30 luglio 2016

FAN

 
diretto da Maneesh Sharma, con ShahRukh Khan.
Siamo a metà strada, qualche uscita importante è ancora attesa, ma viene voglia di sbilanciarsi e affermare che Fan è il miglior film dell'anno.
Non quello dalla sceneggiatura più inattaccabile, non quello che ha incassato di più e probabilmente nemmeno quello che sarà più premiato. Ma il più potente e il più sorprendente. Quello che non si fa dimenticare, quello che ci ha fatto pensare, ripensare e ricredere. Quello che ha portato qualcosa di nuovo.
Quello che stavolta non ce n'è per nessun altro.

LA TRAMA
Il giovane Gaurav è un fan della superstar Aryan Khanna da tutta la vita. Si pettina come il suo idolo, si veste come lui, si muove come lui, ne imita la voce e lo impersona nelle feste del quartiere di Delhi in cui è cresciuto e vive.
In occasione del compleanno di Aryan, Gaurav ha la possibilità di partire per Mumbai, il suo sogno è quello di incontrare la star e fargli gli auguri di persona.
I conti con la realtà però non saranno indolore, né privi di conseguenze per nessuno dei due protagonisti.

SECONDO ME ***** 5/5
Pare che Maneesh Sharma, regista di Band Baaja Baaraat e di Ladies Vs Ricky Bahl, nonché produttore di Dum Laga Ke Haisha, abbia cominciato a pensare a Fan un giorno che era in visita a Mannat, colpito dalla quantità di persone assiepate sotto casa di SRK, in attesa di scorgerne un frammento. Una moltitudine che sicuramente fa una certa impressione.
La passione degli indiani per il Cinema non è da sottovalutare e ancora meno lo è l'amore che dimostrano per i loro divi. Qualcosa che non ha paragoni al mondo e che si può accostare, giusto per rendere l'idea, al fanatismo suscitato dalle star musicali internazionali, neanche quelle di oggi, che nessuna reggerebbe il confronto, ma quelle di una volta, come Elvis o i Beatles. Per questo motivo lo script di Fan che affronta il tema del rapporto star-fan è un'intuizione piuttosto brillante, un'idea semplice come un uovo di Colombo, ma anche di grande attualità. E' un argomento che interessa tutti (chi non ha provato almeno una volta una passione vera, profonda, carnale per un cantante o un attore?) e che apre a diverse riflessioni.
Fan è un film complesso e cupo perché Maneesh Sharma è rimasto fedele alle sue intenzioni di riflettere su un fenomeno, di mostrare qualcosa, di svelare una verità. Ed è un film che colpisce emotivamente, che coinvolge, che, come fosse uno specchio, rimanda allo spettatore il riflesso di se stesso. Perché Gaurav Chandna è un folle, ma prima di oltrepassare quel confine, prima di scivolare al di là, lui era uno di noi.
Il confine, il limite, si trova ben prima di arrivare all'aggressione fisica. Forse già nell'illusione di avere una connessione con il proprio idolo. Oppure nella pretesa che egli aderisca all'immagine che abbiamo di lui.
La fama la si deve davvero all'amore dei propri ammiratori o è il frutto del talento, del lavoro di qualcuno messo in luce dall'occasione giusta e da un po' di fortuna, in modo che il mondo possa accorgersi di lui?
Tutti sono in grado di immaginare che cosa significhi essere un fan. Il film si concentra su Gaurav, sui suoi stati d'animo, è facile, fino ad un certo punto, provare empatia per lui.
Più difficile è capire che cosa ci sia dietro ad Aryan Khanna. Non sono in molti a sapere che cosa significhi essere una star venerata universalmente.
E chi è il divo fra i divi? Maneesh stesso ha dichiarato che la storia di Fan è nata pensando a SRK e che non sarebbe stata realizzata se non con lui.
Per costruire Aryan sono state usate immagini storiche della carriera di SRK. Il fatto che non sia stato ideato un personaggio del tutto nuovo offre un ulteriore piano di profondità. Aryan sembra vero. Di più: sembra SRK.
L'attore ha dichiarato: "He’s more real, more grounded, more practical, less mad and probably less compassionate in his dealings than me. He’s scarily real, and I’m not like that at all" (Open *) e che si tratta di un protagonista totalmente inventato, ma di fatto la vita e la carriera di SRK sono parte del film.
In una sequenza che sicuramente entrerà a far parte della storia del Cinema, SRK interpreta Gaurav  che imita Aryan mentre sullo sfondo scorrono le immagini tratte dai film e dalle performance live di SRK stesso. Impossibile non pensare allo stato di super star dell'attore e non interrogarsi sul suo personale rapporto con la fama, i suoi fan e la sua immagine pubblica.
Che impressione abbiano questi semidei delle persone che li seguono con tanta dedizione e fervore, forse ce lo indica il fotogramma del viso trasfigurato di Gaurav  che urla  sotto casa di Aryan. Di certo è una scena inquietante quanto emblematico ed indimenticabile.
In un bell'articolo di Paromita Vohra pubblicato su The Indian Express, nel contesto di un discorso più ampio in cui è analizzato il ruolo di SRK nella società indiana, l'autrice scrive di "uccisione del vecchio fan": " The star advises the fan to live a full life of love, work, family and community. By symbolically killing the old fan, is SRK killing an old self? Is he hoping for a new gaze that he can meet, so he may renew himself?" (*), come a voler confermare la tesi della corrispondenza tra personaggio e persona.
E mentre da una parte Fan toglie ogni illusione che ci si possa mai avvicinare veramente a qualcuno che si conosce solo attraverso uno schermo, dall'altra suggerisce che ci stia raccontando qualcosa di SRK, che il protagonista vero sia lui e non Khanna. Ma è un inganno.
Prima della diffusione del trailer, si immaginava che Fan fosse una commedia d'intrattenimento, qualcosa di spiritoso che avrebbe mostrato le simpatiche stravaganze di un fan appassionato. Nonostante Maneesh Sharma, secondo me intelligentemente e coerentemente rispetto al pubblico a cui si rivolge, abbia inserito diverse scene, in particolare d'azione, che riportano l'intera pellicola alla dimensione di entertainment movie, questa è tutt'altro che una commedia. Nessuno si aspettava un tale livello di serietà e di dramma.
E nessuno si aspettava questo ShahRukh Khan.
La sua infatti è un'interpretazione pazzesca. Al di là della trasformazione fisica.
Pur non essendo la prima volta che l'attore stupisce  con le sue capacità, sembra proprio che i doppi ruoli lo stimolino (come in Duplicate, come in Don, come in Rab Ne Bana Di Jodi), è riuscito una volta di più a spostare l'asticella. E chi si era dimenticato di lui, chi ha pensato che non sapesse più recitare, che non fosse più quello di una volta, ha avuto una risposta forte e chiara. Più forte e più chiara di quanto fosse possibile indovinare.
Il trailer di Fan è uscito il 29 febbraio scorso suscitando un certo clamore. Molti colleghi di SRK e tutta la film fraternity hanno voluto complimentarsi e commentare. Anurag Kashyap, centrando meravigliosamente il punto, ha tweettato: "next year awards Best Actor, Actor in a negative role, debutant, booked #srk #fan..(*)
Raja Sen, critico senza cuore (scherziamo Sen, ti vogliamo bene, soprattutto perché Fan ti è piaciuto!), ha scritto: "Shah Rukh Khan is jawdroppingly good in Fan, both as the 25-year-old young admirer and as the jaded but determined ageing movie star. It is an immensely brave performance demanding stunning commitment, and he shines."(*).
E SRK risplende davvero.
Fan è l'evento dell'anno. E' un film che non si può evitare, che discuterete da mille prospettive, perché ha mille angolazioni.
Guardatelo, vi lascerà sconvolti, vi lascerà tristi, vi toglierà qualcosa. Poi però vi sentirete grati.

Il brutto:
- L'incontro-scontro tra Gaurav e Sid è il passaggio più debole del film.
- Fan non ha fatto un grande incasso, non è entrato nel famoso 100 crore club. Molti hanno analizzato e fornito diverse plausibili cause, come la mancanza di una protagonista femminile o di numeri musicali. Una, la più interessante è stata suggerita dallo stesso SRK, secondo il quale la motivazione di Gaurav, quella di ricevere le scuse da parte di Aryan, fosse un po' debole: "We reduced the guy's (Gaurav Chandna) passion for his icon (Aryan Khanna) by asking for a very small thing in return for the destruction of his life. He asked him for a 'sorry'; he should have asked him for his life. He should have said, "You killed the fan in me, I want to kill the star in you." 'Sorry' wasn't strong enough a plot point to base the whole film on as Gaurav's character was destroyed. Or maybe the film just wasn't good enough. It became purposeless. And it got rejected."(The Huffington Post) (*)
Io aggiungerei che Fan, per certi versi, è una visione disturbante, è un film che assesta qualche pugno. Non tutti la prendono bene.

Il bello
- La canzone e il video Jabra, che non compare nel film. Cantata tra l'altro in 11 lingue, dall'arabo al telegu. Ecco la mashup version.
- SRK che corre e si arrampica  per le strade di Dubrovnik in smoking: SI SI SI (quando lo chiameranno per fare 007???)
- La lotta tra Gaurav e Aryan, in cui Gaurav finisce con il viso schiacciato contro il finestrino di una macchina (perché mio marito ne è rimasto entusiasta).
- Shahrukh Khan, Shahrukh Khan, Shahrukh Khan.
Per come ha sopportato il disagio di recitare sotto le inevitabili e fastidiose applicazioni, per come è riuscito nonostante quelle ad essere espressivo.
Per uno dei suoi ruoli migliori di sempre. Per questo film che per magia è come se fosse il primo. E invece arriva dopo tanti che sarebbero già più che abbastanza.
Per come è stato capace di essere qualcosa che conosciamo e qualcosa di nuovo, una conferma ed una sorpresa. Ancora.

CURIOSITA'
- Fan è il primo film con SRK senza canzoni.
- Alcune sequenze inserite nel film durante la scena in cui Gaurav vede Aryan per la prima volta, sono state realmente girate sotto la casa di SRK, il giorno del suo compleanno.
Gli interni della casa di Aryan invece sono un set e non sono stati filmati all'interno di Mannat.
- Per diventare Gaurav, SRK si è sottoposto ad estenuanti sessioni di prove che si sono protratte per mesi. Durante le riprese il look definitivo, combinazione di make up e applicazione prostetiche, oltre che di un lavoro di vfx in post produzione, ha richiesto delle sedute di 4, 5 ore al giorno.
Per cambiare un volto amato da venticinque anni, perché fosse lo stesso ma di un altro, è stato chiamato il plurivincitore di Oscar Awards Greg Cannon. The making of Gaurav.
- Nel dvd/bluray di Fan c'è uno speciale dedicato al fenomeno dei fan, intitolato Tu Nahin Samjhega (tu non puoi capire), frase cult di Kuch Kuch Hota Hai, pronunciata anche da Gaurav.
- Le prime parole sussurrate da Gaurav imitando Aryan sono: dil se, altro film con SRK.

(*) Grazie a CinemaHindi per tutte le segnalazioni e gli aggiornamenti


26 luglio 2016

kabali



primo. la supersuperstar rajinikanth non si discute. è una fede. un assioma vivente. nella topten divina lui è oltre - verso l’alto. è il supersuperdio che il dio (a voi la scelta) al numero uno se guarda in su può vedergli al massimo le mutande. in un giorno sereno.

secondo. la filmografia della supersuperstar rajinikanth segue - impone - un’estetica sua propria. con leggi proprie. mica una cosetta improvvisata al momento in cucina. un’estetica consolidata nel tempo. sacra e incontestabile.

terzo. i devoti della supersuperstar rajinikanth sono infiniti. e infinita è la venerazione. se non sei devoto non puoi capire quindi superfluo che stia qui a spiegarti. amen.

ciò premesso kabali risulta un tantino complicato da recensire. pellicola di intrattenimento con velleità sociali. piacevole ma non indimenticabile.

applauso:
all’aura supersuperdivina di rajini. al look naturale privo del solito candeggio. al personaggio che condivide l’età anagrafica con l’attore. ad alcuni lampi di buona recitazione. a radhika apte – anche se sprecata. ad alcuni comprimari. al finale inaspettato. alla colonna sonora. ai sottotitoli pure per le risate e i sospiri (uno su tutti: *nostalgic sigh*).

però:
la sceneggiatura è piatta ripetitiva e allentata. colpi di scena posticci. antagonista di cartone. troppi spazi morti. si potevano approfondire temi appena accennati (sfruttamento dei lavoratori tamil in malesia. identità e orgoglio culturali. divisioni castali. disagio minorile. emancipazione femminile) e rendere la narrazione più articolata. capitemi: non snaturare l’intrattenimento. arricchirlo. non mancano spunti umoristici nè emozioni. perchè non moltiplicarli in 150 – centocinquanta – minuti di film?
c’era un direttore artistico nel cast tecnico? davvero?
sangue a fiumi. vi avviso.


comunque:
quarto. la proiezione di un film con la supersuperstar rajinikanth è un evento di proporzioni epiche. ossia: gli sfigati vanno semplicemente al cinema (capirai). i devoti celebrano. persino nell’anestetizzata milano. al beltrade (santi tutti. vi amo) come a chennai. eccheccazzo. nel buio della sala  esplode un boato – maschile - quando sullo schermo appare a caratteri cubitali la prima S. applausi e cori da stadio a scandire lettera per lettera:

S U P E R S T A R


un’esperienza che consiglio.

eLLeSSeDì

15 luglio 2016

SULTAN

diretto da Ali Abbas Zafar, con Salman Khan, Anushka Sharma, Kumud Mishra, Anant Sharma, Amit Sadh e Randeep Hooda (cameo).

Settimana scorsa è successa una cosa eccezionale: uno dei film programmati per Eid, occasione in cui tradizionalmente escono le pellicole più attese dell'anno, i blockbuster annunciati, quelli che tutti fremono per vedere e che faranno il botto, è stato distribuito, non solo in tutto il mondo, come sempre, ma anche in Italia.
Questa incredibile novità, che al pensiero ancora i battiti del cuore accelerano, la si deve a due giovani indiani, Jogi e Uday, che studiano a Milano e che, con un non comune spirito d'iniziativa, tanta passione e forse un po' d'incoscienza, hanno compiuto l'impresa.
Dopo aver fondato l'associazione Italy Indian Cinemas - IIC, venerdì 8 luglio hanno riempito il Cinema Beltrade di Milano con un sold out che riecheggia piccolo ma gigantesco quelli che certamente si sono registrati nelle sale di tutta l'India.
Jogi e Uday non si fermano (perché dovrebbero? Sono riusciti dove nessun grande distributore ha osato), Sultan è in replica il 16 e il 17 luglio, sempre al Beltrade di Milano. E la settimana successiva  è atteso in cartellone niente meno che Kabali con la super star tamil Rajinikanth.
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.

LA TRAMA
Aakash Oberoi è il fondatore di un campionato di MMA (arti marziali miste) di scarso successo. Per evitare il fallimento, Aakash, consigliato dal padre, è alla ricerca di un campione che porti lustro all'imminente prossima edizione del torneo e ne salvi le sorti. Il prescelto è Sultan Ali Khan, imbattuto campione di wrestling ritiratosi dallo sport, che però rifiuta decisamente la proposta di Aakash.
Qual è la storia di Sultan? Che cosa lo ha allontanato dai combattimenti quando era all'apice del successo?

SECONDO ME **** 4/5
Il film si apre con la folla che inneggia: Sultan, Sultan, Sultan, ma potrebbero benissimo scandire Salman, Salman, Salman.
Gridano Sultan e nella mia testa risuona Salman.
Lui arriva, prima inquadrato di spalle, poi mentre afferra una manciata di terra, "the son of soil" recita la title song, infine nell'arena con indosso i suoi muscoli e degli slip neri. Ed è credibile, e regge la scena, e strappa gli applausi nel film e fuori.
Sono i suoi quasi trentanni di carriera, il suo status di superstar ma soprattutto il suo carisma innato che gli permettono una così gloriosa entrata in scena. Il migliore degli inizi.
Rohit Vats per Hindustan Times ha scritto: "Zafar further breaks the film into three distinct acts, and the actor excels in each of them. From playing a done-and-dust homegrown wrestler to a wonder-boy of freestyle fighting, you see Salman put up a performance like never before". La recensione completa.
Salman Khan e la sua interpretazione sono il cuore del film ma negli ultimi anni il divo non solo è diventato il re del botteghino ma è capace di mettere le mani su copioni piuttosto validi, di intrattenimento ma tutt'altro che sciocchi o banali.
Sultan è esattamente questo, un film d'intrattenimento con un buon script che contiene elementi di prevedibilità ma non meno godibile (ammesso che l'imprevedibilità nel cinema sia un valore, a questo proposito si sono visti anche di recente sforzi per stupire che dimostrerebbero il contrario).
La costruzione della trama è buona, la narrazione scorrevole,  la storia d'amore tra i due protagonisti è risolta con leggerezza e humor senza imbarazzanti scene che costringano un attore cinquantenne che corteggia una trentenne a prendersi troppo sul serio.
Anushka Sharma, con un bel personaggio tra le mani, aggiunge intensità  e spessore. I comprimari sono tutti bravi, in particolare si distinguono Kumud Mishra e Anant Sharma per naturalezza ed ironia.
I dialoghi, scritti da Ali Abbas Zafar, che dirige e che è anche autore della storia, sono vivaci, efficaci, a volte persino significativi e d'impatto.
Le musiche di Vishal–Shekhar sono indispensabili, belle, trascinanti ed emozionanti.
La prima parte del film, la più leggera, è molto divertente, spiritosa. Quando si passa al dramma la cosa diventa ancora più interessante, Salman mostra nella sua interpretazione qualcosa di nuovo.
Qualcuno ha pensato a Rocky, a me è venuto in mente The Wrestler, film del 2008 con Mickey Rourke, ma al di là dei paragoni, Sultan ha la dignità di un film a sé, il ritratto di un uomo solo, sconfitto dalla vita che lotta contro se stesso  in cerca di una qualche redenzione, non lascia davvero indifferenti.

Sultan è proprio il film che si spera di trovare per le feste come Eid o Diwali, gustoso, soddisfacente, grasso nei contenuti e nella durata, ricco di scene comiche, di canzoni, ma anche con qualche spunto più serio.
Zafar va incontro alle aspettative del pubblico come ormai pochi sanno fare, cioè con gusto ed intelligenza. Salman, che si offre sempre generosamente, motiva una volta di più il suo incredibile successo.
Un ottimo lavoro, una pellicola che infiammerà i botteghini e che abbiamo già voglia di rivedere.

Il brutto:
- Se proprio vogliamo trovare qualcosa, la questione dell'autonomia delle donne affrontata parzialmente attraverso il personaggio interpretato da Anushka è appunto solo accennata. Forse avrebbe meritato un maggior approfondimento.

Il bello:
- Il cameo di Randeep Hooda, perché è vero che quest'anno lo mettono dappertutto anche quando non c'entra e qui c'entra meno che altrove. Ma sul serio vogliamo pensare che Randeep infilato in un'usurata felpa con cappuccio sia fuori posto?
- La corsa parkour style dietro agli aquiloni.
- Tutte le scene di lotta (impresa impossibile rendere appassionante uno sport come il wrestling? Pare di no).
- Il crollo del nostro eroe davanti allo specchio.
- Lo sponsor di Sultan per il torneo di MMA.
- La scena finale del film, sui titoli di coda.

CURIOSITA'
- Sultan è stato proiettato anche a Bergamo e a Roma.
Oltre che a Milano, è ancora in programmazione nella Capitale il 17 luglio (info).
- Un articolo della Repubblica in cui si parla di Jogi e Uday.
- Salman Khan canta Jag Ghoomeya, una delle canzoni della colonna sonora. L'articolo di India Today.
- Sultan è il decimo film consecutivo con Salman Khan ad entrare nel 100 crore club.
- Questa è la prima volta in cui Salman e Anushka lavorano insieme.
- Le coreografie sono niente meno che di  Farah Khan e Vaibhavi Merchant.

Il trailer di Sultan

10 luglio 2016

VISARANAI



Ancora frastornata, con un nodo in gola nonostante siano passate anche più di 24 ore apro una nuova pagina e inizio a parlare di Visaranai, nuovo lavoro di un regista che stimo moltissimo, Vetrimaraan, per non parlare del produttore, il magico Dhanush. Un binomio perfetto che ha intuito già con  Aadukalam e Kaaka Muttai quali siano le coordinate per far breccia nel cuore degli spettatori. Ma anche sventrarli volendo, dilaniandone l’anima e lo stomaco, facendo risuonare la propria voce ben oltre il tempo della proiezione.  Non posso dire che Visaranai sia il film tamil che mi è piaciuto di più negli ultimi tempi ma di certo è andato a intaccare la mia tranquillità, mi ha dato una scossa, mi ha lasciata assetata, inquieta, nervosa. A volte è sufficiente solo una scena, uno sguardo e l’ago della bilancia si inclina di colpo in una direzione, quella giusta.

TRAMA
Tre ragazzi di umili origini, emigrati dal Tamil Nadu in Andhra Pradesh per svolgere lavori di manovali e commessi, vengono arrestati improvvisamente e sottoposti a pesanti interrogatori – tortura. I poliziotti che hanno in carica la risoluzione del caso sono più interessati a concludere la faccenda facendo arrestare tre persone prese dalla strada piuttosto che indagare e raggiungere i reali colpevoli.

La prima parte del film, dalla cattura al rilascio dei tre protagonisti, è ispirata ad una vicenda reale, un conducente di rickshaw e altri due uomini sono stati prelevati di notte dalla polizia e torturati per tredici giorni solo per confessare crimini che non avevano mai commesso. L’autista, una volta uscito dall’incubo ha raccontato la sua vicenda in un libro, Lock Up, divenuto lo spunto di partenza per la sceneggiatura di Visaranai. Nella seconda parte ritroviamo sempre i tre personaggi ma in una storia diversa, altrettanto drammatica, che fortunatamente pero' non è frutto di un’esperienza vissuta. Visaranai è noto anche in Italia già dal 2015 quando venne proiettato in prima assoluta al Festival di Venezia, in concorso nella sezione Orizzonti (la prima volta per un film tamil) e premiato da Amnesty International.

L’indolenza, la corruzione, l’impassibilità del gruppo di poliziotti crudeli e svogliati è impressionante, i dialoghi sono crudi, le immagini ancora di più. Nella violenza, nell’ingiustizia, nella disperazione, si mantiene viva la tenacia di chi è disposto a tutto pur di non perdere la dignita’.  La fierezza e il coraggio di chi e' certo di essere nel giusto infiammano lo sguardo del protagonista, Pandi, solidale con i suoi compagni di sventura, quasi impassibile al dolore fisico in un istante che buca lo schermo e fa scattare il salvavita dell’impianto elettrico. Non voglio spoilerare la scena, ma tanto di cappello alla scelta di Vetrimaaran e all’interpretazione di  Dinesh Ravi, naturale, diretta. I suoi occhi sono bellissimi, e parlano.

Visaranai più che un film pare un documentario, una disavventura sanguinosa che mette in mostra il marcio della società e sembra ripresa da telecamere nascoste.  L’innocenza diviene un bagaglio scomodo da portarsi dietro quando si mette piede in una grande città e si è solo parte degli “ultimi”. Vulnerabili e vacillanti rispetto chi sa guardarsi le spalle e conosce bene il luogo facendone già parte. I crimini compiuti nella piccola caserma non sono solo i racconti delle ingiustizie subite da M.Chandrakumar, il rickshaw driver di Coimbatore, e nemmeno le vicende di Pandi, Murugan e Afazal, i tre protagonisti del film, se Visaranai ferisce è perché a suo modo da voce alle urla inascoltate, alle lacrime versate in silenzio da tanti volti che agli occhi del mondo non avranno mai nome.

Il film parla chiaro e presenta un esempio semplice. Il potere spesso puzza di marcio e a volte non ci si può fare proprio niente.  La verità non vince, la lealtà non porta lontano, neanche l’amicizia e la compassione possono avere la meglio su situazioni scritte dall’alto, pronte ad essere strumentalizzate, eseguite o insabbiate. Può l’uomo essere abbandonato nel dolore? Manovrato come una pedina in una scacchiera? La necessità di essere tutti uguali e di dover godere degli stessi diritti è solo un’utopia? Solo belle parole? Per lanciare un fiammifero acceso bastano due dita e il regista lo sa bene. Grazie ancora una volta al Cinema Tamil.


Il mio giudizio sul film : **** 4/5

ANNO : 2016

LINGUA : Tamil

TRADUZIONE DEL TITOLO : Interrogatorio

REGIA : Vetrimaaran

CAST :
Dinesh Ravi ……… Pandi
Aadukalam Murugadoss ……… Murugan
Silambarasan Ratnasamy ………… Afzal
Anandhi ………….. Shanti
Samuthirakani ………. Muthuvel
Kishore …….. KK

COLONNA SONORA : G.V. Prakash Kumar


Vedi anche :
Mostra del Cinema di Venezia 2015 (dalla sezione News & Gossip)