Andare al cinema a Chennai è entrare nel ring.
Erano appena le 18.30 quando il cassiere del Sangam Theatre mi dice che gli sono rimasti due posti, finalmente, dopo un pomeriggio passato a setacciare ogni cinema nei dintorni riesco ad avere tra le mani un biglietto. Tutte le sale della città erano fully booked come da normale routine.
Me la sono presa comoda prima di entrare pensando che fosse il momento dei trailer e delle pubblicità di turno, prima dell’inizio del film c’era ancora tempo. Questo pensavo, ma non era così. Il cinema è una specie di tempio, o meglio, uno stadio, nel quale una volta entrati l’attenzione si concentra solo sul motivo per cui hai deciso di essere lì. Tutto sembra suggerire che il film non può e non deve aspettare o la gente diventerebbe impaziente e nervosa e il proprietario del multisala non riuscirebbe ad incastrare nel tempo che ha a disposizione (dalla nove di mattina alle una di notte..) così tanti spettacoli per soddisfare altrettante richieste.
Alle 18:40, orario scritto sul biglietto, entro nella sala buia già affollatissima e scoppia un boato. Per poco non scivolo dalle scale dallo spavento, non capivo che fosse successo, la mia mente storicamente pessimista aveva già immaginato le peggiori sciagure. Ci metto un po’ a realizzare che era solo un urlo collettivo di ammirazione . Un urlo di dimensioni titaniche. Un urlo che non veniva dalla gola ma dallo stomaco, dagli occhi, dalle ossa. Era tutto a posto, niente feriti, solo una scritta Tamil sullo schermo . Più tardi avrei capito che si trattava di un nome: Yuvan Shankar Raja. E chi è? Un attore? Un semidio? Ancora più tardi ho scoperto che era un compositore, l’autore della colonna sonora, uno dei più amati in Tamil Nadu, terra di A.R. Rahman e di molti altri Mozart del Nuovo Millennio.
Incredibile è il rapporto che in questo stato dell’India gli spettatori hanno con la pellicola, ma soprattutto con le star, con il regista, e anche con tutto il cast tecnico dei quali si ricordano e invocano a mo’di preghiera TUTTI i nomi e cognomi. La passione viscerale è così sfrenata e avvolgente da far apparire appena freddini gli amici di Mumbai che battono le mani, esultano o lasciano sfuggire una lacrima di commozione.
E adesso il film.
Naan Mahaan Alla, tradotto in italiano, Non Sono Un Santo. Già dal titolo mi ha conquistata, alla prima visione nel caos del cinema di Chennai avevo i brividi, la rabbia di Jeeva mi era entrata dentro e non mi abbandonava. La seconda volta che l’ho visto, tra le mura di casa, l’ho trovato ancora più convincente, per un po’ ho avuto la sensazione che uscendo dalla porta della stanza ci fosse direttamente il Nehru Park affacciato sulla Statale n.4, mi sembrava anche di sentire nuovamente lo stesso frastuono.
TRAMA
Jeeva (Karthi Sivakumar) è un ragazzo comune, con i suoi difetti, con le sue pigrizie e incertezze, con i suoi vizi , con la barba incolta e la maglietta sudata, mangia nelle bancarelle per strada, non evade la realtà in grandiose sequenze oniriche ma la vive senza lamentarsi, sente il rumore del traffico, invita la sua ragazza (Kajal Agarwal) a prendere un gelato al mall più vicino, esce con gli amici, insulta, si ubriaca, piange, urla, tace. La sua vita normale si interrompe il giorno in cui il padre (Jayaprakash) viene ucciso a sangue freddo senza alcuna ragione apparente. Da quel giorno Jeeva rifiuta di collaborare con la polizia e prima che la banda criminale possa mettere in pericolo la sua famiglia, decide di farsi giustizia da solo.
Naa Mahan Alla si evolve seguendo il più classico schema della cinematografia Tamil contemporanea: c’è una storia d’amore, c’è la quotidianità delle strade di Chennai e un ritratto efficace della nuova generazione in parte tradizionale e in parte globalizzata, c'è il male e l'oscuro pronto a colpire, c'è la passività di chi sta in alto e la corruzione di chi è pronto a tutto per nascondere le proprie macchie o per raggiungere i propri obiettivi. L’inefficienza delle istituzioni mette a repentaglio la sicurezza delle persone comuni, oneste, che vivono la loro vita pacifica e che con gli imbrogli dell’underworld non dovrebbero avere niente a che fare. Nel momento in cui i due mondi si incontrano, e del sangue viene versato, tutto è destinato a cambiare. Il regista sceglie di dividere nettamente i due percorsi dello stesso personaggio come se il prima e il dopo fossero due vite distinte, niente di ciò che caratterizza l’inizio del film viene poi ripreso nella sua conclusione. Come Jeeva il film segue gli eventi e da essi è trasformato, non può in alcun caso guardarsi indietro perché la sua vista è diversa , la frattura ha avuto inizio.
Occhio per occhio e dente per dente. Restare ad aspettare il corso della giustizia diviene per Jeeva inutile e pure pericoloso. Il film propone una scelta coraggiosa e il ragazzo della porta accanto si trasforma in un eroe dalla forza inarrestabile e quasi mitica, le sue intenzioni sono nobili anche se trionfano passando per una strada secondaria, violenta, legalmente non riconosciuta come possibile.
Jeeva diviene un eroe e un villain al tempo stesso, la sua brutalità spaventa, la sua ricerca di vendetta e trionfo sull’ingiustizia (che probabilmente resterebbe impunita) diviene l’esorcismo delle inquietudini stesse dell’uomo. Nelle sequenze d’azione c’è dolore, sofferenza fisica, sangue, morte, niente viene risparmiato allo spettatore anche se le immagini sono montate con estremo stile, ritmo e cura nei dettagli, neanche fossero una danza tribale. La realizzazione scenica esibisce un tecnicismo strabiliante che è in contrasto con il messaggio delle azioni stesse.
Karthi Sivakumar è un giovane attore figlio d’arte (suo padre è la star Sivakumar) e fratello dell’attuale attore di punta, l’affascinante Surya. Ha debuttato nel mondo del cinema solo nel 2007 (aveva già 30 anni) ma la sua filmografia è già una lista di soli successi. Fisicamente robusto e non palestrato, Karthi è il prototipo del ragazzo tipo che puoi incontrare in una strada di Chennai, accattivante ma non inarrivabile modello, i suoi occhi sono dispettosi e senza veli, a volte luccicanti come quelli di un bimbo a volte persi nel buio come quelli di un uomo che ha già incontrato i lati più oscuri e ingiusti della vita. L’attore, il cui naturale linguaggio del corpo tradisce una spontanea indolenza, è pronto a raccogliere sovraumane energie per trasformarsi , in un solo attimo, nell'eroe dall’aura mitologica.
Non so quanto aver visto il film direttamente sul grande schermo, e in una cornice straordinaria, stia influenzando il mio giudizio, anche in seguito a visioni successive continuo a trovarlo del tutto privo di punti deboli o difetti. La colonna sonora contiene pochi ma indimenticabili brani, la musica di sottofondo segue l’emotività delle scene, la fotografia è impeccabile, la realizzazione delle sequenze d’azione è a dir poco spettacolare ( anche Dabangg ne sarebbe invidioso ), le interpretazioni si incidono nella pelle con un punteruolo, la commedia e la tragedia vengono sapientemente gestite con la stessa intensità.
Le vita quotidiana, l’attesa dell’amore, la gioia e poi l’abisso.
Naan Mahaan Alla è un film che non riesco a dimenticare.
Il mio giudizio (totalmente blind e immovibile) ***** 5/5
THE TIMES OF INDIA *** ½ 3,5 /5
Giudicato un film capace di coinvolgere dall'inizio alla fine oltre che la miglior interpretazione di Karthi Sivakumar. Il giudizio dei lettori alza ulteriormente il punteggio del film arrivando a **** 4/5
ANNO: 2010
LINGUA : Tamil
TRADUZIONE DEL TITOLO : Non sono un santo
REGIA: Suseenthiran
CAST
Karthi Sivakumar………………………… Jeeva
Kajal Agarwal …………………………… Priya
Jayaprakash ……………………… il padre di Jeeva
Soori ……………………… Ravi
Krishna Priya ………………… Keerthi
Ravi Prakash …………………………Sudharsan
Adurldass …………………………… Kutti
COLONNA SONORA : Yuvan Shankar Raja (se siete in Tamil Nadu … attenti all’urlo )
Testi di Muthukumar & Yugabarathi
PLAYBACK SINGERS : Yuvan Shankar Raja, Tanvi Shah, Javed Ali, Shilpa Rao, Haricharan, Madhu Balakrishnan,