Maryan e' un film che non capita di vedere tutti i giorni, e che forse non tutti
i giorni potremmo seguire allo stesso modo e con la stessa
partecipazione. Un inno alla forza di volontà che si divide tra due locations
estreme, l’oceano e il deserto, davanti alle quali anche l’individuo più forte
finisce per sentirsi perso o poco più grande di niente, ma è proprio davanti
alle avversità che l’essere umano scopre di avere notevoli risorse, molte delle
quali ancora inesplorate. Splendido debutto per il regista Bharat Bala che,
ispirato da un evento di cronaca, modella un film eccezionale incentrato sul
più forte di tutti gli istinti: l'autoconservazione.
TRAMA
Maryan (Dhanush), un pescatore di Kanyakumari, è cresciuto sfidando ogni
giorno l’oceano ma l’amore per Panimalar (Parvathi Menon) e il bisogno di
maggiori risorse economiche lo spingono ad accettare un lavoro temporaneo in Sudan.
Il suo contratto volge al termine e il ragazzo si prepara a tornare a casa
quando la sua jeep viene assaltata da un gruppo di ribelli, Maryan riesce
miracolosamente a fuggire ma davanti a lui solo il deserto…
Lo straordinario Dhanush, duramente messo alla prova dal copione, subisce una
serie di trasformazioni fisiche e continua ad esplorare i diversi meccanismi
del dolore, le reazioni, le debolezze umane, gli incubi, le ombre. I film che l’attore
sceglie di interpretare sembrano aggiungere mano a mano tasselli di un mosaico
molto complesso il cui tema e' il dark side che si cela dentro ognuno di
noi. Se Mayakkam Enna e 3 mostravano l’abbandono e l’isolamento nella
sofferenza Maryan si concentra invece sulla forza di volontà e sembra suggerire
che forse non siamo consapevoli delle potenzialità del nostro corpo e della
nostra mente. Parvathi Menon (Poo, City of God) regala una performance
strepitosa ed arriva a rivaleggiare con Dhanush cercando di rubargli la scena,
il suo personaggio è audace, sincero, portato sullo schermo con naturale
spontaneità e fascino. Tra i due è connessione immediata, una lotta di talenti,
un avvincente incontro.
L’amore diviene l’ispirazione, la scintilla che rigenera nel protagonista
nuove energie, la motivazione che lo spinge ad andare avanti e gestire il
dolore, la fame e la stanchezza. Tipico dei film tamil è narrare di sentimenti
che faticano a nascere e ad esprimersi, ma, nel momento in cui iniziano a
pulsare, non si corrompono né risentono del passare del tempo. Se i personaggi
scelgono di credere in qualcosa non abbandonano la propria strada e la propria
scelta, sia quel che sia. Maryan sfida l’ostilità della natura, il deserto e lo
spettro della solitudine, abbandonato a se stesso prende coscienza dalla
propria fragilità ma anche del suo potenziale, il desiderio di tornare a casa e
rivedere Panimalar costruisce un miraggio che lo allevia dall’agonia e lo rende
forte a tal punto da sfidare le sue paure e divenire immortale.
Considerando la trama del film come un esperimento di laboratorio ne emerge
che l'uomo e' un animale sociale, che ha bisogno del contatto umano, l'attaccamento
dal quale il protagonista voleva proteggersi diviene la sua salvezza nel
momento in cui si ritrova solo, schiacciato dal silenzio, in una realtà fisica
opposta alle sue abitudini e impossibile da gestire. Come molte delle
migliori pellicole tamil, Maryan è angosciante e costruita per indurre
sofferenza piuttosto che intrattenimento e sollievo, ogni istinto, ogni rabbia,
ogni emozione vengono narrati come la vita vuole, senza elaborazioni di
copione, senza furbe reinterpretazioni, acqua che trabocca da un bicchiere
stracolmo. L’Africa e il Tamil Nadu, come tutto il resto del mondo, appaiono
popolati da gente di ogni tipo, e se da un lato ci sono coloro che attaccano,
dall’altra c’è chi tende la mano ed è pronto ad aiutare. Il realismo abbraccia una poesia delle immagini e dell'innocenza, dalle piu piccole azioni e'
possibile rintracciare la natura stessa degli individui, riconoscerne la loro
purezza o al contrario la perversione. Le note di A.R. Rahman accompagnano dolcemente la
storia e la accarezzano, mitigandone anche i momenti più drammatici.
Il mio giudizio sul film : ****1/2
4,5 /5
ANNO: 2013
LINGUA : Tamil
TRADUZIONE DEL TITOLO: L’immortale
REGISTA : Bharat Bala
CAST:
Dhanush …………… Maryan
Parvathi Menon …………. Panimalar
Salim Kumar …………….Thomayya
Appukutty ……………. Sarakkai
COLONNA SONORA : A.R. Rahman
PLAYBACK SINGERS: A.R. Rahman, Yuvan
Shankar Raja, Swetha Mohan, Vijay Prakash, Javed Ali, Haricharan, Shaktrishree Gopalan, Chinmayee,
Blazee
QUALCOS’ALTRO:
Bharat Bala ha creato la drammatica vicenda di Maryan ispirato dal
racconto di un ex-prigioniero dei soldati bambini in Sudan tenuto in ostaggio per ventun giorni il quale riuscì a scappare e a sopravvivere ad una
disperata corsa nel deserto fino al villaggio più vicino. L’uomo, che lavorava
in un impianto petrolifero a Darfur, fece ritorno a Chennai e raccontò la sua storia alla stampa. Il regista narrò la
trama a Dhanush, che ancor prima di leggere la sceneggiatura, accettò di essere
il protagonista del film.
Anche se la storia è ambientata in Sudan le riprese africane del film si
sono svolte in Namibia, in Liberia, nelle isole Andamane e nel deserto di Kucch
in Gujarat.
Dhanush è autore del testo della canzone “Kaadal Raasa Naan” cantata da
Yuvan Shankar Raja.
Nessun commento:
Posta un commento