata portata avanti da Padma Khanna, l'attrice il cui viso venne coperto da un velo, danzò al posto di Meena Kumari.

- La visualizzazione del brano "Chalo Dildar Chalo" venne realizzata in modo da evitare ogni inquadratura su Meena, l'attrice non era più in grado di apparire nel film.

15 giugno 2009

HEAVEN ON EARTH


Con 'Videsh' siamo lontani anni-luce dagli scintillanti successi dei NRI (Non Returning Indians) rappresentati nei patinati film di Karan Johar o della Yash Raj. I personaggi sono Indiani emigrati in Canada, ma il loro tenore di vita è tutt'altro che invidiabile: dividono un angusto appartamento il cui canone è talmente oneroso che, per onorarlo, sono costretti ad affittare i posti letto durante il giorno a lavoratori notturni. L'ombra pesante della disoccupazione rabbuia un'esistenza priva di speranza. I caratteri sono esacerbati. I rapporti avvelenati. La protagonista, spedita da sola aldilà dell'oceano per sposare uno sconosciuto, si ritrova imprigionata in un matrimonio combinato che non soddisfa nemmeno il neo-marito, costretto a contrarre il legame per necessità di denaro: la dote portata dalla ragazza e il misero salario da lei guadagnato come operaia consentono a lui e alla sua famiglia di sopravvivere pur fra gli stenti. L'uomo, inasprito dall'umiliazione, prigioniero a sua volta di relazioni di sangue - soprattutto quella materna - colme di rancore e di acide pretese più che di affetto vero, reagisce con violenza picchiando la moglie, ma senza provare alcuna soddisfazione. Non si instaura un legame, seppur brutale, fra i due coniugi neppure durante le botte. Al contrario: lui spinge la donna via da sè, come a volerla cancellare. Come a volersi cancellare.

La disumanità, nel senso di assenza di umanità, caratterizza l'indistricabile groviglio di relazioni nel quale i personaggi si muovono. Silenziosamente. Lentamente. La neo-sposa ne tocca con mano il gelo, e non trova solidarietà nemmeno fra le altre donne. Malgrado la promiscuità soffocante, la distanza fra loro è abissale.

Come reagisce la nostra istruita, disorientata, sradicata eroina? Con una preoccupante regressione. Si chiude al mondo esterno, si spinge dentro di sè per nascondersi, sempre più in fondo. Nei momenti bui si racconta filastrocche attinte alla mitologia parlando di sè in terza persona. E si crea una sorta di compagno immaginario, che ha le sembianze esteriori del marito, ma che, al contrario di lui, le offre quel calore umano di cui la ragazza ha bisogno. L'alienazione è talmente profonda che realtà e fantasia si confondono.
Ma in un estremo atto di autoconsapevolezza, prepara la fuga.

Preity Zinta è di una bravura impressionante. Regge da sola il peso di un film non facile, fatto di silenzi e di movimenti ovattati. Lo sguardo smarrito che a poco a poco si spegne, le espressioni pietrificate, le emozioni trafitte e raggelate. Tutto in lei è perfetto.

La regia mantiene un basso profilo, esaltando così lo squallore delle vite e delle vicende. Le inquadrature sono ravvicinate, mostrano sempre e solo una piccola porzione di realtà, e contribuiscono ad accentuare l'aspetto claustrofobico del film. La scenografia e la fotografia sono quindi volutamente sottotono. La pellicola ne esce impoverita, ma è un difetto marginale.
L'unico vistoso errore è nella sceneggiatura: l'ordalia alla quale si sottopone la donna.

TRAMA

Chand (Preity Zinta) parte per il Canada piena di paure e di speranze per contrarre matrimonio. Il marito (Vansh Bhardwaj) si rivela un uomo ombroso e distante. La loro vita coniugale è fatta di silenzi, di rifiuti. E di botte.

RECENSIONI

The Times of India: **
'Dopo 'Provoked' di Jamohan Mundra, è Deepa Mehta ad indagare sugli abusi domestici subiti da sfortunate donne indiane spedite in terra straniera dalle loro famiglie. Ma 'Videsh' ad un certo punto perde completamente il contatto con la realtà: pozioni magiche, credenze mitiche, un climax melodrammatico. Il film ottiene risultati migliori nella fotografia (Giles Nuttgen) che cattura con glaciali primi piani gli interni claustrofobici della vita da NRI (*). La nuova famiglia di Preity è un ghetto di gente amareggiata che ha lasciato la propria casa in cerca del paradiso. E che finisce senza speranza, senza uno spazio, senza orgoglio. Preity Zinta nel ruolo della giovane sposa disincantata e priva di fascino regala una performance potente.'
(*) Non Returning Indians
Nikhat Kazmi, 26.03.09

Hindustan Times: *1/2
'Preity Zinta impregna di vulnerabile grazia il suo ritratto di una donna che vive costantemente nella paura. La storia ha i suoi buoni momenti (tutti riconducibili a Preity). Ma è un intrecciarsi incongruo di violenza ed alienazione domestiche con racconti antichi che, trasposti in un contesto canadese, semplicemente non funzionano. Preity Zinta, a suo credito, dà più di quello che riceve, attraversando realtà e fantasia con un'interpretazione meravigliosa. Il film non lo fa altrettanto bene.'
Shashi Baliga, 27.03.09

Cinema Hindi: ****
Punto di forza: Preity Zinta, con un'interpretazione che spezza il cuore
Punto debole: le sequenze col cobra (avete letto bene)

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Preity Zinta ('Salaam Namaste') - Chand
* Vansh Bhardwaj (attore teatrale, qui al suo debutto cinematografico) - Rocky, il marito

Regia e sceneggiatura: Deepa Mehta ('Earth')

Award:

* Preity Zinta si è aggiudicata il Silver Hugo Award come miglior attrice protagonista al Chicago International Film Festival

* Deepa Mehta si è aggiudicata il premio per la miglior sceneggiatura al Dubai International Film Festival

Traduzione del titolo: 'Paese straniero'. Termine sanscrito adottato in Punjabi, in Hindi e in altre lingue indiane moderne conservando lo stesso significato (ringraziamo Gina K.)

Anno: 2008, ma distribuito in India nel 2009, anche in una versione doppiata in Hindi (il film originale è in Punjabi e in Inglese)

Sito ufficiale: CLICCA QUI per visionare il trailer sottotitolato e per leggere le note molto esaurienti postate da Deepa Mehta

CURIOSITA'

* Heaven on earth è stato proiettato al Toronto International Film Festival 2008

* Deepa Mehta è emigrata in Canada nel 1973. Nella sua filmografia spicca soprattutto la cosiddetta 'trilogia degli elementi': 'Fire' (1996); lo splendido 'Earth' (1998) con Aamir Khan; 'Water' (2005) con John Abraham, distribuito anche in Italia. Circola la voce che stia per girare l'adattamento cinematografico del capolavoro di Salman Rushdie 'I figli della mezzanotte'

* Deepa Mehta ha incontrato Preity Zinta durante gli IIFA award del 2007 nello Yorkshire (alla regista, in quell'occasione, è stato consegnato un premio alla carriera), e le ha subito proposto il ruolo di Chand

* Nel sito ufficiale del film Deepa sottolinea che i temi affrontati da 'Videsh' sono tre: immigrazione, isolamento, potere dell'immaginazione

* Gli immigrati provenienti dall'Asia Meridionale sono i più numerosi in Canada, e fra loro la comunità Punjabi è la più folta (un milione di unità). Il film è ambientato a Brampton, nell'Ontario, la cui periferia viene denominata 'Bramladesh': i segnali stradali sono in Inglese e in Punjabi, lingua che sta rapidamente diventando la quarta più diffusa nel Paese

* Il film si è aggiudicato il Digichannel Audience Award come miglior lungometraggio all'edizione 2009 del River to River Indian Film Festival di Firenze (aggiornamento del 13.12.09). E sarà riproiettato nell'edizione del 2010 (aggiornamento del 24.11.10).

08 giugno 2009

SRINGARAM


'Sringaram' è un film in lingua Tamil, curatissimo nei dettagli, visivamente molto piacevole. Ma non è solo la confezione a brillare: la storia è interessante e sino ad un certo punto anche ben sviluppata. L'interpretazione della bella protagonista è dignitosa anche se un po' fredda. Le coreografie, di tipo classico, sono di ottimo livello tecnico, valorizzate dalla ricchezza dei costumi.

Da un punto di vista stilistico nulla in questa pellicola farebbe rimpiangere il glamour bollywoodiano, eppure manca quello scintillio, quell'energia, quel carisma divistico, quella vitalità che, al mondo, solo la cinematografia Hindi è in grado di sprigionare.

TRAMA

Madhura (Aditi Rao Hydari) è la nuova Devadasi del tempio - siamo nel Tamil Nadu negli anni Venti. Dotatissima ballerina, orgogliosa della sua arte, mal si adatta alle richieste opportuniste avanzate dal signorotto locale, il Mirasu (Manoj K. Jayan). Madhura preferisce abbandonare il suo status privilegiato per dedicarsi alla danza sacra, e unirsi all'umile guardiano del tempio, Kasi (Shashikumar).

RECENSIONI

The Hindu
'Un nutrito gruppo di abili tecnici, molti di loro esordienti, opera congiunto per 'Sringaram', un dramma storico nel quale grande attenzione è stata posta ai dettagli. Alla guida della squadra la regista Sharada Ramanathan al suo debutto. 'Sringaram' non è privo di difetti, ma i pregi riescono ad offuscarli. Gli occhi espressivi e la bravura come ballerina fanno dell'elegante Aditi Rao Hydari la scelta più adeguata al ruolo. Gentile e risoluto, forte e vulnerabile, il personaggio è molto ben costruito. Manoj K. Jayan colpisce per la sua recitazione sommessa. Shashikumar fa pieno uso delle potenzialità del suo ruolo. La fotografia di Madhu Ambat merita una menzione speciale. La direzione artistica di Thota Tharani cattura l'attenzione. E non si può evitare di ammirare gli eccellenti costumi di Rukmini Krishnan. Le coreografie di Saroj Khan sono un'impressionante miscela di tradizione e modernità. Non capita spesso di sentire gli applausi alla fine di una proiezione per la stampa. Questa volta è successo.'
Malathi Rangarajan, 05.10.07

Cinema Hindi: ***1/2
Punto di forza: la cura e la finezza dei dettagli (applauso a tutto il cast tecnico)
Punto debole: qualche smagliatura nella sceneggiatura, qualche rallentamento non necessario nel ritmo

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Aditi Rao Hydari ('Delhi-6') - Madhura
* Manoj K. Jayan - il Mirasu
* Shashikumar - Kasi
* Hamsa Moily - Kama

Regia: Sharada Ramanathan, popolare danzatrice, qui al suo debutto dietro la macchina da presa

Coreografie: Saroj Khan ('Delhi-6', 'Saawariya', 'Devdas')

Fotografia: Madhu Ambat

Direzione artistica: Thota Tharani

Costumi: Rukmini Krishnan

Award: National Award per la miglior coreografia a Saroj Khan e per la miglior fotografia a Madhu Ambat (ringraziamo Gina K.)

Traduzione del titolo: 'sringaram' è un vocabolo Tamil che significa 'vestirsi elegantemente' (in senso femminile), in modo particolare per le cerimonie nuziali. Applicare il kajal, il bindi, ornarsi con braccialetti, collane di fiori intrecciati, indossare scintillanti abiti dai ricchi colori e ricami. Ma può anche significare 'corteggiamento' (ringraziamo Gina K.)

Anno: 2007

CURIOSITA'

* La coreografa Saroj Khan è la madre del coreografo Raju Khan ('Jodhaa Akbar'). Ha vinto il National Award per la miglior coreografia anche per 'Devdas'

* La battuta migliore del film è recitata dal personaggio di Madhura al momento di abbandonare il tempio: 'Non è ribellione, è autostima'. Standing ovation alla fiera danzatrice

* La sequenza più emozionante vede ancora protagonista Madhura, affiancata da Kasi: non perdetevi la dolcezza del gesto di Kasi che offre alla Devadasi ormai in disgrazia un tempio naturale nella giungla decorato dai campanelli delle cavigliere di Madhura

* 'Sringaram' è stato recentemente proiettato a Roma nel corso della rassegna 'Rainbow of Indian Films'

* La Devadasi o serva di Dio dedicava alla divinità del tempio la sua vita di danzatrice. Durante la colonizzazione britannica la figura della Devadasi cominciò a perdere la connotazione religiosa e a trasformarsi in qualcosa di simile a una prostituta. Ma la famosa danzatrice Rukmini Devi riuscì a riaffermare il valore di quest'arte: a Madras furono aperte delle vere e proprie scuole, e la Bharatanatyam si rivelò come la più alta forma di danza classica indiana. La nostra Gina K. ci fornisce delle interessanti informazioni supplementari: 'Le Devadasi non potevano contrarre matrimonio, in quanto ufficialmente spose di Dio, e si esibivano nelle corti dei re o dei signorotti locali, spesso diventandone le amanti. Non potevano cessare di essere Devadasi e lasciare il tempio. Se generavano figlie, queste erano destinate a loro volta a diventare Devadasi. Acquisivano spesso grande potere grazie alle loro altolocate relazioni. Tutte le forme di danza classica e di musica classica indiane si sono evolute nei templi, in quanto considerate poesie e preghiere offerte alla divinità. Le danzatrici rappresentavano scene tratte dai poemi epici e dai testi religiosi. Un tempo era considerato disdicevole per le fanciulle di buona famiglia danzare in pubblico: studiavano danza e musica ma si esibivano solo in privato, e comunque mai dopo il matrimonio. Recentemente alcuni musicisti e compositori hanno tentato di integrare la musica e le danze popolari e folkloristiche con quelle classiche, malgrado l'ostilità dei puristi. Oggi ci sono persino un paio di danzatrici femministe che interpretano nelle loro esibizioni soliste dei forti personaggi femminili, sia della tradizione indiana che provenienti da altre culture (per esempio Maria Maddalena).' (Gina: thank you for the info and for your usual kind help)

06 giugno 2009

KAHO NAA PYAAR HAI


Film di debutto per Hrithik Roshan, accuratamente studiato a tavolino dal padre Rakesh che ne è regista. Kaho naa pyaar hai inaugurò il millennio trionfando e schiacciando anche il nuovo di Shahrukh Phir bhi dil hai hindustani.

Carente di emozioni ma abbondante in immagini, non è altro che un enorme pacchetto regalo consegnato nelle mani di un giovane e promettente nuovo volto; creato su misura per esaltarne ogni dote e con l’intento di trasformarlo da un bello sconosciuto ad una superstar nel giro di poche ore. La consacrazione di Hrithik fu immediata e l’esplosione ormonale delle adolescenti (e non) trascinò folle incredibili.

TRAMA

Lui è un cantante con grandi speranze, lei un’ereditiera snob e stupidina. Durante una festa a bordo di una nave da crociera i due si addormentano in una scialuppa per svegliarsi il mattino dopo naufraghi in un’isola deserta.
Dall’antipatia all’amore il passo è breve ma l’idillio si interrompe al ritorno in città. Raj ha molti nemici e muore tragicamente mentre cerca di sfuggirgli.
Sonia va a vivere in Nuova Zelanda, dove incontra un suo sosia. Con una veloce vendetta vengono eliminati i cattivi. E tutto è bene quel che finisce bene.



In poche parole, non è il genere di film che mi fa impazzire ma Hrithik è bravo e non ha macchie, quindi l’attenzione eccessiva concessa a questo titolo, sicuramente sopravvalutato, è motivata anche dall’effetto novità per l'introduzione nello stardom indiano di un attore fisicamente aitante, che tra l’altro sa pure recitare benissimo.

La prestanza fisica di Hrithik, e il suo look da urlo, sono riusciti ad incendiare lo schermo e far diventare Kaho naa pyaar hai, la cui trama è debolissima e insensata, una super hit strepitosa.

Personalmente, credo che il film sia solo terribilmente mediocre, e, se non fosse stato per la bellezza e bravura del suo protagonista, non sarebbe durato nelle sale più di un giorno.
Amisha Patel è gradevole come un cucchiaio di sciroppo quando si ha il mal di gola, e la scelta di introdurre un sosia come rimpiazzo di Rohit è molto forzata ; oltretutto che messaggio vuole lasciare? Sembra suggerire: “o tu o un altro non mi importa... purchè abbia la stessa faccia!”
Direi che è disgustosamente superficiale.

ANNO: 2000

REGIA: Rakesh Roshan

TRADUZIONE DEL TITOLO: Dimmi che questo è amore

CAST:

- Hrithik Roshan.......... Rohit / Raj
- Amisha Patel............ Sonia Saxena
- Anupam Kher............. Mr Saxena
- Dilip Tahil............. Shakti
- Farida Jalal............ Lily

COLONNA SONORA: Rajesh Roshan

PLAYBACK SINGERS: Alka Yagnik, Udit Narayan, Asha Bhosle, Kumar Sanu


QUALCOS’ALTRO:

La protagonista femminile doveva essere Kareena Kapoor che poi rifiutò temendo (giustamente) di essere messa in secondo piano in un film studiato per far risaltare solo Hrithik . Venne sostituita con Amisha Patel ( ma una via di mezzo non c’era?).
Kareena scelse di debuttare con Abhishek Bachchan nel film Refugee, che fu un flop, ma almeno le regalò un ruolo niente male e la possibilità di farsi vedere per intero senza temere l’ombra della già acclamata superstar .

Le scene del naufragio sono state girate in Thailandia, precisamente nei dintorni di Krabi, nella costa delle Andamane. Povero Hritik ! Naufrago in un’isola deserta solo in compagnia di Amisha Patel !! Mi meraviglio che il suo personaggio nel film sia uscito vivo da un simile trauma.
Lei è l’attrice più inutile e piatta che abbia mai girato un film a Mumbai, forse ha buone conoscenze, o forse è stata solo fortunata, resta il fatto che fa vomitare.


Il mio gudizio sul film : ** 2/5

Punti a favore: Hrithik in tutte le salse e l’ambientazione esotica

Da evitare per : Amisha Patel, uno script da fotoromanzo di serie B e una colonna sonora noiosa.

05 giugno 2009

D O S A R


'Dosar' non è un film in lingua Hindi. Girato a Calcutta in un sofisticato bianco e nero, è un esempio della cinematografia indiana d'autore in lingua Bengali. Priva dell'aura scintillante che contraddistingue la produzione bollywoodiana, la pellicola è ad alto tasso di introspezione psicologica, con performance davvero di altissimo livello da parte dei due attori protagonisti: Konkona Sen Sharma e la superstar bengalese Prasenjit Chatterjee.

L'inizio non è per nulla promettente: statico, lento, con dialoghi mal scritti. E la fine arriva di colpo, dopo una brusca accelerazione nella trama. Ma il corpo del film è molto interessante. Il modo intimista con cui viene sondato il rapporto fra i due coniugi al ritorno a casa dall'ospedale del marito è sottile e ben rappresentativo della fragilità dei rapporti umani in una situazione di crisi improvvisa.

Alcune sequenze sono magistrali:

* l'incidente d'auto: il raggelante frastuono, lo sguardo attonito degli astanti;
* il trasporto della salma della donna vittima dell'incidente, con al seguito marito e figlio;
* l'annuncio della morte della collega bruscamente comunicato da Kaberi a Koushik in ospedale;
* il pianto sommesso ma disperato di Koushik mentre viene imboccato dall'infermiera (da nodo alla gola);
* molti dettagli nella fase di riavvicinamento di Kaberi e Koushik.

Superflua la vicenda parallela dell'amica di Kaberi e del suo amante. Sottrae tempo prezioso alla storia principale.

TRAMA

Koushik rimane gravemente ferito in un incidente d'auto nel quale l'amante perde la vita. La moglie Kaberi si trova all'improvviso a dover affrontare la tragedia delle condizioni critiche di salute del marito e la scoperta devastante della sua infedeltà. Il divorzio sembra l'unica soluzione praticabile.

RECENSIONI

Rediff: ***
'Rituparno Ghosh è indubbiamente un grande narratore. Il soggetto sembra semplice e forse convenzionale, ma la sceneggiatura fa la differenza. Rituparno rappresenta molto bene le emozioni umane e dà spazio ai punti di vista di tutti i personaggi. Sia Prasenjit che soprattutto Konkona regalano grandi performance. Non si comprende la ragione del bianco e nero, seppur piacevole. La fotografia quasi perfetta e il buon commento musicale offrono il dovuto supporto.'
Srabanti Chakrabarti, 12.05.06

Cinema Hindi: ***
Punto di forza: la storia principale e le interpretazioni
Punto debole: l'inizio troppo lento

SCHEDA DEL FILM

Cast:

* Konkona Sen Sharma ('Luck By Chance') - Kaberi
* Prasenjit Chatterjee ('The Last Lear') - Koushik

Regia e sceneggiatura: Rituparno Ghosh ('The Last Lear')

Traduzione del titolo: 'compagno'

Anno: 2006

Sito ufficiale: per visionare il trailer Clicca qui

CURIOSITA'

* Il film è stato presentato alla 60ma edizione del Festival di Cannes nella sezione 'Les Cinema du Monde', ed è stato recentemente proiettato a Roma nel corso della rassegna 'Rainbow of Indian Films'

* Uno dei personaggi viene sorpreso a leggere 'L'omonimo', il notissimo romanzo di Jhumpa Lahiri da cui è stato tratto il film 'The Namesake. Il destino nel nome' diretto da Mira Nair

* Il regista Rituparno Ghosh ha vinto nel 2003 il National Award per il miglior film in Bengali per 'Shubho Mahurat'

* Prasenjit Chatterjee è da quasi due decenni il più famoso attore del cinema di intrattenimento in lingua Bengali. La sua filmografia è impressionante: circa 270 film, con una media del 40% di successi negli ultimi dieci anni. Ha dichiarato di considerare il suo ruolo in 'Dosar' come la sfida più grande della sua carriera: '(Koushik) subisce gravi ferite, e per la maggior parte del tempo sono rimasto in posizione orizzontale e potevo esprimere le mie emozioni solo con gli occhi. Nessun'altra parte del mio corpo doveva muoversi. E' stato estremamente estenuante, ma anche stimolante perchè il pubblico indiano generalmente non accetta questo tipo di personaggi.'

03 giugno 2009

KABHI ALVIDA NAA KEHNA (NON DIRE MAI ADDIO)


Lo devo ammettere, sarò spaventosamente di parte. Non farei uscire una parola negativa nemmeno sotto minaccia.
Non solo perché mi ritrovo avvolta dalla mia costante carenza di obiettività ( in fondo chi può esserlo di fronte al proprio film preferito?) ma anche perché non è difficile tirare fuori valanghe di meriti avendo questo titolo tra le mani.

E’ il più sofisticato tra i film di Karan Johar, regista da record, figlio della radiosa nuova generazione bollywoodiana che ha già alle spalle clamorosi blockbuster e un pubblico delirante di seguaci sparso per il mondo intero.
Ripeto casomai fosse sfuggito a qualcuno: per il mondo intero!! Il film mira ad essere universalmente appetibile. Lo prescriverei come cura nei casi di pregiudizio latente nei confronti della cinematografia indiana, considerata ancora , da una vasta schiera di ignoranti, un’industria di serie B e destinata solo al veloce consumo nazionale. Vogliamo svegliarci una buona volta?

Kabhi Alvida Naa Kehna è un progetto ambizioso, dal budget illimitato e dal cast stellare, riunisce attori da paura e regala a ciascuno dei suoi grandi interpreti un personaggio accuratamente studiato.
Mantenendo le giuste dosi di ragione e sentimento, il film è impeccabile nella forma e al tempo stesso strabordante d’emozione. I fragili equilibri tra i rapporti umani perdono ogni contatto con la quotidianità per trasformarsi in uno spettacolo seducente ma non meno toccante, efficace e reale.


TRAMA
Dev e Maya sono insoddisfatti della loro vita di coppia e si confrontano per cercare di migliorare l’intesa con i rispettivi partner; col passare del tempo si accorgono che sta nascendo un legame nuovo che li coglie impreparati e che forse era stato già deciso dal destino. (La trama è semplice, ma garantisco, tutto il resto no)


La bellezza esteriore non è mai freddo estetismo piuttosto una costante ricerca del film perfetto, intoccabile, capace di incantare con sequenze meravigliose sfruttando mezzi all’avanguardia saziando gli occhi , appagando i sensi, raccontando una storia.
L’eccezionale fotografia mostra una New York di un fascino mai visto, nota è la cura maniacale di Karan per il raggiungimento della bellezza assoluta dell’immagine, dalla location alla luce; colori che devono sorprendere, rilassare, scioccare, attrarre magicamente la telecamera e accompagnare gli stati d’animo dei personaggi. Dai suoi interpreti richiede ovviamente l’eccellenza e presuppongo che per soddisfare i suoi ideali arriverà a strizzarli come limoni.
Karan vuole il meglio e sa come, e da chi, ottenerlo.

Dev Saran è il mio personaggio preferito nell'abbondante filmografia di Shahrukh Khan. E’ così intenso, così reale, così velenoso. Non un uomo dei sogni ma una persona vera piena di difetti, di rancore, di desideri non realizzati, di passioni represse che lo corrodono e lo rendono aggressivo. Le sue battute sono taglienti, la sua emotività disarmante, la sua tenerezza angelica. Il sex appeal? Lasciamo perdere; è capace di farmi sentire subito bene se mi sento male, o subito male, se al contrario mi sento bene.

La sceneggiatura, moderna, intensa. I dialoghi non concedono spazio alla noia.
Ognuno dei personaggi possiede un registro proprio, Dev è cinico ma anche stuzzicante, sempre provocatore nelle affermazioni. Rhea è realista e diplomatica, sa come utilizzare il linguaggio per mantenersi vaga o per colpire l’orgoglio. Maya è misurata, perfettina, anche nelle sue parole svela il suo perpetuo trattenersi. Che dire poi delle perle di saggezza che sono state scritte per Sam/Amitabh Bachchan? Il dialogo con Maya in ospedale è da respiro interrotto. Casomai dovesse squillarmi il telefono durante questa sequenza potrei tranquillamente spappolarlo contro un muro.


TIME STOPPING SCENES:

-Il mix di immagini nella canzone “Where’s the party tonight?”, la materializzazione del tradimento tra Dev e Maya si intervalla ai festeggiamenti della moglie Rhea e del marito Rishi, contenti di aver raggiunto i proprio obiettivi e sicuri dell’amore dei rispettivi partner.

- La cena a cui partecipano tutti i protagonisti, letteralmente incendiata dalle battute al vetriolo tra Dev (Shahrukh Khan) e Sam (Amitabh Bachchan). Uno scontro tra titani.

- Le scene di gelosia a teatro e le rispettive provocazioni; il gioco scorretto e gli sguardi che si intrecciano. Nessuna sillaba viene pronunciata, sarebbe stata superflua.


QUALCOS’ALTRO:

La protagonista inizialmente scelta per il ruolo di Maya era Kajol, che poi rifiutò consegnando questa meraviglia di film nelle mani di Rani Mukherjee. L’attrice compare in un breve cameo all’interno della canzone “Rock ‘n Roll Sonye”
Fin dal suo primo film Karan ha voluto assicurarsi che tutti i suoi attori indossassero sempre abiti all’ultimo grido, dalle grandi firme ai voluttuosi e scintillanti embroided saree. Il buon gusto e la cura per i dettagli sono una sua prerogativa. Eleganza + Eccentricità è un binomio possibile, guardate uno dei suoi lavori e ve ne renderete conto.


ANNO : 2006
REGIA : Karan Johar
TRADUZIONE DEL TITOLO: Mai dirsi addio
CAST:

- Shahrukh Khan.................... Dev Saran

- Rani Mukherjee....................Maya

- Amitabh Bachchan.................Sam Talwar

- Abhishek Bachchan................Rishi

- Preity Zinta.........................Rhea

- Kirron Kher..........................Kamaljit

- Arjun Rampal.........................Jai

Special Guests : Kajol e John Abraham


La COLONNA SONORA , firmata Shankar- Ehsaan- Loy è sicuramente meno coinvolgente delle loro precedenti collaborazioni (Kal Ho Naa Ho, Bunty aur Bably) ma tutto sommato basta così, non avrei nemmeno voluto in questo film canzoni troppo piacevoli e orecchiabili. Le song picturizations spaziano dall’incanto della natura alla frenesia della metropoli, dove si alternano bizzarre feste private di ricchi NRI, disco parties, sensualità che trabocca, attualità e un pizzico di fatalismo

PLAYBACK SINGERS: Sonu Nigam, Alka Yagnik, Shankar Mahadevan (Shankar), Loy Mendonsa (Loy), Shaan, Shafqat Amanat Ali, Vasundara Dhas.


RECENSIONI:
Bollywood Hungama (testo originale)
BBC Bollywood (testo originale)
The Times of India (testo originale)
New York Times (testo originale)


Il mio giudizio sul film: ***** 5/5
Se vi piacerà vi innamorerete irreversibilmente del cinema indiano.
Per coloro che sostengono che sia eccessivamente lungo (3h09’) melodrammatico, pesante, patinato, ho in serbo un unico commento: non ve lo meritate!!

02 giugno 2009

ANAND


Hrishikesh Mukherjee era davvero in vena di rischiare.
Volendo parlare della malattia e della morte e rendendosi conto di aver scelto un tema anticommerciale e straziante, piuttosto che cadere nel ripetitivo (o affidarsi all’effetto lacrime-a-pioggia per non deludere gli spettatori) capovolge tutto e pensa ad un personaggio dinamico, energico e solare.
L’esperimento funziona, la storia regge, malgrado il paradosso, e non è mai offensiva. C’è più poesia che tristezza e lo spettatore assiste con il cuore in gola e il sorriso sulle labbra ad una delicata tragi-commedia.

TRAMA
Bhaskar Banerjee è un dottore alle prime esperienze lavorative al quale viene affidato un paziente suo coetaneo, senza alcuna speranza di salvezza. Al contrario di quanto immaginava, Anand, il malato, non si ripiega su se stesso ma è un vero vulcano; quasi come se non fosse al corrente della sua malattia, crea costantemente nuovi legami, fino ad unirsi ad una compagnia teatrale.

Il film evita di costruire un crescendo di angoscia, allo stesso tempo si guarda bene dal creare false speranze, mantenendo una distanza di rispetto costante nei confronti dei temi affrontati.
Se il regista sceglie di iniziare il film con la presentazione di un libro in memoria di Anand, lo fa per eliminare ogni suspence, il pubblico non deve chiedersi se il protagonista sopravviverà o no, non deve illudersi. Una volta chiarito questo, Hrishikesh e il poeta Gulzar, suo collaboratore nella stesura dei dialoghi, possono sbizzarrirsi come vogliono nel creare una storia brillante.
Probabilmente Anand è il ruolo migliore che sia mai capitato in mano a Rajesh Khanna, al centro della scena nonostante la presenza di un attore molto più dotato di lui al suo fianco. Rajesh fa bene a sfruttare fino in fondo quest’occasione, perché in futuro, per lui come per molti altri, diventerà sempre più difficile controllare l’imponenza artistica e fisica di un uomo come Amitabh Bachchan.
Anand abbatte ogni barriera della riservatezza e gli insegna ad esprimersi senza freni né timore del giudizio altrui, è invasivo, tenero, rompiscatole, usa mezzi poco ortodossi ma estremamente efficaci. Non è tanto lui che si ostina a non vedere la sua prossima fine, quanto Bhaskar ad essere ancora inconsapevole del fatto di essere vivo. Aiutato da un’ottima storia e da bei dialoghi Rajesh Khanna trionfa e si fa amare, le scelte inspiegabili del suo personaggio divengono un inno alla ricerca della qualità della vita in contrapposizione all’esistenza incolore e cronicamente passiva del medico.
Veri tranelli per il pubblico le scene in cui il regista ci fa credere che un improvviso sfogo drammatico stia per avvenire, per poi ingannarci, presentandoci delle situazioni che sono l’esatto contrario. Il regista gioca con gli opposti, il capovolgimento è costante, non fa che smentire ad ogni passo ciò che potremmo aspettarci da una storia simile e prende a mazzate l’ansia dello spettatore di veder confermate le sue previsioni.
L’epilogo è piuttosto forte e mette da parte di colpo la sensibile leggerezza che ha accompagnato la storia. Un po’ come se il film si fosse già interrotto poco prima, Hrishikesh Mukherjee ha già detto ciò che voleva comunicare, e, proprio perché non vuole che i suoi sforzi vadano sprecati per mancanza di credibilità deve trasferire, almeno nel finale, il personaggio all’interno di una dimensione drammatica ed è costretto a dirgli addio. Cercherà di farlo rivivere qualche anno dopo, in chiave femminile, girando il film Mili, ma non sarà la stessa cosa.

Il mio giudizio sul film **** 4/5
Khanna al suo meglio, Bachchan agli esordi e ancora lontano dall'essere una superstar. Un vero classico, due performance indimenticabili.

ANNO: 1971
REGIA : Hrishikesh Mukherjee
TRADUZIONE DEL TITOLO: Anand è un nome proprio, ma anche sinonimo di felicità

CAST:
- Rajesh Khanna.............. Anand
- Amitabh Bachchan..........Bhaskar Banerjee
- Sumita Sanyal.................Reenu
- Ramesh Deo...................Dott. Kulkarni
- Seema Deo....................Suman
- Asit Sen.........................Muralilal
- Lalita Pawar...................D'Sa

COLONNA SONORA: Salil Choudhury
PLAYBACK SINGERS: Lata Mangeshkar, Mukesh, Manna Dey

RICONOSCIMENTI E PREMI:
Sei Filmfare Awards vinti nelle categorie : Best actor (Rajesh Khanna), Best Supporting Actor (Amitabh Bachchan) , Best Film, Best Story, Best Editor (Hrishikesh Mukherjee) e Best Dialogue (Gulzar)

01 giugno 2009

THE LEGEND OF BHAGAT SINGH


E' un film che non vi consiglio. Rajkumar Santoshi, il regista di 'The Legend of Bhagat Singh', ha diretto fra gli altri il bizzarro e complesso 'Lajja', pellicola tutta al femminile con Ajay Devgan in un ruolo minore; l'ottimo 'Halla Bol', sempre con Devgan ma nel ruolo principale a regalarci un'interpretazione molto convincente; e 'Pukar', commentato positivamente dalla nostra impagabile Caterina.

Ma 'The Legend of Bhagat Singh' mi è sembrato davvero debole, narrato e diretto in modo inaccurato. La sceneggiatura è ripetitiva, noiosa, molto retorica (Santoshi non è riuscito a replicare con successo l'azzardatissimo esperimento tentato in 'Lajja' di far confluire in un unico film tematiche di denuncia ed estetica bollywoodiana). I personaggi sembrano di cartone, e la figura del bambino è inutile e di troppo. Gli europei sono al solito caricaturali. Il ruolo di Amrita Rao inspiegabile. I dialoghi sono spesso imbarazzanti. La regia spicca qua e là con qualche potente sequenza di gruppo e per il realismo crudo col quale vengono rappresentati i massacri. Per il resto è assente e incolore. Le interpretazioni sono spente, compresa quella di Ajay che è troppo uniforme e non emoziona. Persino la colonna sonora composta da A.R. Rahman sembra insipida, malgrado il tono epico e i testi patriottici.

Colpisce un solo aspetto: Gandhi non esce bene da questa pellicola. Il regista sceglie il suo eroe, Bhagat Singh, un rivoluzionario che preferisce la lotta armata alla non-violenza, e lo presenta come un personaggio positivo, combattivo, idealista, che sacrifica tutto se stesso per il suo Paese. Implicitamente Gandhi è il rivale petulante e debole, reo di non essersi adoperato abbastanza per la salvezza di Bhagat.

TRAMA

Bhagat Singh (Ajay Devgan) è un rivoluzionario che abbraccia la lotta armata per liberare il suo Paese dall'invasore britannico. Ma i tempi non sembrano ancora maturi per l'indipendenza dell'India.

RECENSIONI

Bollywood Hungama: ****
'La storia di Shaheed Bhagat Singh non è nuova per gli Indiani. Ma la cronologia degli eventi, dall'infanzia alla morte, viene magnificamente rappresentata in TLOBS. Il regista Rajkumar Santoshi centra molti obiettivi: i fatti vengono raccontati nel modo più semplice in modo tale che anche lo spettatore medio possa comprenderli senza difficoltà; il periodo precedente all'indipendenza viene minutamente raffigurato; il combattente per la libertà è presentato come un eroe autentico; senza distorcere i fatti il film narra brillantemente la vita del rivoluzionario e la passione per il suo Paese. Santoshi ha gestito la pellicola, il casting e le performance con la massima cura. TLOBS è indubbiamente il suo prodotto migliore. La sceneggiatura di Anjum Rajabali si sviluppa morbidamente, senza salti improvvisi, e non rende il film un mero documentario. I dialoghi (Piyush Mishra, Ranjeet Kapoor, Rajkumar Santoshi) sono naturali. E le battute contro i britannici scateneranno sicuramente applausi fragorosi in India. La musica di A.R. Rahman si amalgama bene con l'atmosfera della pellicola e si adegua per qualità agli standard internazionali. La fotografia di K.V. Anand è di prima classe. Le scenografie sono curate, i costumi perfetti, le scene d'azione ben eseguite. Definire Ajay Devgan eccellente nel suo ruolo significa sottovalutarlo. La sua performance è destinata a guadagnargli l'ammirazione degli appassionati di cinema, oltre che a conquistare premi.'
Taran Adarsh, 06.06.02

Cinema Hindi: *1/2
Punto di forza: alcune sequenze di grande cinema
Punto debole: sceneggiatura noiosa, personaggi stereotipati, interpretazioni non eccelse

SCHEDA TECNICA

Cast:

* Ajay Devgan ('Lajja') - Bhagat Singh
* Sushant Singh ('Josh') - Sukhdev
* D. Santosh ('Iqbal') - Shiviram Hari Rajguru
* Raj Babbar ('LOC Kargil') - il padre di Bhagat
* Farida Jalal ('Kuch Kuch Hota Hai') - la madre di Bhagat
* Surendra Rajan ('Paheli') - Gandhi
* Amrita Rao ('Main Hoon Na') - fidanzata di Bhagat

Regia: Rajkumar Santoshi ('Lajja')

Sceneggiatura: Anjum Rajabali ('Pukar')

Colonna sonora: A.R. Rahman ('Delhi-6')

Fotografia: K.V. Anand ('Josh')
Direzione artistica: Nitin Desai ('Devdas')

Anno: 2002

Award:

* National Award: Best Hindi Film e Best Actor (Ajay Devgan)

* Filmfare Award: Critics Award for Best Movie, Critics Award for Best Actor (Ajay Devgan), Best Background Score (A.R. Rahman)

* Zee Cine Award: Best Action, Best Background Score, Best Dialogue, Best Editing

CURIOSITA'

* Bhagat Singh fu giustiziato dagli Inglesi nel 1931 all'età di 24 anni. Proveniente da una famiglia Sikh ostile al Raj britannico, Bhagat iniziò giovanissimo a dedicarsi alla causa, associandosi al movimento di non-cooperazione di Gandhi, per poi diventare un vero e proprio rivoluzionario. L'episodio raccontato nel film del travestimento di Bhagat è realmente accaduto: il ragazzo si tagliò la barba e i capelli, violando così le regole sacre del sikkismo, per sfuggire ai controlli. Lo sciopero della fame proclamato da Bhagat durante la sua reclusione per rivendicare eguali diritti per i prigionieri indiani durò 63 giorni: la fama di rivoluzionario del nostro carismatico eroe si diffuse così in tutto il Paese e non solo nel Punjab

* Una delle più popolari teorie di cospirazione contro Bhagat Singh vede protagonista proprio la figura di Gandhi, accusato di aver avuto l'opportunità di salvare il giovane ma di non averla sfruttata. Gandhi dichiarò di essere un grande ammiratore del patriottismo di Bhagat, e di essersi opposto strenuamente alla sua esecuzione, ma il suo potere non era ancora abbastanza forte da ottenere la grazia

* La sequenza più emozionante è quasi all'inizio del film: dinanzi agli occhi sbarrati del piccolo protagonista, si narra il tristemente noto massacro di Jallianwala Bagh, avvenuto il 13 Aprile 1919. 'Era domenica e circa diecimila tra uomini, donne e bambini - in gran parte contadini provenienti dai villaggi vicini - si erano radunati nel bagh ("giardino") per celebrare una festività indù. Le truppe di Dyer spararono per dieci minuti, riversando 1650 pallottole a bruciapelo sulla folla inerme e intrappolata. Furono quattrocento gli indiani morti e milleduecento i feriti: quando si ritirarono, al tramonto, il generale e i suoi uomini avevano trasformato il giardino in un cimitero nazionale. (...) Così Tagore rinunciò al cavalierato che gli era stato conferito, dopo che aveva vinto il Premio Nobel per la letteratura nel 1913.' ('Storia dell'India', Stanley Wolpert, Bompiani, 2000, pagg. 275-276). Il massacro avvenne a seguito di violenti disordini scoppiati in Punjab alla notizia dell'arresto di noti leader della regione. Il generale Dyer aveva proibito ogni tipo di assembramento per garantire l'ordine pubblico

* Nei titoli di testa si ringrazia il fratello di Bhagat Singh

* Diversi film Hindi hanno raccontato le gesta di Bhagat. Il più vecchio, 'Shaheed', è del 1965. Nel 2002, insieme alla pellicola di Santoshi, è stata realizzata anche '23 March 1931: Shaheed', con Bobby Deol nel ruolo di Singh, Sunny Deol in un ruolo comprimario e Aishwarya Rai in un cameo. Entrambi i film incontrarono il favore della critica ma non del pubblico

* In 'Rang De Basanti' gli studenti protagonisti della pellicola vengono coinvolti nella realizzazione di un documentario proprio sulla vita di Bhagat Singh

* Lo sceneggiatore Anjum Rajabali ha recitato in 'Ghajini' nel ruolo del Dott. Mitra

* L'attore Raj Babbar è il padre di Prateek Babbar, che ha debuttato l'anno scorso in 'Jaane Tu Ya Jaane Na' nel ruolo del fratello della protagonista femminile, esordio positivamente accolto da critica e pubblico. Raj Babbar è stato eletto per tre volte membro del Parlamento indiano