14 gennaio 2009

HINDUSTAN TIMES A-E

AA DEKHEN ZARA: **
Neil Nitin Mukesh vanta qualche altra espressione oltre a quell'una e mezza che abbiamo già visto (lo sguardo freddo, penetrante, accigliato, e quello freddo, penetrante e mezzo-sorridente)? Sulla base delle prove: no. Ma offre un tale gradito sollievo rispetto agli sdolcinati eroi standard, che lo perdoniamo. Il film è tagliato su misura per Neil, tanto quanto lo era 'Johnny Gaddar'. Ma c'è abbastanza masala da insaporire la zuppa. Neil sostiene il film cantando, recitando e ballando. Bipasha Basu è più sexy che mai e Rahul Dev regala un pulito cameo. Il regista Jehangir Choudhury prende il tempo necessario per raccontare la storia e il ritmo qua e là si smorza, ma tiene per la maggior parte della corsa.
Shashi Baliga, 27.03.09
AAGEY SE RIGHT: *1/2
Sospetto che gli intrecci narrativi di questo genere di film suonino molto più eccitanti ad un racconto verbale. Ma se l'auto-indulgenza è portata sullo schermo, il pubblico brontola. 'Aagey Se Right' è una commedia stupida. Viene da chiedersi perchè Kay Kay, a 40 anni, sprechi il proprio talento in pellicole così mediocri.
Mayank Shekhar, 05.09.09
AAKROSH: *1/2
Aakrosh è forse il primo film hindi di Priyadarshan con un'ambientazione definita. E propone un suo ventaglio di argomenti. Il regista all'inizio puntualizza che Aakrosh non descrive alcun episodio reale. In effetti Aakrosh è un lavoro di povera fantasia. La vicenda si svolge in Bihar, e tutti i personaggi parlano con una cattiva imitazione dell'accento diffuso fra i locali di bassa estrazione. Sembra che, per trarre ispirazione, Priyadarshan abbia visto Mississipi burning seduto nel salotto di casa sua piuttosto che effettuare ricerche in loco. C'è talmente tanta confusione che risulta difficile seguire la pellicola o capire la cospirazione narrata. La camera sussulta. I suoni riecheggiano. Le numerose sequenze d'azione sono presentate come fossero una sceneggiatura. Aakrosh è quel genere di film che viene venduto con la prestigiosa etichetta di pellicola efficace e di sostanza.
Mayank Shekhar, 16.10.10
AAMIR: **1/2
Khalid Mohamed, 07.06.08
AARAKSHAN: **
Enfatico, semplicistico ma importante. Prateik Babbar ha lo sguardo sempre sbalordito, ed è l'unico fra i protagonisti di Aarakshan ad essere genuinamente contro le quote riservate alle minoranze negli istituti scolastici statali. Gli altri sostengono la proposta governativa per ragioni diverse: sociali (il Prabhakar Anand di Amitabh Bachchan riconosce il merito di raddrizzare i torti della storia), economiche (il personaggio interpretato da Manoj Bajpai subodora il denaro che le ricche caste superiori spenderanno per gli istituti privati) e personali (il Deepak Kumar di Saif Ali Khan è un dalit). L'affabile, disinvolto, urbano Saif non appare affatto fuori luogo nel suo ruolo. Aarakshan è un dramma poco sottile, eccessivo, che sembrerebbe dunque favorevole alle quote. Ma in caso contrario, sarebbe stato bollato come favorevole al sistema castale? In questo Paese ci viene proibito di discutere i meriti e i demeriti delle quote riservate su base castale? E gli spettatori non possono nemmeno decidere quali pellicole guardare? Il personaggio interpretato da Amitabh Bachchan possiede un certo suo onore, anche se risulta troppo filmico. Ammirare un uomo onesto che non scende a compromessi e che si espone per salvaguardare ciò in cui crede, è ancora fonte d'ispirazione. Ciò non accade intorno a noi, nel mondo reale, ed è per questo che andiamo al cinema. Bachchan infonde una dignità immensa nel suo ruolo, l'unico nettamente definito. Lo scaltro personaggio interpretato da Manoj Bajpai è, al contrario, il classico villain bollywoodiano, caricaturale e di cartone. E rappresenta il peggio della commercializzazione del sistema scolastico indiano, che poi è il vero argomento di Aarakshan. Non solo la sceneggiatura ma anche la realizzazione della pellicola sembra essere frettolosa, ed il risultato è il meno soddisfacente fra gli ultimi lavori di Prakash Jha: Gangaajal (2003, un dibattito sulle atrocità della polizia), Apaharan (2005, sull'anonima sequestri), Raajneeti (2010, nel quale un partito politico viene rappresentato come una nuova monarchia). Hip Hip Hurray (1984) è ancora di gran lunga il suo miglior film sulla gioventù indiana. Una pellicola minimalista e sensibile, al contrario di Aarakshan che si sforza di essere imponente e gradito dalle masse senza riuscirci. Una buona occasione mancata, anche se alcune questioni importanti vengono comunque poste all'attenzione dello spettatore. Lo stato attuale del sistema scolastico indiano è davvero agghiacciante, ed è un serio problema, ma la storia narrata in Aarakshan non è convincente. I conflitti si diluiscono in ingenuità, le motivazioni non sono chiare, alcune trite situazioni prendono il sopravvento. La pesante commercializzazione (del sistema scolastico) denunciata dal film sembra affliggere anche l'industria cinematografica.
Mayank Shekhar, 12.08.11
AASHAYEIN: *1/2
Una scena dopo l'altra, che sia una lezione sul karma o sul carpe diem, si arriva dritti a capire che Aashayein è una serie di colpi mancati, tutti banali: il risultato è infatti ben diverso dalle intenzioni. Il pubblico sa che i personaggi sullo schermo sono malati terminali, e questo suscita immediata simpatia. Il destino non risparmia nemmeno il protagonista. Gli spettatori sorridono, gli occhi si inumidiscono, la manipolazione da parte del film è completa. Il regista è partito con un'idea ma la storia non lo ha seguito.
Mayank Shekhar, 27.08.10
ACID FACTORY: *1/2
Non sapevo nemmeno dell'esistenza di un film intitolato 'Identità sospette', da cui 'Acid Factory' ha tratto ispirazione (e non solo nella premessa). 'Identità sospette', mi è stato detto, in parte a sua volta ispirato a 'I soliti sospetti' (rifatto in Hindi col titolo di 'Chocolate') e in parte ispirato a 'Le iene' (rifatto in Hindi con 'Kaante'), è una pellicola del tutto sconosciuta. Se non altro 'Acid Factory' dimostra lo sviluppo conseguito negli ultimi anni dall'industria del plagio cinematografico di Mumbai. Qui si tratta di artisti innocenti che soffrono di un blocco dello scrittore che dura tutta la vita, e che spacciano remake di film hollywoodiani per prodotti originali. Oggi il lavoro dei ricercatori è diventato molto più duro, e si deve scavare in profondità per la causa dello sviluppo creativo: un thriller Filippino, 'Cavite', per 'Aamir'; un classico di Almodovar, 'Carne Tremula', per 'Bas Ek Pal'; una commedia Francese, 'La cena dei cretini' per 'Bheja Fry'; un film d'azione Coreano, 'Old Boy', per 'Zinda'. La storia di 'Acid Factory' si sviluppa in modo non molto diverso dal Cluedo. Auto che inseguono elicotteri che inseguono motociclette che inseguono i vostri sensi. La baraonda sembra il risultato di una fantasia irrealizzata da parte di un uomo-bambino di mostrare a getto continuo marche di fucili e di automobili, e di spappolare esseri umani. Il plagio trasforma i registi in tecnici: essi non hanno voce e si limitano a girare le scene. Verma, ad essere giusti, fa un buon lavoro come regista di spot pubblicitari. 'Acid Factory' rimane al livello raggiunto da Tarantino dieci anni fa. Irrfan Khan è sprecato.
Mayank Shekhar, 10.10.09
ACTION REPLAYY: **
Il primo tempo di Om Shanti Om di Farah Khan - un nostalgico, amabile sguardo sulla Bollywood degli anni settanta - ha ispirato parecchie pellicole successive. Om Shanti Om era in parte cinema e in parte caricatura, ed è stato il campione d'incassi del 2007. Action Replayy non è destinato a coloro che sono cresciuti in quel periodo, bensì a coloro che possono solo immaginare quel decennio con l'ausilio di film e moda. Quel tipo di nostalgia che non richiede realismo, ma fascinazione, evasione, zuccheroso intrattenimento. AR promette tutto questo però lo mantiene solo in piccole parti sparpagliate qua e là. E la colonna sonora è di terza classe. Akshay Kumar, la star indiana che lavora di più (con una media di quattro pellicole all'anno), è l'unico aspetto meritevole di AR, nel quale offre la migliore interpretazione della sua carriera, anche se questa affermazione ha poco significato considerando le scelte professionali dell'attore.
Mayank Shekhar, 04.11.10
AHISTA AHISTA: **1/2
Ogni tanto Bollywood sforna sorprese di questo tipo. Un semplice piccolo film che regala una storia d'amore carina, priva dei singhiozzi pulp da melodramma masala. 'Ahista Ahista' si differenzia nel modo in cui il regista Nair sviluppa il climax: non come ti aspetteresti. E la storia ti piace sempre di più. Al suo secondo film, Abhay Deol prova di essere andato oltre le due espressioni e mezza del clan dei Deol. Soha Ali Khan è perfetta.
Vinayak Chakravorty, 19.08.06
AISHA: *1/2
Mira Nair, residente a New York, in Monsoon wedding sembrava più vicina alla classi agiate di New Delhi di origine punjabi di quanto non lo siano gli affettati cineasti di Mumbai qui in India. Aisha si ispira al romanzo Emma di Jane Austen più o meno nello stesso modo in cui Gurinder Chadha aveva insopportabilmente adattato Orgoglio e pregiudizio in Matrimoni e pregiudizi. Se può essere di consolazione, Aisha lo fa meglio. Abhay Deol è affidabile come sempre, anche se qui spreca il suo tempo. Con Aisha si può voyeuristicamente condividere un'esperienza di lusso e di ricchezza e sperare che quest'avventura fuori porta nasconda le insulsaggini della storia e il bla-bla dei dialoghi venduto per perfetto hinglish. Il film è freddo. Le coppie ruotano in circolo, continuano ad incontrarsi, con poco da dire o da fare.
Mayank Shekhar, 06.08.10
AJAB PREM KI GHAZAB KAHANI: *
Guardi il vuoto sullo schermo e ti rendi conto che non c'è nulla di comico nè di romantico. L'atmosfera è incommensurabilmente falsa.
Mayank Shekhar, 07.11.09
ALADIN: *
Le interpretazioni di Amitabh Bachchan con l'età diventano sempre più rare. Il pubblico è tuttora interessato al suo lavoro, ma Amitabh non avrebbe dovuto accettare questa implausibile spazzatura.
Mayank Shekhar, 31.10.09
ALLAH KE BANDAY: **
Molti ritengono che Dharavi sia lo slum asiatico più esteso, ma in realtà non è nemmeno il più vasto di Mumbai, se rapportato a Mankhurd, a nord di Dharavi, o all'area di Mira Road, nella parte nordoccidentale della città. Ma Dharavi sembra rimanga lo slum preferito dal povertariato urbano. Crimini efferati e ragazzini dotati di armi automatiche rimangono del tutto al di sotto del radar dei media. La polizia si fa notare per la sua completa assenza. Il regista ci conduce in un inferno oscuro. Il film brasiliano City of God è il riferimento. L'azione è eseguita in modo teso, ma l'esito è terribilmente insoddisfacente e semplicistico. Questo genere cinematografico mumbaita che ha tratto origine da Satya richiede ora un serio aggiornamento (Maqbool rappresentava tutta un'altra mitologia). Il terrorismo ha rimpiazzato la mafia di strada degli anni settanta. Il venerdì nero del 1993 ha alterato, probabilmente per sempre, il gioco, il campo da gioco e le sue regole. Le gang e gli slum non sono più gli stessi. Questo aspetto sarebbe un male minore se solo lo scenario di Allah Ke Banday non fosse così protagonista, ma sfortunatamente lo è.
Mayank Shekhar, 26.11.10
ALL THE BEST: FUN BEGINS: ***
A Bollywood è sorto un genere inedito, la 'commedia Shetty'. Il regista di 'Golmaal' ha creato un proprio marchio di fabbrica: la caratteristica migliore delle sue commedie è che non sembrano mai ripetitive e offrono ogni volta qualcosa di nuovo. Malgrado la formula comica sia sempre la stessa (dialoghi efficaci e personaggi multipli), sino ad ora Rohit Shetty è riuscito a non cadere nello stereotipo. Sul fronte delle performance Sanjay Dutt merita pieni voti perchè provoca risate ad ogni sua apparizione sullo schermo. Sanjay si è lasciato alle spalle l'immagine di Munna Bhai e ha sviluppato un nuovo, maturo stile. L'attore ha recitato in ruoli d'azione per più di tre decadi: è quindi encomiabile che a questo stadio della carriera ri-esplori se stesso regalando trucchi comici sempre inediti. Ajay Devgan, il produttore del film, è diventato un affezionato delle pellicole di Shetty. Ajay è naturale e interpreta senza sforzo qualunque ruolo. In 'All The Best' è bravo ma non al suo meglio. Bipasha è nuova al genere comico: i principianti nelle commedie tendono a strafare, ma Bipasha ha gestito il suo ruolo in modo tale da impressionare lo spettatore con sottile tempismo comico. Mugdha Godse non entra nella pelle del suo personaggio. Di sicuro ha bisogno di un tonico per incrementare il potenziale comico. Fardeen Khan è a proprio agio e regala una buona performance. 'All The Best' ha dalla sua momenti divertenti, stuzzicanti dialoghi, un montaggio frizzante e situazioni piene di sorprese.
Parmita Uniyal, 15.10.09
ANJAANA ANJAANI: *1/2
In ogni pellicola convenzionale e scontata come Anjaana Anjaani i due protagonisti prima si odiano, poi diventano amici, ed infine scivolano nell'amore eterno. Il climax si svolge di solito all'aeroporto o alla stazione. L'eroe o l'eroina corre verso il partner della sua vita. Fra il primo incontro e la sequenza all'aeroporto dovrebbe esserci una trama, delle possibili sotto-trame, conflitti, altri personaggi. AA sfortunatamente non ha nulla di tutto questo. Ranbir Kapoor, la star, rimane la sola grande idea in un film nel quale non esiste una storia. Sappiamo perchè questi prodotti si ripetono all'infinito: se funzionano, arricchiscono i produttori. Come al solito, solo business.
Mayank Shekhar, 01.10.10
ANTARDWAND: ***
Prima la competizione e poi il matrimonio. Questi due semplici obiettivi definiscono da sempre le aspirazioni sociali della classe media del Bihar. L'inquietante argomento del film e la sua autenticità culturale ne compensano i difetti. I rapimenti di ragazzi e i matrimoni riparatori sono un segreto che in realtà tutti conoscono benissimo. Antardwand illumina la questione del dopo: cosa accade nella coppia e nelle loro famiglie al termine di questa agghiacciante farsa? In superficie tutto appare normale. La società approva. Antardwand è un film amaro, ma vale la pena ingoiare la pillola.
Mayank Shekhar, 27.08.10
ATITHI TUM KAB JAOGE?: *1/2
La premessa in qualche modo è ancora valida, ma lo sporadico umorismo a mano a mano si appanna e la storia si riempie di canzoni di terza classe. Tutti tendono a strafare. Nella montagna di gag, solo una o due funzionano.
Mayank Shekhar, 05.03.10
BACHNA AE HASEENO: **1/2
Khalid Mohamed, 15.08.08
BADMAASH COMPANY: **
Ad un certo punto il film diventa improvvisamente incline alle prediche, per timore di essere frainteso nelle intenzioni. Noi rimaniamo seduti a contemplare la disonestà, le ambizioni esagerate, l'ingordigia, l'arroganza che corrompono il protagonista, e ci dimentichiamo che questa corsa è iniziata con grande divertimento. Badmaash Company cattura superbamente il periodo a metà degli anni novanta, quando l'economia indiana era all'inizio della sua ascesa. Anushka Sharma e Shahid Kapoor interpretano il ruolo della tipica ragazza che aspira a diventare top-model e del tipico ragazzo che aspira alla ricchezza. Il personaggio interpretato da Chang è dolcemente ispirato. La premessa del film è forte. L'ambientazione solida. La truffa piuttosto interessante. Gli amici formano un buon quartetto. Tutti ugualmente irresistibili, così come i loro scherzi. E lo schermo brilla. Intervallo. Poi tutto si sgonfia. Ti accorgi quando una sceneggiatura è scritta a metà, e sino a quel punto anche maledettamente bene. L'esempio più eclatante è rappresentato da Ek Haseena Thi di Shriram Raghavan. In casa Yash Raj (che produce Badmaash Company) ricordiamo Bachna Ae Haseeno di Siddharth Anand.
Mayank Shekhar, 07.05.10
BAND BAAJA BAARAAT: **
Se nei sobborghi occidentali di Mumbai vi imbattete in un gruppo di giovani che lavorano nel cinema, vi sembrerà di assistere ad un incontro di studenti universitari di Delhi. Di questi tempi pare che chiunque operi nell'industria cinematografica provenga dalla capitale. Shah Rukh Khan è stato il catalizzatore, non in termini di creatività bensì quanto a volontà di trasferirsi a Bollywood. Pochi fra loro sono diventati registi (Dibakar Banerjee, Imtiaz Ali, eccetera), molti sono sceneggiatori (Jaideep Sahni, eccetera), e molti ingrossano le fila dei giovani assistenti alla regia. Delhi è il luogo dove sono cresciuti e che conoscono meglio. E ciò ispira i film di Mumbai. Ripetutamente. Accade anche nel caso di Band Baaja Baaraat. La colonna sonora offre un mix pesante di bhangra, e suona come alcune tracce di Dev D, Tashan, Delhi-6, Aisha. I dialoghi sono in hindi colloquiale, comunissima al nord. Anushka Sharma è incredibilmente a proprio agio. Le sfumature sono scritte in modo intelligente, anche se poi la realizzazione è una completa parodia. Ma non ve ne curerete. E' questo il mondo conosciuto dai Non-Resident Indians di Bollywood, e il realismo inizia dove il divertimento finisce. O finisce dove il divertimento inizia. BBB è un'altra favola che ruota attorno all'eroe macho e alla sua spumeggiante compagna. Così eccovi una commedia romantica, laddove una commedia e basta avrebbe funzionato. Non c'è nessuna proverbiale alchimia fra i due protagonisti.
Mayank Shekhar, 10.12.10
BARAH AANA: ***
Naseeruddin Shah colpisce ancora questa settimana, nei panni di un taciturno autista che subisce le angherie di un'abrasiva datrice di lavoro. L'attore soddisfa le aspettative. Vijay Raaz è brillante, al suo meglio dopo 'Monsoon Wedding'. Arjun Mathur è dignitoso. Violante Placido è l'anello debole, ma fortunatamente non fa troppo danno. 'Barah Aana' intrattiene con una regia sicura, personaggi realistici, interpretazioni largamente efficaci. Un ringraziamento al regista Raja Menon per non aver inserito gratuiti item number. Che sollievo! 97 minuti
concentrati e tirati.
Shashi Baliga, 20,03.09
BBUDDAH HOGA TERRA BAAP: **
Il protagonista di Bbuddah Hoga Terra Baap è una triste parodia dei personaggi interpretati in passato da Amitabh Bachchan. L'abbigliamento vistoso e il contegno cozzano con la sua età (e con quella di chiunque altro, per la verità). Anche il poliziotto (Sonu Sood) sembra una versione povera del Bachchan degli anni settanta. La traccia comica può occasionalmente far sorridere. In base alla statistiche, circa il 70% degli indiani è nato dopo Sholay, e quindi ha poca dimestichezza con le battute scritte da Salim-Javed per il ruolo classico di Bachchan, l'affascinante angry young man di Deewaar. Negli anni settanta le sceneggiature erano irrilevanti: il personaggio bastava. Sfortunatamente anche il regista Puri Jagannadh è un imperturbabile, accecato fan di Bachchan, e con BHTB ha realizzato un lungo tributo al suo attore protagonista. Ma a questo angry young man manca qualcosa.
Mayank Shekhar, 01.07.11
BHEJA FRY 2: *1/2
Bheja Fry, il sorprendente successo commerciale del 2007, funzionò per diversi motivi. Un buon attore (Vinay Pathak) a bordo. Un personaggio (Bharat Bhishan) adorabile e pestifero nella sceneggiatura. Una trama (grazie all'originale francese La cena dei cretini, 1998). Bheja Fry 2 è fiacco e arriva tardi. L'attore protagonista è lo stesso, ma nel frattempo ha interpretato il ruolo dell'uomo comune o del sempliciotto in molti film, e ora Bharat Bhishan sembra stiracchiato e più fastidioso di quanto la parte non richieda. Ecco la ragione: il sequel ha costretto i produttori a crearsi una trama propria, ma non ci sono riusciti. Così gli attori non hanno una sceneggiatura sulla quale basarsi. Pare dunque che solo il plagio funzioni.
Mayank Shekhar, 18.06.11
BILLU: ***
Shah Rukh Khan interpreta una versione intensificata della superstar, e vacilla spesso fra la caricatura e l'esagerazione. Ma riesce a cavarsela bene. E Irrfan, l'altro Khan del film, riesce magnificamente a contrastare il carisma esibito da SRK. Se l'umile barbiere Billu è degno dell'amicizia di una superstar, Irrfan l'attore guadagna il suo spazio nella pellicola per un caso deliziosamente ironico della vita che imita l'arte. Priyadarshan orchestra un confronto classico, e quando i due alla fine si trovano faccia a faccia, l'incontro è breve ma di quelli che si ricordano. Il regista prepara gradualmente un climax che vale l'attesa, anche se il film nella seconda parte si spegne. La pellicola non è priva di personaggi banali e di sequenze sdolcinate ed eccessive. La colonna sonora di Pritam è tiepida (tranne 'Marjaani'). Di contro, la narrazione è di buon livello, alcune interpretazioni sono grandi e la dose di masala negli item number è salutare. Lara Dutta, con le sue bluse dal taglio perfetto e con i capelli tinti, non è convincente. La cosa balza agli occhi soprattutto perchè Irrfan Khan, al contrario, col suo linguaggio del corpo, col suo abbigliamento e con le unghie sporche, non sbaglia una nota.
Shashi Baliga, 13.02.09
BLUE: *
Film bollywoodiano di terza classe. Le uniche piccole gemme che posso individuare in questo immenso acquario sono una paio di brani strumentali di Rahman in una altrimenti fiacca colonna sonora.
Mayank Shekhar, 16.10.09
BODYGUARD: *1/2
Il climax: si sa cosa succederà. L'eroe di mezz'età, mezzo nudo, flette i bicipiti gonfi, mostra il torace scolpito e depilato, gli addominali quasi perfetti, prima di picchiare il villain. E' ciò che gli appassionati della vecchia Bollywood chiamerebbero il momento culminante. Che si è in parte già visto perchè la scena, inevitabilmente, era finita nel trailer. Stesso discorso per i dialoghi che sono la trappola del film. E poi c'è la colonna sonora, che inizia con un brano idealmente bhangra (Desi Beats), continua con una canzone melodica dai toni alti e dalla voce nasale, sedativa, che induce a meditare su un amante reale o immaginario (Teri Meri), ed ecco l'item number da accogliere con fischi e schiamazzi (Aa Gaya Hai Bodyguard, visualizzato da Katrina Kaif). Queste sono le principali ragioni per cui la metà dei deretani del nord dell'India si allocano sulle poltroncine dei cinema per il blockbuster del super Khan, la proposta per l'Id del 2011. La formula è nota, naturalmente. Ma i risultati forse non sarebbero gli stessi se l'inesplicabile Salman Khan non fosse parte dell'equazione. Non conta cosa l'attore faccia, tanto venderà. Non cercate logica nel pubblico tribale. E' già successo con Rajendra Kumar negli anni sessanta, con Rajesh Khanna poco dopo, con Akshay Kumar più recentemente, eccetera. Può essere una breve fase. La fatica inevitabilmente si avverte, anche in Bodyguard, ma per ora Salman è salvaguardato e protetto dal box office (Wanted, Dabangg, Ready). Per quanto riguarda il film, cosa volete sapere? Faccia dura, occhi orgogliosi nascosti da lenti scure, gambe larghe, braccia roteanti, camicia attillata, calzoni attillati. L'eroina guida la parata modaiola e ridacchia. Ecco cosa la superstar dovrebbe fare in futuro: i remake di tutti i recenti blockbuster tamil di Rajinikanth, perchè è questo che il supereroe da cartone animato Salman sta diventando per il pubblico hindi, il Rajinikanth dell'eccitabile nord. E provate a pronunciare una parola contro quei due in internet. Verrete adeguatamente messi al corrente delle fatali conseguenze della pura blasfemia. Lo so: fa paura. Una guardia del corpo, per favore. Grazie.
Mayank Shekhar, 31.08.11
BOL: ***1/2
Osservate l'intrattabile vecchio di Lahore rappresentato in Bol. I suoi antenati erano di Lucknow, località con cui egli stesso viene identificato. Può succedere solo in Pakistan, ove gli immigrati post-partizione sono ancora considerati stranieri. Il mestiere del vecchio è antico: prescrivere medicine preparate in casa. I pazienti sono scarsi, i figli da mantenere troppi. E tutte femmine, ormai grandi, non istruite, addomesticate con la forza, impotenti. Mezzo morto, il vecchio spera ancora in un maschio. Il suo intelletto, la sua medioevale visione del mondo, la sua compassione (o la sua mancanza di compassione), sono dettati da una fede cieca solo nella religione. Il vecchio è indubbiamente disprezzabile, eppure vi è qualcosa nel suo personaggio che lo fa emergere: la performance di Manzar Sehbai, che infonde nel ruolo convinzione, nobiltà innata, completa empatia fisica. Difficile immaginare un attore indiano, a parte forse Naseeruddin Shah, che potrebbe fare altrettanto. Il vecchio parla poco e crea una certa aura attorno a sè. E' un uomo, e quindi si ritiene violento per natura. L'unica che ha il coraggio di sfidarlo è la sua primogenita (meravigliosamente interpretata da Humaima Malik), che lo accusa di aver ucciso e non cresciuto otto figli. La metafora è corretta almeno per uno di loro. Il vecchio uccide suo figlio, ormai adulto, senza provare vergogna. Questo è il conflitto centrale nel primo tempo. La vita continua. In Bol ogni tragedia appare come una nuova opportunità da esplorare. Da questo punto di vista la sceneggiatura è strutturata in modo libero, come un romanzo in espansione, un tour de force letterario. Di rado il pubblico viene a conoscenza delle possibilità di un film. Con Bol succede. Forse dipende dal luogo di origine. Per la maggior parte degli indiani il lato apolitico del Pakistan contemporaneo rimane un mistero. Dopo l'indipendenza Lahore sfortunatamente cedette i suoi talentuosi cineasti a Bombay. Bol è un raro prodotto di prima classe che spalanca una finestra sul Paese. Si può osservare da vicino lo stato delle donne pachistane appartenenti alle classi medio-basse. E ricorda molto l'Arabia Saudita. Ritengo sia questa la tragedia generata dalla traiettoria che il Paese prese dopo l'indipendenza o comunque a partire dalla fine degli anni settanta. Si percepisce ancora un legame culturale con l'India, se non altro grazie a Bollywood. Nel film una ragazza prende il nome Meena da Meena Kumari e cita un dialogo indimenticabile tratto da Pakeezah. La storia narrata da Mansoor non è solo un triste uncino che aggancia le miserie del Pakistan. E' triste in generale, ma anche altamente appassionante e avvincente. Bol è di sicuro da consigliare.
Mayank Shekhar, 02.09.11
BOMBAY TO BANGKOK: **
A cosa pensava Nagesh Kukunoor? Forse voleva proprio realizzare un film orribile? Ne ha girati troppi di belli: 'Dor' ci ha giustamente commosso. Anche questo ci fa piangere, ma per ragioni tutte sbagliate. La principale: la trama. Ha la stessa possibilità di essere credibile di un igloo all'inferno. La seconda ragione per piangere: la fotografia e la scenografia sono sciatte. Così come i dialoghi e i testi delle canzoni. Terza ragione per l'isteria: Shreyas Talpade sa essere davvero un buon attore. Ma qui è altamente mediocre. Mostra 32 denti quando è felice e allarga le narici quando è arrabbiato. Miss Christensen è tollerabile. Poteva essere un film divertente con qualche sforzo in più. Che non è stato compiuto.
Khalid Mohamed, 18.01.08
BREAKAWAY (SPEEDY SINGHS): **
Speedy Singhs non è propriamente una pellicola bollywoodiana. I produttori hanno ingaggiato un attore occidentale ben noto, Rob Lowe, e una star canadese, Russell Peters (che ripete le stesse vecchie logore gag ormai da 22 anni), esaurendo così il denaro a disposizione. La realizzazione di SS è amatoriale, trascurata, molto sul tipo 'film per NRI (*)'. Anupam Kher interpreta il solito ruolo da rigido padre indiano residente all'estero. A parte poche battute divertenti, la sceneggiatura è generica, ma almeno la pellicola è breve. Solo i personaggi sullo schermo si sorprendono di quanto accade in SS, il pubblico ovviamente no. Gli spettatori sono così avanti che potrebbero già essere fuori dalla sala...
(*) Non-Resident Indian (nota di Cinema Hindi)
Mayank Shekhar, 23.09.11
BREAK KE BAAD: ***
Deepika Padukone è istintivamente naturale. Break Ke Baad ripropone l'intero scenario delle pellicole hindi romantiche e urbane, nelle quali il protagonista è una sorta di giovane eroe femminilizzato (Wake up Sid!, Jaane Tu Ya Jaane Na) che graziosamente e pigramente bilancia l'impetuosa, nuova eroina. E alla fine diventa adulto. Questi film stanno esplorando le aspettative umane e le complicazioni proprie delle storie d'amore, per poi tornare al format delle anime gemelle che si ameranno per sempre: l'equilibrio viene così furbescamente ricostituito. Intellettualizzare oltre porterebbe pochi frutti. Alcuni potrebbero considerarli fatui, ma BKB è in gran parte irresistibile oltre che abbastanza sovversivo.
Mayank Shekhar, 26.11.10
BUMM BUMM BOLE: *
Nel 1997 Majid Majidi realizzò Children of heaven, film che mi commosse moltissimo, più di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica a cui si ispirava. Ma BBB da quel classico ha tratto un lungo spot pubblicitario per l'Adidas. L'argomento è per un pubblico adulto, perchè solo gli adulti possono simpatizzare per l'innocenza dell'infanzia. I bambini preferiscono storie sugli adulti. Come tutte le pellicole hindi di Priyadarshan, anche BBB è di difficile collocazione. Il regista ha visto nel semplice, piacevole soggetto di Majidi una potenziale trama sul terrorismo, e la delicata poesia di Majidi è scomparsa. Gli iraniani hanno colpito milioni di appassionati di cinema non malgrado ma a causa della censura imposta nel loro Paese: gli ostacoli li hanno stimolati a diventare più creativi. Ogni anno regalano freschezza asiatica alla scena cinematografica internazionale. Gli indiani no. I produttori di BBB avrebbero fatto meglio a risparmiare fatica e denaro limitandosi a doppiare Children of heaven in hindi.
Mayank Shekhar, 14.05.10
CHAALIS CHAURAASI: ***
E' da un pezzo ormai che i dance bar di Mumbai sono stati chiusi per legge, ma pare che Bollywood debba ancora registrare questo fatto, forse perchè costituiscono il set ideale per ambientare un item number o uno scontro fra criminali e polizia. In Chaalis Chauraasi abbiamo però un bar con orchestra, il tipo di locale che ha rimpiazzato i dance bar. Qui ritroviamo i protagonisti di CC. Non sappiamo come si siano incontrati. Appartengono al ventre molle della città e, dirigendosi verso la meta, prendono estese deviazioni in una notte che sembra non finire mai. La storia è sviluppata in tempo reale. Tutti hanno una missione comune. Ciascun personaggio è a modo suo bizzarro. I nomi sono anche più strani. Il festino di sangue non snerva nessuno. La narrazione non è completamente lineare. Lo stile determina la situazione. Diverse crime story sono state generate così (vedi Tarantino) e ambientate a Londra o a Los Angeles. CC accende una cadente, notturna Mumbai, ed è un piacere ammirarla. Naseeruddin Shah è ruvido e audace come in Bombay Boys. Atul Kulkarni regala forse la sua migliore interpretazione. E' dura sostenere una tale farsa per troppo tempo, ma CC ci riesce abbastanza, è il divertimento non va mai perduto. Indubbiamente sono gli attori che rendono credibile il ridicolo. Per la maggior parte del film si gode davvero la corsa, ed è già molto.
Mayank Shekhar, 13.01.12
CHALA MUSSADDI: *1/2
Sembra che essere un uomo comune sia un crimine in un Paese congenitamente corrotto il cui sogno ad occhi aperti è quello di diventare, un giorno, sviluppato. Chala Mussaddi ne è una valida cronaca. La singolare intesa sullo schermo fra le figure di padre (Pankaj Kapoor) e figlio (Gaurav Kapoor) offre un'adeguata dose di risate. In ogni vicenda narrata in CM il protagonista incontra diversi personaggi proverbiali, sempre interpretati dagli stessi attori, però in contesti differenti. La trama potrebbe sembrare sciocca, ma non è solo frutto di fantasie. Molti casi simili sono davvero accaduti, ed alcuni hanno ispirato pellicole stimolanti (il recente Mohandas). La condanna della corruzione ha originato film arrabbiati (Dombivli Fast), frustrati (Saaransh) o divertenti (Lage Raho Munna Bhai). CM tenta di essere tutte e tre le cose, ma non riesce in nessuna. Ho sentito dire che Office Office è stata un'amatissima serie televisiva, interpretata da uno dei talenti indiani più sottostimati: Pankaj Kapoor. Pankaj è anche il protagonista di CM. La storia genera risonanza ed empatia. La differenza giace solo nel mezzo di comunicazione. La televisione, gomma da masticare gratuita per il cervello, di rado richiede allo spettatore una grande attenzione. Il pubblico distratto è di certo più magnanimo nei confronti della televisione. CM, proiettato al cinema, non gode di vie d'uscita visibili. La sceneggiatura è interamente episodica, come fosse un programma televisivo. Gli scenari sono ripetitivi. Gli attori forzano la recitazione. La colonna sonora è rumorosa. Si prova partecipazione nei confronti di Mussaddi, o almeno lo si vorrebbe. Si comprende il messaggio: la democrazia è forse sia il problema che la sua unica soluzione plausibile. Ma cosa ne direste di un film migliore?
Mayank Shekhar, 05.08.11
CHALO DILLI: *1/2
Vinay Pathak, un bravo attore, purtroppo recita sempre lo stesso ruolo, da Bheja Fry in poi: quello del tipo eccessivamente amichevole e fastidioso. Le città di provincia indiane sono diventate la nuova Svizzera per Bollywood. Chalo Dilli è un intruglio banale, stiracchiato, forzato, e di certo non è divertente.
Mayank Shekhar, 30.04.11
CHANCE PE DANCE: *1/2
E' opinione comune in Occidente che i film Bollywoodiani siano dei musical. Ciò è vero solo in parte. Molti rimarrebbero delusi di sapere che gli attori non sanno cantare e che i bravi vocalist raramente vengono premiati. Pochi conoscono l'aspetto dei compositori. I passi di danza sfoggiati dalle star non sono poi così difficili da imitare. Il protagonista spesso non è nemmeno l'attore migliore del cast, solo il più bello. Le star Bollywoodiane guadagnano tutta l'attenzione nonchè compensi da favola: sono le più sopravvalutate icone nella storia della cultura popolare. Ad esser giusti Shahid Kapoor sa ballare, ma non sempre le sue interpretazioni convincono. CPD si proclama un film interamente sulla danza. La trama e la sua conclusione sono prevedibili. La musica dovrebbe coprire le lacune della sceneggiatura, ma non lo fa. Questo non è un musical, bensì una serie di video musicali.
Mayank Shekhar, 15.01.10
CHANDNI CHOWK TO CHINA: *
E' solo un deplorevole, confuso modo di fare cinema sprecando risorse? Dal principio alla fine la regia e la sceneggiatura sono rappezzate, le inquadrature effettuate in maniera irresponsabile, il montaggio è soporifero, la colonna sonora una lagna (la title track suona meglio su cd). Inoltre ci sono troppi salti narrativi. Deepika Padukone appare discretamente bene e recita discretamente male. Quanto ad Akshay Kumar, la sua formula 'sono-uno-zoticone-così-carino' ('Namastey London', 'Singh Is Kinng') è diventata di una noia esagerata. Per favore: basta gigioneggiare.
Khalid Mohamed, 16.01.09
CHOWRASTA: *1/2
E' una trama interessante, recitata per la maggior parte con sincerità e competenza. Il regista Anjan Dutt, con l'abile collaborazione della fotografia di Indraneel Mukherjee, rende viva Darjeeling in maniera non sdolcinatamente romantica. Ma il film non avvince: le quattro storie narrate si riducono a poco più che vignette, mentre la sceneggiatura divaga troppo. E la verbosità certo non aiuta.
Shashi Baliga, 17.04.09
CITY OF GOLD: **
Il film è ambientato in un chawl di Mumbai, una delle infami, squallide costruzioni cittadine composte da piccole kholi (scatole) o stanze. I chawl ospitano di solito centinaia di persone, stipate in numero di una mezza dozzina per stanza. Il bagno è in comune. Fra le pellicole ambientate nei chawl, la mia preferita è la commedia Katha (1983) di Sai Paranipe, e, per quanto concerne il genere crime, Vaastav (1999) di Manjrekar, che rimane un lavoro davvero ispirato e brillante. City of gold attinge parzialmente ad entrambi, e vorrebbe raccontare la storia di Bombay e la sporca verità che si nasconde dietro la città dorata. La vicenda si svolge presumibilmente nel 1982, quando le manifatture tessili di Bombay furono chiuse per due anni. Il film ne fa una generica trivializzazione, tralasciando di analizzare ambienti e contesti. Violenza e catarsi sono il punto essenziale. Le pellicole bollywoodiane degli anni settanta erano prodotte così. Alcuni le hanno sopravvalutate considerandole una risposta liberatoria al generale disincantamento della gioventù indiana nei confronti del fallimentare sistema politico, prima e dopo l'Emergenza di Indira. In realtà erano solo dei furbi film d'azione e di rabbia, tuttora apprezzati dal grande pubblico, che oggi li può scovare soprattutto nelle cinematografie regionali o in successi come Wanted o Ghajini.
Mayank Shekhar, 23.04.10
COFFEE HOUSE: 1/2
Corruzione. Divisioni. Le compulsioni commerciali del consumismo. Idealismo romantico contro pragmatismo. 'Coffee House' porta avanti crociate multiple piuttosto ambiziosamente, e offre soluzioni rapide. La storia ha buone intenzioni, ma la confusa sceneggiatura, i personaggi stereotipati, il montaggio irregolare ed alcune orrende interpretazioni rendono il film troppo noioso persino per essere odiato. Solo Ashutosh Rana, Harsh Chhaya e Vinod Nagpal riescono in qualche modo a spiccare. La mezza stella è solo per loro.
Shashi Baliga, 17.04.09
CORPORATE
'Corporate' è realistico e tecnicamente buono. Ma senz'anima. Emoziona pochissimo. I personaggi sono figurine di cartone con le quali non sembra ci si possa relazionare. Il film esplora l'ipocrisia delle classi elevate e la corruzione nei corridoi del potere: tutte cose che abbiamo già visto nella cinematografia Hindi, anche se forse non confezionate in questo modo. 'Corporate' è prevedibile, e in alcune sequenze ricorda 'Page 3'. Il primo tempo è troppo lento e lo spettatore si gode soltanto gli ultimi 20-25 minuti. Il film si fonda sulle performance, con superbe interpretazioni da parte di tutti gli attori, in particolare di Bipasha che si è aggiudicata il ruolo della sua vita. Con sobrio glamour, l'attrice mostra la sua capacità nel sostenere un ruolo forte. Kay Kay è naturale, ma l'eccellente Rajat Kapoor conquista con Bips la scena.
Diganta Guha, 08.07.06
DABANGG: ***
Il protagonista rimane un eroe, anche se corrotto e privo di redenzione: Dabangg conferma in modo sottile una o due verità sui cambiamenti in atto in India. La trama è giustamente priva di senso e comunque non ve ne curerete. Questo swinging pastiche è un intero lotto - senza la noia - dei recenti lavori di Salman Khan. L'equilibrio fra parodia senz'anima e seriosa insensatezza è meglio riuscito rispetto a tentativi simili quali Tashan o Jhoom Barabar Jhoom. Dabangg è un super B-movie con un budget ragionevolmente alto. Sarebbe un delitto non guardarlo in un vecchio, decrepito cinema mono-sala, senza quello spirito tipico della rumorosa, tribale tradizione bollywodiana. Dabangg è davvero un film pazzo.
Mayank Shekhar, 10.09.10
Il film sembra essere null'altro che un pretesto per glorificare Kamal Haasan, che ne ha anche scritto la storia e la sceneggiatura. Molti dei personaggi sono caratterizzati più dalle stregonerie del make-up che dalla professionalità, dall'uso del corpo e dalla modulazione della voce di Haasan. Alcuni sono tediosi, altri francamente ridicoli. Sicuramente pochi attori Indiani avrebbero potuto affrontare questa sfida, ma 'Dashavtaram' è un'idea sprecata, un film lungo e auto-indulgente.
Shashi Baliga, 16.04.09
DE DANA DAN
Piccola sorpresa: a metà pellicola il protagonista scompare. Improvvisamente l'azione passa ad altri personaggi, e non si capisce la relazione che li lega. Decifrare la trama diventa difficile. Tutto lo stock di attori di Priyadarshan (Asrani, Rajpal Yadav e chiunque disponibile per un giorno o due) si insegue l'un l'altro. Il film è il più lungo spot pubblicitario per un hotel mai visto prima. La location è Singapore dove, come in tutte le pellicole Bollywoodiane ambientate all'estero, in ogni angolo si materializza un Indiano che parla una Hindi impeccabile. Mesi fa il regista ha conquistato un National Award per 'Kanchivaram', un sobrio, caldo film in lingua Tamil. Pochi, me incluso, lo hanno visto. In un'intervista allo Hindustan Times Priyadarshan ha dichiarato: 'Ho capito che se la critica apprezza una pellicola, allora questa non funziona e viceversa. Spero che i critici odieranno 'De Dana Dan'. Bene: noi critici abbiamo fatto la nostra parte. Ora sta al pubblico fare la sua.
Mayank Shekhar, 28.11.09
DELHI BELLY: ****
Delhi Belly significa in slang 'diarrea del viaggiatore'. Il film ha poco a che vedere con Delhi (a differenza di Band Baaja Baaraat o di No one killed Jessica) e poteva essere ambientato ovunque. Nè sembra essere una contraffazione di Jackie Brown o di Lock & Stock - Pazzi scatenati. Vijay Raaz per una volta è calmo e misurato. I personaggi non hanno grande rilevanza. A differenza di precedenti produzioni di Aamir Khan, in DB non vi sono nè un robusto sottotesto (Peepli live), nè poesia profonda (Dhobi Ghat). Non dovete pensare, nè desidererete farlo. Il nocciolo di DB è la sua esilarante trama situazionale che sfiora spesso i confini di una deliziosa profanità, e ciò grazie alla sceneggiatura brillantemente redatta da Akshat Verma e alla regia ad effetto di Abhinay Deo. La colonna sonora è à la Pulp Fiction. I personaggi ostentano un genuino look da zombie, personaggi a cui le cose semplicemente accadono, senza che essi facciano nulla per provocarle. E ne succedono davvero tante in 98 minuti, alcune volgari, alcune ispirate. Vi è una piacevole onestà in un film intelligente e pazzo che non si ferma mai. Mi è stato detto che la versione hindi non sarà più moderata. Alla fine Aamir Khan irrompe sulla scena, con una parodia danzereccia fra Travolta e Elvis the Pelvis. L'item number era chiaramente non necessario per i monosala. I titoli di coda compaiono sullo schermo. Ed è qui che Aamir merita di essere, proprio in cima, per aver scommesso su un prodotto che speriamo possa ispirare un buona defecazione nei cinema (le rivoluzioni seguiranno). Super divertimento. Massimo rispetto.
Mayank Shekhar, 01.07.11
DELHI 6: ***
La macchina da presa si libra magicamente sulle terrazze della città, serpeggia attraverso i vicoli e le case, e si incendia in una profusione di colori. Mehra compone tutti i fili in un arazzo di Delhi 6 perfetto e senza nodi. L'umorismo è leggero, i dialoghi sono intelligenti, la direzione artistica superba, i personaggi credibili. La colonna sonora di Rahman è di qualità artistica così alta da lasciare senza parole. Abhishek Bachchan regala una delle sue migliori interpretazioni. Si adatta con onestà ad un ruolo sobrio. Sonam Kapoor illumina lo schermo con la sua spontaneità. Grandi cameo da parte di Divya Dutta, Deepak Dobriyal, Rishi Kapoor e Vijay Raaz. E Waheeda Rehman è una piccola gemma di quieta eleganza. Sfortunatamente il film presenta un grosso aspetto negativo: il climax, nettamente ridicolo. Inoltre la pellicola è zeppa di messaggi. Oltre al tema centrale dei conflitti fra comunità, si levano critiche alla superstizione, al sistema castale, alla demagogia dei politici, al sensazionalismo della TV. Mehra di sicuro ha il cuore al posto giusto, ma non poteva concedere a se stesso e allo spettatore un po' più di leggerezza?
Shashi Baliga, 20.02.09
DESI BOYZ: *1/2
Le canzoni si susseguono una dopo l'altra senza alcun legame col film. Viene da chiedersi perchè i produttori non realizzino semplicemente degli album e dei video musicali interpretati da star del cinema. Perchè si preoccupano di finanziare pellicole intenzionalmente stupide al solo scopo di tener legata una colonna sonora? Le canzoni sopravvivono. I film di rado. I cineasti stessi non si curano troppo dei personaggi, perchè dovrebbero farlo gli spettatori? La formula espressa in Desi Boyz potrebbe essere quella di una pellicola post-2000 di David Dhawan. Capita che sia suo figlio il regista di DB. Le generazioni cambiano. Anche il pubblico. Ma alcune idiozie vengono ancora riciclate. Ce lo meritiamo. Quindi che sia così.
Mayank Shekhar, 25.11.11
DEV D: ***1/2
Traduzione integrale: http://filmcinehindi.blogspot.com/2009/02/dev-d-ii.html#
Shashi Baliga, 06.02.09
DHOBI GHAT: ***1/2
Prateik Babbar è incommensurabilmente naturale. Monica Dogra è disinvolta. Aamir Khan, accettando un ruolo così sommesso, ha compiuto una mossa ammirevole per una superstar, anche se, per la stessa ragione, forse non era adatto. Dhobi Ghat dura circa 90 minuti e non prevede intervallo. La trama è minimalista. La drammaticità è solo nelle emozioni espresse. L'esecuzione è abile. Kiran Rao, sicura in modo supremo per un'esordiente, sposa davvero il mondo dei suoi personaggi. Le storie si incrociano. Lo spettatore è catturato da quanto vede. Bombay è al centro dell'attenzione del film. E' probabilmente la sola città al mondo nella quale così tante classi si amalgamano in un fiume comune di dispiaceri, bellezza, speranze, ciascuno ignaro dell'effetto che provoca ogni giorno sugli altri. DG è viscerale, un omaggio di prima classe alla metropoli.
Mayank Shekhar, 21.01.11
DHOONDTE REH JAOGE: *
Il film gradualmente diventa atroce, e il climax è uno strafalcione totale. Paresh Rawal e Kunal Khemu lavorano con sincerità. L'unica stella è interamente per loro.
Shashi Baliga, 06.03.09
DIL BOLE HADIPPA!: *
Completamente priva di contesto, la pellicola perde terreno imbonimento dopo imbonimento: la bonomia indo-pachistana, l'idea di un'indianità superiore alla cultura occidentale, la retorica del potere alle donne, il delirio per il cricket, le aspirazioni di provincia. Sedetevi e stupitevi. DBH è stato interamente concepito attorno all'attrice protagonista. Lei è dignitosa, come sempre, ma cos'è questo film?
Mayank Shekhar, 19.09.09
DIL KABADDI: **1/2
A chi appartiene il cuore del titolo? A Woody Allen, perchè questa storia è una diretta emanazione del suo film 'Mariti E Mogli'. Abbiamo a che fare con un gruppo di yuppie di Mumbai, eccessivamente umorali, pazzi per la cucina cinese, che litigano, si scusano, litigano e di nuovo si scusano. Bene: dov'è la storia? Più banalità che trama. Chiacchiere rivolte alla telecamera come in un dibattito televisivo. Irrfan Khan tende a strafare, e l'Item Number in cui si cimenta è il peggiore nella storia del cinema indiano. Konkona Sen-Sharma comincia a diventare un tantino noiosa. L'esordiente Saba recita con grande naturalezza. Soha Ali Khan impreziosisce il suo ruolo di sfumature che la sceneggiatura non possiede. Rahul Bose è ispirato.
Khalid Mohamed, 06.12.08
DIL TOH BACCHA HAI JI: *1/2
Ajay Devgan è attualmente al top della sua forma, ma non si crea un'intesa fra i tre attori protagonisti che sembrano recitare in film separati. Dil Toh Baccha Hai Ji poteva essere una pura sex comedy. La pellicola è stata misteriosamente vietata ai minori dalla censura. Però non è nè cattiva nè buona. E alla fine l'indifferenza annoia.
Mayank Shekhar, 28.01.11
(THE) DIRTY PICTURE: ***
I desideri sessuali del maschio indiano sono influenzati dalle antiche sculture (vedi Khajuraho). Silk Smitha rappresenta quell'estetica femminile sul grande schermo, e The dirty picture è la sua storia. Il fem-jep (female in jeopardy = donna in pericolo) è un popolare genere cinematografico americano. Madhur Bhandarkar ne è il santo patrono hindi (Chandni Bar, Fashion). TDP non appartiene a quel filone: Silk si merita abbastanza quanto le capita. Difficile dire se il film racconti in modo veritiero la sua vita. Il veterano Bharati Pradhan, giornalista che intervistò Silk, ritiene che il personaggio sia piuttosto vicino all'originale. La differenza fra la Silk raffigurata in TDP e, a titolo di esempio, una Mallika Sherawat, è che, dopo aver assaporato un moderato successo in pellicole che per loro natura rimangono al di sotto del radar, di solito un'attrice cerca di 'ripulirsi' nel mainstream. Silk non lo fa. Non cerca il rispetto. La vicenda dovrebbe essere ambientata a Madras e di sicuro siamo negli anni ottanta. Ma potrebbe essere benissimo Bollywood. TDP, anche quando non tende a parodiare il suo soggetto, in qualche modo mantiene quell'atmosfera: dialoghi eccessivi, doppi sensi, sequenze chiassose con gli attori sempre in stato di emergenza. Qualche volta si rimane sospesi troppo nell'incredulità. Il film messo in scena in TDP e TDP sembrano combaciare. Quest'ironia intriga in modo bizzarro. Naseeruddin Shah è esilarante. Solo pochi brillanti attori di sesso maschile possono cambiare l'industria cinematografica commerciale guidata dalle star. Ma guardando Vidya Balan, ci si convince che il cambiamento può essere generato anche da un'attrice. Il suo ruolo in TDP è il più aggressivo visto da tempo.
Mayank Shekhar, 02.12.11
DO DOONI CHAAR: ****
Questo film intrattiene in modo fenomenale, ed offre performance brillanti da parte di alcuni dei migliori attori cinematografici in circolazione, oltre a rappresentare un sorprendente, sicuro debutto per il regista. Affidatevi a Do Dooni Chaar e non rimarrete delusi.
Mayank Shekhar, 09.10.10
DON 2: *1/2
Viaggiamo con Don in Thailandia, Malesia e Svizzera. I panorami sono stupendi. Ma vorremmo vedere oltre. Dopotutto Don 2 è un film, non un immobile in vendita. Don è un gangster solitario che agisce per se stesso. Di solito sceneggiature di questo tipo nascondono retroscena atti a catturare la simpatia dello spettatore. Don 2 no. Boman Irani ha lo sguardo sempre arcigno. Le sequenze d'azione, malgrado gli sforzi, sembrano disperatamente derivative, e rivelano il desiderio di assomigliare a quelle delle pellicole hollywoodiane ad alto budget. I confronti sono inevitabili. Mission: impossible 4 è interpretato dallo Shah Rukh Khan americano. Don 2 dal Tom Cruise indiano. Entrambi intorno alla cinquantina, stanno vivendo fasi simili nelle loro carriere. Entrambi hanno conquistato la loro quota di fan di sesso feminile devote ai film romantici e strappalacrime. Entrambi cercano pubblico fra i ragazzi e fra i giovani, lanciandosi in scene d'azione più o meno sensate. Ci si può avvicinare a prodotti come M:I 4 o Don 2 seguendo allegramente la corrente, senza preoccuparsi della plausibilità. Fatelo oppure no. Il primo Don era un remake del Don del 1978. Farhan Akhtar, fra i più talentuosi registi indiani, aveva reinterpretato una vecchia intelligente storia adattandola ad una scala visuale contemporanea. La sceneggiatura tesa di Salim-Javed possedeva una trama vincente. Quella di Don 2 solo sottotrame, stiracchiate e aggiunte via via l'una all'altra. Ma è dura procedere con vacua inventiva, e Don 2 sembra non finire mai.
Mayank Shekhar, 23.12.11
DOSTANA: ***
Quanto al cast, Boman Irani nel suo cameo è grande. Priyanka Chopra convincente e in forma.
Abhishek Bachchan è di prima classe, il più ispirato del cast. Mostra un tempismo perfetto sia per il drammatico che per il comico. Dostana è da vedere! Godetevi la differenza.
Khalid Mohamed, 14.11.08
DULHA MIL GAYA: *
Rakesh Roshan negli anni Novanta avrebbe saputo cosa fare di questa sceneggiatura da prima e dopo intervallo. Ma persino allora la storia era già stata scritta. Mudassar Aziz avrebbe dovuto controllare in che anno stava realizzando DMG. Pur non volendo infierire, Fardeen Khan sembra comunque una parodia.
Mayank Shekhar, 08.01.10
DUM MAARO DUM: ***
Le storie dei personaggi principali vengono raccontate separatamente, come spesso accade nei film contemporanei. La sceneggiatura (Shridhar Raghavan) è ben scritta, almeno sino all'intervallo. I dialoghi sembrano mutuati dalla pubblicità. Dum Maaro Dum è il terzo lavoro di Rohan Sippy in otto anni, ma Bluffmaster rimane tuttora il migliore. Il pubblico indiano sceglie una pellicola in primo luogo per la colonna sonora, il problema è che DMD non ce l'ha. Il tema del film e la title track si ispirano a un capolavoro di R.D. Burman. Il commento musicale ostenta riff da Mission: impossible. Gli altri brani suonano simili a precedenti composizioni di Pritam. Con un montaggio più teso DMD sarebbe stato migliore, ma la pellicola è comunque in larga parte godibile.
Mayank Shekhar, 22.04.11
8 X 10 TASVEER: **
Se siete estimatori di Nagesh Kukunoor, vi avverto: 'Tasveer' non ha nulla a che fare con i suoi film precedenti. E' una scintillante produzione ambientata all'estero, in località da cartolina, in dimore favolose, yacht e altre trappole di lusso. Kukunoor parte bene raccontando la sua storia ma non continua. Un peccato. Anche perchè Akshay Kumar è in gran forma producendosi in ciò che sa far meglio: l'azione. Ma non è superumano: non può davvero da solo salvare il film.
Shashi Baliga, 03.04.09
EK THE POWER OF ONE: *
Se la trama traballa, la sceneggiatura l'affonda. Ogni singolo aspetto di questo film totalmente insensato è un disastro. Difficile decidere cosa sia peggiore: la bizzarra pettinatura di Bobby Deol o la sua interpretazione. Persino lo stile di Nana Patekar non può rimediare ai tremendi dialoghi.
Shashi Baliga, 27.03.09
EK VIVAAH AISA BHI: **
Tutti cantano a cuore e polmoni aperti, tanto da convincervi che EVAB sia un rilancio per il compositore Ravindra Jain. Se sopravviverete a questo tsunami di canzoni, vi ricorderete che il film è un remake di 'Tapasya'. L'aspetto negativo è nell'atteggiamento e nella tecnica: questa pellicola strappalacrime è intrappolata in un'alterazione temporale. Non presenta nessun progresso, nè in termini di valori nè in termini di relazioni personali. I costumi, la scenografia, lo stile della narrazione indicano che l'intenzione dei Barjatya è quella di raggiungere un pubblico legato alla tradizione. Ad essere onesti, si può provare comunque un certo nascosto riguardo per il film, perchè è così innocente e naif da spezzare il cuore. L'interpretazione di Eesha Koppikhar è la migliore della sua carriera. Sonu Sood fa la sua parte con sentita convinzione.
Khalid Mohamed, 07.11.08

Nessun commento: